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Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre

Pubblico
Venerdì, 5 Febbraio, 2021 - 12:30

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Terza), sentenza n.1204 del 28 gennaio 2021, piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre

N. 01204/2021 REG.PROV.COLL.

N. 06740/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6740 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Cairo Network S.R.L, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti, Alberto Marcovecchio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luca Raffaello Perfetti in Roma, via Vittoria Colonna, 39, come da procura in atti;

contro

Autorità per Le Garanzie Nelle Comunicazioni in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Prima Tv S.P.A non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Premiata Ditta Borghini & Stocchetti di Torino S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Domenico Siciliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via A. Gramsci 14, come da procura in atti;
Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini, Marco Petitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in Roma, via A. Bertoloni n. 44, come da procura in atti;
ad opponendum:
Persidera S.p.A. A S.U., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Annalisa D'Urbano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Beniamino Caravita Di Toritto in Roma, via di Porta Pinciana n. 6, come da procura in atti;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- in parte qua, della delibera dell'Agcom n. 137/18/CONS, pubblicata il 27 marzo 2018, recante l'avvio del procedimento per l'adozione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre (PNAF 2018), ai sensi dell'articolo 1, comma 1030 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 ;

- in parte qua, della delibera dell'Agcom n. 182/18/CONS, pubblicata il 24 aprile 2018, di integrazione della predetta delibera n. 137/18 e recante l'avvio del procedimento per la definizione dei criteri per la conversione dei diritti d'uso delle frequenze in ambito nazionale per il servizio digitale terrestre in diritti d'uso di capacità trasmissiva e per l'assegnazione in ambito nazionale dei diritti d'uso delle frequenze pianificate, ai sensi dell'articolo 1, comma 1031 della legge 27 dicembre 2017, n. 205

per la condanna

- delle Amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni, nella misura che ci si riserva di meglio quantificare in corso di causa;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da CAIRO NETWORK S.R.L il 15\10\2018 :

- della delibera dell'Agcom n. 290/18/CONS, pubblicata il 12 luglio 2018, recante piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre - PNAF 2018;

- di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e comunque consequenziale;

nonché per la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da CAIRO NETWORK S.R.L il 10\4\2019:

per l'annullamento

- della delibera dell'Agcom n. 39/19/CONS, pubblicata il 7 febbraio 2019, recante il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre Pnaf 2019 ;

- di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e comunque consequenziale;

- con espressa riserva di eventuali motivi aggiunti;

nonché per la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni, nella misura che ci si riserva di meglio quantificare in corso di causa;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da CAIRO NETWORK S.R.L il 25\6\2019:

per l'annullamento

- della delibera dell'Agcom n. 129/19/CONS, pubblicata il 19 aprile 2019, recante la “Definizione dei criteri per la conversione dei diritti d'uso delle frequenze in ambito nazionale per il servizio digitale terrestre in diritti d'uso di capacità trasmissiva e per l'assegnazione in ambito nazionale dei diritti d'uso delle frequenze pianificate dal pnaf, ai sensi dell'articolo 1, comma 1031 della legge 27 dicembre 2017, n. 205” ;

- di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e comunque consequenziale;

- con espressa riserva di eventuali motivi aggiunti;

nonché per la condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei danni, nella misura che ci si riserva di meglio quantificare in corso di causa

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni - Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2020 il consigliere Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. – Con ricorso notificato il 25 maggio 2018 e depositato il successivo 5 di giugno, Cairo Network s.r.l. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione Agcom n. 137/18/Cons, recante l’avvio del procedimento per la redazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo nazionale terrestre, indetta ai sensi dell’art. 1 comma 1030 della legge n. 205 del 2017; con il medesimo ricorso la società suddetta ha altresì impugnato la delibera dell’Agcom n. 182/18/CONS, recante l’integrazione della predetta delibera n. 137/18 e recante l’avvio del procedimento per la definizione dei criteri per la conversione dei diritti d’uso delle frequenze in ambito nazionale per il servizio digitale terrestre in diritti d’uso di capacità trasmissiva e per l’assegnazione in ambito nazionale dei diritti d’uso delle frequenze pianificate, ai sensi dell’articolo 1, comma 1031 della legge su richiamata.

