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Appalti: il principio di rotazione - Consiglio di Stato

Pubblico
Mercoledì, 3 Gennaio, 2018 - 10:15

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), sentenza n. 5854 del 13 dicembre 2017, sulla obbligatorietà rotazione appalti sotto soglia
 
Il Consiglio di Stato stabilisce, facendo applicazione del proprio precedente del 31 agosto 2017, n. 4125, l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”, come quello in esame.
In particolare, il principio di rotazione ‒ che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a presentare le offerte ‒ trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.
 
 
N. 05854/2017REG.PROV.COLL.
N. 08861/2016 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8861 del 2016, proposto da: 
omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianna Di Danieli, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Luigi Cesaro in Roma, via Monte Santo, n. 25; 
contro
Comune di Trieste, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Serena Giraldi, Maritza Filipuzzi ed Aldo Fontanelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Emilio De’ Cavalieri, n. 11; 
nei confronti di
Consip s.p.a. e Ditta Individuale "Giemme Allestimenti", in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE, SEZIONE I n. 00419/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di allestimento palchi e service tecnici audio-luci, per la realizzazione della manifestazione “Trieste Estate 2016”.
 
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Trieste;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Di Danieli e Fontanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO e DIRITTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia, la ditta omissis chiedeva l’annullamento della determina del dirigente del Comune di Trieste 10 maggio 2016 avente ad oggetto il servizio di allestimento palchi e servizi tecnici per la manifestazione “Trieste estate 2016”, con la quale si era stabilito di indire una procedura negoziata ex art. 36, comma 2 lettera b) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) e di acquisire il servizio tramite richiesta di offerta sul mercato elettronico della pubblica amministrazione (MePA).
Impugnava altresì la successiva determina dirigenziale del 27 maggio 2016 avente ad oggetto l’aggiudicazione di detto servizio, con richiesta di declaratoria di inefficacia del contratto stipulato.
Oggetto del contendere, la circostanza che il Comune aveva limitato la partecipazione ai soggetti con i quali non erano sorte contestazioni relativamente a servizi precedentemente svolti, nel rispetto del principio di rotazione. Tutti i soggetti invitati, inoltre, erano operatori aventi sede nella Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ed in Veneto.
L’interessata chiariva poi di aver formalizzato la sua volontà di essere invitata alla gara, senza tuttavia ottenere alcun riscontro in merito.
Ad avviso della ricorrente, i provvedimenti impugnati violerebbero innanzitutto gli artt. 70, comma 5, lettera c), nonché 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016. Deduceva inoltre la nullità della clausola escludente, la violazione dei principi di parità di trattamento, non discriminazione e proporzionalità, nonché difetto di motivazione.
A tal ultimo riguardo, in particolare, rilevava come le cause di esclusione previste dalla normativa vigente – tutte tassative – si riferiscano a gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico; per l’effetto, la stazione appaltante avrebbe dovuto adeguatamente motivare tale esclusione, anche in ragione della nullità di clausole di esclusione ulteriori rispetto a quelle previste dall’art. 83 del citato decreto legislativo.
In merito alle proprie precedenti contestazioni, le stesse sarebbero state completamente risolte, né avrebbero integrato gravi negligenze o espressione di inattendibilità.
Anche la clausola di limitazione territoriale posta dal Comune avrebbe dovuto considerarsi nulla, poiché illegittima.
Veniva infine dedotta la violazione degli articoli 30 e 36, comma primo, del d.lgs. n. 50 del 2016, oltre che dei principi di pubblicità e trasparenza, di buona amministrazione, correttezza e giusto procedimento ex artt. 3 e 97 Cost., alterazione della procedura e violazione del principio di buona fede. Nella specie, poiché i principi generali in materia di appalti trovano applicazione anche per le gare cd. “sotto soglia” (quale quella in questione), l’amministrazione avrebbe dovuto pubblicare l’offerta sull’albo pretorio, avviare un confronto competitivo tra gli operatori, procedere alla scelta scaduto il termine di presentazione delle offerte e stipulare il contratto nelle forme elettroniche.
