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Risarcimento danni da mancato utilizzo: i criteri secondo la giurisprudenza più recente

Privato
Lunedì, 16 Gennaio, 2023 - 19:15

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce - Sezione Terza, sentenza n. 16 del 3 gennaio 2023, sul risarcimento del danno da occupazione illegittima o mancato utilizzo dir si voglia

MASSIMA

Nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e l'Amministrazione espropriante abbia agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa (devolute come tali alla giurisdizione ordinaria), spettano alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ex art. 133 primo comma lettera g) c.p.a., le controversie (come quella de qua) nelle quali si faccia questione - anche ai fini della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene immobile conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento ablatorio all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà, purchè vi sia un collegamento - anche mediato - all’esercizio della pubblica funzione” (ex multis Consiglio di Stato, IV Sezione, 4 Aprile 2011 n. 2113; T.A.R. Lombardia, Brescia, I Sezione 18 Dicembre 2008 n.1796; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 30 Luglio 2007 n. 9 e 22 Ottobre 2007 n. 12; T.A.R. Basilicata, 22 Febbraio 2007 n. 75; T.A.R. Puglia, Bari, III Sezione, 9 Febbraio 2007 n. 404; T.A.R. Lombardia, Milano, II Sezione, 18 Dicembre 2007 n. 6676; T.A.R. Lazio, Roma, II Sezione, 3 Luglio 2007 n. 5985; T.A.R. Toscana, I Sezione, 14 Settembre 2006 n. 3976; Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 20 Dicembre 2006 nn. 27190, 27191 e 27193)” (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 12 maggio 2015, n. 1549)» (ex multis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 23 aprile 2018, n.704).

Il risarcimento del danno per il mancato godimento dell’area di che trattasi a cagione dell’occupazione (tuttora) illegittima va erogato secondo i seguenti criteri:

1) dovrà tenersi conto dell’area effettivamente occupata dalla P.A. per la realizzazione dell’opera pubblica di cui trattasi avuto riguardo specifico al verbale di immissione in possesso;

2) se il bene immobile occupato dall’Amministrazione Comunale (e successivamente trasformato) è costituito da un fondo agricolo non coltivato, né adibito dai proprietari ad un particolare uso, il quantum risarcibile dovrà essere determinato sulla base del criterio del canone locativo ritraibile dal fondo agricolo (Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9427), calcolato per ciascun anno di illegittima occupazione in relazione alla durata effettiva dell’intera occupazione senza titolo (e sino ad effettiva restituzione);

3) trattandosi di debiti di valore, le somme dovranno essere rivalutate alla data della sentenza (con applicazione degli Indici nazionali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolati dall’I.S.T.A.T.); sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione illegittima dovranno, inoltre, essere riconosciuti gli interessi al tasso legale, da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata in base ai suddetti indici I.S.T.A.T., secondo i principi di cui alla sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712, e ciò sino all’effettivo soddisfo.

SENTENZA

Pubblicato il 03/01/2023

N. 00016/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01589/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1589 del 2020, proposto da
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avvocato Francesco Galluccio Mezio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Galatina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppina Capodacqua e Elvira Anna Pasanisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la condanna

del Comune di Galatina alla restituzione della parte del fondo sito in Galatina denominato “Franca” prospiciente la via C.A. Della Chiesa e distinto in N.C.T., Fg. 92, p.lle 33 di Ha 4,06,22 e 126 di Ha 3,95,22, illegittimamente occupata dal Comune medesimo, nelle condizioni in cui si trovava all'atto dell'occupazione e come risultanti dal verbale di consistenza ed immissione in possesso del 27 luglio 1984,

nonchè

del Comune intimato al risarcimento dei danni derivanti da mancata percezione dei frutti del fondo predetto dalla data dell'illecita occupazione all'effettiva restituzione, danni che possono essere determinati in misura pari agli interessi legali sul valore venale del fondo occupato;

e, in subordine, ove fosse impossibile la restituzione del bene illecitamente occupato,

