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Al fittavolo no art.42-bis!!!! Spetta solo al proprietario.....

Pubblico
Mercoledì, 23 Settembre, 2015 - 02:00

Al fittavolo non spetta l'indennizzo e risarcimento di cui al 42-bis TUE. 

 

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n. 10293 del 27 luglio 2015, al fittavolo non si applica il 42-bis espropri
N. 10293/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 07580/2013 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 7580 del 2013, proposto da: 
Enrico D'AMICO, rappresentato e difeso dall'Avv. Stefano Santarossa, con domicilio eletto presso Stefano Santarossa in Roma, Via della Giuliana, 44; 
contro
ROMA CAPITALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Domenico Rossi, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21; 
per ottenere
- il risarcimento dei danni derivanti dall’espropriazione delle aree occorrenti per la costruzione del raccordo stradale tra Via Veientana Vetere e Via Grottarossa per il collegamento Labaro - Ospedale S. Andrea;
- la condanna dell’Amministrazione Comunale ad attivare la procedura di cui all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2015 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Espone in fatto l’odierno ricorrente di aver svolto, unitamente al padre, successivamente deceduto, l’attività di fittavolo-conduttore e coltivatore diretto di due fondi siti nel Comune di Roma, individuati al Catasto al Foglio n. 124, Particelle nn. 21, 25, 61 e 132 e che tali fondi sono stati interessati dalla delibera n. 2604 del 1983, con cui è stato approvato dall’Amministrazione Comunale di Roma il progetto per la costruzione del raccordo stradale tra Via Veientana Vetere e Via di Grottarossa per il collegamento Labaro-Ospedale S. Andrea, con dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera.
In data 10 gennaio 1985 tali terreni sono stati occupati, mentre con delibera n. 7786 del 7 novembre 1986, è stato avviato il relativo procedimento di esproprio per pubblica utilità, il quale non è stato tuttavia mai concluso mediante adozione del provvedimento ablatorio, né è stata corrisposta alcuna indennità, pur essendo stata la stessa quantificata a favore del ricorrente in lire 13.000.150 ed in lire 10.167.300 ai sensi dell’art. 17 della legge n. 865 del 1971.
Nell’indicare puntualmente parte ricorrente gli atti che si sono succeduti con riferimento alla richiesta ed al sollecito della corresponsione delle previste indennità, denuncia l’illegittimità del comportamento tenuto dall’intimata Amministrazione Comunale, che ha sottratto i fondi sui quali veniva svolta l’attività agricola determinandone l’irreversibile trasformazione mediante realizzazione dell’opera, senza tuttavia corrispondere la relativa indennità e senza concludere il procedimento ablatorio, chiedendo l’accertamento del proprio diritto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti ed affidando la proposta azione all’articolazione dei seguenti motivi di diritto:
I.A – Sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Si sofferma preliminarmente parte ricorrente sull’illustrazione del quadro di riferimento in materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pretesa risarcitoria connessa all’occupazione di un bene successivamente divenuta priva di titolo per mancata adozione del provvedimento espropriativo.
I.B – Sull’assenza di prescrizione per sussistenza di illecito permanente.
Afferma parte ricorrente la non applicabilità, alla fattispecie in esame, della prescrizione quinquennale, venendo in rilievo – a seguito della eliminazione dall’ordinamento dell’istituto dell’acquisizione sanante - un illecito permanente nella cui vigenza non decorre la prescrizione in mancanza di un effetto traslativo della proprietà.
I.C – Nel merito e sulla fondatezza delle domande del ricorrente.
Invoca parte ricorrente la spettanza del diritto ad ottenere il risarcimento del danno ingiusto subito sia in proprio sia quale erede del padre, anch’egli fittavolo-coltivatore diretto, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 865 del 1971, che riconosce al fittavolo lo stesso importo spettante al proprietario del fondo.