Per contro, nel caso di specie tale sequenza procedimentale non sarebbe stata rispettata, tanto meno l’amministrazione avrebbe già solo riscontrato la richiesta di partecipazione della ricorrente.
Nel costituirsi in giudizio il Comune di Trieste contestava la fondatezza delle censure, chiedendone il rigetto.
Con successive memorie la ricorrente ribadiva le proprie doglianze, quantificando altresì il preteso danno.
Con sentenza 4 ottobre 2016, n. 419, il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia rigettava il gravame, sulla base del rilievo per cui alla fattispecie in esame doveva applicarsi l’art 36, comma primo, del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale prevede espressamente il “rispetto del principio di rotazione”. Ad avviso del primo giudice, “Trattandosi di una norma speciale relativa alle gare sotto soglia, essa prevale sulla normativa sulle gare in generale”.
Avverso tale decisione la omissis interponeva appello, articolato nei seguenti motivi di impugnazione:
Error in iudicando: violazione ed errata applicazione dell’art. 36, co. 1 del D.Lgs. n. 50/2016 - errata applicazione del criterio di rotazione - violazione dei principi di trasparenza, pubblicità, concorrenza e massima partecipazione, nonché del principio di non discriminazione;
Error in iudicando per fondatezza del I° e II° mezzo di doglianza articolati con il ricorso introduttivo del giudizio; motivazione illogica e insufficiente con riferimento ai punti 9 e 12 della sentenza (pag. 4);
Error in procedendo – violazione ed errata applicazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’assorbimento degli altri vizi del provvedimento impugnato (punti 12 e 13 a pag. 4);
Ribadiva inoltre le argomentazioni già svolte nel precedente grado di giudizio in merito alla dedotta istanza di risarcimento per equivalente.
Costituitosi in giudizio, il Comune di Trieste eccepiva l’infondatezza dell’appello, chiedendone il rigetto.
Successivamente le parti ulteriormente illustravano, con apposite memorie, le proprie tesi difensive, e all’udienza del 16 novembre 2017, dopo la rituale discussione, la causa passava in decisione.
Ad un complessivo esame degli atti di causa, l’appello non appare fondato.
Con il primo motivo di gravame, la omissis deduce l’errata applicazione del cd. “principio di rotazione” di cui all’art. 36, comma primo d.lgs. n. 50 del 2016, che da sé solo non potrebbe giustificare il mancato invito dell’operatore economico che, nell’anno precedente, era risultato affidatario dello stesso servizio oggetto della gara: detto principio, infatti, “mira ad impedire che si creino situazioni di privilegio per gli operatori economici, cioè ad escludere rendite di posizione derivanti dall’affidamento ripetuto di un certo servizio o prestazione al medesimo operatore”, di talché, per l’appellante, comporterebbe più semplicemente “l’obbligo per l’amministrazione di consultare diversi operatori economici per acquisire molteplici offerte assicurandosi il servizio migliore ed il naturale avvicendamento nella sua gestione”.
L’interpretazione fornita dall’appellante non è condivisibile, dovendosi piuttosto fare applicazione del precedente di Cons. Stato, VI, 31 agosto 2017, n. 4125 – dal quale non v’è ragione di discostarsi, nel caso di specie – che ribadisce l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”, come quello in esame.
In particolare, il principio di rotazione ‒ che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a presentare le offerte ‒ trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.
Pertanto, anche al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale.
Per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito di quest’ultimo, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, cfr. la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee guida n. 4).
Nel caso su cui si verte, dunque, la stazione appaltante aveva solo due possibilità: non invitare il gestore uscente o, in caso contrario, motivare attentamente le ragioni per le quali riteneva di non poter invece prescindere dall’invito.
La scelta del Comune di Trieste di optare per la prima soluzione deve dunque ritenersi del tutto legittima, né appaiono convincenti i rilievi di parte appellante circa le possibili conseguenze in danno della concorrenza di un tale principio.
