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Usucapione PA? - TAR Sicilia, Catania, sent. n. 755 del 12.03.2015

Pubblico
Martedì, 21 Aprile, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), sentenza n. 755 del 12 marzo 2015, sulla usucapione PA
 
N. 00755/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 02101/2010 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
 
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 2101 del 2010, proposto da: 
Claudia Colletta, Roberto Colletta, Salvatore Colletta, Basilio Cusmà Piccione, Salvatore Cusmà Piccione e Luigina Bongiovanni, rappresentati e difesi dall'Avv. Pietro Cami, con domicilio presso Maurizio Lisfera, in Catania, Via Grotte Bianche 150; 
contro
Comune di Brolo, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Paolo Starvaggi, con domicilio presso Natale Marchese, in Catania, Via Musumeci 161; 
per la condanna
del Comune di Brolo al risarcimento del danno.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brolo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2015 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno in relazione a tre occupazioni di terreni di loro proprietà relative a tre diversi procedimenti espropriativi (il primo per la realizzazione di un collegamento fra la Via De Gasperi e la Strada Provinciale Brolo-Iannello-Lacco, il secondo per la sistemazione della viabilità in località Annunziata, il terzo per l’urbanizzazione delle Vie C. Colombo e L. Pirandello) per i quali non è mai intervenuta l’emanazione dei prescritti decreti di esproprio.
Risulta dai documenti acquisiti in atti e costituisce circostanza non contestata fra le parti quanto al terzo procedimento che per i tre procedimenti espropriativi di cui si tratta siano ritualmente intervenute le prescritte dichiarazioni di pubblica utilità.
Il Comune di Brolo, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso come proposto cumulativamente avverso tre diverse procedure espropriative, l’intervenuta usucapione dei terreni in questione, nonché l’intervenuta prescrizione del diritto risarcitorio azionato dai ricorrenti
Nella pubblica udienza del 28 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve, in primo luogo, rilevarsi l’ammissibilità, nel caso di specie, del ricorso cumulativo (avendo i ricorrenti formulato le loro richieste con riferimento a tre diverse procedure espropriative).
Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, n. 359/2013), nel processo civile (e, analogamente, nel processo amministrativo allorquando in esso si controverta, come nella specie, in materia di diritti soggettivi), il cumulo delle domande può essere giustificato tanto da una connessione oggettiva, quanto da una connessione soggettiva (art. 40 c.p.c.), mentre è nel giudizio amministrativo di legittmità che assume rilevanza soltanto la prima forma di connessione, posto che la connessione soggettiva non consente l'impugnativa con un unico ricorso di provvedimenti diversi se non quando sussiste anche un collegamento oggettivo tra di essi.
Deve, poi, premettersi in punto di fatto che, come risulta dall’istruttoria disposta dal Tribunale, nella prima procedura espropriativa l’occupazione è intervenuta nel 1987 ed è divenuta illegittima nel mese di ottobre 1992, mentre nelle seconda procedura espropriativa l’occupazione è intervenuta nel 1987 ed è divenuta illegittima il 30 maggio 1991.
Ne consegue che, anche a prescindere da quanto osservato nel seguito, per le due prime procedure certamente non sussiste il requisito del possesso continuato ventennale degli immobili da parte del Comune (art. 1165 c.c.), essendo stato il presente ricorso proposto nell’anno 2010.
Quanto alla terza procedura, con nota n. 291 del 7.10.2010 il Comune di Brolo ha affermato che per i terreni interessati dalla realizzazione di Via Pirandello e della Via Colombo non sono reperibili in archivio le pratiche espropriative, essendo stati realizzati i lavori da circa 30 anni.
Anche in relazione a tale procedura, peraltro, oltre al fatto che l’Amministrazione non ha fornito documentazione sul requisito della continuità del possesso ultraventennale, l’eccezione di usucapione sollevata dal Comune di Brolo va rigettata sulla scorta delle condivisibili affermazioni di cui alla sentenza del Consiglio di Stato, IV Sezione, n. 3346/2014.
