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Effetti del giudicato civile sul tema occupazioni

Privato
Martedì, 24 Gennaio, 2023 - 13:15

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 772 del 24 gennaio 2023, sugli effetti di un accertamento implicito di passaggio di proprietà per occupazione acquisitiva

MASSIMA

In linea di diritto, si osserva che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa e civile, l’interpretazione del giudicato formatosi su una sentenza civile pronunciata a definizione di un giudizio ordinario di cognizione, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione: infatti, il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della delimitazione dell’estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione e risolvono questioni facenti parte del thema decidendum (in tal senso ex plurimis, Cons. stato sez. III, 16 nov. 2018 n. 6471; Cass. Civ. sez. 1, 8.6.2007 n. 13513; Cass. civ. sez., 27.10.1994 n. 8865).

In caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, formatosi su una sentenza irrevocabile contenente l’accertamento del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva, alle parti e ai loro eredi o aventi causa è precluso il successivo esercizio, in relazione al medesimo bene, sia dell’azione (di natura personale e obbligatoria) di risarcimento del danno in forma specifica attraverso la restituzione del bene previa rimessione in pristino, sia dell’azione (di natura reale, petitoria e reipersecutoria) di rivendicazione, sia dell’azione ex artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001; ai fini della produzione di tale effetto preclusivo non è necessario che la sentenza passata in giudicato contenga un’espressa e formale statuizione sul trasferimento del bene in favore dell’amministrazione, essendo sufficiente che, sulla base di un’interpretazione logico-sistematica della parte motiva in combinazione con la parte dispositiva della sentenza, nel caso concreto si possa ravvisare un accertamento, anche implicito, del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva e dei relativi effetti sul regime proprietario del bene, purché si tratti di accertamento effettivo e costituente un necessario antecedente logico della statuizione finale di rigetto.

SENTENZA

N. 00772/2023REG.PROV.COLL.

N. 01641/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1641 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto dai signori OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avvocati Ernesto Biondo e Marietta De Rango, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Forlini in Roma, via G. Belli, n. 36;

contro

l’Amministrazione provinciale di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Roberta Chiarella, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

nei confronti

del signor Antonio Oliverio, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione seconda, n. 1971 dell’11 novembre 2021.

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale di Catanzaro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2022 il cons. Emanuela Loria;

Viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame i signori OMISSIS impugnano la sentenza del T.a.r. per Calabria n. 1971 dell’11 novembre 2021 chiedendo che:

a) sia dichiarato illegittimo il silenzio della Provincia in merito all’istanza da loro presentata;

b) sia accertato e dichiarato l’obbligo della Provincia di provvedere sull’istanza di acquisizione dell’area proposta dai ricorrenti;

c) sia accertato e dichiarato il diritto al risarcimento dei danni da inadempimento;

d) in via gradata, sia accertata e sia dichiarata la sussistenza del diritto a percepire l’indennità di occupazione ex art. 50 d.P.R. n. 327 del 2001.

2. L’adito T.a.r. ha respinto il ricorso sulla base della seguente motivazione: “Vengono in rilievo la sentenza del Tribunale di Catanzaro, Seconda Sezione Civile, del 14 gennaio 2012, n. 85, e quella della Corte d’Appello di Catanzaro del 16 maggio 2014, n. 700, passata in cosa giudicata.

Con esse è stata definitivamente accertata la verificazione dell’effetto traslativo del fondo occupato alla data di cessazione del quinquennio di occupazione legittima, e cioè in data 20 ottobre 1983 (cfr. pag. 4 della sentenza d’appello); e l’amministrazione è stata condannata al risarcimento dei danni da perdita del diritto dominicale sul fondo, liquidato in € 22.982,33, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT-Foi, dal 21 ottobre 1983 alla data della decisone di primo grado, nonché interessi sul capitale annualmente rivalutato con le medesime decorrenze.

Il giudicato derivante da tali pronunce copre definitivamente la vicenda contenziosa, con quanto dedotto e quanto deducibile (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 9 aprile 2021, n. 6, che alle medesime conclusioni giunge su una vicenda in cui vi era stato il rigetto della domanda di risarcimento del danno).

