Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Bene della vita, interesse al ricorso, rapporto e non solo atto - Come cambia la giustizia amministrativa - TAR Toscana, Firenze, sent. n.1163 del 01.07.2014

Pubblico
Giovedì, 20 Novembre, 2014 - 01:00

 

Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, (Sezione Prima), sentenza n.1781 del 13 novembre 2014, sull'interesse a ricorrere
 
 
N. 01781/2014 REG.PROV.COLL.
 
N. 00627/2009 REG.RIC.
 
logo
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 627 del 2009, proposto dalla sig.ra Germana Ermini, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Rizzo e Andrea Pettini, con domicilio eletto presso il secondo in Firenze, via Landucci 17; 
contro
il Comune di Figline Valdarno ora Comune di Figline e Incisa Valdarno in persona del Commissario Prefettizio in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Di Falco, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Masaccio 183; 
nei confronti di
Franco Casini, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberta Toppetta e Giancarlo Lo Manto, con domicilio eletto presso il secondo in Firenze, via Vittorio Emanuele II° 16; 
per l'annullamento
- della deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Figline Valdarno (FI) n. 6 del 26.1.2009 e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, ivi compresi, per quanto occorrer possa, la relazione dell’Ing. Roberto Nocentini Responsabile del Settore Lavori Pubblici e dell'Ufficio Espropri in data 8.1.2009 ed il parere reso con nota del 30.9.2008 a firma congiunta del Responsabile dell'Ufficio Tecnico e del Comandante della Polizia Municipale del Comune di Figline Valdarno.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Figline Valdarno, ora Comune di Figline e Incisa Valdarno, e di Franco Casini;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Figline Valdarno, nell’ambito di una procedura espropriativa, realizzò una rampa pedonale per il passaggio da via Torino a v. Verdi su un’area di proprietà del sig. Franco Casini. A seguito dell’approvazione del progetto e della relativa dichiarazione di pubblica utilità, il fondo venne occupato in via d’urgenza e l’opera realizzata, ma la procedura non si concluse poiché il provvedimento di esproprio non fu mai emanato. A fronte delle richieste di restituzione del terreno l’Amministrazione, con delibera giuntale 26 gennaio 2009, n. 6, ha autorizzato la stipulazione di un atto transattivo per la restituzione dell’area e tale deliberazione è stata impugnata dalla sig.ra Germana Ermini con il presente ricorso, notificato il 3 aprile 2009 e depositato il 22 aprile 2009, lamentando che la demolizione della rampa richiesta dal proprietario del terreno per costruire una nuova recinzione renderebbe disagevole l’accesso ai propri fondi, che sono affittati come negozi e magazzini. Lamenta che in realtà il terreno sarebbe traslato in capo all’Amministrazione espropriante e che quest’ultima, nell’autorizzare la transazione, non avrebbe tenuto conto dell’essenzialità dell’accesso ai suoi fondi, donde i vizi per errore di motivazione, carenza di istruttoria e travisamento di fatto. L’Amministrazione non avrebbe fatto un’opportuna comparazione con gli interessi privati coinvolti nella vicenda, come invece afferma la delibera impugnata.
La difesa del controinteressato eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto la posizione della ricorrente avrebbe carattere di mero interesse di fatto e non di interesse legittimo, poiché la normativa non attribuirebbe alcuna qualificazione all’interesse del proprietario dell’area confinante a quelle interessata da un’opera pubblica in ordine al mantenimento o all’abbattimento della stessa. Il ricorso sarebbe inammissibile anche perché il pregiudizio lamentato dalla ricorrente è legato alla realizzazione di una recinzione del fondo in proprietà del controinteressato, il che rappresenterebbe una mera eventualità. Nel merito, replica puntualmente alle deduzioni della ricorrente.
All’udienza del 15 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso è inammissibile.
Condizioni dell’azione sono l’esistenza di una posizione giuridica sostanziale tutelata dall’ordinamento, la legittimazione ad agire ovvero l’identità tra il ricorrente e il titolare della pensione giuridica azionata, e infine l’interesse a ricorrere, che si concretizza nel duplice requisito dell’effettività della lesione e del vantaggio potenziale e non meramente emulativo che può derivare al ricorrente dall’accoglimento del gravame. Nel caso in esame manca la prima di queste condizioni, poiché la ricorrente agisce al fine di tutelare un interesse di mero fatto.
Si discute in questa sede circa il corretto esercizio del potere espropriativo dell’amministrazione pubblica, sia pure attivato nel caso di specie in senso contrario, con la restituzione al sig. Casini (controinteressato nel presente processo) di un’area su cui era stata realizzata l’opera senza che la procedura si fosse conclusa con l’emanazione del provvedimento di esproprio.
Il potere espropriativo è riconosciuto in capo ai soggetti pubblici, ex art. 42, comma terzo, Cost., al fine di tutelare interessi di carattere generale, attinenti ad un maggior benessere della collettività. Tale concetto è ripreso dall’art. 1 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”, che attribuisce il potere espropriativo per l’esecuzione di opere pubbliche e di pubblica utilità. La legge quindi, sia costituzionale che ordinaria, concede il potere ablatorio di beni privati in vista della realizzazione di obiettivi di interesse pubblico, consistenti in una utilità che vada a favore di un’intera collettività utilizzatrice dell’opera, ma non prende in considerazione i vantaggi che dalla stessa possono derivare a singoli soggetti.
È innegabile che nel caso di specie la ricorrente possieda un interesse al mantenimento dell’opera, ma tale interesse non è qualificato giuridicamente, come correttamente eccepito dal controinteressato. L’interesse legittimo si differenzia dall’interesse di mero fatto in tanto in quanto un determinato interesse privato sia preso in considerazione dalla legge regolatrice del potere pubblico di talché quest’ultimo, nel suo dispiegarsi, ne debba tenere conto e sia obbligato a bilanciarlo con gli scopi di pubblico interesse cui è correlato. Tanto accade, in materia espropriativa, per la posizione giuridica del proprietario dell’immobile oggetto del potere ablatorio. La normativa in materia, però, non prende in considerazione gli interessi di terzi, pure se questi in via (appunto) di fatto possano ricevere benefici dall’esecuzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità.
Nell’assumere la decisione odiernamente impugnata l’Amministrazione ha correttamente tenuto in considerazione solo gli interessi pubblici coinvolti nell’affare e in particolare, l’asserita mancanza di conformità dell’opera alla normativa sull’abbattimento delle barriere architettoniche, poiché la normativa in esame è finalizzata al raggiungimento di obiettivi di pubblico interesse e non a finalità di tutela nei confronti di singoli soggetti. Le posizioni di questi ultimi non sono prese in considerazione, ovvero qualificate, dalla normativa sull’espropriazione dei beni per pubblica utilità e pertanto deve ritenersi che appartengano all’area del mero fatto, con conseguente insuscettibilità di tutela giuridica da parte dell’ordinamento.
La giurisprudenza citata dalla ricorrente non è pertinente al caso di specie poiché si riferisce a diversa materia.
Per tali ragioni il ricorso è inammissibile.
Le spese di causa seguono la soccombenza e pertanto la ricorrente è condannata al loro pagamento nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00), cui devono essere aggiunti gli accessori di legge, a favore di ciascuna parte resistente.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge, a favore di ciascuna parte resistente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Buonvino,Presidente
Alessandro Cacciari,Consigliere, Estensore
Pierpaolo Grauso,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
 

 

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.