In particolare, in tale pronuncia si è affermato che: a) appare assai discutibile la teorizzata usucapibilità di beni illecitamente occupati dall'Amministrazione: ciò sia alla luce dell'ampia nozione di violenza del possesso elaborata dalla giurisprudenza (cfr., ex multis, Cassazione civ. sez. II, 7 dicembre 2012, n. 22174) laddove si è sostenuta la presunzione di volontà contraria del possessore ove manchi la prova di una manifestazione univoca di consenso, quanto soprattutto in relazione alla assai dubbia compatibilità con l'art. 1 del Protocollo Addizionale della CEDU ("Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale."); b) la costante giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (seconda sezione, 30 maggio 2000, Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia, n. 31524/96; terza Sezione, 12 gennaio 2006, Sciarrotta c. Italia, n. 14793/02), ha più volte affermato la non conformità alla Convenzione (in particolare, al citato Protocollo addizionale n. 1) dell'istituto della cosiddetta "espropriazione indiretta o larvata" (censurando quindi la possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento espropriativo ed in particolare ogni fenomeno di creazione pretoria di acquisto della proprietà mediante fatto illecito); c) la disciplina sovranazionale contenuta nella C.E.D.U pur non avendo assunto forza di diritto comunitario (bensì di "norma costituzionale interposta" ex art 117 c. 1 Cost. (Corte Costituzionale 11 marzo 2011, n.80, id. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349) impone al giudice l'interpretazione delle norme interne primarie conformemente, ove possibile, alla C.E.D.U. quale parametro di legittimità costituzionale interposto (art. 117 c. 1 Cost.) ed in caso di insanabile contrasto, di sollevare la questione di legittimità costituzionale; d) prredicare quindi che l'apprensione materiale del bene da parte dell'Amministrazione al di fuori di una legittima procedura espropriativa o di un procedimento sanante (art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001) possa essere qualificata idonea ad integrare il requisito del possesso utile ai fini dell'acquisto per usucapione, rischierebbe di reintrodurre nell'ordinamento interno forme di espropriazione indiretta o larvata, per di più non onerose per l'Amministrazione, dal momento che la c.d. retroattività reale dell'usucapione estinguerebbe anche ogni pretesa risarcitoria (cfr., ex multis Cassazione civ. sez III, 8 settembre 2006, n.19294; id. sez. II 24 febbraio 2009, n.4434;T.A.R. Basilicata 2 gennaio 2008, n.4; T.A.R. Puglia - Lecce sez I, 8 luglio 2004, n.4916).
Tanto premesso, la domanda dei ricorrenti va qualificata tenendo conto dei mutamenti legislativi e giurisprudenziali che si sono susseguiti in materia (sul punto cfr., fra le tante, Tar Catania, II, n. 1220/2013 e n. 1974/2012), dovendosi ritenere che i ricorrenti abbiano sostanzialmente richiesto l’applicazione della vigente disciplina a tutela della loro posizione proprietaria pregiudicata dall’illegittima occupazione e trasformazione del bene, sia che tale disciplina fosse quella derivante dall’elaborazione dell’istituto dell’occupazione acquisitiva, sia che essa fosse quella di cui all’art. 43 o, a della dichiarazione di incostituzionalità di quest’ultimo, di norme successivamente introdotte, come appunto l’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001, senza che ciò determini il vizio di ultrepetizione (sul punto cfr., oltre a Tar Catania, II, n. 1220/2013 e n. 1974/2012, C.G.A., Sez. Giur., n. 161/2012 e Cons. St.,, VI, n. 4557/2010).
Nell’ipotesi in cui alla dichiarazione di pubblica utilità non abbia fatto seguito, come nella specie, l’emanazione di tempestivi decreti di esproprio, in base all’attuale quadro normativo l’Amministrazione ha l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione “sine titulo” e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, restituendo l’immobile al legittimo titolare dopo aver demolito quanto ivi realizzato, atteso che la realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto e come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, in quanto tale trasferimento può dipendere solo da un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione, mentre deve escludersi che il diritto alla restituzione possa essere limitato da altri atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà o da altri comportamenti, fatti o contegni (sul punto, cfr. Cons. St., IV, n. 4833/2009 e n. 676/2011, nonché, fra le tante, Tar Catania, II, n. 1220/2013 e n. 1974/2012).
Per siffatta ipotesi, deve evidenziarsi che i principi derivanti dall’interpretazione sistematica e le possibilità insite nel principio di atipicità delle pronunce di condanna, di cui all’art. 34, primo comma, lett. c), c.p.a., consentono una formulazione della sentenza che non pregiudichi la possibilità per l’Amministrazione di acquisire i beni ai sensi dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001 (sul punto, cfr. Cons. St., IV, n. n. 1514/2012, Tar Palermo, II, n. 428/2012, Tar Napoli, V, n. 1171/2012, nonché, fra le tante, Tar Catania, II, n. 1220/2013 e n. 1974/2012).
La Sezione deve, quindi, ordinare all’Amministrazione di restituire i beni di cui si tratta, previa loro eventuale riduzione in pristino stato, ovvero di acquisirli ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42-bis.
Nell’ipotesi di restituzione dei bene previa riduzione in pristino stato, l’Amministrazione dovrà anche risarcire il danno per l’occupazione illegittima.
Sul punto appare infondata l’eccezione di prescrizione del credito per responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione, giacché si è in presenza di un illecito a carattere permanente che perdura fino a quando si protrae l’occupazione di fatto; in tale ipotesi naturalmente non è possibile ritenere applicabile il termine di prescrizione se non dal momento di cessazione dell'illecito vale a dire dalla restituzione dell'immobile da parte della Pubblica amministrazione ovvero dalla formazione di un altro titolo legittimo che determini il trasferimento della proprietà (per analoghe fattispecie cfr.: T.A.R. Campania, Napoli, V, 12.5.2014 n. 2605; id. 1.4.2014 n. 1900; T.A.R. Basilicata, I, 23.6.2014 n. 420;. T.A.R. Puglia, Bari, II, 16.9.2014 n. 1111).