Dunque, l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro non era tenuta a dare risposta all’istanza pervenutale, evidentemente pretestuosa”.

2.1. Il primo giudice ha, inoltre, condannato i ricorrenti alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, delle spese e competenze di lite, che liquida nella misura di euro 4.000,00, oltre accessori come per legge.

3. Con l’appello in esame vengono proposti dieci motivi – da pag. 7 a pag. 23 - avverso la impugnata sentenza:

1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 124 disp. att. c.p.c.115 c.c. e degli artt. 2697 e 2909 c.c. in relazione all’art. 39 c.p.c.

2. Error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione - violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 39 c.p.a.

3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 bis DPR 327/2001 e dell’art. 2909 c.c.

4. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 922 c.c., dell’art. 2 comma 3 L. 241 /1990 e dell’art. 42 Cost.

5. Violazione e /o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c. - dell’art. 2 comma 3 L. 241 del 1990 - dell’art. 42 bis DPR 327/2001 – dell’art. 2909 c.c.

6. Sulla sussistenza dell’obbligo di provvedere anche nella denegata ipotesi di presenza di giudicato preclusivo.

7. Sulla illegittimità del silenzio serbato dalla provincia di Catanzaro.

8. Eccesso di potere per difetto di esplicazione di pubblica funzione – Falsa applicazione dell’art. 2 comma 3° L. 241 /1990.

9. Sull’applicabilità al caso di specie, dell’art. 42 bis d.P.R. 327/2001.

10. Violazione dell’art. 88 c.p.a. e degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 39 c.p.a.

4. Il 25 febbraio 2022 si è costituita in giudizio l’Amministrazione provinciale di Catanzaro che ha argomentato in ordine alla infondatezza dei motivi di ricorso.

5. Il 24 maggio 2022 i signori OMISSIS hanno depositato motivi aggiunti ex art. 104 comma 3 c.p.a. articolati in tre motivi (da pag. 1 a pag. 7).

6. L’Amministrazione ha depositato memoria in data 25 maggio 2022 con la quale ha eccepito la inammissibilità dei motivi aggiunti e ha argomentato in relazione alla loro infondatezza.

7. Gli appellanti hanno depositato memoria ex art. 73 c.p.a. in data 10 giugno 2022.

8. Alla camera di consiglio del giorno 29 settembre 2022 la causa è stata spedita in decisione.

8.1. Successivamente, in data 17 gennaio 2023 gli appellanti hanno formulato un’istanza istruttoria e depositato un provvedimento emesso dall’Amministrazione provinciale di Catanzaro il 21 ottobre 2022, chiedendo che la causa, ove non ancora decisa, sia rimessa sul ruolo al fine della proposizione di motivi aggiunti.

9. In via preliminare, il Collegio dichiara inammissibile l’istanza istruttoria formulata il 17 gennaio 2023 (ed il connesso deposito documentale) poiché il fascicolo di causa era già stato introitato per la decisione alla camera di consiglio del 29 settembre 2022, dimodoché non è ammissibile che la causa sia nuovamente rimessa sul ruolo in relazione ad atti o fatti sopravvenuti, che potranno essere oggetto delle ordinarie impugnative nei termini e secondo le fasi e i gradi processuali ordinari in conformità con le disposizioni processuali del codice del processo amministrativo.

10. Nel merito, l’appello è infondato e va respinto.

11. Con il primo motivo gli appellanti rilevano che il giudice di prime cure non avrebbe avuto la prova certa circa il giudicato formatosi sulla sentenza emessa dalla Corte d’Appello n. 700/14 che non avrebbe recato l’attestazione del cancelliere.

11.1. Il motivo è infondato posto che:

a) la censura è di carattere puramente formale e la parte appellante non allega elementi di prova dai quali possa desumersi ex art. 64 c.p.a., in base ai principi di riparto dell’onere della prova, che sulla sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 700/14 del 16 maggio 2014 non si sia formato il giudicato;

b) peraltro già in esecuzione della sentenza di primo grado del Tribunale di Catanzaro n. 85 del 2012, l’Amministrazione provinciale provvedeva alla liquidazione delle somme riconosciute a titolo di risarcimento del danno, rivalutazione e interessi con determinazione n. 5512 del 2 ottobre 2012.

