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Danno da ritardo della PA - Dimostrazione - TAR Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria, sent. n.67 del 16.01.2015

Pubblico
Martedì, 20 Gennaio, 2015 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, sentenza n. 67 del 16 gennaio 2015, sulla responsabilità precontrattuale della PA in merito alla mancata assegnazione lotti PIP ad assegnatari o al suo ritardo
 
La responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia nel momento in cui entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici, nel cui ambito è tenuto al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti. Ne consegue che l'inosservanza di tale precetto, anche prima della conclusione della gara, determina l'insorgere della responsabilità della P.A. per violazione del dovere di correttezza previsto dall'art. 1337 cod. civ., a prescindere dalla prova dell'eventuale diritto all'aggiudicazione del partecipante” (Cass. civ. Sez. I, 03 luglio 2014, n. 15260), riconoscendo la sussistenza di responsabilità per revoca di gara già aggiudicata (Cons. Stato Sez. VI, 18 marzo 2014, n. 1335) con provvedimenti legittimi (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, 11 marzo 2014, n. 205).
 
“In tema di responsabilità precontrattuale, configurabile per la violazione del precetto posto dall'art. 1337 c.c., l'ammontare del danno risarcibile va determinato, tenendo conto dalla peculiarità dell'illecito e dalle caratteristiche di detta responsabilità che postula il coordinamento tra il principio, secondo il quale il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto, ed il principio, secondo il quale le trattative debbono svolgersi correttamente: non essendo stato stipulato il contratto, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all'inadempimento contrattuale, posto che non sono ancora acquisiti i diritti che sarebbero nati dal contratto e che non possono quindi essere lesi” (Cons. Stato Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1441).
 
N. 00067/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00092/2008 REG.RIC.
N. 00642/2008 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 92 del 2008, proposto da: 
Rocco Raccosta, rappresentato e difeso dall'avv. Manuela Strangi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Reggio Calabria, viale Amendola, 8/B; 
contro
Comune di Oppido Mamertina, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino Freno, con domicilio eletto presso Rosario Infantino Avv. in Reggio Calabria, Via S. Caterina, Trav. Privata, 21; 
 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 642 del 2008, proposto da: 
Domenico Violi, rappresentato e difeso dall'avv. Manuela Strangi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Reggio Calabria, viale Amendola, 8/B; 
contro
Comune di Oppido Mamertina, rappresentato e difeso dall'avv. Teresa Giovinazzo, con domicilio eletto presso l’avv. Emanuela Gullì, in Reggio Calabria, Via E. Cuzzocrea Trav.Priv.N.5; 
per
(ricorso n. 92 del 2008):
1) accertare e dichiarare l'inadempimento da parte dell'Ente resistente degli obblighi assunti nei confronti dell'assegnatario, nonché l'illegittimità/illiceità della condotta dallo stesso tenuta nella vicenda di specie;
2) accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale e/o precontrattuale dell'Ente resistente;
3) accertare e dichiarare la risoluzione del contratto intercorso;
4) accertare e dichiarare che il signor RACCOSTA, in ragione del comportamento dell'Ente, ha subìto ingenti danni e, per l'effetto, condannare il Comune di Oppido Mamertina a risarcire gli stessi in misura di euro 100.000,00 (o maggiore/minore ritenuta di giustizia o liquidata ex art. 1226 c.c.), oltre interessi legali e rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT;
5) condannare la controparte al pagamento delle spese, competenze ed onorari del giudizio, oltre IVA e CPA e rimborso forfetario come per legge da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
(ricorso n. 642 del 2008):
1) accertare e dichiarare l’inadempimento da parte dell’Ente resistente degli obblighi assunti nei confronti dell’assegnatario, nonché l’illegittimità/illiceità della condotta dallo stesso tenuta nella vicenda di specie;
2) accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale e/o precontrattuale dell’Ente resistente;
3) accertare e dichiarare la risoluzione del contratto intercorso;
4) accertare e dichiarare che il signor VIOLI, in ragione del comportamento dell’Ente, ha subìto ingenti danni e, per l’effetto, condannare il Comune di Oppido Mamertina a risarcire gli stessi in misura di euro 100.000,00 (o maggiore/minore ritenuta di giustizia o liquidata ex art. 1226 c.c.), oltre interessi legali e rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT;
5) condannare la controparte al pagamento delle spese, competenze ed onorari del giudizio, oltre IVA e CPA e rimborso forfetario come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
 
 
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in ciascun giudizio del Comune di Oppido Mamertina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
Con il ricorso introduttivo nr. 92/2008, il sig. Rocco Raccosta agisce per ottenere il risarcimento del danno asseritamente patito per la mancata tempestiva definizione della procedura di assegnazione - concessione dei lotti in zona PIP, di cui alla delibera 115 del 2/10/2002 cui ha preso parte.
