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Non coercibile il potere ex art.42-bis TUE - Cons. Stato, sez. IV, sent. n.751 del 12.02.2015

Pubblico
Martedì, 17 Febbraio, 2015 - 01:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 751 del 12.02.2015, sull’art.42-bis TUE non coercibile 
 
Il potere di acquisizione sanante è incoercibile in giudizio, neanche in sede di ottemperanza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2014, nr. 4203; id., 19 marzo 2014, nr. 1344).
N. 00751/2015 REG.PROV.COLL.
N. 07826/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso nr. 7826 del 2014, proposto dai signori Donato Salvatore FACCHIANO, Francesco GALLUCCIO, Andrea IANZITO, Giuseppe Mario CALLISTO, Angelo MARCIANO, Daniele MARCIANO, Angelo SPAGNOLETTI e Annunziata ZUPPA, rappresentati e difesi dagli avv.ti Lucio Crisci e Fabrizio Crisci, con domicilio eletto presso Valeriu Grosu in Roma, via Nicastro, 3, 
contro
- il COMUNE DI MOLINARA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- I.V.P.C. (ITALIAN VENTO POWER CORPORATION) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Abbamonte e Giovanna Fucci, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via degli Avignonesi, 5;
per l’ottemperanza
della decisione del Consiglio di Stato, Sezione IV, del 15 ottobre 2010, nr. 8507, e della successiva sentenza della stessa Sezione nr. 3451 del 25 giugno 2013.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di I.V.P.C. (Italian Vento Power Corporation) S.r.l.;
Viste le memorie prodotte dai ricorrenti (in date 2 e 9 gennaio 2015) e dalla società intimata (in date 31 dicembre 2014 e 12 gennaio 2015) a sostegno delle rispettive difese;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi gli avv.ti Lucio e Fabrizio Crisci per i ricorrenti e l’avv. Abbamonte per I.P.V.C. S.r.l.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso oggi all’esame della Sezione, gli istanti in epigrafe indicati (alcuni dei quali nella veste di eredi di taluno dei precedenti ricorrenti) agiscono nuovamente per l’ottemperanza della decisione di questa Sezione con la quale, in accoglimento di ricorso per revocazione di precedente pronuncia reiettiva di appello, è stata ordinata al Comune di Molinara ed alla I.V.P.C. (Italian Vento Power Corporation) S.r.l. la restituito in integrumin relazione ad immobili sui quali l’Amministrazione comunale aveva costituito, a beneficio della detta società, una servitù coattiva asseritamente sanata con decreto emesso ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. 8 giugno 2001, nr. 327, che con la medesima sentenza è stato annullato siccome illegittimo.
2. A seguito di un primo ricorso per ottemperanza questa Sezione, constatata l’inerzia delle parti soccombenti nel dare esecuzione al decisum suindicato, e rilevata l’irrilevanza del mero avvio di attività prodromiche all’adozione di decreto ex art. 42-bis del d.P.R. nr. 327/2001 (norma entrata in vigore successivamente alla decisione ottemperanda), ha ordinato di porre in essere ogni attività utile e idonea all’attuazione del giudicato – facendo salvo, per l’appunto, l’esercizio del predetto potere di acquisizione “sanante” – ed ha contestualmente nominato un Commissario ad acta destinato a sostituire automaticamente l’Amministrazione in ipotesi di perdurante inottemperanza.
3. Con l’odierno ricorso, le parti istanti espongono che, prima della scadenza del termine assegnatole per provvedere, l’Amministrazione comunale ha adottato un decreto di imposizione di servitù coattiva all’asserito fine di dare esecuzione al giudicato riveniente dalle decisioni sopra richiamate.
Tanto premesso, e precisato di aver impugnato il predetto decreto anche in via ordinaria dinanzi al T.A.R. della Campania, gli istanti hanno dedotto nella presente sede di ottemperanza:
I) la nullità del decreto di imposizione di servitù e degli atti connessi per incompetenza, dovendo gli stessi essere adottati non dal Comune, ma dalla Regione, unico soggetto abilitato a rilasciare titoli autorizzatori per impianti alimentati da fonti rinnovabili, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387;
II) conseguentemente, la nullità per violazione o elusione del giudicato, per essere stato il decreto censurato adottato fuori dei canoni della legittimità.
Per effetto delle domande così articolate, i ricorrenti hanno quindi chiesto nuovamente il proprio reintegro nella pienezza del diritto di proprietà sugli immobili de quibus.
4. Si è costituita la società I.V.P.C. S.r.l. la quale, oltre a eccepire in limine l’inammissibilità del ricorso, ne ha comunque articolatamente dedotto l’infondatezza nel merito.
5. Di poi, le parti hanno affidato ad apposite memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.
6. Alla camera di consiglio del 20 gennaio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Tutto ciò premesso, il ricorso va respinto, non rientrandosi fra le ipotesi nelle quali è consentito al giudice dell’ottemperanza conoscere dei nuovi atti posti in essere dall’Amministrazione successivamente al giudicato.
7.1. Al riguardo, va in primo luogo sottolineato come il decreto “sanante” posto in essere dal Comune di Molinara, in applicazione dell’art. 42-bis del d.P.R. nr. 327 del 2001, non può neanche astrattamente ricondursi ad attività esecutiva del giudicato formatosi sulla decisione nr. 8507 del 2010, nemmeno per come integrata dalla successiva sentenza nr. 3451 del 2013.