per la condanna

del Comune di Galatina alla totale reintegrazione patrimoniale per equivalente, ossia al pagamento di somma pari al valore venale attuale del bene immobile occupato, al valore dei frutti per il periodo di illecita occupazione e sino al soddisfo, il tutto maggiorato da interessi legali e rivalutazione monetaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Galatina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2022 il dott. Giovanni Gallone e uditi per le parti i difensori avv.to F. Cavallo, in sostituzione dell'avv.to F. Galluccio Mezio, e avv.to L. Pedone, in sostituzione dell'avv.to E.A. Pasanisi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso in riassunzione, ex art. 11 c.p.a., notificato il 26 novembre 2020 e depositato il 23 dicembre 2020 a seguito di sentenza n. 830 del 31 agosto 2020 con cui la Corte d’Appello di Lecce - Sezione promiscua - decidendo in ordine all’appello proposto dal Comune di Galatina avverso la sentenza di primo grado resa dal Tribunale Civile di Lecce, Sezione distaccata di Galatina, n. 107 del 21 giugno 2011 ed all’appello incidentale subordinato proposto da Galluccio Adolfo, ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell’adito Giudice Ordinario in favore del Giudice Amministrativo, OMISSIS (giusta denuncia di successione registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Lecce in data 7 luglio 2014 al n. 2040 e testamento olografo pubblicato il 4 dicembre 2013 a mezzo del notaio Cito da Aradeo e registrato a Lecce il 5 dicembre 2013 al n. 949), già proprietario del fondo sito in Galatina denominato “Franca” prospiciente la via C. A. Della Chiesa e distinto in N.C.T., Fg. 92, p.lle 33 di Ha 4,06,22 e 126 di Ha 3,95,22 compreso nel centro urbano ed illegittimamente occupato (in parte qua) dal Comune di Galatina per la realizzazione di un tronco di fognatura bianca, hanno chiesto:

- “rigettare l’appello a suo tempo proposto dal Comune di Galatina perché totalmente destituito da ogni fondamento”;

- “in accoglimento dell’appello incidentale proposto ed in parziale riforma della Sentenza n. 107/2011 condannare il Comune di Galatina: a) alla restituzione del bene occupato indicato in citazione nelle identiche condizioni in cui si trovava all'atto dell'occupazione e come risultanti dal verbale di consistenza ed immissione in possesso del 27.07.1984 (previa, quindi, eliminazione di ogni opera ivi realizzata); b) condannare lo stesso Comune al risarcimento dei danni derivanti da mancata percezione dei frutti del fondo dalla data dell’illecita occupazione all’effettiva restituzione, danni che possono essere determinati in misura pari agli interessi legali sul valore venale del fondo; c) in subordine, ove fosse impossibile la restituzione del bene illecitamente occupato, condannare il Comune di Galatina alla totale reintegrazione patrimoniale per equivalente, ossia al pagamento di somma pari al valore venale attuale del bene occupato, al valore dei frutti per il periodo di illecita occupazione e sino al soddisfo, il tutto maggiorato da interessi e rivalutazione monetaria”.

1.1 Espone, in particolare, parte ricorrente che il Consiglio Comunale di Galatina ha approvato l’esecuzione del progetto per la realizzazione della fogna bianca (relativamente alle opere terminali e ad una parte del tratto finale) sull’area di che trattasi con la deliberazione n. 34 del 4 febbraio 1983, ma che né in detta deliberazione né in alcuna altra successiva ha mai fissato i termini per l'inizio e completamento della espropriazione e dei lavori a norma del citato art. 13 L. n. 2359/1865.

Aggiunge, poi, che con deliberazione di Giunta Municipale del medesimo Comune n. 440 del 16 giugno 1984 è stata disposta l’occupazione d'urgenza della predetta area (per mq. 4.980) fissando un termine di cinque anni decorrente dalla data di effettiva occupazione (avvenuta il 27 luglio 1984, come da verbale di immissione in possesso in atti), ma che a detta deliberazione non ha mai fatto seguito alcun decreto di esproprio.

2. In data 12 gennaio 2021 si è costituito in giudizio dinanzi a questo T.A.R. il Comune di Galatina chiedendo il rigetto del ricorso.

3. Nelle date, rispettivamente, del 6 e del 7 ottobre 2022 i ricorrenti ed il Comune di Galatina hanno depositato memorie difensive.

4. Nelle date, rispettivamente, del 18 e del 19 ottobre 2022, i ricorrenti ed il Comune di Galatina hanno depositato memorie in replica.

5. All’udienza pubblica dell’8 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nel merito e va, quindi, accolto - anche ai sensi dell’art. 34 comma 4 c.p.a. - nei sensi, limiti e termini di seguito precisati.

2. E’ opportuno ribadire, in limine, la sussistenza della giurisdizione esclusiva dell’adito Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lettera g) del Codice del Processo Amministrativo (in forza del quale “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (…) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”) in ordine alle domande azionate dai ricorrenti, posto che, nella fattispecie in esame, il Comune di Galatina ha agito sulla scorta della deliberazione n. 34 del 4 febbraio 1983 della Giunta Municipale di Galatina che ha approvato l’esecuzione del progetto per la realizzazione della fognatura bianca (relativamente alle opere terminali e ad una parte del tratto finale) sull’area di che trattasi della successiva deliberazione di Giunta Municipale del medesimo Comune n. 440 del 16 giugno 1984 con cui è stata disposta l’occupazione d'urgenza della predetta area (per mq. 4.980).