Premette in fatto che, con delibera n. 32 dell’11.3.2002, il Comune di Oppido Mamertina indiceva bando pubblico, reso noto attraverso il BUR Calabria il successivo 10.4.2002, per l’assegnazione nella zona P.I.P. (Piano per gli Insediamenti Produttivi) di una serie di lotti di terreno, da destinare alla realizzazione di iniziative produttive (imprese artigianali, industriali e commerciali).
L’odierno ricorrente presentava entro i termini di scadenza previsti dal suddetto bando la relativa domanda e, con delibera n. 115 (prot. n. 8829) del 2 ottobre 2002, la Giunta Municipale assegnava allo stesso un lotto di terreno, segnatamente quello identificato con il n. 3.
Successivamente, con nota prot. n. 6405 del 24.7.2003, l’Ufficio Tecnico del Comune di Oppido comunicava all’assegnatario la somma complessivamente calcolata quale corrispettivo per l’assegnazione del lotto, pari ad € 28.762,20, significandogli che avrebbe dovuto versare entro venti giorni dal ricevimento della stessa comunicazione, a titolo di prima anticipazione, la somma di € 10.000,00.
In data 19 giugno 2003, mediante apposita convenzione tra le parti, si convenivano adempimenti reciproci volti alla consegna dei lotti, tra i quali l’obbligo per i titolari delle attività, divenuti assegnatari avrebbero di versare un primo acconto, ed il resto a rate successive, l’obbligo per l’Amministrazione comunale di bonificare l’area PIP, e di attivare, nel più breve tempo possibile, i servizi di urbanizzazione primaria già realizzati.
Sebbene il ricorrente avesse provveduto al versamento del primo acconto, pari ad euro 10.000,00 (reversale d’incasso nr. 717 dell’8.7.2003), il Comune non provvedeva ad onorare gli impegni assunti, sino a quando il ricorrente stesso, con nota del 14.4.2004 nr. 2665, non lo sollecitava a provvedere, ottenendo un cambio dell’assegnazione mediante la deliberazione nr. 43 del 26.04.2004 con cui gli veniva attribuito un nuovo lotto, contrassegnato con il nr. 8 attiguo e congiunto al precedente.
Ciononostante, non seguiva la vera e propria concessione, ostandovi ulteriori ostacoli derivanti dal mancato compimento del procedimento espropriativo (nota del Comune del 20 febbraio 2006, nr. 1692).
Decorsi altri mesi, durante i quali i costi preventivati per l’approvvigionamento di beni ed attrezzature volte all’impianto dell’attività produttiva venivano a crescere, e considerato infine il perdurare dell’inadempimento dell’ente comunale, il ricorrente adiva il Tribunale civile di Palmi, sede distaccata di Cinquefrondi al fine di ottenere il risarcimento del danno.
Quest’ultimo declinava la giurisdizione con sentenza dell’11 luglio 2007, in favore del giudice amministrativo e con termine di sei mesi per la riassunzione.
Con l’odierno ricorso, il sig. Raccosta ha riassunto il giudizio e riproposto di fronte al giudice amministrativo l’articolata domanda di risarcimento del danno, chiedendo di accertare e dichiarare l’inadempimento da parte dell’Ente resistente degli obblighi assunti nei confronti dell’assegnatario nonché dell’illegittimità/ illiceità della condotta dallo stesso tenuta nella vicenda di specie, nonché di accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale e/o precontrattuale dell’Ente resistente, la risoluzione del contratto intercorso; e condannare il Comune di Oppido Mamertina a risarcire gli stessi in misura di euro 100.000,00, oltre al pagamento delle spese, competenze ed onorari del giudizio.
Analogamente, con il ricorso nr. 642/2008, agisce il sig. Violi Domenico, il quale chiede il risarcimento del danno asseritamente patito per la mancata tempestiva definizione della procedura di assegnazione - concessione dei lotti in zona PIP, di cui alla delibera 115 del 2/10/2002 cui ha preso parte.
Richiamata la deliberazione n. 32 dell’11.3.2002 del Comune di Oppido Mamertina, già sopra indicata, riferisce che, in quanto titolare dell’impresa artigiana Comec, presentava entro i termini di scadenza previsti dal suddetto bando la relativa domanda e, con delibera n. 115 (prot. n. 8829) del 2 ottobre 2002, la Giunta Municipale assegnava allo stesso un lotto di terreno, segnatamente quello identificato con il n. 17.
