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Eccezione di usucapione della PA nelle occupazioni illegittime - TAR Sardegna, sez. II, sent. n.184 del 16.01.2015

Pubblico
Domenica, 1 Febbraio, 2015 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (Sezione Seconda), sentenza n. 184 del 16 gennaio 2015, sulle occupazioni ilegittime e l'eccezione di usucapione della PA
 
Interessante sentenza del TAR Sardegna che riconosce l'usucapione per la PA. 
 
La Cassazione Civile, se pure ha definito l’occupazione in assenza di un titolo valido come un illecito permanente, nondimeno ha rilevato che esso è suscettibile di cessare per effetto rispettivamente di un accordo transattivo, di un provvedimento ex art. 42 bis del d.p.r. n. 327/2001 o, infine, a seguito dell’accertamento dell’usucapione del bene da parte dell’occupante che lo ha trasformato (cfr. Cassazione Civile Sez. I, ord. 15-05-2013, n. 11684) .
Pertanto, nel caso in cui la Pubblica amministrazione occupi, in via d'urgenza e in vista dell'espropriazione, un fondo senza far poi luogo all'adozione del provvedimento di esproprio nei termini previsti dall'art. 22 bis comma 6 T.U. 8 giugno 2001 n. 327, la detenzione del fondo - per un primo periodo - sarà legittima, con la conseguenza che tale rapporto di fatto con il bene non è utile per far maturare l'usucapione acquisitiva.
Viceversa, una volta scaduto il termine di occupazione legittima, la mancata restituzione del fondo legittimamente occupato (ma non altrettanto legittimamente espropriato in assenza di decreto di esproprio) e la contemporanea utilizzazione delle opere pubbliche realizzate sul fondo possono qualificarsi come atti di opposizione nei confronti del proprietario-possessore, compiuti dalla P.A., ai sensi dell'art. 1141 comma 2 Cod. civ., come tali idonei a trasformare l’originaria detenzione in possesso.
Pertanto, verificandosi il mutamento della detenzione in possesso, inizia a decorrere il termine utile per realizzare l'acquisto per usucapione prevista dall'art. 1158 Cod. civ. (così: Cons. Stato, Sez. IV, n. 5665 del 18 novembre 2014; C.G.A. Reg. Sicilia Sez. giurisdizionale 14 gennaio 2013 n. 9).
 
N. 00184/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 00762/2012 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
 
(Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 762 del 2012, proposto da: 
Maria Rosaria Crabai, Antonio Corrias, Maria Teresa Corrias, Ileana Corrias, Gabriella Corrias Corrias, Dolores Busonera, Sabrina Corrias, Alessandro Corrias, Roberta Corrias, rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Gallus, Raffaele Gallus Cardia e Donatella Marcori, con domicilio eletto in Cagliari presso il loro studio legale, Via Cugia n.35; 
contro
il Comune di San Gavino Monreale, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marcello Vignolo, Massimo Massa e Antonio Avino Murgia, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio dei primi in Cagliari, Piazza del Carmine n. 22;
il Responsabile p.t. del Settore Lavori Pubblici Pianificazione Territorio ed Espropri del Comune di San Gavino Monreale, non costituito in giudizio; 
per il risarcimento di tutti i danni conseguenziali all'avvenuta occupazione e utilizzazione senza titolo da parte del Comun di San Gavino Monreale dei beni di loro proprietà in San Gavino Monreale, distinti in catasto al Foglio 30, mapp. 47 di mq. 5025 e mapp. 219 di mq. 7795.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Gavino Monreale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
In forza del decreto di occupazione d’urgenza n. 5189 del 31 ottobre 1977, il Comune di San Gavino Monreale, il 5 dicembre 1977, si immetteva nel possesso di alcuni immobili di proprietà degli odierni ricorrenti per realizzarvi l’Istituto Magistrale.
Con delibera n. 669/11418 dell’8 febbraio 1978 veniva approvato il progetto dei lavori dell’anzidetta opera e, ai sensi dell’art. 13 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, venivano fissati in 36 mesi il termine per l’ultimazione dei lavori e in 24 mesi il termine per il completamento delle espropriazioni.
Risulta dagli atti che il 15.11.1979 la costruzione era già stata ultimata.
Viceversa, il termine dell’8 febbraio 1980 era scaduto senza che nelle more fosse intervenuta l’adozione del decreto di esproprio.