Ed invero, a tale riguardo, la Sezione non ha motivo per discostarsi dall’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, “nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e l'Amministrazione espropriante abbia agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa (devolute come tali alla giurisdizione ordinaria), spettano alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ex art. 133 primo comma lettera g) c.p.a., le controversie (come quella de qua) nelle quali si faccia questione - anche ai fini della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene immobile conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento ablatorio all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà, purchè vi sia un collegamento - anche mediato - all’esercizio della pubblica funzione” (ex multis Consiglio di Stato, IV Sezione, 4 Aprile 2011 n. 2113; T.A.R. Lombardia, Brescia, I Sezione 18 Dicembre 2008 n.1796; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 30 Luglio 2007 n. 9 e 22 Ottobre 2007 n. 12; T.A.R. Basilicata, 22 Febbraio 2007 n. 75; T.A.R. Puglia, Bari, III Sezione, 9 Febbraio 2007 n. 404; T.A.R. Lombardia, Milano, II Sezione, 18 Dicembre 2007 n. 6676; T.A.R. Lazio, Roma, II Sezione, 3 Luglio 2007 n. 5985; T.A.R. Toscana, I Sezione, 14 Settembre 2006 n. 3976; Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 20 Dicembre 2006 nn. 27190, 27191 e 27193)” (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 12 maggio 2015, n. 1549)» (ex multis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 23 aprile 2018, n.704).

2. Sempre in limine, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso in riassunzione sollevata dalla difesa dell’Amministrazione Comunale resistente per allegata violazione del divieto di “mutatio libelli”.

Con il ricorso introduttivo, proposto in riassunzione ex art. 11 c.p.a. a seguito di sentenza n. 830 del 31 agosto 2020 della Corte d’Appello di Lecce declinatoria della giurisdizione dell’A.G.O., i ricorrenti (a ben vedere) non hanno, infatti, formulato domande nuove rispetto a quelle già veicolate nel giudizio celebratosi dinanzi all’A.G.O..

A nulla rileva, in particolare, che con detto ricorso in riassunzione si sia chiesto, (invero) irritualmente, di “rigettare l’appello a suo tempo proposto dal Comune di Galatina perché totalmente destituito da ogni fondamento” e l’“accoglimento dell’appello incidentale proposto”, in parziale riforma della sentenza del Tribunale Civile di Lecce, Sezione distaccata di Galatina, n. 107 del 21 giugno 2011.

E, infatti, dette richieste vanno correttamente riqualificate, alla luce del contenuto sostanziale delle domande proposte con l’atto introduttivo del presente giudizio e di quella che è la disciplina processuale della traslatio iudicii ex art. 11 c.p.a., come la riproposizione dinanzi al Giudice Amministrativo delle domande già spiccate in primo grado dinanzi all’A.G.O. e, segnatamente, della domanda di restituzione, previa riduzione in pristino, della porzione del bene immobile in questione occupata dall’Amministrazione Comunale di Galatina e di risarcimento del danno da mancato godimento della stessa per tutto il periodo dell’occupazione illegittima.

3. Tanto premesso, venendo al merito della causa, va preliminarmente osservato che non consta in atti né l’adozione del provvedimento finale di espropriazione, né l’avvio da parte dell’Amministrazione Comunale di Galatina di un procedimento di acquisizione “sanante” ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e ss.mm..

Può, del pari, ritenersi provata, trattandosi peraltro di circostanza incontestata tra le parti, l’intervenuta irreversibile trasformazione di parte del fondo de quo operata dal Comune di Galatina attraverso la realizzazione del tronco di fognatura bianca di che trattasi.

3.1 È, dunque, di tutta evidenza che il Comune di Galatina occupa illegittimamente (per mq. 4.980) il terreno di proprietà dei ricorrenti a far data dal 28 luglio 1989 (data di scadenza del termine di durata della dichiarazione di p.u. e dell’occupazione di urgenza legittima disposta con la sopramenzionata deliberazione di G.M. del 12 giugno 1984).

Pertanto, posto che la mancata emanazione dell’atto finale ablatorio nei termini di legge, con conseguente illegittima privazione della disponibilità del bene immobile e sua trasformazione, configura un illecito permanente della P.A., la domanda dei ricorrenti volta ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità della condotta dell’Ente resistente deve essere accolta.