2. – La ricorrente premette la natura meramente prudenziale dell’impugnazione delle due delibere suddette, espressamente affermando che esse non costituiscono conclusione dei relativi procedimenti (ma, per l’appunto, ne costituiscono l’avvio), e prospetta un non breve excursus dei fatti che hanno preceduto l’impugnazione, evidenziando che:

- il passaggio dall’analogico al digitale ha reso disponibili nuove frequenze in tecnica digitale, ossia il c.d. “dividendo digitale interno” ossia le frequenze in tecnica analogica liberate dalla conversione al digitale:

- l’Italia era incorsa nella procedura di infrazione comunitaria n. 2005/5086, in cui era stata censurata la normativa italiana nella parte in cui impediva l’apertura del mercato radiotelevisivo digitale terrestre (le contestazioni riguardavano la mancata disponibilità di frequenze digitali per i nuovi operatori che non avessero già esercito frequenze analogiche e la mancata previsione di procedure basate su criteri obiettivi, proporzionati e trasparenti per l’assegnazione delle frequenze digitali);

- il d. l. n. 59 del 2008 aveva fissato il calendario del processo della conversione della televisione analogica in digitale ed aveva stabilito che le nuove frequenze sarebbero state assegnate con procedure obiettive, proporzionate, trasparenti e non discriminatorie, affidando all’Agcom il compito di individuare le relative procedure;

- i criteri per l’assegnazione delle frequenze digitali disponibili erano stati fissati con delibera n. 181 del 2009, e l’assegnazione avrebbe dovuto essere effettuata mediante la c.d. procedura di beauty contest volto a selezionare, tra i soggetti interessati, quello più idoneo all’aggiudicazione del bene, a titolo gratuito, sulla base di una serie di requisiti (affidabilità, esperienza maturata, risorse finanziarie, caratteristiche del progetto, ecc.);

- successivamente, con il decreto legge n. 16 del 2012 era stata annullata la suddetta procedura ed era stata disposta una procedura di aggiudicazione mediante asta onerosa al fine di assicurare l’uso efficiente e la valorizzazione economica dello spettro radio, e ciò sulla base dell’offerta economica più elevata mediante procedure stabilite dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” che tenessero conto di alcuni “principi e criteri direttivi” fissati dall’art. 3-quinquies del suddetto decreto legge;

- con delibera n. 277 del 2013 l’Agcom, anche al fine di concludere la procedura di infrazione comunitaria n. 2005/5086, ha previsto che la gara fosse suddivisa in 3 lotti, ognuno corrispondente a un relativo multiplex (lotto 1, corrispondente ai canali 6 e 23; lotto 2, relativo ai canali 7 e 11; lotto 3, corrispondente ai canali 25 e 59);

- l’odierna ricorrente Cairo Network era risultata vincitrice del lotto 3 per la durata di venti anni, come da provvedimento del 31 luglio 2014 del Ministero dello sviluppo economico;

- l’art. 1, co. 1026 e ss., della legge n. 205 del 2017 ha successivamente introdotto specifiche previsioni volte al rilascio, da parte degli operatori televisivi entro il 30 giugno 2022, delle frequenze in banda c.d. “banda 700” (banda 694-790 MHz, corrispondente ai canali UHF da 49 a 60) in favore degli operatori telefonici, e alla conseguente riorganizzazione dei diritti d’uso degli operatori televisivi esistenti sul rimanente spettro televisivo, prevedendo che per quanto qui più interessa, che in vista della liberazione della banda 700, “ i diritti d’uso delle frequenze di cui sono titolari alla entrata in vigore della presente legge gli operatori di rete nazionale sono convertiti in diritti d’uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2, secondo i criteri definiti dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni entro il 30 settembre 2018 ai fini dell’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze” (comma 1031);

- i diritti d’uso di frequenze degli operatori di rete nazionali dovranno dunque convertiti, sulla base di criteri che l’Agcom deve definire entro il 30 settembre 2018, in “diritti d’uso di capacità trasmissiva” e nel contempo i diritti d’uso per le frequenze nazionali saranno riassegnati a operatori di rete.

3. – Cairo Network impugna i provvedimenti su richiamati, adottati in esecuzione delle norme appena citate, sulla scorta dei seguenti motivi:

1) Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e non discriminazione. Difetto di istruttoria. Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, cc. 1026 e ss., della legge n. 205 del 2017, per violazione dell’art. 3 della Costituzione.

A dire della ricorrente, l’Agcom sarebbe stata tenuta a garantire a Cairo la conservazione dei diritti acquisiti con l’aggiudicazione della gara svoltasi alla luce della disciplina previgente, ossia il diritto d’uso ventennale per un mux nazionale di frequenze, ed avrebbe dovuto escludere la ricorrente dall’applicazione della legge di bilancio 2018 che obbliga indifferentemente gli operatori di rete a rilasciare i diritti d’uso.