Quest’ultimo, invero, è intervenuto soltanto con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 5/142 del 19 settembre 1990 (notificato il 24.10.1990).
Con atto di citazione notificato il 22.11.1990 i ricorrenti proponevano, nanti la Corte d’Appello di Cagliari, opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione.
La Corte d’Appello adita, con sentenza n. 448 del 31 dicembre 2002, respingeva tale domanda rilevando come “…gli attori non abbiano diritto all’indennità di esproprio e ciò in quanto non essendo stato emanato alcun decreto di esproprio nel termine dell’8.2.1980 fissato dal primo decreto di approvazione del progetto dell’opera, ed essendo stata quest’ultima realizzata comunque, si era verificato l’acquisto della proprietà del fondo in capo alla P.A. a titolo originario, con obbligo di quest’ultima di risarcire il danno causato agli attori per la correlativa perdita del loro diritto.
Invero, …il…decreto di esproprio deve ritenersi inutiliter datum in quanto sopravvenuto dopo che, a seguito della costruzione dell’opera…l’effetto acquisitivo della proprietà in capo alla P.A. e la caducazione del diritto dominicale del privato si erano già verificati in virtù del perfezionamento del c.d. fenomeno della occupazione appropriativa. In tale caso il decreto è, infatti, inidoneo a produrre il risultato giuridico al quale è funzionalmente preordinato… ” (pagg. 7 e 8 della sentenza).
Inoltre la Corte d’Appello adita dichiarava inammissibile la domanda proposta in via subordinata di risarcimento del danno per la perdita del diritto di proprietà, in quanto proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.
Tale decisione veniva integralmente confermata dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, con sentenza n. 17491 del 26 giugno 2008.
Con il ricorso in esame, notificato al Comune di San Gavino il 2 ottobre 2012 e depositato il successivo giorno 24, i ricorrenti chiedono a questo Tribunale Amministrativo Regionale la condanna dell’amministrazione comunale intimata al risarcimento del danno subito per effetto del suo comportamento illecito in relazione:
1)alla mancata restituzione degli immobili occupati;
2)al mancato godimento dei beni medesimi dal 5.12.1977;
3)al danno morale patito;
4)al rimborso di quanto corrisposto a titolo di imposta sui predetti immobili.
Con vittoria delle spese.
Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di San Gavino Monreale che ha chiesto, in relazione al giudicato formatosi per effetto della menzionata sentenza della Corte di Cassazione, la declaratoria dell’avvenuto acquisto della proprietà dei beni controversi, comunque acquisita in virtù dell’usucapione maturata, eccependo comunque la prescrizione in ordine alle pretese risarcitorie azionate dai ricorrenti, con ogni consequenziale pronuncia in ordine alle spese del giudizio.
In vista dell’udienza di trattazione le parti hanno depositato scritti difensivi con i quali hanno insistito nelle rispettive conclusioni.
Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2015, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Occorre verificare preliminarmente se, come sostenuto dalla difesa dell’Amministrazione resistente, il giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 17491 del 26 giugno 2008 precluda l’accertamento dell’odierna pretesa risarcitoria dei ricorrenti e porti, necessariamente, alla declaratoria dell’acquisto della proprietà dei beni controversi da parte del Comune di San Gavino Monreale.
Osserva in proposito il Collegio che, come si ricava dal contenuto della sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, l’atto di citazione introduttivo di quel giudizio concerneva l’opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione determinata dall’amministrazione espropriante.
La conclusione della Corte d’Appello è stata di rigetto della domanda principale (oltre che di inammissibilità della domanda risarcitoria perché proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni).
Più precisamente il giudice adito ha ritenuto non spettante ai ricorrenti alcuna indennità di esproprio in ragione della tardività del decreto del Commissario Prefettizio rispetto il termine assegnato per il completamento della procedura ablatoria, essendo quest’ultimo intervenuto allorché, per effetto della compiuta realizzazione dell’opera pubblica si era ormai verificato, per il fenomeno della c.d. accessione invertita, l’acquisto della proprietà del fondo in capo alla P.A. a titolo originario.
Anche la Corte di Cassazione nella menzionata sentenza n. 17491/2008 ha evidenziato chela Corte d’Appello si è limitata a esaminare la richiesta dei ricorrenti di determinazione dell’indennità di espropriazione, precisando la valenza meramente incidentale della pronuncia sul provvedimento presupposto della pretesa fatta valere in giudizio.