Successivamente, con nota prot. n. 666 del 23.1.2003, l’Ufficio Tecnico del Comune di Oppido comunicava all’assegnatario la somma complessivamente calcolata quale corrispettivo per l’assegnazione del lotto, pari ad € 18.513,60; il sig. Violi prendeva parte al verbale del 19 giugno 2003, avente i contenuti già illustrati in precedenza e provvedeva anch’egli al versamento del primo acconto, pari ad euro 10.000,00 (ordine di pagamento emesso dalla Banca Popolare di Crotone, in data 9.7.2003 a favore della Tesoreria Comunale); analogamente, anche nel caso del sig. Violi il Comune non bonificava l’area PIP entro la scadenza pattuita del 31.7.2003; seguivano vari solleciti da parte del ricorrente volti a rilevare altresì che, il protrarsi dell’inadempienza avrebbe potuto causare allo stesso ingenti danni economici, atteso che tra l’altro, in considerazione della legittima aspettativa di una definizione dell’iter burocratico in tempi brevi, lo stesso era stato costretto ad attivarsi per ottenere accesso al credito, onde poter onorare tempestivamente il proprio debito, relativo alla prima rata, nonché per poter realizzare sul lotto assegnato l’impianto produttivo programmato.
Decorsi alcuni mesi e proposte invano altre sollecitazioni all’Ente, il ricorrente, rinunciato ai finanziamenti ottenuti, adiva il Tribunale civile di Palmi, sede distaccata di Cinquefrondi al fine di ottenere il risarcimento del danno .
Quest’ultimo declinava la giurisdizione con sentenza del 28 novembre 2007, in favore del giudice amministrativo e con termine di sei mesi per la riassunzione.
Con l’odierno ricorso, il sig. Violi ha riassunto il giudizio e riproposto di fronte al giudice amministrativo l’articolata domanda di risarcimento del danno, chiedendo di accertare e dichiarare l’inadempimento da parte dell’Ente resistente degli obblighi assunti nei confronti dell’assegnatario nonché dell’illegittimità/ illiceità della condotta dallo stesso tenuta nella vicenda di specie, nonché di accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale e/o precontrattuale dell’Ente resistente, la risoluzione del contratto intercorso; e condannare il Comune di Oppido Mamertina a risarcire gli stessi in misura di euro 100.000,00, oltre al pagamento delle spese, competenze ed onorari del giudizio.
In entrambi i giudizi si è costituito il Comune di Oppido Mamertina, che resiste al ricorso, di cui chiede il rigetto per inammissibilità ed infondatezza.
In particolare eccepisce che il comportamento del ricorrente è apparso orientato, più che alla definizione positiva del procedimento di concessione del lotto, alla messa in atto di una strategia per conseguire, a danno dell’ Amministrazione Comunale, un utile a seguito di un proprio ripensamento e ciò in esito ad articolate deduzioni.
Il Comune ha chiesto l’ammissione di prova per testi allo scopo di dimostrare l’avvenuta bonifica del lotto assegnato al ricorrente (indicando il teste nella persona del sig. Barbaro Giuseppe, titolare dell’impresa che ha effettuato i lavori).
E’ stata disposta istruttoria (successivamente reiterata), nell’ambito della quale è stata anche ammessa la prova testimoniale richiesta dall’Ente, successivamente acquisita al giudizio.
Con ordinanza nr. 434/2013 è stata rinnovata l’istruttoria per alcuni aspetti non ancora definiti, ed è stata disposta la riunione del giudizio sui ricorsi in epigrafe.
Alla pubblica udienza del 20 novembre 2014 le cause riunite sono state trattenuta in decisione.
DIRITTO
Nell’odierno giudizio, le parti ricorrenti si dolgono dei danni che lamentano di aver subito da parte del Comune intimato, in ordine al mancato compimento del procedimento di assegnazione di lotti rientranti in un PIP (piano insediamenti produttivi) cui hanno preso parte.
I) Preliminarmente, può darsi atto che le parti concordano sulla qualificazione della fattispecie in termini di responsabilità precontrattuale: esplicita è, in tal senso, l’accurata analisi della difesa dell’Ente (v. memorie del 20 ottobre 2014), ma anche gli argomenti dedotti dalla difesa delle parti ricorrenti sono univoci, posto che sussistono gli elementi strutturali dell’istituto, costituiti dall’aver svolto trattative (i cui termini saranno meglio esposti oltre) e non aver concluso il contratto di cessione delle aree assegnate, sebbene le trattative siano progredite al punto di stipulare tra le parti una convenzione avente ad oggetto la regolazione degli adempimenti necessari ad addivenire alla stipula definitiva (accordo del 19 giugno 2003).