Ciò, in particolare, perché la ricorrente ha acquistato onerosamente dal Mise il proprio diritto d’uso ventennale delle frequenze in esito a una specifica procedura di gara, ha iniziato a realizzare la rete televisiva di alta qualità e diffusione sul territorio soltanto a partire dal luglio 2014 (data di aggiudicazione della procedura di gara) e avrebbe affrontato per la realizzazione della rete televisiva non avrebbero avuto un ritorno economico.

Diversamente opinando, si dovrebbe ritenere che la norma in rubrica violi l’art. 3 della Costituzione che reca il principio di eguaglianza, e dovrebbe essere oggetto di questione di legittimità costituzionale.

2) Violazione dei principi nazionali ed europei di certezza del diritto e legittimo affidamento. Violazione del principio di proporzionalità. Eccezione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 (sotto altri profili) e dell’art. 97 della Costituzione.

Sarebbe poi stato violato il legittimo affidamento ingenerato nella ricorrente dalla circostanza per cui, negli atti della procedura di gara onerosa di assegnazione delle frequenze, era espressamente previsto che, al momento del rilascio della frequenza in favore degli operatori di telecomunicazioni (oggetto della Legge di bilancio 2018 in questione), l’aggiudicatario del lotto 3 avrebbe ottenuto una frequenza analoga a quella assegnata; così anche ai sensi dell’allegato A alla delibera n. 277 del 2013, dell’Agcom e del bando di gara, ai sensi del quale l’aggiudicatario del lotto 3, all’atto della liberazione del canale 59 “avrà diritto a una frequenza di analoga copertura e per una durata equivalente del diritto d’uso”.

L’affidamento si sarebbe consolidato a causa del lungo tempo trascorso dall’aggiudicazione della gara, avvenuta nel 2014.

Anche in tal caso, nell’ipotesi in cui si ritenesse che l’obbligo di rilasciare le frequenze (anche di Cairo) derivi dalla fonte primaria, la ricorrente assume l’illegittimità costituzionale della Legge di bilancio 2018, nella parte in cui essa avrebbe determinato la lesione del legittimo affidamento di Cairo, tutelato dall’art. 3 della Costituzione.

3) Eccesso di potere per contraddittorietà tra più parti dello stesso provvedimento e tra provvedimenti. Violazione e falsa applicazione degli artt. 21-quinquies e 21-nonies l. 241/90 s.m.i. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà intrinseca ed estrinseca manifesta. Difetto di istruttoria e di motivazione. Difetto di competenza. Eccezione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 42 della Costituzione.

Sussisterebbe inoltre contraddittorietà fra provvedimenti adottati dall’Agcom, in quanto con la delibera n. 277 del 2013, l’Autorità aveva indetto una procedura per l’affidamento del diritto d’uso ventennale delle frequenze televisive prevedendo anche la sostituzione della frequenza con un’altra di analoga copertura e durata, mentre con la delibera n. 182 del 2018 è stato avviato il procedimento per la conversione del diritto d’uso in diritti di capacità trasmissiva. peraltro non definiti al momento della proposizione del gravame introduttivo; inoltre, le nuove delibere dell’Agcom non costituirebbero revoca o annullamento implicito e parziale dei precedenti provvedimenti con cui è stata indetta la procedura per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze, poiché né nel testo delle delibere impugnate né nei relativi procedimenti sono contenuti riferimenti o richiami a Cairo, e, ove costituissero invece provvedimenti di autotutela, non avrebbero visto la realizzazione dei presupposti fattuali e procedimentali necessari.

Qualora si ritenesse che la revoca del diritto d’uso aggiudicato fosse disposta direttamente dal citato art. 1, c. 1026 e ss., la legge di bilancio sarebbe comunque incostituzionale perché si realizzerebbe una sostanziale espropriazione di tutti gli investimenti effettuati da Cairo sulla rete, senza la previsione di alcun indennizzo e, quindi, in violazione dell’art. 42 della Costituzione e dell’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

4) Violazione dei principi comunitari in tema di autonomia e indipendenza delle Autorità amministrative indipendenti. Eccezione di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 11, 95, 97 e 117, c. 1, della Costituzione per violazione dell’obbligo di separazione tra politica e amministrazione. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

La legge di bilancio si porrebbe in contrasto con i consolidati principi europei e nazionali in tema di autonomia e indipendenza dell’Autorità indipendenti e di separazione tra politica e amministrazione, che discenderebbe anche dall’art. 3, par. 2 e par. 3 bis della direttiva n. 21 del 2002 (quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica) e dal 13° considerando della direttiva n. 140 del 2009 (di modifica della direttiva n. 21 del 2002), che sarebbero stati violati con la legge di bilancio 2018 in cui il legislatore non si sarebbe limitato a fissare in termini generali la procedura volta alla riorganizzazione dei diritti d’uso delle frequenze ma avrebbe dettato i criteri da adottare, stabilendo persino il calendario dei rilasci delle frequenze e anche le porzioni di banda da riassegnare.