12. Con il secondo motivo gli appellanti insistono nell’affermare che le sentenze sopra citate, emesse dal Giudice civile, non avrebbero accertato l’occupazione appropriativa e quindi il Tar avrebbe dovuto accogliere il ricorso e dare un termine all’Amministrazione per determinarsi in ordine all’istanza di acquisizione sanante oppure per la restituzione dell’immobile.

12.1. Il motivo è infondato per quanto più sopra già indicato in relazione alle sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Catanzaro.

12.2. Con la prima, il Tribunale di Catanzaro ha accolto la domanda degli attori diretta al risarcimento dei danni derivante dalla perdita del diritto della proprietà per l’espropriazione posta in essere dall’Amministrazione provinciale di Catanzaro.

Nella sentenza si legge: “Non è pertanto revocabile in dubbio che l’illecito perpetrato esponga l’Amministrazione Provinciale al risarcimento del danno derivante dalla perdita della disponibilità del terreno a decorrere dal termine di cinque anni dalla data di occupazione provvisoria – quindi dal 21.10.1983 (non avendo gli attori richiesto in alcun momento la restituzione del bene e non risultando il termine di legittima occupazione prorogato.).”

Il Tribunale di Catanzaro ha, infatti, condannato la Provincia al risarcimento dei danni in favore degli attori determinati in euro 22.982,33 oltre rivalutazione monetaria nonché interessi legali e spese processuali.

12.3. Con la sentenza n. 700/14 la Corte d’Appello di Catanzaro, pronunciandosi sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Catanzaro n. 85/2012 ha affermato che: “Occorre premettere che non sono oggetto di contestazione in questa sede di gravame – con conseguente formazione del giudicato sul punto – le seguenti asserzioni del primo giudice: a) la declinatoria in rito della domanda di pagamento dell’indennità di occupazione per il quinquennio di vigenza del decreto di occupazione d’urgenza (20.10.1978 /20.10.1983) e, quindi, la legittimità di tale occupazione; b) la verificazione dell’effetto traslativo del fondo occupato alla data di cessazione del predetto quinquennio di occupazione (20.10.1098). Di qui, la circoscrizione del campo d’indagine del gravame alle sole questioni del valore del bene al tempo del predetto effetto traslativo (1983) e alla spettanza dell’ulteriore posta risarcitoria attinente ad un’eventuale periodo di occupazione illegittima”.

13. Con il terzo motivo gli appellanti sostengono che non si sarebbe verificato il trasferimento della proprietà per cui essi sarebbero ancora proprietari dei beni e conseguentemente andrebbe dato un termine all’Amministrazione per l’acquisizione del terreno ex art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001.

13.1. Il motivo è infondato per quanto più sopra affermato dalle sentenze del giudice civile che, come correttamente affermato dal giudice di primo grado, coprono definitivamente la vicenda contenziosa (arg. da Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 6 del 9 aprile 2001, che ha statuito: “In linea di diritto, si osserva che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa e civile, l’interpretazione del giudicato formatosi su una sentenza civile pronunciata a definizione di un giudizio ordinario di cognizione, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione: infatti, il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della delimitazione dell’estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione e risolvono questioni facenti parte del thema decidendum (in tal senso ex plurimis, Cons. stato sez. III, 16 nov. 2018 n. 6471; Cass. Civ. sez. 1, 8.6.2007 n. 13513; Cass. civ. sez., 27.10.1994 n. 8865). La posizione della giurisprudenza condivisa da questa Adunanza Plenaria per preminenti ragioni di economia processuale e di garanzia della certezza e stabilità dei rapporti giuridici è invero attestata su una concezione estensiva dei limiti oggettivi del giudicato, per cui il giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.) – che , in quanto riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c) , fa stato ad ogni effetto fra le parti, i loro eredi o aventi causa, relativamente all’accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso – si forma su tutto ciò che ha formato oggetto della decisione, compresi gli accertamenti in fatto e in diritto, i quali rappresentino le premesse necessarie e il fondamento logico giuridico sulla situazione giuridica fatta valere con la domanda giudiziale (c.d. giudicato esplicito), ma estendendosi gli accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile con la decisione e ne formano il presupposto, così da coprire tutto quanto rappresenta il fondamento logico giuridico della statuizione finale (c.d. giudicato implicito). Pertanto, l’accertamento su una questione di fatto o di diritto costituente la premessa necessaria e il motivo portante della decisione divenuta definitiva, quando sia comune ad una causa introdotta posteriormente inter partes, preclude il riesame della questione, anche se il giudizio successivo abbia finalità diverse da quelle del primo (ex plurimis Cass. Civ. sez. lav. 9.12.2016, n. 25269; Cass. Civ., sez. 3, 23.10.1995 n. 10999,) per cui qualora due giudizi tra le stesse parti vertano sul medesimo negozio o rapporto giuridico, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica ovvero la risoluzione di una questione di fatto o di diritto che incida su un punto fondamentale di entrambe le cause ed abbia costituito la logica premessa della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza passata in giudicato, preclude l’esame del punto accertato e risolto anche nel caso in cui l’altro giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo o il petitum del primo).