Invero, quest’ultimo è in realtà volto proprio a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore, quale quello degli appalti “sotto soglia”, nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio.
Già nel precedente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), in particolare al comma 6 dell’art. 57, al comma 7 dell’art. 59, al comma 7 dell’art. 122 ed al comma 11 dell’art. 123, si faceva espresso riferimento al principio da ultimo menzionato, attraverso la cui effettiva applicazione è possibile ottenere l’avvicendamento dei partecipanti alle gare d’appalto.
In particolare, per effetto del principio di rotazione l’impresa che in precedenza ha svolto un determinato servizio non ha più alcuna possibilità di vantare una legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo affidamento.
Nella vigenza della precedente normativa, l’AVCP aveva evidenziato che “il criterio di rotazione ha come finalità quella di evitare che la stazione appaltante possa consolidare rapporti solo con alcune imprese venendo meno così al rispetto del principio di concorrenza” (Determinazione n. 2 del 6 aprile 2011).
Orientamento successivamente ribadito nelle Linee guida relative a “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, deliberate dal Consiglio dell’ANAC nell’adunanza del 28 giugno 2016 e rispetto alle quali è stato richiesto il parere del Consiglio di Stato.
Con il secondo motivo di appello, invece, viene riproposta la censura (già formulata nel corso per primo grado di giudizio, ma considerata assorbita, dal giudice di prime cure, nel riconoscimento dell’applicabilità del principio di rotazione) della scelta del comune di Trieste di prendere in considerazione solo soggetti con i quali non fossero insorte “generiche contestazioni, ancorché minori, ossia prive di quel carattere di gravità richiesto dalle disposizioni del nuovo Codice dei contratti (art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs. 50/2016) ed in assenza di motivata valutazione”.
Veniva altresì nuovamente censurata “la scelta di invitare solo operatori locali, aventi sede in Friuli Venezia Giulia e nel vicino Veneto”.
Va doverosamente premesso che la reiezione del primo motivo di appello ha comunque carattere assorbente di ogni altra censura attinente in merito della controversia (comprese quelle attualmente in esame); solo per completezza va però detto che le doglianze dell’appellante non appaiono fondate.
Circa la questione delle inadempienze contrattuali, nel caso di specie risulta dagli atti (si veda quanto documentato dal Comune di Trieste nella propria comparsa di costituzione nel precedente grado di giudizio) che nel corso della precedente gestione erano sorte contestazioni tra la stazione appaltante e la omissis, che avevano comportato l’applicazione di una penale – non contestata in sede giudiziaria o amministrativa – da recuperarsi all’atto del pagamento della seconda tranchedelle spettanze dell’appaltatrice (provvedimento dirigenziale n. 2207 del 2015), come poi in effetti avvenuto.
Va inoltre ricordato che la omissis era risultata altresì aggiudicataria, nel frattempo, di altri servizi nell’interesse della medesima amministrazione, il che – da un lato – ulteriormente porta ad escludere ipotetici intenti discriminatori in suo danno da parte di quest’ultima, dall’altro ancor più conferma – in funzione pro concorrenziale – l’opportunità del ricorso al principio di rotazione negli affidamenti, proprio ad evitare anomale concentrazioni – anche solo di fatto – in tale delicato settore.
Circa invece la questione della territorialità dei soggetti invitati, va richiamato il principio espresso da Cons. Stato, V, 20 agosto 2015, n. 3954, secondo cui la questione va risolta, caso per caso, alla luce delle concrete caratteristiche della prestazione oggetto di gara.
Ora, anche a prescindere dai dubbi sulla sussistenza di un obiettivo interesse all’accoglimento di tale motivo di ricorso in capo alla omissis, trattandosi di impresa avente sede legale nella Regione autonoma Friuli Venezia Giulia (precisamente in San Dorligo della Valle - TS) e, dunque, non discriminata dalla clausola del bando impugnata, ritiene il Collegio che nel caso di specie l’obiezione sia infondata.