In particolare la Cassazione ha precisato che “la Corte d’Appello…avendo i ricorrenti fondato la loro pretesa sul provvedimento ablativo dei loro terreni, adottato dal Presidente della Giunta Regionale con decreto del 19 settembre 1990, ne ha compiuto il controllo di legittimità imposto dal ricordato art. 5 della legge 2248/1865 ed ha rilevato che l’atto rientrava nella categoria di quelli privi di alcuno dei suoi elementi essenziali…da qualificarsi perciò secondo la dottrina e la giurisprudenza radicalmente nulli o del tutto inesistenti, avendo la sola parvenza di atti amministrativi, inidonei a produrre ex se effetti di alcun genere. E perciò disapplicabili…” (pagg. 10 e 11 della sentenza citata).
E’ dunque certo che il giudicato formatosi tra le parti abbia riguardato esclusivamente la non spettanza ai ricorrenti dell’indennità di esproprio per illegittimità/inesistenza dell’atto ablatorio, restando impregiudicata ogni ulteriore questione concernente la vicenda per cui è causa.
In relazione all’odierna pretesa dei ricorrenti, peraltro, la difesa dell’amministrazione ha eccepito l’intervenuta usucapione ventennale o, comunque, quella breve decennale, avendo a suo avviso posseduto uti dominus l’immobile in questione quanto meno a far data dal decreto di esproprio del 1990.
Per contrastare tale eccezione i ricorrenti hanno anzitutto opposto, con ampi richiami alla sentenza n. 3346 del 3 luglio 2014 della quinta sezione del Consiglio di Stato, la non usucapibilità da parte della pubblica amministrazione dei beni immobili illegittimamente occupati, quanto meno fino al 2021 (vent’anni dall’entrata in vigore del DPR n. 327/2001).
La tesi dei ricorrenti, pur condivisa da una parte della giurisprudenza, non appare condivisibile.
Osserva anzitutto il Collegio che il giudice amministrativo, ex art. 8 c.p.a., può conoscere, seppur solo in via incidentale e senza efficacia di giudicato, ai circoscritti fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale, di "tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale", ancorché veicolate in via di eccezione, con esclusione, in ogni caso, dell'incidente di falso e delle questioni sullo stato e capacità delle persone (cfr: CGA, 14.1.2013 n. 9).
Rientrano dunque nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative al risarcimento danni da occupazione, le relative eccezioni e le domande riconvenzionali – ivi comprese quelle relative all'accertamento del compimento dell'usucapione in favore della p.a. - su beni illegittimamente occupati con irreversibile trasformazione del bene immobile e ultimazione dei lavori, senza che alla dichiarazione di pubblica utilità sia seguito il tempestivo decreto di esproprio o altro atto idoneo a produrre l'effetto traslativo della proprietà (cfr: Cons. Stato, Sez. IV, n. 5665 del 18 novembre 2014).
Nel merito dell’eccezione il Collegio osserva che la Cassazione Civile, se pure ha definito l’occupazione in assenza di un titolo valido come un illecito permanente, nondimeno ha rilevato che esso è suscettibile di cessare per effetto rispettivamente di un accordo transattivo, di un provvedimento ex art. 42 bis del d.p.r. n. 327/2001 o, infine, a seguito dell’accertamento dell’usucapione del bene da parte dell’occupante che lo ha trasformato (cfr. Cassazione Civile Sez. I, ord. 15-05-2013, n. 11684) .
Pertanto, nel caso in cui la Pubblica amministrazione occupi, in via d'urgenza e in vista dell'espropriazione, un fondo senza far poi luogo all'adozione del provvedimento di esproprio nei termini previsti dall'art. 22 bis comma 6 T.U. 8 giugno 2001 n. 327, la detenzione del fondo - per un primo periodo - sarà legittima, con la conseguenza che tale rapporto di fatto con il bene non è utile per far maturare l'usucapione acquisitiva.
Viceversa, una volta scaduto il termine di occupazione legittima, la mancata restituzione del fondo legittimamente occupato (ma non altrettanto legittimamente espropriato in assenza di decreto di esproprio) e la contemporanea utilizzazione delle opere pubbliche realizzate sul fondo possono qualificarsi come atti di opposizione nei confronti del proprietario-possessore, compiuti dalla P.A., ai sensi dell'art. 1141 comma 2 Cod. civ., come tali idonei a trasformare l’originaria detenzione in possesso.