II.A – In via principale, condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Con riferimento al quantum debeatur, da quantificarsi ai sensi dell’art. 17 della legge n. 865 del 1971, il quale riconosce al fittavolo lo stesso importo spettante al proprietario del fondo, rimanda parte ricorrente alla perizia di parte, che ha individuato la somma spettante in complessivi € 1.119.158,41, comprensiva di interessi legali e rivalutazione monetaria sino al 31 ottobre 2012.
II.B – In via subordinata, condanna dell’Amministrazione all’attivazione della procedura ex art. 42-bis T.U. Espropri con conseguente corresponsione economica a favore del ricorrente.
Chiede parte ricorrente la condanna dell’Amministrazione Comunale ad attivare le procedure di cui all’art. 42-bis del T.U. Espropri e a corrispondere l’indennizzo ivi previsto.
Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale sostenendo, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso, eccependo in particolare l’intervenuta prescrizione quinquennale del diritto del ricorrente ad ottenere il risarcimento del danno nonchè la mancanza di interesse in ordine alla richiesta di attivazione della procedura di cui all’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001.
Con memoria successivamente depositata, parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto, contrastando l’eccezione di prescrizione sulla base dell’assunto che la prescrizione – di durata decennale - del diritto all’indennità aggiuntiva spettante al fittavolo decorrerebbe dalla data di acquisizione dell’area da parte del soggetto espropriante, precisando al riguardo come, con riferimento alla particella n. 61 sia intervenuto l’acquisto volontario dei terreni nell’anno 2000, mentre con riferimento alle altre particelle non sia mai stato adottato un provvedimento di esproprio, versandosi quindi in una fattispecie di illecito permanente e ricordando la presentazione di numerosi solleciti interruttivi del decorso della prescrizione.
Alla Pubblica Udienza del 17 giugno 2015 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
Con il ricorso in esame l’odierno ricorrente chiede l’accertamento del proprio diritto ad ottenere il risarcimento del danno subito in qualità di fittavolo-conduttore e coltivatore diretto di due fondi individuati al Catasto al Foglio n. 124, Particelle nn. 21, 25, 61 e 132, interessati dal procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione del raccordo stradale tra Via Veientana Vetere e Via di Grottarossa per il collegamento Labaro-Ospedale S. Andrea ed oggetto di irreversibile trasformazione per effetto della costruzione dell’opera, senza che tuttavia il procedimento ablatorio si sia mai concluso mediante adozione di un provvedimento ablatorio.
Chiede, altresì, in via subordinata, il ricorrente – che agisce anche in qualità di erede del padre, anch’egli fittavolo-conduttore dei predetti fondi e successivamente deceduto - la condanna dell’Amministrazione Comunale ad attivare la procedura di cui all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, adottando un formale provvedimento di acquisizione dei terreni e corrispondendo un indennizzo per il pregiudizio causato dall’utilizzo dei beni per scopi di interesse pubblico, modificati in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio.
Così brevemente ricostruito l’oggetto del presente giudizio, deve essere in via preliminare esaminata l’eccezione di prescrizione del diritto azionato, sollevata dalla resistente Amministrazione.
L’eccezione è fondata e merita accoglimento.
Quale premessa alle considerazioni che si andranno a svolgere, giova premettere l’illustrazione del quadro dei diritti spettanti al fittavolo-coltivatore in caso di espropriazione delle aree sulle quali svolge la propria attività.
In tema di espropriazione, in favore del fittavolo, del colono, del mezzadro o compartecipe è prevista, dall'art. 17, comma 2, della legge n. 865 del 1971, la corresponsione di un'indennità aggiuntiva, la quale presuppone che l'espropriazione del fondo sia stata ritualmente compiuta, trattandosi di indennità aggiuntiva a quella di esproprio, come esplicitamente viene definita dal terzo comma dello stesso art. 17.
La funzione dell'indennità è quella di compensare il fittavolo, colono, mezzadro o compartecipe del sacrificio sopportato per la definitiva perdita del terreno sul quale esercitava l'attività agricola. Infatti, per ragioni di equità il legislatore ha ritenuto di dover indennizzare il sacrificio del diritto, che altrimenti non avrebbe trovato tutela, perché la legittimità dell'atto impedisce l'ordinaria azione di risarcimento dei danni.