Tenendo presente la differenza tra illegittimità degli atti ed illiceità del comportamento della PA (Cons. Stato Sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4674, T.A.R. Campania - Salerno Sez. I, 12 maggio 2014, n. 925), la giurisprudenza è univoca nell’ affermare che “la responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia nel momento in cui entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici, nel cui ambito è tenuto al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti. Ne consegue che l'inosservanza di tale precetto, anche prima della conclusione della gara, determina l'insorgere della responsabilità della P.A. per violazione del dovere di correttezza previsto dall'art. 1337 cod. civ., a prescindere dalla prova dell'eventuale diritto all'aggiudicazione del partecipante” (Cass. civ. Sez. I, 03 luglio 2014, n. 15260), riconoscendo la sussistenza di responsabilità per revoca di gara già aggiudicata (Cons. Stato Sez. VI, 18 marzo 2014, n. 1335) con provvedimenti legittimi (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, 11 marzo 2014, n. 205).
II) Osserva ancora il Collegio che nella regolamentazione procedimentalizzata delle trattative, era previsto – a carico dell’Ente – lo svolgimento di attività amministrative autoritative coordinate e connesse con lo scopo della consegna dei lotti dell’area PIP, consistenti nella definizione delle procedure espropriative per l’acquisizione delle aree.
Tali procedimenti risultano essere stati completati solo a distanza di tempo, rispetto ai programmi originari, come sarà meglio illustrato oltre; da ciò deriva che, nella odierna fattispecie, si verte in una peculiare ipotesi di responsabilità da ritardo che concorre con quella di diritto comune relativa alla conclusione delle trattative, aspetti questi che saranno approfonditi nel prosieguo.
III) Al fine dell’accertamento circa i presupposti della responsabilità dell’Ente che le parti chiedono di accertare e dichiarare, è necessario infatti esaminare preliminarmente il comportamento delle parti stesse e la condotta degli uffici del Comune successivamente alla pubblicazione del bando di assegnazione dei lotti.
Osserva il Collegio che il bando costituisce la fonte del rapporto procedimentale-negoziale tra le parti; ma non esaurisce in toto la relativa disciplina, posto che tra il Comune ed i concorrenti assegnatari si è altresì convenuta, con accordo integrativo del procedimento, una specifica ripartizione di compiti operativi e relativi termini, prodromica alla concreta assegnazione del lotto.
Come succintamente riferito nell’esposizione in fatto, sulla base del bando, l’assegnazione provvisoria avrebbe dovuto avvenire con atto formale della Giunta (di cui avrebbe dovuto essere data comunicazione formale agli interessati con raccomandata AR, nella quale precisare il termine per la stipula della convenzione ed il corrispettivo dovuto per la cessione); preventivamente all’atto formale dell’assegnazione, le ditte entro 60 giorni dalla comunicazione da parte del Comune avrebbero dovuto produrre una specifica certificazione; entro sessanta giorni dalla stipula della convenzione (l’atto del quale si lamenta la mancata stipula nell’odierna fattispecie) l’assegnatario avrebbe dovuto presentare al Comune il “progetto esecutivo delle opere da realizzare” i cui lavori avrebbero dovuto avere inizio entro i dodici mesi ed ultimati entro i trentasei mesi dalla relativa concessione edilizia (prorogabili di sei mesi e non più di una volta e con facoltà “insindacabile” per l’Ente di revocare la concessione nel caso di mancato inizio nei dodici mesi); a corredo di tale programma, il bando precisa che, essendo la zona PIP in atto “sprovvista di idoneo impianto di depurazione”, “i singoli progetti, le relative concessioni e/o autorizzazioni potranno essere assentite solo se nei progetti medesimi saranno previsti gli impianti di depurazione ove prescritti dalla normativa vigente in materia”.
Il bando regola, dunque, non semplicemente un’assegnazione di un suolo, quanto un programma più complesso caratterizzato da diversi adempimenti coordinati e collegati, tesi all’infrastrutturazione dell’area ai fini produttivi che costituiscono un interesse comune delle parti (l’Ente ed i privati assegnatari) allo sviluppo del territorio e del comprensorio, a presidio della cui realizzazione ed attuazione l’Ente è titolare di diverse responsabilità di controllo.
Inoltre, risulta dallo stesso bando che l’infrastrutturazione del comprensorio non è completa, mancando gli impianti di depurazione, la cui realizzazione è accollata ai privati assegnatari.
La natura complessa del programma convenzionale è poi enfatizzata dal verbale manoscritto del 19 giugno 2003 (all. 5 della produzione istruttoria depositata dal Comune il 6 maggio 2014), nel quale – presenti il Sindaco, il dirigente dell’ufficio tecnico, gli odierni ricorrenti ed un terzo assegnatario – si conviene che gli assegnatari versino la prima rata entro il 10 luglio 2003; l’Amministrazione comunale si impegna a bonificare l’area PIP “in atto ingombra da rifiuti abusivamente immessi, entro il 31.7.2003”; la seconda rata avrebbe dovuto versata entro il 10.09.2003 (entro tale data avrebbe potuto essere versato anche il saldo completo, a scelta dell’assegnatario), la terza rata entro il 10.10.2003; entro 15 giorni dal versamento avrebbe dovuto essere stipulato il contratto di concessione previsto dal bando (segue la previsione di una riduzione del prezzo in ragione di alcune differenze di livello dei lotti e relativi costi incidenti di urbanizzazione, nonché l’impegno dell’Amministrazione di attivare i servizi di urbanizzazione primaria già realizzati).