In ragione di ciò la ricorrente chiede di disapplicare l’art. 1, cc. 1026 e ss., della legge di bilancio 2018, ovvero di sollecitare un’interpretazione delle richiamate disposizioni da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 257 TFUE, o in alternativa di sollevare questione di costituzionalità per violazione degli artt. 11 e 117, c. 1, Cost.

5) Violazione dell’art. 4 del Trattato sull’Unione Europea. Eccezione di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 11, 95, 97 e 117, c. 1, della Costituzione per violazione dell’obbligo di cooperazione con l’UE. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

La norma di riferimento contrasterebbe con i principi che la Commissione europea riteneva violati nella procedura di infrazione di cui si è detto in precedenza, per cui sussisterebbero i vizi in rubrica e dovrebbe essere disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

6) Violazione dell’art. 5, della direttiva UE n. 20 del 2002, dell’art. 8 della direttiva UE n. 21 del 2002 e della direttiva UE n. 140 del 2009. Violazione dell’obbligo di gestione efficiente dello spettro radio. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

Le norme di riferimento della legge di bilancio 2018, inoltre, per il complesso meccanismo previsto, contrasterebbero con il principio dell’efficienza dello spettro radiotelevisivo affermato, a livello comunitario, dall’art. 5 della direttiva n. 20 del 2002, dalla la direttiva n. 21 del 2002 (considerando n. 19 ed art. 8) e dalla direttiva n. 140 del 2009.

Non sarebbe poi dato comprendere a cosa si riferisca il legislatore con il diritto d’uso alla capacità trasmissiva, giacché la frequenza sarebbe una risorsa materiale incapace di per sé di produrre un servizio, mentre la diffusione di capacità trasmissiva (e non meramente la capacità trasmissiva in sé) dovrebbe essere il risultato di investimenti realizzati da imprese che utilizzano la frequenza sulla base di titoli giuridicamente abilitanti allo sfruttamento della risorsa frequenziale; mentre il diritto d’uso di una frequenza sarebbe definito in modo univoco come il diritto all’uso esclusivo della risorsa assegnata, il diritto d’uso di capacità trasmissiva avrebbe significato ambiguo in quanto senza la costruzione di una rete non potrebbe esistere la capacità trasmissiva.

7) Violazione del divieto di rinegoziazione delle condizioni di aggiudicazione. Violazione dell’art. 2 della direttiva 2004/18/CE. Eccezione di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 11, 95, 97 e 117, c. 2, della Costituzione. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

I provvedimenti impugnati costituirebbero inoltre un illegittimo mutamento ex post delle condizioni di aggiudicazione, violando l’art. 2 della direttiva 2004/18/CE in quanto dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione.

Qualora, anche in tal caso, si ritenesse che la modifica delle condizioni di aggiudicazione discenda direttamente dall’art. 1, c. 1026 ss., della legge di bilancio, tale normativa dovrebbe comunque essere disapplicata per violazione della predetta direttiva europea o rinviata all’esame della Corte di Giustizia UE; in alternativa dovrebbe, anche in questo caso, essere posta la questione di legittimità costituzionale alla luce dell’art. 117, c. 2, lett. e) della Costituzione.

4. – L’Agcom si è costituita in resistenza chiedendo il rigetto del ricorso, mentre hanno spiegato intervento ad adiuvandum Rai – Radiotelevisione Italiana e Premiata ditta Borghini & Stocchetti di Torino s.r.l.

5. – Con un primo ricorso per motivi aggiunti notificato l’11 ottobre 2018 e depositato il successivo giorno 15, la ricorrente Cairo Network ha impugnato la delibera dell’Agcom n. 290/18/CONS, pubblicata il 12 luglio 2018, recante piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre del 2018.

6.- La ricorrente premette che con la segnalazione del 17 luglio 2018 l’Autorità ha segnalato al MISE due aspetti critici della normativa applicata nella circostanza (già ampiamente censurata dalla ricorrente nel ricorso introduttivo con plurime richieste di rinvio pregiudiziale e di sollevare questioni di legittimità costituzionale), che sarebbero costituiti dalla persistenza della riserva di destinazione di un terzo della capacità trasmissiva pianificata a favore dell’emittenza locale (di cui all’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 177 del 2005) alla luce del nuovo contesto e delle prospettive di mercato; nonchè dal riferimento alla nozione di “diritto d’uso di capacità trasmissiva”, attualmente non specificato nella normativa nazionale o europea e che potrebbe causare contenziosi e problemi attuativi.