Infatti, mentre all’epoca della prima decisione il citato art. 42-bis non esisteva ancora (e, dunque, sarebbe stato logicamente impossibile prefigurare l’esercizio del potere dallo stesso disciplinato), nella sentenza nr. 3451 del 2013 non è stato affatto ordinato al Comune di disporre la “regolarizzazione” della servitù coattiva ai sensi di detta norma, ma tale possibilità è stata semplicemente fatta salva, in quanto espressione di un potere originario dell’Amministrazione indipendente dal decisum giudiziale, quale possibile alternativa all’esecuzione della precedente decisione; ciò, del resto, è in linea con la prevalente giurisprudenza della Sezione, che considera il potere di acquisizione sanante incoercibile in giudizio, neanche in sede di ottemperanza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2014, nr. 4203; id., 19 marzo 2014, nr. 1344).
7.2. Ma, anche a voler prescindere da tale assorbente profilo, deve escludersi ogni spazio alla cognizione del predetto decreto nella presente sede anche per ragioni diverse.
In particolare, giova richiamare i principi espressi dall’Adunanza plenaria nella nota sentenza nr. 2 del 15 gennaio 2013 (richiamata anche dagli odierni istanti) in ordine al rapporto fra giudizio ordinario e giudizio di ottemperanza, laddove il ricorrente vittorioso intenda censurare i nuovi atti posti in essere dall’Amministrazione soccombente in esecuzione del giudicato amministrativo: in tale sede, è stato sottolineato che, proprio in quanto di regola l’annullamento del provvedimento impugnato restituisce all’Amministrazione la propria discrezionalità valutativa coi soli limiti discendenti dalle prescrizioni ricavabili dalla pronuncia giudiziale, il giudice dell’ottemperanza potrà essere chiamato, in prima battuta, a verificare la sussistenza del vizio di violazione o elusione del giudicato ai sensi dell’art. 114, comma 4, lettera b), cod. proc. amm., ma a ciò dovrà arrestarsi la sua cognizione, e pertanto, ove tali vizi non si ravvisino, ogni altra doglianza dovrà essere fatta valere con l’ordinaria azione di annullamento (un diverso regime, differenziato tra le parti dell’originario giudizio e i terzi, è oggi dettato dal comma 6 dell’articolo testé citato per l’ipotesi – che comunque non ricorre nella presente fattispecie – che gli atti sopravvenuti siano stati adottati dal commissario ad acta nominato dal giudice dell’ottemperanza).
Orbene, nel caso che occupa è del tutto evidente che non si ricade nelle ipotesi in cui è consentito, alla stregua dei principi enunciati dalla Plenaria, l’intervento del giudice dell’ottemperanza, non potendo in alcun modo ravvisarsi nel decreto di imposizione coattiva di servitù adottato dal Comune di Molinara ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. nr. 327/2001 il vizio di violazione o elusione del giudicato; al riguardo, è sufficiente rilevare che nell’ottemperanda decisione di questa Sezione nr. 8507/2010 l’annullamento del precedente decreto avente il medesimo oggetto era stato determinato unicamente dal sopravvenire della nota declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 del medesimo d.P.R. nr. 327/2001, sulla cui base il citato decreto era stato adottato, senza alcuna ulteriore e diversa valutazione sulla legittimità dell’esercizio del potere di sanatoria esercitato dal Comune.
Né può sostenersi, come assumono gli odierni istanti, che la violazione del giudicato sarebbe in re ipsa nei vizi (nullità, incompetenza etc.) che asseritamente affliggono il nuovo decreto, in quanto costituirebbe elusione o violazione del decisum qualsiasi fattispecie di adozione di provvedimenti “al di fuori dei canoni di legittimità fissati dal legislatore”: non v’è che non veda che siffatto modo di argomentare tende a svuotare di ogni significato la distinzione, che l’Adunanza plenaria ha invece inteso mantenere ferma, fra i vizi integranti la più grave ipotesi di cui all’art. 114, comma 4, lettera b), cod. proc. amm. e qualsiasi altro vizio di legittimità.
7.3. Infine, risulta del tutto inconferente il richiamo, compiuto dalla difesa di parte istante in sede di discussione orale, alla giurisprudenza che considera nulli per violazione del giudicato gli atti posti in essere dalla p.a. dopo l’insediamento del Commissario ad acta, e quindi in un momento in cui il potere dell’Amministrazione si è definitivamente consumato; ciò in quanto nel caso che qui occupa, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, il decreto ex art. 42-bis, d.P.R. nr. 327/2001 è intervenuto prima della scadenza del termine assegnato alle parti soccombenti per provvedere dalla ricordata decisione nr. 3451 del 2013, termine alla cui inutile scadenza era ancorato il subentro del Commissario ad acta.
8. Dai rilievi che precedono discende che, quali che siano i vizi (di nullità o di mera illegittimità) che si assumano sussistere nel decreto censurato, questi dovranno essere dedotti nell’ordinaria sede dell’impugnazione dello stesso dinanzi al giudice competente.
Del resto, è stato già rilevato che gli istanti hanno già proposto un autonomo ricorso dinanzi al T.A.R. della Campania, per il che risulta superfluo ogni approfondimento, in applicazione dei principi enunciati dalla Plenaria nella citata sentenza nr. 2 del 2013, sulla sussistenza dei presupposti per la conversione dell’azione di ottemperanza in ordinaria azione di annullamento.
9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna i ricorrenti al pagamento in favore di controparte di spese e onorari del giudizio, che liquida in complessivi euro 2500,00 oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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