Da ultimo, nella convenzione si concorda che “i termini di pagamento di cui sopra sono da intendersi perentori per cui il loro vano decorso darà luogo alla revoca dell’assegnazione senza necessità di ulteriore comunicazione”.
Al verbale del 19 giugno 2003 (che ha dichiaratamente valenza anche per gli assegnatari assenti, cui avrebbe dovuto essere comunicato) va riconosciuta una valenza peculiare.
Mentre le parti private si impegnano al versamento del prezzo per l’assegnazione dei lotti entro determinate scadenze, l’Amministrazione assume obbligazioni di fare (bonifica ed attivazione delle opere di urbanizzazione esistenti) che sono preordinate all’effettiva ed efficace fruibilità dei lotti.
Non sussiste, dunque, un immediato e diretto sinallagma tra il versamento del prezzo e l’effettuazione delle opere: all’evidenza, il nesso corrispettivo è costituito tra il prezzo ed il lotto, mentre le obbligazioni assunte dall’Ente sono accessorie, perché preparatorie dell’esecuzione dell’obbligazione principale a carico del Comune (scaturente dall’autovincolo costituito dal bando) che è quella di “dare” ossia di consegnare il lotto all’assegnatario.
Il verbale del 19 giugno 2003 è dunque un accordo procedimentale (da inquadrarsi nell’ambito dell’art. 11 della l. 241/90), dal quale sorgono obbligazioni di pagamento a carico dei privati, ed obbligazioni accessorie a carico dell’Ente; possiede anche un valore provvedimentale, perché l’Ente (rappresentato dal Sindaco e dal dirigente dell’ufficio tecnico, dunque da organi capaci di impegnarne la volontà) estende agli assenti le regole concordate con gli assegnatari presenti; le obbligazioni accessorie previste a carico dell’Ente non costituiscono, a loro volta, presupposto e condizione per il pagamento del prezzo (che quindi è dovuto anche in caso di mancato adempimento delle stesse), salva la verifica circa l’essenzialità dei relativi adempimenti ai fini della realizzazione dell’interesse principale (la consegna dei lotti).
III) Così ricostruite le fonti di disciplina del procedimento volto all’assegnazione dei lotti PIP di cui si discute, va adesso presa in esame la condotta delle parti.
Dirimente, in tal senso, è la relazione a chiarimento dei fatti di causa che il Comune ha reso nei giudizi sui ricorsi in esame su sollecitazione istruttoria del TAR.
Da quanto emerge agli atti del giudizio, gli assegnatari dei lotti avevano provveduto a versare solamente una parte del prezzo stabilito (precisamente la prima rata), mentre l’Ente non ha curato di bonificare l’interno dei lotti, essendosi limitato ad interventi sui viali di accesso, peraltro ostruiti non solo da erbacce, terriccio e così via, ma anche da materiali ingombranti (così in particolare risulta dalla prova testimoniale, escussa con verbale del 11 febbraio 2013 da parte del magistrato delegato su ordinanza istruttoria nr. 737/2012).
Emerge altresì (nota prot. 1692 del 20.02.2006 a firma del Responsabile dei servizi tecnici del Comune) che, a seguito della diffida a provvedere dei ricorrenti datata 19.01.2006, l’ufficio ha verificato che “il procedimento espropriativo per l’acquisizione dell’area al patrimonio comunale, avviato in data 5.06.1996, ancora oggi non si è concluso con la registrazione nei confronti del Comune dei terreni espropriati, condizione questa necessaria per la prosecuzione dell’iter di assegnazione…” dei lotti; “i lavori relativi alla sistemazione delle aree sono stati avviati e conclusi rendendo gli stessi lotti immediatamente fruibili”. Il Responsabile conclude informando i destinatari della nota che sono state avviate procedure di acquisizione sanante ex art. 43 TU espropri; che i tempi previsti per la definizione delle procedure sono 90 giorni; e che “non appena questo Ente sarà in condizione di formalizzare l’atto di stipula per la cessione dell’area procederà alla convocazione formale di tutte le ditte interessate già affidatarie dei lotti.”.