Dopo tale premessa la ricorrente svolge motivi di illegittimità derivata rispetto agli atti gravati mediante il ricorso introduttivo, oltre ai seguenti, numerati di seguito a quelli già proposti:

8) Violazione dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 207 del 2018. Violazione dell’art. 5, della direttiva UE n. 20 del 2002, dell’art. 8 della direttiva UE n. 21 del 2002 e della direttiva UE n. 140 del 2009. Violazione dell’obbligo di gestione efficiente dello spettro radio. Difetto di istruttoria. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267.

La delibera n. 290 del 2018 dell’Agcom ha previsto di pianificare, per il servizio televisivo digitale terrestre, 10 mux nazionali (in banda UHF) e 4 mux locali (in banda UHF), e 1 mux regionalizzato in banda VHF, determinando dunque una drastica riduzione del 50% degli attuali mux nazionali (da 20 a 10): tanto comporterebbe la violazione della legge di bilancio del 2018, in cui non sarebbe stato stabilito che la nuova pianificazione delle frequenze prevedesse la distinzione tra mux nazionali e mux locali né la composizione dei singoli mux, dal momento che l’art. 1, c. 1030, della l. n. 205 del 2017, non conterrebbe alcuna previsione specifica sul punto e richiederebbe che il nuovo Pnaf tenesse in considerazione “le codifiche o standard più avanzati per consentire un uso più efficiente dello spettro”.

La ricorrente ripete poi –nella sostanza- le doglianze legate alla presunta gestione non efficiente dello spettro radiotelevisivo, questa volta in relazione alla riduzione del 50% dei multiplex nazionali, verso cui deduce altresì difetto istruttorio.

Anche in questo motivo, infine, ripete la domanda di rinvio pregiudiziale e quella di sollevare questione di costituzionalità.

9) Violazione (sotto altri profili) dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 207 del 2018. Violazione dell’art. 5, della direttiva UE n. 20 del 2002, dell’art. 8 della direttiva UE n. 21 del 2002 e della direttiva UE n. 140 del 2009. Violazione dell’obbligo di gestione efficiente dello spettro radio. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

Sarebbe inoltre illegittima la scelta di riservare un terzo delle reti televisive alle emittenti locali in aderenza al Tusmar n. 177\2005 violerebbe l’art. 1, c. 1026 e ss., della l. n. 205 del 2017, il quale non prevederebbe che una parte delle frequenze da pianificare sia riservata alle emittenti di rilevanza locale, e che dovrebbe prevalere a causa della regola sulla successione delle leggi nel tempo.

10) Violazione (sotto altri profili) dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 207 del 2018. Violazione dei principi di efficienza ed efficacia. Difetto di istruttoria. Errore di fatto.

Con l’ultimo motivo di questa serie la ricorrente assume l’erroneità sotto il profilo strettamente tecnico della riduzione da 20 a 10 dei mux nazionali, assumendo che la configurazione di riferimento utilizzata nella circostanza sarebbe “meno robusta” di quella utilizzata per la pianificazione DVB-T, mentre se si fossero utilizzati correttamente i parametri tecnici di riferimento, la configurazione più simile per “robustezza” a quella utilizzata per il DVB-T è caratterizzata - al più - da circa 33 Mbit/s e non circa 37.

5. – Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato l’8 aprile 2019 e depositato il successivo giorno 10, Cairo Network ha impugnato la delibera dell’Agcom n. 39/19/CONS, pubblicata il 7 febbraio 2019, recante il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre per il 2019.

La ricorrente premette, oltre a un excursus sui due precedenti atti di impugnazione proposti in questo stesso giudizio, che con la legge di bilancio 2019 sono state introdotte la previsione di una procedura onerosa per l’assegnazione della capacità trasmissiva “ulteriore” e delle frequenze terrestri “aggiuntive”, rispetto a quelle destinate alla conversione dei diritti d’uso, con rinvio al codice delle comunicazioni elettroniche per l’individuazione della durata dei diritti d’uso delle frequenze derivanti dalla conversione e dall’assegnazione mediante la predetta procedura onerosa.

Evidenzia, di seguito, che in attuazione delle nuove previsioni legislative l’Agcom ha avviato il procedimento per l’aggiornamento del Pnaf 2018, adottato con la delibera 290/18/CONS, e che essa ha partecipato alla fase di consultazione pubblica di cui alla con delibera n. 6/19/CONS del 10 gennaio 2019.

