Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Conversione domanda risarcitoria

Privato
Giovedì, 3 Febbraio, 2022 - 12:30

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), sentenza n. 547 del 26 gennaio 2022, sulla conversione della domanda risarcitoria

N. 00547/2022REG.PROV.COLL.

N. 04596/2014 REG.RIC.

MASSIMA

l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze numeri 2 e 3 del 20 gennaio 2020, ha chiarito che «La scelta, di acquisizione del bene o della sua restituzione, va effettuata esclusivamente dall’autorità (…) in sede di giurisdizione di legittimità, né il giudice amministrativo né il proprietario possono sostituire le proprie valutazioni a quelle attribuite alla competenza e alle responsabilità dell’autorità individuata dall’art. 42-bis» e, con la coeva sentenza n. 4/2020, ha specificato che la pubblica amministrazione «è titolare di una funzione, a carattere doveroso nell’an, consistente nella scelta tra la restituzione del bene previa rimessione in pristino e acquisizione ai sensi dell’articolo 42-bis; non quindi una mera facoltà di scelta (o di non scegliere) tra opzioni possibili, ma doveroso esercizio di un potere che potrà avere come esito o la restituzione al privato o l’acquisizione alla mano pubblica del bene. Alternative entrambe finalizzate a porre fine allo stato di illegalità in cui versa la situazione presupposta dalla norma».

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4596 del 2014, proposto dai signori omissis, rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Leone, con domicilio eletto presso lo studio di questi in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

- il Comune di Napoli, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Maria Ferrari, Giacomo Pizza, Antonio Andreottola e Andrea Camarda, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nicola Laurenti in Roma, via Francesco Denza, n. 50/A, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione quinta, n. 1232/2014, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e della Presidenza del Consiglio dei ministri;

visti tutti gli atti della causa;

relatore il consigliere Francesco Frigida nell’udienza pubblica del giorno 27 luglio 2021, svoltasi con modalità da remoto;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti hanno proposto il ricorso di primo grado n. 5338 del 2011 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, per ottenere il risarcimento, da parte del Comune di Napoli e dell’amministrazione commissariale statale, dei danni in forma specifica ex art. 2058 c.c., mediante restituzione di un immobile (terreno) di loro proprietà, nonché per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

1.1. Il Comune di Napoli si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

1.2. L’allora Commissario delegato per la chiusura della gestione commissariale di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3566/2007 (oggi Presidenza del Consiglio dei ministri) si è costituito in giudizio, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.

2. Con l’impugnata sentenza n. 1232 del 27 febbraio 2014, il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione quinta, ha estromesso il Commissario delegato, ha accolto il ricorso e di conseguenza a riconosciuto il diritto dei ricorrenti al risarcimento dei danni, da determinarsi secondo i parametri ivi delineati; il collegio di primo grado ha altresì condannato il Comune di Napoli al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 2.000, oltre agli accessori di legge, nonché al pagamento delle spese della consulenza tecnica, liquidate in euro 6.000, oltre agli accessori di legge.

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 28 maggio 2014 e in data 3 giugno 2014 – le parti private hanno interposto appello avverso la su menzionata sentenza nella parte a loro sfavorevole, articolando tre motivi.

4. Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.

5. La Presidenza del Consiglio dei ministri si è costituita in giudizio, chiedendo la conferma della propria estromissione dal giudizio.

6. In vista dell’udienza di discussione, gli appellanti hanno depositato memoria, il Comune di Napoli documenti e memoria e l’amministrazione statale memoria.

7. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 27 luglio 2021, svoltasi con modalità da remoto.

8. L’appello è fondato in parte e deve essere parzialmente accolto alla stregua delle seguenti ragioni in fatto e in diritto.

9. Tramite il primo motivo d’impugnazione, gli appellanti hanno lamentato l’erronea estromissione, da parte del T.a.r., dell’allora Commissario delegato (oggi Presidenza del Consiglio dei ministri), in quanto, a loro avviso, avendo tale organo effettuato l’approvazione del progetto, la dichiarazione di pubblica utilità e la materiale apprensione del suolo oggetto di causa, vi sarebbe una sua responsabilità solidale insieme al Comune di Napoli.

Questa censura è infondata.