La procedura espropriativa si concludeva con deliberazione GM nr. 88 del 16 giugno 2006 (con la quale si prendeva atto di alcune rettifiche del decreto di esproprio del 21.05.2001 nr. 4319, operate con decreto del Responsabile dei servizi tecnici nr. 1 del 28 febbraio 2006), l’impegno di spesa per la registrazione dei decreti di esproprio definitivi ed, infine, con l’invito agli originari assegnatari di confermare entro trenta giorni il permanere del proprio interesse alla consegna dei lotti (sulla scorta dell’avvenuto avvio di procedura legale per il risarcimento di eventuali danni) al fine della stipula della convenzione (note dell’11.01.2007, in atti).
Mancando tale conferma, l’ufficio provvedeva alla restituzione delle rate corrisposte (determina nr. 107 del 01/12/2008), così concludendosi la vicenda senza l’assegnazione dei lotti e con la decadenza dei ricorrenti dall’assegnazione esplicitamente formalizzata.
Il Comune produce altresì una nota del 5 maggio 2014, sottoscritta da un funzionario dei servizi tecnici, che, da sopralluogo effettuato (ma che non risulta essere stato svolto in contraddittorio con gli interessati), comunica che i lotti di cui trattasi sono all’attualità invasi da rovi o altre spontaneità vegetative, ma non da corpi estranei.
IV) Alla luce di tali presupposti, va certamente ravvisata la responsabilità dell’Ente per la mancata conclusione dell’assegnazione nei tempi originariamente previsti, essendosi conclusa la procedura espropriativa solo a distanza di anni dalle scadenze del “cronoprogramma” contenuto nella regolamentazione della fattispecie, e non essendo avvenuta con la diligenza esigibile dall’organizzazione della P.A. la pulizia e disinfestazione dei lotti, circostanza questa esplicitamente prevista dall’Ente a proprio carico e da questi non adeguatamente documentata (posto che il teste escusso ha indicato che solo i viali di ingresso erano stati puliti, non l’interno dei lotti).
Si tratta di una duplice fattispecie concorrente, ovvero la responsabilità da ritardo e quella di tipo precontrattuale (a natura negoziale) discendente dall’accordo del 19 giugno 2003 che integra vere e proprie obbligazioni assunte dal Comune immediatamente esigibili.
Ancorchè non approfondita dai ricorrenti la condizione soggettiva dell’illecito dell’Ente (ovvero la sussistenza di cause di rimproverabilità della condotta) la negligenza dell’Ente non è tuttavia tale da fondare una obbligazione risarcitoria nei confronti dei ricorrenti per più ordini di ragioni.
IV.1) In primo luogo, il pagamento delle rate era, come si è visto, disancorato dall’effettuazione della bonifica da parte dell’Ente e si era esplicitamente convenuta la decadenza dall’assegnazione in caso di inadempimento.
Vero è che sotto il profilo causale, era essenziale che il Comune completasse la procedura espropriativa: ma tale aspetto (ovvero la indisponibilità dei lotti) è emerso solo in seguito e non è stato immediatamente preso in esame dalle parti all’atto dei vari solleciti comunque rivolti all’Amministrazione comunale; in ogni caso, va anche rilevato che il Comune medesimo non ha pronunciato la decadenza alla scadenza delle rate inevase, ma solo dopo aver sollecitato - una volta conclusa la procedura espropriativa – i ricorrenti alla sottoscrizione dei necessari atti per la consegna.
IV. 2) Seppure tardivamente, l’Ente ha comunque proposto alle due parti odierne ricorrenti la sottoscrizione del contratto ed il completamento del procedimento alle condizioni economiche iniziali, così sostanzialmente mitigando e correggendo i principali profili di responsabilità.
Tale circostanza non è senza rilievo, ed ha risparmiato le conseguenze pregiudizievoli che sarebbero derivate – sempre in punto di responsabilità precontrattuale – dalla mancata conclusione del procedimento.
Invero, è onere del debitore porre in essere ogni sforzo per contribuire a limitare il pregiudizio derivante da un proprio inadempimento, prima ancora di addivenire ad una qualsiasi forma di risarcimento, specie se il debitore stesso è una P.A. tenuta al rispetto, nell’azione amministrativa, di elementari regole di buon senso, efficienza ed efficacia, oltre che trasparenza, secondo il grado di diligenza esigibile in base alla professionalità insita nella specifica dimensione organizzativa degli uffici.
Di fatto, nel concludere il procedimento, l’Ente ha rinnovato la valutazione d’interesse pubblico che aveva giustificato la proposizione originaria del PIP, ne ha attualizzato l’importanza ed ha dunque onorato l’impegno con i ricorrenti (sia pure soltanto dopo le loro sollecitazioni e reiterate diffide).
IV. 3) Ciò che resta da analizzare sono le conseguenze sull’interesse negoziale dei ricorrenti del ritardo nel concludere il procedimento.
A tali fini, emerge dagli atti di causa che i due ricorrenti allegano incrementi di costi per la realizzazione degli interventi che, tuttavia, non appaiono tali da giustificare una sopravvenuta carenza di convenienza economica nell’affare.
