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Occupazioni illegittime - I principi - TAR Campania, sez. V, sent. n.287 del 15.01.2015

Pubblico
Lunedì, 2 Febbraio, 2015 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Quinta), sentenza n.287 del 15 gennaio 2015, sulle occupazioni illegittime 
 
Il TAR Campania riassume, come di seguito, i principi in merito alle occupazioni c.d. illegittime. 
 
a) E’ da ritenersi definitivamente espunto dall’ordinamento giuridico l’istituto dell’occupazione acquisitiva, di origine giurisprudenziale, che -in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità o di una dichiarazione d’indifferibilità e urgenza esplicita o implicita, dell'occupazione dell'area e dell'irreversibile trasformazione del fondo, nonché della scadenza del termine di occupazione legittima ma senza adozione di un decreto di esproprio-, ipotizza un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all’Amministrazione occupante, legittimando il privato proprietario ad agire esclusivamente per il risarcimento del danno. La C.E.D.U., già nel 2000, ha, infatti, affermato che l'acquisto della proprietà per effetto di attività illecita viola l'art. 1 del Protocollo aggiuntivo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. L'ordinamento giuridico non consente, pertanto, che un’Amministrazione pubblica, mediante un atto illecito o in assenza di un atto ablatorio, acquisti a titolo originario la proprietà di un'area altrui sulla quale sia stata realizzata un'opera pubblica o d’interesse pubblico;
b) Ciò comporta che, anche se l'opera risulti ultimata, finché dura l'illegittima occupazione del bene senza che vi sia un eventuale titolo idoneo a determinare il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione medesima, non decorre alcun termine di prescrizione ai fini dell'eventuale azione risarcitoria, data la palese natura permanente dell'illecito dell'Amministrazione (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 3.07.2013, n. 757);
c) Posto che l'occupazione illegittimamente disposta o proseguita dall'Amministrazione, per quanto accompagnata dall’irreversibile trasformazione dei beni occupati, funzionale alla realizzazione dell'opera pubblica, non comporta la perdita della proprietà in capo ai privati e la sua acquisizione alla mano pubblica, i privati i cui beni siano stati illegittimamente occupati dall'amministrazione non possono chiedere il risarcimento del danno collegato alla perdita della titolarità del bene, giacché tale perdita, sotto il profilo dominicale, non vi è stata, la proprietà degli stessi permanendo in capo ai privati medesimi; ne discende l'inammissibilità della eventuale domanda giudiziale mirante a ottenere il risarcimento dei danni subiti per la perdita dei beni, pari al valore venale degli stessi, sia pure per equivalente; diversamente opinando, si darebbe luogo a un’indebita locupletazione (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 5.06.2013, n. 901);
d) Segue da ciò che il risarcimento del danno deve coprire il solo valore d'uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, cioè al momento in cui la Pubblica Amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42- bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.
 
 
 
N. 00287/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05264/2010 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5264 del 2010, proposto da: 
Agostino Raia e Anna Montella, rappresentati e difesi dagli avv. Mario Di Tuoro e Arcangelo D'Avino, con domicilio eletto presso Arcangelo D'Avino in Napoli, Via Cavallerizza n. 60; 
contro
Circumvesuviana S.r.l.,
Consorzio Ferroviario Vesuviano; 
per la declaratoria
- dell'illegittimità dell’occupazione del fondo sito in Cercola alla via Campana, in Catasto alla partita 1421, fg. 5, p.lla 48, di mq. 2.000, con richiesta di restituzione dello stesso, previa riduzione in pristino, e condanna al risarcimento dei danni patiti;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
I. I ricorrenti agiscono, in riassunzione del giudizio conclusosi presso il Tribunale di Nola con sentenza n. 1182 del 13.05.2010 dichiarativa del difetto di giurisdizione, per l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione parziale del fondo di proprietà, circa mq. 100, effettuata per la realizzazione di un cavalcavia accessorio all’ampliamento della linea ferroviaria, e la contestuale condanna della Circumvesuviana S.r.l. (ora EAV) alla riconsegna, previa riduzione in pristino, del suolo e al risarcimento dei danni subiti.
II. Sostengono, in particolare, che tale occupazione, avvenuta in assenza di qualsiasi titolo legittimante sarebbe, come tale, illegittima.