Ed invero, secondo la nota pronuncia del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 febbraio 2016, n. 2, “In linea generale, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. - con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale unicamente per singole annualità in relazione al mancato godimento del bene - che viene a cessare solo in conseguenza:

a) della restituzione del fondo;

b) di un accordo transattivo;

c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa, secondo una certa prospettazione delle SS.UU.) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo;

d) di una compiuta usucapione, ma solo nei ristretti limiti perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato allo scopo di evitare che sotto mentite spoglie (i.e. alleviare gli oneri finanziari altrimenti gravanti sull’Amministrazione responsabile), si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu (Sez. IV, n. 3988 del 2015 e n. 3346 del 2014) (…);

e) di un provvedimento emanato ex art. 42-bis t.u. espr.”

3.3 L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è, più di recente, intervenuta con la sentenza n. 4 del 20 gennaio 2020 e, fermo l’impianto complessivo sopra rammentato, ha sfoltito, in parziale discontinuità con quanto affermato in precedenza, il novero delle cause di cessazione dell’illecito permanente da occupazione illegittima, chiarendo che “per le fattispecie rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001 la rinuncia abdicativa del proprietario del bene occupato sine titulo dalla Pubblica Amministrazione, anche a non voler considerare i profili attinenti alla forma, non costituisce causa di cessazione dell’illecito permanente dell’occupazione senza titolo”.

3.4 Va, poi, disattesa l’eccezione di usucapione dell’area occupata di che trattasi sollevata da parte resistente.

Deve, infatti, rammentarsi che “Ove l'istituto dell'usucapione si innesti a valle di un procedimento espropriativo sfociato in un esito patologico, la sua operatività può essere ammessa solo entro ristretti limiti, allo scopo di evitare che si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta o larvata, abiurata dalla giurisprudenza della Corte Europea in quanto violativa della Convenzione e in particolare dell'art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU, comportando l'acquisto in favore dell'Amministrazione della proprietà sul bene illegittimamente appreso, peraltro senza oneri per l'autorità espropriante stante la c.d. retroattività reale dell'usucapione che estinguerebbe ogni pretesa risarcitoria. Da ciò la necessità di procedere ad una interpretazione della normativa interna conforme alla CEDU che, oltre a richiedere che sia effettivamente configurabile il carattere non violento della condotta e che si possa individuare il momento esatto della interversio possessionis, consenta di escludere dal computo del tempo utile ai fini della maturazione del ventennio per l'usucapibilità del bene, il periodo di occupazione illegittima maturato ante D.P.R. n. 327/2001” (ex multis T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 03/05/2021, n.1107).

Tanto impedisce, pertanto, all’evidenza, di ritenere maturato, nel caso in scrutinio, il tempus ad usucapionem.

3.5 Ne discende, che, nel caso di specie, in assenza di un formale (e tempestivo) provvedimento di espropriazione da parte del Comune di Galatina e in assenza del verificarsi delle ulteriori ipotesi di cessazione dell’illiceità individuate dalla giurisprudenza, il terreno in questione è rimasto di proprietà dei ricorrenti, con la conseguenza che sussistono i presupposti per ordinare l’invocata restituzione della parte occupata del terreno medesimo agli stessi, previa la necessaria riduzione in pristino, fatta salva l’eventuale applicazione da parte dell’Ente comunale dell’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 e ss.mm., che ha disciplinato ex novo il potere discrezionale della P.A. di acquisizione del bene “in sanatoria” (“Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale (…)”), dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 293/2010 dichiarativa dell’incostituzionalità dell’art. 43 del medesimo D.P.R. n. 327 del 2001.

4. Quanto, poi, alla domanda di risarcimento del danno occorre, anzitutto, scrutinare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa comunale.

Ad avviso di quest’ultima, nel caso di specie, l’exordium praescriptionis del diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. ai fini del decorso della prescrizione quinquennale andrebbe fatto risalire alla data del 27 luglio 1989, coincidente con quella di scadenza del periodo di occupazione legittima dell’area, sicché, non avendo Galluccio Adolfo mai posto in essere alcun atto interruttivo della prescrizione ed avendo avanzato richiesta risarcitoria, per la prima volta, solo con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado dinanzi alla A.G.O. (notificato il 21 aprile 2004), il relativo termine sarebbe spirato il 27 luglio 1994.

Parte resistente eccepisce, poi, sotto altro profilo, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno conseguente alla perdita del potere di godimento dell’immobile per ciascuna singola annualità e, segnatamente, per il periodo anteriore al quinquennio dalla proposizione della domanda giudiziale.

