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Sulla pretesa patrimoniale relativa ad occupazione illegittima

Pubblico
Giovedì, 2 Luglio, 2020 - 09:30

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 4025 del 24 Giugno 2020, sulla pretesa patrimoniale relativa ad occupazione illegittima.

MASSIMA

Qualora il proprietario del suolo abbia lamentato la sussistenza di una occupazione sine titulo ed abbia chiesto al giudice amministrativo l’emanazione dei rimedi di tutela previsti dall’ordinamento e, dunque, dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri, la sentenza di accoglimento del ricorso di cognizione si deve limitare a disporre che l’Amministrazione emani il provvedimento di acquisizione o di restituzione del terreno, mentre le pretese di carattere patrimoniale, riguardanti la spettanza di un indennizzo o di un risarcimento, possono essere esaminate dal giudice avente giurisdizione, solo dopo che si sia chiarito quale sia il regime proprietario dell’ immobile e, di quale sia il titolo in base al quale sono formulate le medesime pretese.

La richiesta risarcitoria per l’occupazione illegittima del bene, è un aspetto strettamente connesso all’esercizio del potere di acquisizione ex art. 42 bis T.U., sicché, sino a quando l’amministrazione non si determina ad esercitare o meno questo potere, liquidando, il risarcimento per l’occupazione illegittima del fondo, nessuna domanda in tal senso può essere proposta dal privato e, conseguentemente, dovendosi considerare anche quest’ultima come relativa ad un potere amministrativo non ancora esercitato, la domanda non potrà che essere rigettata.

Pertanto, l’amministrazione, dispone, del potere di acquisizione del bene attraverso la procedura espropriativa semplificata e in sanatoria ex art. 42 bis D.P.R. 327/2001, e fino alla decisione circa l’esercizio o meno del potere in questione da parte dell’amministrazione, nessuna statuizione giudiziale può essere emanata sui profili risarcitori derivanti dall’asserita occupazione illegittima del fondo.

SENTENZA

N. 04025/2020REG.PROV.COLL.

N. 09276/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9276 del 2015, proposto OMISSIS rappresentati e difesi dagli avvocati Natale Clemente e Antonella Iacobellis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Raguso in Roma, via Muzio Clementi, n. 9;

contro

Il Comune di Vieste, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, (Sezione Terza), n. 647 del 2015, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore - nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2020 svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020 - il consigliere Michele Conforti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti sono comproprietari per la quota di tre quindicesimi di un fondo oggetto di una procedura espropriativa non portata a compimento e occupato, in via d’urgenza dall’amministrazione.

2. Nell’ambito del giudizio incardinato dinanzi al T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, gli interessati hanno dedotto che, con sentenza n. 39 del 2010, questo Consiglio ha annullato gli atti della procedura espropriativa intrapresa dall’ente locale per la realizzazione di un’opera pubblica.

2.1. Pur non essendo stati parte di quel processo, gli interessati, ritenendo che tale giudicato producesse effetti anche nei loro confronti, hanno proposto domanda di restitutio in integrum dei terreni oggetto della procedura o, in subordine, qualora l’area non fosse stata restituita dall’ente locale, domanda di risarcimento del danno per equivalente, pari al valore venale del bene, nonché il risarcimento a titolo di ristoro del danno scaturente dall’occupazione senza titolo dell’area e fino alla restituzione del bene.

2.2. A sostegno della domanda risarcitoria, gli interessati hanno allegato la vocazione edificatoria del fondo (peraltro già ricompreso in un piano di recupero urbano, presentato da un’associazione temporanea di imprese e perfezionato con deliberazione del consiglio comunale nn. 50/1997 e 60/1998 e convenzionato in data 27 gennaio 2000 con atto rep. N. 93864) e quantificato il danno nel valore di mercato dell’area pari alla somma di euro 435.098,10, di cui essi domandano i tre quindicesimi.

2.3. In subordine, gli interessati hanno domandato che venisse disposta una consulenza tecnica al fine di accertare il valore venale dell’area.