III. All’udienza pubblica del 20.11.2014, fissata per la discussione, la causa è stata introitata per la decisione.
IV. Occorre premettere che, secondo quanto emerge dalle perizie depositate dal C.T.U. nel corso del giudizio ordinario, rispettivamente, in data 25.11.2005 e 11.09.2006, che s’intendono acquisite al presente giudizio quali accertamenti tecnici aventi valore probatorio:
a) il cavalcavia o passerella pedonale insiste sul fondo di proprietà degli attori, riportato nel N.C.T. comunale, al foglio 5, p.lla 1985 (già 1838), per una consistenza catastale di are 18.71 (derivante dal frazionamento dell’originaria p.lla 48, di are 23.03), del quale occupa una superficie di mq. 146,92;
b) lo stesso cavalcavia risulta realizzato in una zona di terreno che non rientra tra quelli compresi negli atti espropriativi conclusisi con l’adozione della cessione volontaria, che, al fine di consentire l’ampliamento della linea ferroviaria, hanno interessato, una superficie complessiva di are 4.32, identificata al fg. 5, alla diversa p.lla 1839 (anch’essa derivante dal frazionamento dell’originaria p.lla 48, prot. 1920/1996 del 25.02.1998);
c) invero, il progetto iniziale, approvato con decreto del Ministero dei Trasporti n. 2736(50) 910/30 dell’11.12.1993, per l’attuazione del quale è stata decretata l’occupazione d’urgenza ed effettuata l’immissione nel possesso, riporta, come grafico, la sola superficie avente ad oggetto l’ampliamento della linea Circumvesuviana Ponticelli – Cercola, per mq. 255 quanto alla originaria p.lla 48, e non la superficie poi effettivamente occupata dal cavalcavia (quest’ultimo risulta, infatti, in origine, diversamente posizionato in via Campania, strada adiacente al lotto di proprietà dei ricorrenti);
d) solo in data 14.05.1997, con decreto n. 4/97, l’Amministrazione comunale approvava un progetto esecutivo di variante, dai cui grafici emerge una posizione planimetrica della passerella pedonale conforme alla situazione attuale. In particolare, nel piano particellare grafico e nel piano particellare elenco ditte, si riporta una superficie oggetto di esproprio, pari, per la medesima p.lla 48, a mq. 562, dunque, di maggiore estensione e, come grafico, sia la superficie oggetto di ampliamento della linea che l’area su cui attualmente insiste la predetta passerella pedonale;
e) mentre per il suolo identificato al fg. 5, p.lla 1839, di are 4.32 è intervenuta, in data 25.01.2001, la cessione volontaria delle aree in favore del Consorzio Ferroviario Vesuviano, per l’altro lotto, sul quale insiste il cavalcavia-passerella pedonale (p.lla 1985), non vi è stato, a prescindere dalla comune approvazione del progetto e della sua variante, che vale quale dichiarazione di pubblica utilità (artt. 10-12 del d.P.R. n. 327/2001), alcun decreto d’immissione nel possesso o altro atto o provvedimento ablativo della proprietà.
V. Conseguentemente, l’attuale occupazione di quest’ultima area (per mq. 146,92 dell’attuale p.lla 1985) è “sine titulo” e, come tale illegittima, non avendo gli enti intimati concluso il procedimento ablativo, nel termine quinquennale di validità della dichiarazione di pubblica utilità, -decorrente dalla data di approvazione del progetto, ex artt. 12 e 13 del d.P.R. n. 327/2001-, con l’adozione del decreto di esproprio o altro atto equiparato.
V.1. Orbene, il Collegio rinviene nel comportamento tenuto dall’Amministrazione comunale tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto, ravvisando sia il compimento di un atto illecito, derivante da un’occupazione “sine titulo” -assistita essenzialmente dalla dichiarazione di pubblica utilità-, dei terreni in proprietà della parte ricorrente, sia l’elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione della procedura espropriativa, sia il nesso causale tra l’azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene e la trasformazione dei luoghi.