Del tutto correttamente, infatti, il T.a.r. ha estromesso il Commissario delegato, «a seguito dell’incontestato trasferimento delle opere e degli interventi in capo al Comune di Napoli».

Al riguardo si osserva che l’art. 4, primo comma, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3891/2010 stabilisce che «Il sindaco di Napoli, Commissario delegato ai sensi dell’art. 1, comma 1, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3566/2007, e successive modifiche ed integrazioni provvede, in regime ordinario ed in termini d’urgenza, al completamento, entro il 31 dicembre 2010, di tutti gli interventi programmati ed avviati e di tutte le iniziative di natura amministrativa e contabile necessarie per il definitivo superamento del contesto di criticità determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio della città di Napoli». Dunque, il 30 giugno 2010 è cessata la gestione commissariale, poiché in tale data in cui il sindaco di Napoli è tornato ad espletare le sue funzioni non in qualità di Commissario delegato, ma in regime ordinario. Ad ogni modo, anche collocando la cessazione della gestione commissariale in data 31 dicembre 2010, l’estromissione della Presidenza del Consiglio è conforme all’art. 4 citato, atteso che la domanda degli odierni appellanti è stata avanzata in data successiva.

Si rileva inoltre che la data del 31 dicembre 2011, indicata dagli appellanti, è evidentemente riferibile all’art. 9 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3932/2011, laddove ha disposto che «La dott.ssa (…) è nominata commissario delegato in sostituzione del sindaco di Napoli per il compimento, entro e non oltre il 21 dicembre 2011, di tutte le iniziative necessarie per la chiusura della gestione commissariale di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3566/2011 e successive modifiche e integrazioni». Tuttavia il subingresso di tale soggetto delegato non può valere come proroga del regime commissariale, essendo ad esso affidata una funzione di mera liquidazione della gestione straordinaria, da intendersi, quindi, senza dubbio conclusa, al più tardi, in data 31 dicembre 2010.

10. Mediante il secondo motivo di gravame, gli interessati hanno sostenuto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il T.a.r., acclarata l’illegittimità dell’occupazione del bene e considerate le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio circa l’impraticabilità della restituzione dell’area e della delocalizzazione delle opere, ne ha disposto d’ufficio l’acquisizione in capo all’amministrazione, con il contestuale riconoscimento di una servitù di passaggio in favore degli odierni appellanti, mentre l’acquisizione del bene sarebbe una decisione discrezionale dell’amministrazione, non surrogabile dal giudice amministrativo.

Con memoria, gli appellanti hanno ulteriormente precisato di voler convertire la domanda di risarcimento in una domanda, in sostanza, volta ad intimare al Comune la scelta tra un provvedimento ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 o la restituzione del bene nel pristino stato.

Siffatta censura è fondata.

In proposito, il Collegio evidenzia che la conversione della domanda restitutoria e risarcitoria a fronte di occupazione sine titulo in una domanda volta a imporre all’amministrazione l’effettuazione della scelta (sua propria e non influenzabile dai privati, né dal giudice) tra acquisizione del bene e sua restituzione è possibile, nel caso di specie, al lume degli approdi ermeneutici a cui è pervenuta l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze numeri 2, 3 e 4 del 20 gennaio 2020, poi maggiormente perimetrati dalla IV sezione del medesimo Consiglio con sentenza n. 6833 del 6 novembre 2020, nonché da questa sezione con la sentenza n. 6863 del 9 novembre 2020.

Segnatamente, al fine di evitare che le domande proposte in primo grado, congruenti con quello che allora appariva il vigente quadro normativo e l’orientamento giurisprudenziale di riferimento assurto a diritto vivente, siano di ostacolo alla formulazione di istanze di tutela adeguate al diverso contesto normativo e giurisprudenziale vigente al momento della decisione della causa in appello, è utilizzabile lo strumento processuale della conversione della domanda.

10.1. Ciò posto, va specificato che le difficoltà operative della riduzione in pristino (messe in luce dal consulente tecnico d’ufficio e avallate dal T.a.r.) non ne escludono la possibile concretizzazione, che, in ogni caso, va vagliata dall’amministrazione.