Svolge, quindi, le seguenti censure.

1) Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, cc. 1031-bis e 1031-ter della l. n. 205 del 2017 (per le medesime considerazioni svolte nei precedenti ricorsi). Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue (per le medesime considerazioni svolte nei precedenti ricorsi).

L’art. 1, c. 1031-bis e c. 1031-ter della legge n. 205 del 2017, come introdotti dalla legge di bilancio 2019, non dovrebbero essere applicati alla ricorrente Cairo Network per le considerazioni svolte dalla medesima nei due precedenti atti di ricorso rispetto alla posizione assunta dalla ricorrente in esito all’asta pubblica in cui la società aveva ottenuto l’aggiudicazione delle frequenze di cui al lotto 3.

Infatti l’art. 1, c. 1031-bis, della Legge di bilancio 2018 prevede che l’assegnazione della ‘ulteriore’ capacità trasmissiva e delle frequenze terrestri ‘aggiuntive’ avvenga mediante una procedura onerosa; tuttavia le Autorità pubbliche coinvolte sarebbero tenute ad assicurare a Cairo la conservazione dei diritti acquisiti con la gara svolta nel 2014 ossia la sostituzione della frequenza assegnata con un’altra di analoga copertura e durata e quindi il mantenimento del diritto d’uso di un mux nazionale di frequenze per la durata ventennale prevista.

Diversamente opinando il Collegio, la ricorrente ribadisce contro l’art. 1 comma 1031-bis della legge n. 205 del 2017 le medesime eccezioni di incostituzionalità già proposte nel corso di tutto il giudizio, e, di conseguenza, l’illegittimità della delibera Agcom n. 39\2019\Cons.

11) Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031-bis della l. n. 205 del 2017, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione (sotto altri profili).

La norma di legge in rubrica violerebbe gli articoli 3 e 97 della Costituzione perché imporrebbe lo svolgimento di una procedura a evidenza pubblica in assenza delle condizioni e dei presupposti al ricorrere dei quali è possibile indire una gara pubblica.

Infatti nel caso in esame non vi sarebbero state nuove frequenze da attribuire, e pertanto sussisterebbe la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal momento che l’art. 1, c. 1031-ter, della l. n. 205 del 2017 imporrebbe lo svolgimento di una procedura a evidenza pubblica al di fuori delle ipotesi in cui sia necessaria e, quindi, sottoponendo allo stesso trattamento situazioni profondamente diverse.

12) In via subordinata. Violazione dei principi comunitari in tema di autonomia e indipendenza delle Autorità amministrative indipendenti. Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031-bis della l. n. 205 del 2017 per contrasto con gli artt. 11, 95, 97 e 117, c. 1, della Costituzione per violazione dell’obbligo di separazione tra politica e amministrazione. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

Per l’ipotesi in cui fosse indetta la procedura competitiva prevista dalla Legge di bilancio 2019, l’art. 1, c. 1031-bis, nella parte in cui fissa i criteri di svolgimento della predetta procedura, si porrebbe comunque in contrasto con i consolidati principi europei e nazionali in tema di autonomia e indipendenza dell’Autorità indipendenti e di separazione tra politica e tecnica/amministrazione, per le medesime ragioni già esplicitate nei precedenti atti di ricorso.

In particolare, con il comma 1031-bis, il Legislatore non si sarebbe limitato a stabilire che l’assegnazione delle nuove frequenze sarebbe dovuta avvenire mediante una procedura onerosa ma avrebbe stabilito nel dettaglio i criteri da utilizzare per l’aggiudicazione della gara, arrivando addirittura a fissare i sotto-criteri in cui suddividere i predetti parametri (ad esempio, in relazione al criterio relativo alla valorizzazione delle “esperienze maturate dagli operatori di rete nazionali nel settore”, il c. 1031-bis ha stabilito che occorre tenere in particolare considerazione la “realizzazione di reti di radiodiffusione digitale”).

Lo stesso dovrebbe affermarsi quanto al mux contenente l’informazione regionale di Rai, posto che il Legislatore ne avrebbe stabilito le caratteristiche e i contenuti.

13) Ancora in via subordinata. Violazione dei principi comunitari di concorrenza e par condicio competitorum. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue. Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031-bis della l. n. 205 del 2017, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione (sotto ulteriori profili).