V.2. Con specifico riferimento al fatto illecito, costituiscono principi acquisiti dalla giurisprudenza quelli secondo i quali:
a) è da ritenersi definitivamente espunto dall’ordinamento giuridico l’istituto dell’occupazione acquisitiva, di origine giurisprudenziale, che -in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità o di una dichiarazione d’indifferibilità e urgenza esplicita o implicita, dell'occupazione dell'area e dell'irreversibile trasformazione del fondo, nonché della scadenza del termine di occupazione legittima ma senza adozione di un decreto di esproprio-, ipotizza un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all’Amministrazione occupante, legittimando il privato proprietario ad agire esclusivamente per il risarcimento del danno. La C.E.D.U., già nel 2000, ha, infatti, affermato che l'acquisto della proprietà per effetto di attività illecita viola l'art. 1 del Protocollo aggiuntivo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. L'ordinamento giuridico non consente, pertanto, che un’Amministrazione pubblica, mediante un atto illecito o in assenza di un atto ablatorio, acquisti a titolo originario la proprietà di un'area altrui sulla quale sia stata realizzata un'opera pubblica o d’interesse pubblico;
b) ciò comporta che, anche se l'opera risulti ultimata, finché dura l'illegittima occupazione del bene senza che vi sia un eventuale titolo idoneo a determinare il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione medesima, non decorre alcun termine di prescrizione ai fini dell'eventuale azione risarcitoria, data la palese natura permanente dell'illecito dell'Amministrazione (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 3.07.2013, n. 757);
c) posto che l'occupazione illegittimamente disposta o proseguita dall'Amministrazione, per quanto accompagnata dall’irreversibile trasformazione dei beni occupati, funzionale alla realizzazione dell'opera pubblica, non comporta la perdita della proprietà in capo ai privati e la sua acquisizione alla mano pubblica, i privati i cui beni siano stati illegittimamente occupati dall'amministrazione non possono chiedere il risarcimento del danno collegato alla perdita della titolarità del bene, giacché tale perdita, sotto il profilo dominicale, non vi è stata, la proprietà degli stessi permanendo in capo ai privati medesimi; ne discende l'inammissibilità della eventuale domanda giudiziale mirante a ottenere il risarcimento dei danni subiti per la perdita dei beni, pari al valore venale degli stessi, sia pure per equivalente; diversamente opinando, si darebbe luogo a un’indebita locupletazione (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 5.06.2013, n. 901);
d) segue da ciò che il risarcimento del danno deve coprire il solo valore d'uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, cioè al momento in cui la Pubblica Amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42- bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.
VI. Per i sopra esposti motivi:
a. dalla condizione d’illecita detenzione (e trasformazione) del suolo di proprietà della parte ricorrente consegue, “ex se”, l'obbligo di ripristino del diritto di proprietà mediante restituzione dei suoli occupati, detenuti e trasformati in assenza di titolo legittimante, previa demolizione dei manufatti ivi realizzati, nonché il diritto al risarcimento del danno per l’occupazione illegittima;
b. ove la P.A. o l’Ente preposto ritenga necessario continuare a utilizzare i fondi deve acquisirli legittimamente o mediante lo strumento autoritativo (art. 42 bis, d.P.R. n. 327/2001, con le conseguenze patrimoniali indicate) ovvero con gli ordinari strumenti privatistici con il consenso dei privati anche in relazione ai corrispettivi patrimoniali da acquisirsi (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I. 26.04.2013, n. 399);
c. allo stato l'Amministrazione e gli enti preposti non ha fatto uso di alcuno dei mezzi giuridici a loro disposizione, rimanendo così integra la situazione d’illiceità evidenziata dalla parte ricorrente;
d. deve, pertanto, accogliersi la domanda proposta ordinando la restituzione dei beni illegittimamente detenuti, previa riduzione in pristino, e condannando gli enti intimati al risarcimento del danno da occupazione illegittima per tutto il periodo in cui i privati sono stati privati del possesso del bene; tale risarcimento è, quindi, dovuto dal momento in cui è stata eseguita l'occupazione, con la presa di possesso, fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, ovvero sino alla restituzione del bene (salva la possibilità per l'amministrazione di avvalersi in via postuma dello strumento di cui al citato art. 42-bis).
VI. Tanto precisato, ai fini della quantificazione del ristoro per l'indebita occupazione, occorre tener conto che l'illecito permanente deve essere risarcito per ogni anno di abusiva occupazione.
VI.1. Con riguardo, poi, alla liquidazione del danno richiesto per l'illecita occupazione di aree di proprietà e per la successiva realizzazione di un'opera pubblica senza una valida dichiarazione di p.u. ovvero senza il rispetto dei termini previsti e senza l'adozione del decreto di esproprio, il giudice può stabilire i criteri di risarcimento ex art. 34 comma 4, c.p.a. anche in ragione dei poteri equitativi e della “ratio” dell'art. 42 bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 4 novembre 2013, n. 823).