3. Con la memoria del 23 febbraio 2015, a causa dell’introduzione dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (T.U.), gli interessati hanno riformulato le loro domande, chiedendo la restituzione del fondo oppure l’emanazione del provvedimento di acquisizione, ed hanno rideterminato le somme a loro dire spettanti in ragione dei fatti allegati, in considerazione del contenuto dispositivo della nuova norma (riconoscimento di somme dovute a titolo di danno non patrimoniale; quantificazione del risarcimento per l’occupazione senza titolo pari al cinque per cento annuo del valore venale del bene).

4. Con la sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto la domanda di restituzione del fondo, facendo salva l’adozione del provvedimento di cui all’art. 42 bis T.U., mentre ha respinto la domanda risarcitoria.

In particolare, relativamente a quest’ultimo aspetto, il Tribunale amministrativo ha statuito:

a) quanto alle somme domandate per “la mancata disponibilità dei suoli per il periodo intercorrente dal momento in cui è venuta meno l’occupazione legittima sino all’effettiva restituzione” che, essendosi il ricorrente limitato ad invocare l’applicazione del criterio del 5% annuo del valore venale del bene, previsto dall’art. 42 bis T.U., e non essendo stato invece allegato il pregiudizio patrimoniale patito, a causa della mancata disponibilità del bene, la domanda non può che essere respinta”;

b) quanto alla “liquidazione delle indennità e del risarcimento dovuti ai ricorrenti nell’ipotesi in cui il Comune decida di acquisire i suoli ai sensi dell’art. 42 bis, occorre osservare che la corrispondente pronuncia postula poteri non ancora esercitati sui quali l’art. 34 comma 2 c.p.a. vieta la giudice di pronunciarsi”.

5. Con appello ritualmente notificato, gli interessati hanno gravato la sentenza di prime cure.

5.1. Con un unico articolato motivo di gravame, essi hanno lamentato che, erroneamente, la sentenza non abbia riconosciuto l’automatismo risarcitorio, che, invece, sarebbe stato previsto dall’art. 42 bis, comma 3, T.U., con riferimento all’illegittima occupazione del fondo.

Per parte appellante, “tale criterio, previsto per la quantificazione del danno da indisponibilità del terreno, nel procedimento di acquisizione sanante, essendo espressione di un principio generale, va applicato analogicamente anche quando – sempre in caso di espropriazione illegittima – occorre quantificare la medesima voce di danno”.

Si rimarca che il danno patito sarebbe proprio quello discendente dal “non uso del terreno” e che tale danno andrebbe “risarcito in via equitativa dal Giudice, che per la quantificazione ben può applicare in via analogica il comma terzo dell’art. 42 bis”.

Gli appellanti individuano dunque il danno nel “valore d’uso” di cui essi non hanno potuto fruire a causa dell’occupazione del suolo protrattasi a loro discapito e invocano una sua “valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c.”, individuando quale possibile parametro di questa valutazione equitativa il riferimento contenuto nella norma su richiamata.

5.2. La sentenza viene ulteriormente censurata evidenziandosi che, anche a non voler fare applicazione del criterio di quantificazione del danno introdotto con l’art. 42 bis T.U., il Tribunale amministrativo avrebbe dovuto comunque fare applicazione del criterio di quantificazione utilizzato prima dell’introduzione di tale norma e che commisurava il danno subito “agli interessi da calcolare anno per anno sul valore venale del bene espropriato illegittimamente per tutto il periodo di abusiva occupazione”, il che era stato peraltro espressamente richiesto nelle conclusioni di primo grado.

6. Con la memoria depositata in data 7 maggio 2020, gli appellanti hanno ulteriormente insistito nelle loro conclusioni, anche richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio che, in materia, consente il risarcimento del danno per occupazione illegittima facilitando l’onere di allegazione e prova gravante sul proprietario del bene.