Il comma 1031-bis ridetto violerebbe anche la par condicio tra gli operatori, in quanto:

- non prevederebbe alcuna limitazione ai soggetti che potrebbero parteciparvi, essendo invece la gara aperta a tutti gli operatori di rete, con conseguente indebito vantaggio per gli operatori di maggiori dimensioni;

- prevede che la gara sia onerosa, comportando – anche sotto questo profilo - un vantaggio discriminatorio per i maggiori operatori;

- quanto ai singoli criteri di aggiudicazione, la par condicio sarebbe sbilanciata in favore degli operatori di maggiori dimensioni a causa dei seguenti elementi di valutazione: garantire la continuità del servizio; valorizzare le esperienze maturate dagli operatori di rete nazionali nel settore; valorizzare la capacità strutturale di assicurare l’efficienza spettrale, le professionalità e le competenze maturate nel settore; assicurare la miglior valorizzazione dello spettro, tenendo conto dell’attuale diffusione di contenuti di buona qualità in tecnologia televisiva digitale terrestre alla più vasta maggioranza della popolazione italiana.

14) Violazione dell’art. 5, della direttiva UE n. 20 del 2002, dell’art. 8 della direttiva UE n. 21 del 2002 e della direttiva UE n. 140 del 2009. Violazione dell’obbligo di gestione efficiente dello spettro radio. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue. Violazione del principio di non discriminazione.

Violerebbero i principi in rubrica anche le disposizioni per cui nella procedura onerosa per l’assegnazione delle nuove frequenze avviene “sulla base di lotti con dimensione pari alla metà di un multiplex” (c. 1031-bis, lett. a); e quella per cui “il medesimo diritto d’uso della frequenza sia assegnato a più di un operatore di rete nazionale”, qualora sorga una controversia inerente alla gestione e all’utilizzo della stessa, l’Agcom adotta una decisione vincolante che risolve la controversia (c. 1031-quater), in quanto la prevista assegnazione di risorse equivalenti alla metà di un multiplex e la circostanza per cui il medesimo diritto d’uso potrebbe essere assegnato in condivisione a più operatori violerebbe il ridetto principio dell’efficienza dello spettro radiotelevisivo, introducendosi così “un meccanismo, di fatto, irrealizzabile (in ragione dei numerosissimi problemi connessi alla realizzabilità pratica)”.

Inoltre, la titolarità condivisa penalizzerebbe soprattutto gli operatori detentori di un unico mux e, in particolare, coloro che hanno costruito reti di elevata copertura e qualità (quale è Cairo), falsando la competizione tra gli operatori a vantaggio di quelli di maggiori dimensioni che manterrebbero, invece, la maggior parte delle loro risorse frequenziali in autonomia.

15) Violazione dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 207 del 2018. Violazione dell’art. 5, della direttiva UE n. 20 del 2002, dell’art. 8 della direttiva UE n. 21 del 2002 e della direttiva UE n. 140 del 2009. Violazione dell’obbligo di gestione efficiente dello spettro radio. Difetto di istruttoria. Errore di fatto. Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue.

Infine, anche la decisione di prevedere 12 mux, uno dei quali destinato alla Rai – Radiotelevisione Italiana, contrasterebbe con il principio di efficienza dello spettro radiotelevisivo a causa della scarsità della risorsa residua.

Inoltre, la ricorrente richiama le censure in cui aveva contestato tale sufficienza sotto il profilo tecnico.

6. – Con un terzo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 18 giugno 2019 e depositato il successivo giorno 25, Cairo Network ha impugnato anche la delibera n. 129/19, con cui l’Agcom ha fissato i criteri per la conversione dei diritti d’uso delle frequenze in diritti d’uso di capacità trasmissiva, prevedendo, tra l’altro, che:

a) nel nuovo Pnaf (adottato con la delibera n. 39/19) sono state individuate 12 reti/mux nazionali, di cui 10 da destinare agli operatori di rete attualmente presenti (e titolari di diritti d’uso di frequenze) e 2 da assegnare mediante asta onerosa (pag. 18 della delibera 129/19);

b) la conversione, prevista dalla Legge di bilancio 2018, dei “diritti d’uso delle frequenze” in “diritti d’uso della capacità trasmissiva” deve essere intesa quale mero passaggio intermedio del più ampio processo di conversione dei “diritti d’uso di frequenze DVB-T” in “diritti d’uso di frequenze DVB-T2”.