Invero, la differenza di utile in termini di maggiore aggravio di costi per la realizzazione delle opere a carico delle imprese avrebbe ben potuto essere compensata a carico dell’Ente nei termini del c.d. “interesse differenziale” che la giurisprudenza riconosce nell’ambito della responsabilità precontrattuale laddove si sia addivenuti alla sottoscrizione di un contratto a condizioni meno vantaggiose di quelle originariamente prospettate e sulla base delle quali la parte danneggiata si era determinata a concludere l’accordo (sul punto si rimanda alla specifica trattazione svolta oltre).
Ne deriva che le deduzioni difensive di parte ricorrente non valgono a ritenere impedita oggettivamente l’acquisizione del lotto e pertanto, non può essere riconosciuto il danno curriculare (che peraltro la giurisprudenza esclude in radice dal novero dei danni risarcibili per responsabilità precontrattuale della PA ritenendolo compreso nell’”interesse positivo” e quindi non dipendente dall’inutilità delle trattative, v. Cons. Stato, 01 febbraio 2013, n. 633) o da perdita di chance in favore della parte ricorrente.
V) Quanto ai danni lamentati dalle parti ricorrenti a titolo di spese sostenute o di incremento dei costi, si osserva quanto segue.
In linea di principio, il fatto che la scelta di non sottoscrivere il contratto da parte dell’imprenditore sia scaturita da una sua legittima valutazione di convenienza e di opportunità, sebbene escluda ogni rilievo di danni curriculari o da perdita di chance, non preclude di per sé che sia ristorato l’importo delle spese sostenute, in buona fede, in vista dell’esecuzione del contratto.
In ordine alla responsabilità precontrattuale, va osservato, a questo punto, che, sia pure con diversità di presupposti e contenuti, si vanno affermando nella dottrina civilistica diversi orientamenti che, nel presupposto della natura contrattuale di tale ipotesi di responsabilità e pur tenendo presenti le differenze di danni e di fattispecie da valutare caso per caso, concludono circa l’ampliamento dell’area del danno risarcibile, oltre i limiti del tradizionale “interesse negativo” vero e proprio (spese di partecipazione alle trattative), giungendo fino a riconoscere il c.d. “interesse differenziale” dato dall’aggravio patrimoniale comunque subito per effetto della conclusione del contratto (e dunque in un nesso di presupposizione o causalità necessaria con le trattative e con l’aspettativa alla positiva conclusione di esse, così che, come efficacemente descritto in dottrina, l’illecito converte le spese inutilmente sostenute in voce di danno).
Nel caso in esame, non risultando sottoscritto il contratto, tale impostazione trova la condivisione del Collegio nei limiti in cui in giurisprudenza si accoglie una valutazione casistica dell’illecito, che tenga conto delle peculiarità della fattispecie: “in tema di responsabilità precontrattuale, configurabile per la violazione del precetto posto dall'art. 1337 c.c., l'ammontare del danno risarcibile va determinato, tenendo conto dalla peculiarità dell'illecito e dalle caratteristiche di detta responsabilità che postula il coordinamento tra il principio, secondo il quale il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto, ed il principio, secondo il quale le trattative debbono svolgersi correttamente: non essendo stato stipulato il contratto, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all'inadempimento contrattuale, posto che non sono ancora acquisiti i diritti che sarebbero nati dal contratto e che non possono quindi essere lesi” (Cons. Stato Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1441).
In questa prospettiva, è la nozione di “interesse negativo” che si dilata, consentendo di valutare caso per caso le specifiche circostanze e le diverse tipologie di danni scaturenti dalla modalità concreta con cui è stata condotta la trattativa.
Invero, la PA non è un contraente qualsiasi, ma la formazione della sua volontà contrattuale è procedimentalizzata e soggetta a precisi moduli, che si concretizzano in valutazioni di interesse pubblico debitamente formalizzate con atti e provvedimenti (quelli inerenti l’indizione e lo svolgimento della gara); pur non vincolandola in assoluto alla conclusione del contratto (potendo sempre revocare la sequenza procedimentale od addivenire ad un diverso e rinnovato apprezzamento d’opportunità, salvi i limiti del giudicato), i principi di trasparenza, efficacia e correttezza dell’azione amministrativa costituiscono sicuramente il presupposto di un affidamento qualificato in ordine alle controparti private circa la positiva conclusione delle trattative, una volta che si sia conclusa la fase di gara con l’aggiudicazione definitiva.
Per questa ragione, va ritenuto che nelle trattative precontrattuali costituite dallo svolgimento di una gara d’appalto indetta dalla P.A., rientrano nel danno emergente e nei limiti del c.d. “interesse negativo” quei costi che l’imprenditore aggiudicatario definitivo abbia sostenuto confidando in buona fede nell’imminente sottoscrizione del contratto, al fine della sua diligente esecuzione, per approvvigionamenti di materiali e forniture corrispondenti a quelli previsti nel progetto a base di gara.