VI.2. Nella specie:
A) tale danno può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42- bis comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 29.11.2013, n. 1655; T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 7.03.2014, n. 182);
B) quanto alla determinazione del valore venale del bene, da valutarsi unicamente per definire il parametro per la determinazione del danno patrimoniale da illegittima occupazione (pari al 5% annuo), può farsi parimenti riferimento alle conclusioni cui è giunto il C.T.U. nominato nella causa civile, il quale, tenuto conto della destinazione urbanistica dell’area (zona “I/13-NS” Parcheggi di destinazione), ha determinato il più probabile valore di mercato, riferito all’anno 2006, quantificandolo in €. 9.186,03;
C) ora, sulla base di tale valore - devalutato quanto al pregresso e aggiornato all’attualità per il periodo posteriore al 2006, secondo gli indici I.S.T.A.T.-, va computato il risarcimento del danno dovuto, nella misura del 5% annuo, per ogni anno di abusiva occupazione a partire dalla materiale immissione nel fondo.
VI.3. Tale danno di natura permanente, da corrispondersi sino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, può essere, allo stato, liquidato, in osservanza del principio di cui all'art. 112 c.p.c. secondo il quale il giudice non può pronunciarsi oltre i limiti della domanda, solo sino alla data della presente decisione.
VI.4. Gli enti intimati, tuttavia, onde evitare il maturarsi di un ulteriore danno risarcibile in favore della parte ricorrente, dovranno provvedere alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, in via prioritaria, come detto, mediante l’immediata restituzione dei beni, previa integrale riduzione in pristino, ovvero attraverso il legittimo acquisto della proprietà dell'area.
VI.5. Il Collegio ritiene di non dovere procedere anche alla liquidazione del danno genericamente non patrimoniale, in assenza di alcun principio di prova in ordine alla sussistenza dell’evento lesivo che ne costituisce la fonte.
VII. In conclusione, sulla base delle sovraesposte considerazioni, il ricorso va accolto, ordinando la restituzione dei beni, previa riduzione in pristino stato, e condannando gli enti intimati al risarcimento del danno patrimoniale da occupazione illegittima, calcolato, al momento, nei termini sopra esposti, da corrispondersi, in via principale, dalla società Circumvesuviana S.r.l. (ora EAV), concedente, e, in via sussidiaria, dal concessionario (Consorzio Ferroviario Vesuviano), parimenti evocato in giudizio.
VII.1. Invero, legittimato passivo della procedura espropriativa rimane il soggetto pubblico, la Circumvesuviana S.r.l. - essendo la stessa interamente partecipata dalla Regione Campania-, la cui competenza è attribuita per legge. L’organo pubblico può, al più, trasferire il mero esercizio ma non la titolarità delle proprie funzioni al privato, permanendo, pertanto, l’obbligo di vigilanza e controllo, esplicabile anche attraverso l’esercizio del potere di avocazione. La convenzione, accessoria al provvedimento concessorio ha, quindi, valore nei rapporti interni (es. clausola di manleva, ex art. 27) ma non esime da una responsabilità di tipo solidale (concedente-concessionario) nell’effettiva realizzazione dei fini pubblici.
VIII. In considerazione della continua evoluzione normativa e giurisprudenziale nella materia, sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
a) ordina agli enti intimati (società Circumvesuviana S.r.l., ora EAV, e Consorzio Ferroviario Vesuviano), ognuno per quanto di competenza, la restituzione alla parte ricorrente degli immobili illegittimamente detenuti, previa necessaria riduzione in pristino, con salvezza degli ulteriori provvedimenti di cui all'art. 42 bis T.U. espropri;
b) condanna i medesimi enti, in solido tra loro, e, fra questi, la società Circumvesuviana S.r.l., ora EAV, in via principale, al risarcimento del danno da occupazione illegittima, da quantificarsi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., nella somma pari al 5% annuo del valore venale del bene illegittimamente detenuto, come sopra determinato, da liquidarsi a partire dalla data dell’illegittimo possesso sino ad oggi, oltre interessi legali fino al soddisfo;
c) compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Cernese, Presidente FF
Paolo Marotta, Primo Referendario
Gabriella Caprini, Primo Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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