4.1 L’eccezione in parola va, in parte, disattesa.

In primo luogo occorre osservare che l’occupazione illegittima costituisce, per consolidato insegnamento, un’ipotesi di illecito avente natura permanente che perdura fino a quando permane l’illegittima occupazione con la conseguenza che “la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni ex art. 2947 c.c. decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente” (ex multis T.A.R. , Napoli , sez. V , 10/04/2020 , n. 1372).

Ne discende che non risulta “tout court” estinto per intervenuta prescrizione, come invece sostenuto dalla difesa comunale, il diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno per equivalente.

Va, invece, accolta l’eccezione di prescrizione della domanda di risarcimento del danno da mancato godimento della porzione del bene immobile occupato dalla A.C., ma limitatamente alle sole annate antecedenti al 21 aprile 1999 (id est cinque anni prima della data di notifica dell’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio dinanzi all’A.G.O. i cui effetti sostanziali interruttivi del corso della prescrizione sono stati conservati in ragione dell’intervenuta traslatio iudicii ex art. 11 c.p.a.).

4.1 Per la determinazione del predetto danno il Collegio ritiene, peraltro di poter fare applicazione, in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno, dell’art. 34, comma 4, c.p.a., secondo i criteri equitativi indicati dalla più recente giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9427).

Pertanto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 4, del c.p.a., il Comune resistente dovrà proporre ai ricorrenti il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per il mancato godimento dell’area di che trattasi a cagione dell’occupazione (tuttora) illegittima secondo i seguenti criteri:

1) dovrà tenersi conto dell’area effettivamente occupata dalla P.A. per la realizzazione dell’opera pubblica di cui trattasi avuto riguardo specifico al verbale di immissione in possesso del 27 luglio 1984;

2) essendo il bene immobile occupato dall’Amministrazione Comunale (e successivamente trasformato) costituito da un fondo agricolo che, dagli atti di causa, non risultava né coltivato, né adibito dai proprietari ad un particolare uso, il quantum risarcibile dovrà essere determinato sulla base del criterio del canone locativo ritraibile dal fondo agricolo (Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9427), calcolato per ciascun anno di illegittima occupazione in relazione alla durata effettiva dell’intera occupazione senza titolo (e sino ad effettiva restituzione), nei limiti dell’eccepita prescrizione quinquennale (e quindi a far data dal 21 aprile 1999);

3) trattandosi di debiti di valore, le somme di cui al precedente punto n. 3 dovranno essere rivalutate alla data della presente sentenza (con applicazione degli Indici nazionali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolati dall’I.S.T.A.T.); sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione illegittima dovranno, inoltre, essere riconosciuti gli interessi al tasso legale, da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata in base ai suddetti indici I.S.T.A.T., secondo i principi di cui alla sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712, e ciò sino all’effettivo soddisfo.

La proposta di pagamento, elaborata sulla base dei criteri innanzi descritti, dovrà essere presentata ai ricorrenti, da parte del Comune di Galatina, entro il termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione della presente sentenza o da quella di notificazione, se anteriore.

5. Per tutto quanto innanzi sinteticamente esposto, il ricorso deve essere accolto, quanto - da un lato - alla domanda, così correttamente qualificata, di restituzione della parte di terreno occupata dall’A.C., previa riduzione in pristino, fatta salva l’eventuale applicazione dell’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 e ss.mm., e - dall’altro - alla definizione dei criteri ex art. 34, comma 4, del c.p.a. per il risarcimento dei danni da mancato godimento rivenienti dall’illegittima occupazione nei sensi, limiti e termini innanzi precisati.

6. Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono ex art 91 c.p.c. la soccombenza e sono da porre a carico del Comune di Galatina.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto:

- condanna il Comune di Galatina, in persona del Sindaco pro tempore, alla restituzione in favore dei ricorrenti della porzione illecitamente occupata del terreno in questione, previa la necessaria riduzione in pristino, salva ed impregiudicata la possibilità per il predetto Comune di disporre l’acquisizione “sanante” dell’immobile ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 e ss.mm.;

- condanna il Comune di Galatina, in persona del Sindaco pro tempore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 4 c.p.a., a proporre ai ricorrenti il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per il mancato godimento delle aree occupate di che trattasi secondo i criteri, le modalità e i termini specificati in parte motiva.

Condanna il Comune di Galatina, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento, in favore dei ricorrenti, a titolo di spese processuali, della somma di € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 8 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Enrico d'Arpe, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere

Giovanni Gallone, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Giovanni Gallone

Enrico d'Arpe

IL SEGRETARIO

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