Ciò chiarito in linea di principio, va evidenziato che, nel caso odierno, le spese che le parti ricorrenti hanno allegato non rientrano tra quelle risarcibili nei limiti, pur così lati, dell’istituto.
VI) Circa il ricorrente Violi, titolare di impresa artigiana, a sostegno dei danni che afferma di avere patito, offre in produzione preventivi solo relativi alla levitazione dei costi per l’investimento nel ritardo dell’ente ma non comprova di aver sostenuto spese. Né sono in altro modo desumibili eventuali perdite di chance, derivanti dalla possibilità di conseguire lotti di terreno di pari o migliore qualità altrove, perduti a causa delle trattative e dei ritardi in essere nel procedimento di che trattasi.
Il danno lamentato si riduce quindi ad una mera perdita di opportunità di incrementi di guadagno e logistici derivanti dall’installazione della propria attività nell’area PIP, ma l’entità di tale perdita non è dato evincersi da nessuno dei riferimenti documentali prodotti.
VII) Quanto al ricorrente Raccosta, si osserva quanto segue.
La difesa del ricorrente allega di aver commissionato un progetto preliminare inerente la costruzione di un capannone in cemento armato, destinato all’attività artigiana di lavorazione del ferro e dell’alluminio, nonché di una relazione geotecnica (euro 600,00); ha inoltre richiesto preventivi non seguiti da acquisto; ha chiesto contributo e finanziamento agevolato per 900.000,00 euro; ha acquistato macchinari “alquanto rumorosi” che ha poi dovuto installare nell’officina sotto la propria abitazione; altri ne ha dovuti svendere con perdita di circa 70 milioni di lire, come risulta dalle dichiarazioni allegate sub 8 al ricorso.
I costi per la progettazione preliminare e per la relazione geotecnica, ammontanti ad euro 600,00, non sono documentati: è allegata copia del progetto, ma non dei documenti giustificativi del pagamento al professionista, che dunque non risulta né dimostrato nell’ammontare o negli altri presupposti dell’obbligazione, né se ne dimostra l’avvenuto pagamento.
La differenza di costi relativa alle opere interne al fabbricato (illuminazione, tubazione e così via), è irrilevante ai fini del presente giudizio, attesa la mancata realizzazione del fabbricato medesimo.
La prospettata richiesta di finanziamento per euro 900.000,00 è parimenti solo dichiarata, mentre nessuna documentazione in proposito risulta depositata agli atti, con conseguente impossibilità di valutare l’eventuale danno subito, anche in termini di chance per il mancato ottenimento del lotto.
L’acquisto di macchinari “alquanto rumorosi” utilizzati poi nel laboratorio esistente, è parimenti solo indicato.
Invece, risultano agli atti due dichiarazioni rese dal titolare dell’impresa “Mammoliti Giuseppe”, con sede in Dasà (Vibo Valentia), dalle quali si evince che, nell’anno 1993, il sig. Raccosta ha acquistato dalla stessa impresa macchine per lavorazione del vetro piano analiticamente elencate, per un corrispettivo di euro 36.151,98 (lire 70 milioni). Le stesse macchine risultano poi rivendute al medesimo fornitore nel 2003, per un importo di euro 16.000,00.
In questo caso, non è possibile ricollegare causalmente l’acquisto dei macchinari alle trattative poste in essere con l’Ente, posto che l’acquisto è del 1993, mentre il bando per l’area PIP risulta pubblicato il 10 aprile 2002; inoltre la rivendita dei materiali è coeva alla convenzione del 19.06.2003 con la quale il ricorrente aveva pattuito con l’Ente la tempistica degli adempimenti necessari ad addivenire alla consegna. Pertanto, non può neppure prospettarsi che le trattative infruttuose abbiano determinato il ricorrente alla svendita dei macchinari, perché al tempo in cui essi sono stati ricomprati dal fornitore originario le macchine avevano circa dieci anni di impiego (così che la restituzione al venditore appare sostenibile sulla base di autonome ragioni economiche) e le trattative con l’Ente per la consegna del lotto erano ancora vive.
VIII) Conclusivamente, pur sussistendo i profili dedotti di responsabilità dell’Ente per responsabilità precontrattuale sotto il profilo strettamente comportamentale, la domanda di entrambi i ricorrenti va respinta perché non è stata dimostrata l’insorgenza di danni risarcibili causalmente conseguenti all’azione ed ai ritardi dell’Ente.
Le ragioni appena esposte inducono altresì il Collegio a disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li rigetta entrambi.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Politi, Presidente
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
Francesca Romano, Referendario
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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