Il risarcimento del danno da occupazione illegittima, nel caso in cui l’Amministrazione proceda alla restituzione del bene previa eventuale riduzione in pristino stato, dovrà consistere negli interessi legali calcolati sul valore dell’immobile occupato (sul punto cfr. Tar Campania, Salerno II, n. 1539/2001) a far data dal giorno successivo alla scadenza del titolo di legittima occupazione..
La somma così determinata dovrà, poi, essere rivalutata anno per anno e sugli importi cosi rivalutati dovranno essere corrisposti ai ricorrenti gli interessi legali, in base ai principi generali sulla liquidazione dell’obbligazione risarcitoria (sul punto, cfr., per tutte, Cass. Civ. I, n. 19510/2005).
In alternativa alla restituzione e al risarcimento per l’illegittima occupazione nei termini appena illustrati, l’Amministrazione dovrà attivarsi perché il possesso illegittimo si converta in possesso legittimo a seguito di un valido titolo di acquisto, che, in primo luogo, potrà essere quello previsto dall’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001.
Nel caso in cui l’Amministrazione ritenga di fare applicazione del citato art. 42-bis, essa dovrà corrispondere ai ricorrenti un indennizzo corrispondente al valore venale degli immobili occupati al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione, oltre il 10% di tale valore per il ristoro del danno non patrimoniale (art. 42-bis, primo e terzo comma).
Nell’ipotesi di acquisizione ai sensi del citato art. 42-bis, l’Amministrazione dovrà, inoltre, corrispondere il risarcimento per l’occupazione illegittima, da computare con la decorrenza sopra specificata e che consisterà nell’interesse del 5% sul valore venale del terreno occupato al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione (art. 42-bis, terzo comma) in ragione del periodo di privazione effettiva nel godimento del bene.
E’ chiaro che dalle somme dovute ai ricorrenti, sia nel caso di restituzione previa riduzione in pristino che nel caso di acquisizione ai sensi del citato art. 42-bis, dovranno esser detratte, secondo i criteri di imputazione di cui agli artt. 1993 e 1194 c.c., quelle eventualmente già corrisposte.
Riassumendo le fila del discorso sin qui svolto, l’Amministrazione, in applicazione della disciplina attualmente vigente, è tenuta:
a) a restituire ai proprietari i terreni effettivamente occupati, previa riduzione in pristino stato, corrispondendo, inoltre, ai ricorrenti il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima, consistente negli interessi legali calcolati sul valore degli immobili occupati, oltre rivalutazione e interessi nei sensi di cui in motivazione, previa detrazione, nei sensi sopra indicati, di somme eventualmente già corrisposte;
b) a procedere, in alternativa all’ipotesi di cui alla precedente lettera a), all’acquisizione degli immobili di cui si è detto mediante un valido titolo di acquisto, e, in primo luogo, tramite quello disciplinato dall’art. 42-bis d.p.r. n. 327/200; nell’ipotesi in cui l’Amministrazione ritenga di acquisire il bene ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 42-bis, dovrà corrispondere ai ricorrenti l’indennizzo di cui al primo comma della disposizione indicata (corrispondente al valore venale della superficie occupata al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione, oltre il 10% di tale valore per il ristoro del danno non patrimoniale), nonché il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima, consistente nell’interesse del 5% sul valore venale del bene occupato, previa detrazione, nei sensi sopra indicati, di somme eventualmente già corrisposte.
Ai sensi dell’art. 34, primo comma, lett. c), cod. proc. amm., è anche opportuno disporre che il Comune di Brolo si determini in ordine alla restituzione o all’acquisizione dei beni entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente decisione e che l’eventuale provvedimento di acquisizione sia tempestivamente notificato ai proprietari e trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’Amministrazione procedente, nonché comunicato alla Corte dei Conti.
E’ ovviamente fatta salva ogni altra ipotesi di acquisto legittimo del bene stesso da parte dell’Amministrazione (cessione volontaria, donazione, usucapione, etc.).
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto: 1) lo accoglie nei termini e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna il Comune di Brolo a restituire ai ricorrenti, previa eventuale riduzione in pristino, gli immobili occupati e a risarcire il danno per l’occupazione illegittima decorrente dal quinquennio anteriore alla proposizione del presente ricorso, ovvero, in alternativa, ad acquisire i beni e a risarcire il danno derivante dal menzionato periodo di occupazione illegittima ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001, salva ogni altra ipotesi di acquisto legittimo del bene stesso; 2) dispone che il Comune di Brolo si determini in ordine alla restituzione o all’acquisizione degli immobili entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente sentenza e che l’eventuale provvedimento di acquisizione sia tempestivamente notificato ai proprietari e trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’Amministrazione procedente, nonché comunicato alla Corte dei Conti; 3) condanna il Comune di Brolo alla rifusione delle spese di lite, liquidate in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra,Presidente
Daniele Burzichelli,Consigliere, Estensore
Francesco Elefante,Referendario
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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