Pertanto, verificandosi il mutamento della detenzione in possesso, inizia a decorrere il termine utile per realizzare l'acquisto per usucapione prevista dall'art. 1158 Cod. civ. (così: Cons. Stato, Sez. IV, n. 5665 del 18 novembre 2014; C.G.A. Reg. Sicilia Sez. giurisdizionale 14 gennaio 2013 n. 9).
Orbene, ad avviso del Collegio il momento del verificasi del predetto mutamento di animus da parte dell’amministrazione può individuarsi nella data di adozione del decreto di esproprio, risalente come detto al 19 settembre 1990.
Da tale data, infatti, anche per la mancata contestazione da parte dei proprietari espropriati del titolo acquisitivo, essendosi come detto limitata la loro reazione alla contestazione del quantum dell’indennità espropriativa, può ragionevolmente ritenersi che sia iniziato a decorrere il termine di usucapione dell’immobile da parte del Comune di San Gavino Monreale, che ha pacificamente utilizzato (o meglio, ha continuato ad utilizzare) l’opera realizzata per le sue finalità di pubblico interesse.
Si tratta pertanto di verificare se nel periodo 20 settembre 1990 – 20 settembre 2010 sono stati posti in essere, da parte dei proprietari dell’immobile, atti interruttivi dell’usucapione.
È peraltro il caso di ricordare in questa sede, che per giurisprudenza pacifica, ai fini dell’interruzione e sospensione dell’usucapione vige il principio della tassatività degli atti interruttivi, costituiti dalla perdita materiale del potere di fatto sulla cosa o da specifici atti giudiziali, per cui, ad esempio, la mera diffida a riconsegnare la res da altri posseduta, non può ritenersi atto idoneo a sospendere o interrompere il possesso ai fini dell’usucapione ex artt. 2943 e 1165 c.c..
Secondo la Corte di Cassazione (sez. II Civile, sentenza 20 gennaio 2014, n. 1071) “in tema di usucapione, poiché, con il rinvio fatto dall’art. 1165 cod. civ. all’art 2943 cod. civ., risultano tassativamente elencati gli atti interruttivi del possesso, non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla legge, con la conseguenza che non può riconoscersi tale efficacia se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ovvero ad atti giudiziali diretti ad ottenere “ope iudicis” la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente” (cfr: Cass. n. 16234 del 25/07/2011).
In altre parole, agli effetti dell'interruzione del termine utile per l'usucapione sono inefficaci le semplici diffide e contestazioni rivolte contro gli atti di possesso, richiedendosi che il titolare del diritto notifichi al possessore l'atto giudiziale diretto alla riaffermazione del suo diritto sul bene.
Orbene, per quanto risulta dagli atti del giudizio, nel caso in esame non sono stati posti validamente in essere da parte dei ricorrenti atti interruttivi della prescrizione.
Tali, anzitutto, non possono ritenersi le note inviata all’amministrazione dallo “Studio Legale Gallus Cardia” (vedi allegati 3, 4, 5, 6 e 7 delle produzioni dei ricorrenti del 19.11.2014), trattandosi di note che, anzi, danno atto dell’intervenuto esproprio in favore dell’amministrazione comunale, limitandosi a sollecitare la conclusione bonaria della vicenda in ordine alle conseguenze patrimoniali dell’avvenuta apprensione del bene alla mano pubblica.
E neppure può ritenersi che tale valore interruttivo possa attribuirsi all’atto di citazione notificato il 22.11.1990, giacché esso, come detto, concerneva esclusivamente l’opposizione, nanti la Corte d’Appello di Cagliari, alla stima dell’indennità di espropriazione determinata dall’amministrazione espropriante.
Trova quindi fondamento e merita accoglimento l’eccepito acquisto per usucapione della P.A. della proprietà del bene degli odierni ricorrenti.
Ciò determina l’estinzione del diritto azionato da questi ultimi e fa venir meno "ab origine" l'elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria, consistente nell’illiceità della condotta lesiva della situazione giuridica soggettiva dedotta, non solo per il periodo successivo al decorso del termine ventennale, ma anche per quello anteriore, in virtù della retroattività degli effetti dell’acquisto a titolo originario per usucapione.
Di qui la reiezione del ricorso proposto dagli odierni ricorrenti.
Le incertezze giurisprudenziali in materia giustificano l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano,Presidente
Alessandro Maggio,Consigliere
Tito Aru,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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