Quindi l’autorità di cosa giudicata copre l’accertamento, oltre che del singolo effetto dedotto come petitum (mediato), anche del rapporto complesso dedotto come causa petendi, sia esso di natura reale o di natura obbligatoria, dal quale l’effetto tra origine”.

Pertanto, alla luce di tali coordinate ermeneutiche, il giudicato si è formato sia sul diritto al risarcimento del danno sia sul perfezionamento della fattispecie della c.d. occupazione acquisitiva e sui relativi effetti, e in primo luogo sulla estinzione del diritto di proprietà dei terreni in capo agli originari proprietari e sulla acquisizione della proprietà degli stessi in capo all’Amministrazione provinciale.

A tale fine, sono irrilevanti le risultanze catastali, che andranno adeguate alla situazione reale su iniziativa della parte più diligente.

14. Con il quarto motivo viene reiterata la censura contenuta nel terzo motivo relativa alla situazione proprietaria dei terreni e si sostiene la illegittimità del silenzio dell’Amministrazione provinciale di Catanzaro sull’istanza presentata dai ricorrenti in data 4 novembre 2020, essendo, in tesi, ancora controversa la proprietà dei beni immobili oggetto di causa.

14.1. Con il sesto e il settimo motivo si reitera la censura relativa alla illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione e viene dedotta anche la illegittimità per non essere stato concluso il procedimento entro 90 giorni con la richiesta del consequenziale indennizzo ex art. 34, comma 1, lett. c c.p.a.

14.2. I tre motivi (quarto, sesto e settimo), in quanto intimamente connessi, possono essere trattati congiuntamente.

Date le conclusioni a cui si è pervenuto al §12 in ordine all’assetto dominicale dei terreni, la cui proprietà è definitivamente transitata secondo quanto affermato dalle sentenze del Giudice civile, l’Amministrazione non era tenuta ad emettere un provvedimento esplicito sulla istanza del 4 novembre 2020, per cui nessun illegittimo silenzio si è formato sul tale istanza.

Inoltre, alcuna violazione del termine di conclusione del procedimento si è determinata a seguito del silenzio dell’Amministrazione né conseguentemente è dovuto alcun indennizzo o risarcimento ex art. 34, comma 1, lett. c) c.p.a.

15. Con il quinto motivo i ricorrenti chiedono che sia accertato il loro diritto a ottenere l’indennità di occupazione legittima sulla quale non si sarebbe formato il giudicato.

15.1. Il motivo è infondato per le medesime ragioni sopra rappresentate in relazione al giudicato, in forza del quale gli appellanti sono stati risarciti, formatosi sulla intera vicenda amministrativa relativa ai terreni per cui è causa.