Quando, invece, il procedimento espropriativo non si conclude ritualmente, come nel caso della cosiddetta accessione invertita prima vigente o nei casi in cui non sia stato adottato un formale provvedimento di esproprio, non può spettare l'indennità aggiuntiva prevista dall'art. 17 della legge n. 865 del 1971, così come non spetta al proprietario privato del bene l'indennità di esproprio, mancando il presupposto che è alla base dell'indennità, cioè la legittimità dell'espropriazione.
In tal caso, poiché non si ravvisa l'ipotesi del sacrificio legittimamente imposto, ma solo quella del fatto illecito produttivo di danni, per il coltivatore, che si è visto definitivamente estromesso dal fondo in cui svolgeva il lavoro agricolo, soccorre la norma dell'art. 2043 c.c., che consente al coltivatore di chiedere il risarcimento dei danni, consistenti anche nel non aver potuto percepire l'indennità aggiuntiva ex art. 17 che gli sarebbe spettata ove l'espropriazione fosse stata ritualmente compiuta.
Tale diritto al risarcimento è sottoposto alla prescrizione breve quinquennale ai sensi dell'art. 2947 c.c..
Con riferimento al momento di inizio della decorrenza del predetto termine prescrizionale, lo stesso va ancorato alla data in cui si è verificato il danno ingiusto, ovvero al momento in cui, per effetto dell’occupazione dei fondi o, al più, al momento della irreversibile trasformazione dei terreni, si è resa impossibile la prosecuzione dell’attività agricola fonte di reddito, non potendo in alcun modo predicarsi, con riferimento alla figura del fittavolo-coltivatore, la natura permanente dell’illecito derivante dalla occupazione e dalla irreversibile trasformazione di un bene, riferibile unicamente alla lesione arrecata al diritto di proprietà.
Ne discende che, essendo stati i terreni occupati nel 1985 ed essendosi realizzato il trasferimento della proprietà dei fondi in capo all’Amministrazione Comunale, per effetto dell’istituto dell’accessione invertita, nel settembre 1987 – per come statuito dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 1950 del 2009 – deve ritenersi prescritto il diritto del ricorrente ad ottenere il risarcimento del danno subito, non emergendo la sussistenza di validi atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale nei cinque anni successivi a tale data.
Né, a diversamente ritenere, possono valere le argomentazioni spese da parte ricorrente nella memoria da ultimo depositata, non potendo il termine decennale della prescrizione del diritto all’indennità aggiuntiva essere trasposto anche alla prescrizione del diverso diritto ad ottenere il risarcimento del danno derivante dall’illecita sottrazione dei fondi destinati all’attività agricola, diversi essendo i relativi elementi costitutivi, e valendo per quest’ultimo il termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c.
Quanto, infine, alla domanda volta ad ottenere l’applicazione all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, con conseguente richiesta di condanna dell’Amministrazione Comunale ad attivare le procedure di cui all’art. 42-bis del T.U. Espropri e a corrispondere l’indennizzo ivi previsto, non può riconoscersi in capo al ricorrente la sussistenza di alcun interesse ad ottenere l’adozione di un formale atto di acquisizione del bene ai sensi della predetta norma, la cui applicazione può essere invece legittimamente richiesta dal proprietario dei fondi oggetto di irreversibile trasformazione.
In conclusione, il ricorso in esame deve essere in parte rigettato stante l’intervenuta prescrizione del diritto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’occupazione e della irreversibile trasformazione dei fondi - sui quali il ricorrente esercitava la propria attività agricola - in assenza di un valido titolo, mentre va dichiarata inammissibile la domanda volta ad ottenere l’attivazione della procedura di cui all’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001.
Le spese di giudizio, in ragione della peculiarità della presente vicenda contenziosa, possono essere equamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Roma - Sezione Seconda
definitivamente pronunciando sul ricorso N. 7580/2013 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta in parte e lo dichiara per il resto inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino,Presidente
Elena Stanizzi,Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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