Sul punto l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le già citate sentenze numeri 2 e 3 del 20 gennaio 2020, ha chiarito che «La scelta, di acquisizione del bene o della sua restituzione, va effettuata esclusivamente dall’autorità (…) in sede di giurisdizione di legittimità, né il giudice amministrativo né il proprietario possono sostituire le proprie valutazioni a quelle attribuite alla competenza e alle responsabilità dell’autorità individuata dall’art. 42-bis» e, con la coeva sentenza n. 4/2020, ha specificato che la pubblica amministrazione «è titolare di una funzione, a carattere doveroso nell’an, consistente nella scelta tra la restituzione del bene previa rimessione in pristino e acquisizione ai sensi dell’articolo 42-bis; non quindi una mera facoltà di scelta (o di non scegliere) tra opzioni possibili, ma doveroso esercizio di un potere che potrà avere come esito o la restituzione al privato o l’acquisizione alla mano pubblica del bene. Alternative entrambe finalizzate a porre fine allo stato di illegalità in cui versa la situazione presupposta dalla norma».

Ne discende che in forza di un obbligo giuridico alternativo derivante dalla legge: o la proprietà oggetto di causa passerà dagli appellanti al Comune di Napoli tramite un (futuro) provvedimento dell’ente locale di acquisizione in base al citato art. 42-bis, oppure l’amministrazione comunale dovrà rimuovere l’opera e restituire il fondo agli appellanti (previa, appunto, la sua rimessione nel pristino stato); tertium non datur.

11. Attraverso il terzo motivo, gli interessati hanno contestato la liquidazione del danno effettuata dal T.a.r.. Con memoria essi hanno poi rimesso al Collegio la valutazione circa la possibilità di esprimersi fin da subito sulle censure da loro formulate avverso gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio.

Il Collegio reputa di non doversi esprimere sulla quantificazione dei danni, atteso che non vi è ancora stata una decisione del Comune di Napoli circa l’attivazione del meccanismo di cui all’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, che sarebbe in grado di mutare l’attuale quadro fattuale e d’incidere sulla sussistenza di una pretesa risarcitoria, ulteriore alla tutela indennitaria.

12. Tanto premesso, il Comune di Napoli dovrà obbligatoriamente scegliere (in tempi celeri e ragionevoli), se acquisire al proprio patrimonio il bene oggetto di causa in applicazione del citato art. 42-bis oppure se rimuovere l’opera e restituire il fondo in pristino stato agli odierni appellanti, mentre ogni ulteriore valutazione sulla pretesa indennitaria dovrà essere valutata primariamente dall’ente locale soltanto dopo l’effettuazione della predetta scelta, riservata esclusivamente all’amministrazione.

13. In conclusione l’appello va in parte accolto e, pertanto, in parziale riforma della sentenza impugnata e a seguito di conversione dell’originaria domanda, va condannato il Comune di Napoli alla restituzione del fondo di cui trattasi agli appellanti, previa rimozione delle opere e rimessione in pristino, oppure all’emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’articolo 42-bis del d.P.R. n. 327/2001; l’appello va respinto in relazione al capo di sentenza riguardante l’estromissione del Commissario delegato (oggi Presidenza del Consiglio dei ministri), che va confermata.

14. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio tra gli appellanti e la Presidenza del Consiglio dei ministri. La soccombenza del Comune, riscontrata in primo grado, è stata sostanzialmente confermata (seppur con mutamento del tipo di condanna), sicché va confermato il capo della gravata sentenza inerente alla condanna dell’ente locale al pagamento delle spese di lite e della consulenza tecnica. Con riferimento alla soccombenza del Comune nel presente grado, le spese tra esso e gli appellanti vanno compensate in considerazione dei mutamenti giurisprudenziali intervenuti in corso di causa e della peculiarità dell’iter processuale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4596 del 2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie la domanda delle parti private nei confronti del solo Comune di Napoli, così come convertita e nei sensi e nei limiti di cui in motivazione; lo respinge per il resto, con conseguente conferma dalla gravata sentenza sul capo inerente all’estromissione dell’amministrazione statale e sul capo relativo alle spese di lite del primo grado; compensa tra tutte le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 luglio 2021 con l'intervento dei magistrati:

Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere, Estensore

Antonella Manzione, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Francesco Frigida

Giulio Castriota Scanderbeg

IL SEGRETARIO

IL SEGRETARIO

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.