7. All’udienza del 11 giugno 2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.

8. L’appello è infondato e la sentenza di primo grado va confermata, ancorché per ragioni differenti da quelle enunciate dal Tribunale amministrativo regionale.

8.1. Va considerato che la sentenza appellata ha disposto la restituzione del fondo, facendo salvo, in alternativa, il potere dell’amministrazione di emanare il provvedimento di acquisizione del fondo ex art. 42 bis T.U.

8.2. Correttamente, dunque, il Tribunale amministrativo ha statuito di non potersi pronunciare sulle somme domandate in caso di mancata restitutio in integrum e sull’emanazione del provvedimento di cui all’art. 42 bis T.U., ravvisando un divieto in tale senso nel disposto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a.

8.3. Contraddittoriamente, tuttavia, il primo Giudice non ha considerato che anche la domanda risarcitoria, volta ad ottenere il ristoro per “la mancata disponibilità dei suoli per il periodo intercorrente dal momento in cui è venuta meno l’occupazione legittima sino all’effettiva restituzione”, attiene, in realtà, ad un aspetto connesso all’eventuale emanazione del provvedimento ex art. 42 bis T.U.

8.4. Si deve evidenziare, a tale riguardo, che a norma del secondo periodo dell’art. 42 bis, comma 3, T.U. “Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.

8.5. Va osservato, allora, che, se l’amministrazione dispone del potere di acquisizione del bene attraverso la procedura espropriativa semplificata e in sanatoria, di cui alla norma richiamata, così come espressamente riconosciuto in sentenza, è naturale che, fino alla decisione circa l’esercizio o meno del potere in questione da parte dell’amministrazione, nessuna statuizione giudiziale può essere emanata sui profili risarcitori derivanti dall’asserita occupazione illegittima del fondo.

Quello risarcitorio per l’occupazione illegittima del bene, infatti, è un aspetto strettamente connesso all’esercizio del potere di acquisizione ex art. 42 bis T.U., sicché, sino a quando l’amministrazione non si determina ad esercitare o meno questo potere, liquidando, nel primo caso, il risarcimento per l’occupazione illegittima del fondo, nessuna domanda in tal senso può essere proposta dal privato e, conseguentemente, dovendosi considerare anche quest’ultima come relativa ad un potere amministrativo non ancora esercitato, la domanda non potrà che essere rigettata.

Infatti, qualora il proprietario del suolo abbia lamentato la sussistenza di una occupazione sine titulo ed abbia chiesto al giudice amministrativo l’emanazione dei rimedi di tutela previsti dall’ordinamento (e, dunque, dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri), la sentenza di accoglimento del ricorso di cognizione si deve limitare a disporre che l’Amministrazione emani il provvedimento di acquisizione o di restituzione del terreno, mentre le pretese di carattere patrimoniale (riguardanti la spettanza di un indennizzo o di un risarcimento) possono essere esaminate (dal giudice avente giurisdizione, a seconda dei casi) solo dopo che si sia chiarito quale sia il regime proprietario del terreno e, di conseguenza, quale sia il titolo in base al quale sono formulate le medesime pretese.

8.6. Conseguentemente, la domanda risarcitoria così proposta in prime cure si sarebbe dovuta respingere, per una motivazione diversa da quella enunciata dal TAR.

9. Per chiarezza, va evidenziato che la pretesa patrimoniale basata sulla occupazione illegittima dovrà essere affrontata o allorquando l’amministrazione deciderà se restituire il bene al privato, previa riduzione in pristino, oppure quando essa emanerà il provvedimento ex art. 42 bis T.U.

10. Va dunque confermata la reiezione della domanda di primo grado, ma con diversa motivazione.

11. In conclusione l’appello va respinto.

12. Nulla sulle spese del secondo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 9276 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, conferma, con diversa motivazione, la sentenza impugnata.

Nulla sulle spese del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 28 maggio 2020, svoltasi da remoto in audio conferenza ex art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020:

Luigi Maruotti, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Michele Conforti

Luigi Maruotti

IL SEGRETARIO

 

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