Invero, è l’oggetto stesso del servizio da effettuarsi in favore del Comune di Trieste, articolato nell’allestimento palchi e service tecnici audio-luci per la realizzazione della manifestazione “Trieste Estate 2016”, che ha ragionevolmente indotto la stazione appaltante a privilegiare, nell’ambito della piattaforma informatica, del Me Pa, (che prevede la possibilità di selezionare gli operatori su base regionale o provinciale), le imprese in grado di offrire tempestivamente le prestazioni richieste, incontestabilmente riferite ad un ben preciso territorio e ad un arco temporale circoscritto.
Elementi, quindi, del tutto coerenti con l’esigenza, avvertita dalla stazione appaltante, che le ditte incaricate avessero la propria sede in un’area geografica non troppo distante dalla sede di esecuzione dell’appalto, al fine di garantire la costanza dell’intervento operativo e tecnico, nonché di supporto, nel corso delle giornate di svolgimento dell’evento.
Con terzo ed ultimo profilo di impugnazione la omissis deduce infine la presunta violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ., con riferimento all’assorbimento degli altri vizi del provvedimento impugnato.
Ad avviso dell’appellante, infatti, una volta ritenuto applicabile il principio di rotazione, il primo giudice avrebbe dovuto comunque pronunciarsi espressamente anche sulle altre autonome censure, dovendosi ritenere che “il cd. assorbimento dei motivi sia, in linea di principio, da considerarsi vietato”.
La doglianza appare però inammissibile e, comunque, infondata.
Sotto il primo profilo, va evidenziato come l’appellante, lungi dal riproporre i motivi di appello non esaminati nel corso del primo grado di giudizio, si limiti ad una formula di mero stile, inidonea però ad assolvere l’onere minimo di allegazione in capo all’appellante.
Non diversamente può intendersi infatti, la generica indicazione per cui “I motivi giudicati assorbiti con il provvedimento impugnato sono in ogni caso riproposti nel presente atto d’appello conformemente alle disposizioni dell’art. 101, comma 2 c.p.a.”, laddove i suddetti motivi neppure vengono esplicitamente enunciati, anche solo a scopo riassuntivo.
In ogni caso, deve respingersi la tesi secondo cui l’assorbimento dei motivi di ricorso dovrebbe considerarsi in linea di principio vietato dall’ordinamento processuale amministrativo: invero, la stessa Ad. plen. 27 aprile 2015, n. 5 di questo Consiglio, richiamata dall’appellante, non esclude certo tale principio, chiarendo (p.to 9.2 delle motivazioni) che “nel processo amministrativo, la tecnica dell’assorbimento dei motivi deve ritenersi legittima quando è espressione consapevole del controllo esercitato dal giudice sull’esercizio della funzione pubblica e se è rigorosamente limitata ai soli casi disciplinati dalla legge ovvero quando sussista un rapporto di stretta e chiara continenza, pregiudizialità o implicazione logica tra la censura accolta e quella non esaminata”.
Al riguardo, la stessa pronuncia enuncia il principio per cui, nel giudizio impugnatorio di legittimità, l’unicità o pluralità di domande proposte dalle parti, mediante ricorso principale, motivi aggiunti o ricorso incidentale, si determina esclusivamente in funzione della richiesta di annullamento di uno o più provvedimenti.
In particolare, laddove il giudice ritenga che, a fronte di una domanda di annullamento basata su diversi motivi, sia configurabile pur sempre un’unica domanda (come giustappunto accade nel caso in esame), allora sarà anche possibile predicare il possibile assorbimento dei sottesi motivi.
Nel caso di specie, il giudice di prime cure aveva fatto ricorso al principio dell’assorbimento per ragioni di economia processuale, come nel caso di reiezione fondata su una pluralità di ragioni ostative, ognuna delle quali autonomamente idonea a supportare la determinazione finale negativa: ipotesi nella quale è sufficiente che anche una sola delle ragioni ostative resista al vaglio del giudice (come si era appunto verificato, una volta ammessa l’operatività del principio di rotazione), perché l’impugnativa avverso il provvedimento negativo venga respinta (ex multis, Cons. Stato, VI, 4 marzo 2015, n. 1059; V, 10 febbraio 2015; VI, 20 ottobre 2014, n. 5159).
Per le ragioni sovra espose, l’appello va dunque respinto e con esso pure le istanze risarcitorie omissis.
La particolarità delle questioni trattate giustifica peraltro, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione – tra le parti – delle spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Valerio Perotti Francesco Caringella
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 

Pubblicato in: Diritto Amministrativo » Commenti

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