Sovviene, di nuovo, in proposito quanto affermato dalla sentenza sopra citata n. 6 del 9 aprile 2021 dell’Adunanza plenaria: “In caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, formatosi su una sentenza irrevocabile contenente l’accertamento del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva, alle parti e ai loro eredi o aventi causa è precluso il successivo esercizio, in relazione al medesimo bene, sia dell’azione (di natura personale e obbligatoria) di risarcimento del danno in forma specifica attraverso la restituzione del bene previa rimessione in pristino, sia dell’azione (di natura reale, petitoria e reipersecutoria) di rivendicazione, sia dell’azione ex artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001; ai fini della produzione di tale effetto preclusivo non è necessario che la sentenza passata in giudicato contenga un’espressa e formale statuizione sul trasferimento del bene in favore dell’amministrazione, essendo sufficiente che, sulla base di un’interpretazione logico-sistematica della parte motiva in combinazione con la parte dispositiva della sentenza, nel caso concreto si possa ravvisare un accertamento, anche implicito, del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva e dei relativi effetti sul regime proprietario del bene, purché si tratti di accertamento effettivo e costituente un necessario antecedente logico della statuizione finale di rigetto”.

16. Con l’ottavo e il nono motivo gli appellanti sostengono che al caso in esame dovrebbe applicarsi l’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 con conseguente scelta dell’amministrazione tra restituzione del bene o liquidazione delle indennità previste dalla citata disposizione.

16.1. Il motivo è destituito di fondamento giacché, come sopra argomentato, si è verificato il meccanismo di preclusione processuale previsto dal combinato disposto di cui all’art. 324 c.p.c. (giudicato formale) e all’art. 2909 c.c. (giudicato sostanziale), secondo cui, una volta che sia stata pronunciata in via definitiva la regola di giudizio tra due o più parti su una specifica controversia giuridica, il dictum del Giudice non può più essere messo in discussione da quelle stesse parti o dai loro eredi o aventi causa.

Infatti, nel caso in esame le appellanti hanno già ottenuto il risarcimento del danno da perdita della proprietà con la sentenza del Tribunale civile di Catanzaro del 2012 che è stata confermata dalla Corte d’Appello con sentenza n. 700 del 16 maggio 2014.

17. Con il decimo motivo gli appellanti chiedono che, in caso di riforma della sentenza del T.a.r., venga riformato il capo della sentenza relativo alla condanna alle spese di giudizio.

17.1 Il motivo non può essere accolto dovendo essere applicata la regola relativa alla soccombenza ex artt. 26 c.p.a. e 91 ss. c.p.c.

18. Con l’atto di motivi aggiunti gli appellanti ampliano il thema decidendum sulla base di documenti che depositano per la prima volta in giudizio, unitamente al ricorso in aggiunzione, il 24 maggio 2022 (cfr. foliario allegato 1).

18.1. In via preliminare il Collegio rileva che l’amministrazione ha sollevato eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti giacché proposti in violazione del divieto di nova in appello ex art. 104, comma 3, c.p.a.

18.2. L’eccezione è fondata.

a) L’allegato n. 2 è costituito da due lettere inviate all’Amministrazione provinciale, per conto degli appellanti, nell’anno 2016 dall’avvocato Gallippi; quindi si tratta di lettere formate dalle stesse parti appellanti (fatte per loro conto) e quindi conosciute dalle stesse parti fin dalla loro formazione, che dunque avrebbero dovuto esse stesse depositare nel giudizio di primo grado.

b) L’allegato n. 4 è costituito da una nota interna dell’amministrazione provinciale (il settore espropri in data 25 gennaio 2007 prot n. 6363 indirizza la nota all’ufficio legale): trattasi pertanto di atto privo di spessore provvedimentale e formato anteriormente alla instaurazione del giudizio di primo grado.

c) L’allegato n. 5 consiste nella visura catastale dei terreni, visure che, come si è sopra chiarito, non sono dimostrative del titolo di proprietà in capo ai soggetti ivi menzionati e che comunque avrebbero dovuto essere depositate fin dal giudizio di primo grado.

18.3. Conseguentemente i motivi aggiunti sono da dichiarare inammissibili.

19. Conclusivamente il ricorso introduttivo va respinto e i motivi aggiunti sono da dichiarare inammissibili.

20. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello r.g. n. 1641/2022, lo respinge.

Condanna gli appellanti, in solido, alla rifusione delle spese di giudizio in favore dell’amministrazione provinciale costituita, che liquida, anche ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a., in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre I.V.A., C.P.A., e rimborso delle spese generali al 15%.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Luca Lamberti, Presidente FF

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Emanuela Loria

Luca Lamberti

 

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