c) il fattore di conversione convenzionale tra le reti DVB-T e quelle DVB-T2, di applicazione generale, pari a 0,5, poiché un diritto d’uso delle frequenze di cui è titolare - alla data di entrata in vigore della norma – un operatore di rete nazionale è convertito in un diritto d’uso di capacità

trasmissiva equivalente alla metà (50%) della capacità trasmissiva totale resa disponibile da un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2;

d) pertanto, i tre operatori che erano titolari di 5 reti trasmissive in tecnologia DVB-T risulterebbero assegnatari di diritti d’uso di frequenze per l’esercizio di 2 reti trasmissive in ambito nazionale in tecnologia DVB-T2 più un ulteriore diritto d’uso di capacità trasmissiva pari allo 0,5 di una rete DVB-T2, mentre i rimanenti cinque operatori che attualmente risulterebbero

assegnatari di diritti d’uso di capacità trasmissiva pari allo 0,5 di una rete in tecnologia DVB-T, e sarebbero quindi tenuti ;

e) di conseguenza, gli operatori titolari di un solo diritto d’uso di capacità trasmissiva (pari a 0,5 mux) sarebbero tenuti ad unirsi, nell’esercizio delle nuove reti DVB-T2, attraverso la costituzione di apposite intese (per poter gestire ed esercire un mux intero), con conseguente “titolarità congiunta” del relativo diritto d’uso, oppure partecipazione alla procedura onerosa, introdotta dalle Legge di bilancio 2019.

Pertanto, secondo la ricorrente, i destinatari dell’assegnazione di un diritto d’uso di frequenze per l’esercizio delle reti, ai quali il Ministero dello sviluppo economico procederà a rilasciare un diritto d’uso di frequenze per l’esercizio di uno specifico multiplex nazionale dei 12 pianificati dal PNAF, applicando i criteri di assegnazione, dovrebbero essere:

a) gli operatori di rete nazionali titolari singolarmente di diritti d’uso di capacità trasmissiva corrispondenti all’intera capacità trasmissiva di un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2 pianificato ai sensi del PNAF;

b) operatori di rete nazionali titolari congiuntamente, in virtù di un accordo commerciale (intesa), di diritti d’uso di capacità trasmissiva corrispondenti all’intera capacità trasmissiva di un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2 pianificato ai sensi del PNAF, ossia titolari ciascuno di un diritto d’uso di capacità trasmissiva equivalente al 50% della capacità trasmissiva totale resa disponibile da un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2.

Secondo questa prospettazione, poi, qualora al momento dell’assegnazione mediante la procedura di conversione, un operatore risulti titolare soltanto di un singolo diritto d’uso di capacità trasmissiva (equivalente al 50% della capacità trasmissiva totale resa disponibile da un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2), il Ministero dello sviluppo economico procederà comunque a rilasciare a tale soggetto un diritto d’uso senza specificazione delle frequenze per l’esercizio di una rete pianificata dal PNAF e corrispondente alla metà di un multiplex nazionale in tecnologia DVBT2; e tale diritto d’uso dovrebbe, in tesi, essere completato o mediante l’aggiudicazione di uno dei lotti oggetto della procedura onerosa (lotti pari alla metà di un multiplex) o mediante la stipula di un successivo accordo commerciale (intesa) con altro operatore titolare di un analogo diritto d’uso (sempre corrispondente alla metà di un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2.

Quanto, poi, ai criteri di assegnazione, per il rilascio dei diritti di frequenze dei nuovi mux, essi consistono:

- nella coincidenza tra almeno una delle frequenze assegnate alle reti in esercizio, come risultanti dai relativi diritti d’uso delle frequenze presentati in conversione, e quelle pianificate per ciascuna delle reti del PNAF;

- coincidenza tra la banda (VHF-III o UHF-IV/V) in cui ricadono le frequenze assegnate alle reti in esercizio, come risultanti dai relativi diritti d’uso delle frequenze presentati in conversione, e la banda in cui ricadono le frequenze pianificate per ciascuna delle reti del PNAF.

La terza serie di motivi aggiunti è affidata ai seguenti motivi:

16) Violazione dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 205 del 2017. Contrasto con l’interesse pubblico, violazione della concorrenza e del pluralismo in quanto regole costituzionalmente imposte nella fattispecie. Difetto di istruttoria. Errore di fatto. Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031 della l. n. 205 del 2017, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Sarebbe illegittimo il criterio di conversione di 0,5, che non discenderebbe dalla Legge di bilancio 2018 (come modificata dalla Legge di bilancio 2019), in quanto esso è previsto unicamente per la differente fattispecie della procedura onerosa per l’assegnazione della capacità trasmissiva “ulteriore”, tra i cui criteri vi è quello che prescrive che i relativi lotti debbano avere “dimensione pari alla metà di un multiplex”.

Inoltre il criterio sarebbe discriminatorio per gli operatori di minori dimensioni, che perderebbero tutta la propria capacità trasmissiva, a vantaggio di quelli di maggiori dimensioni, che comunque conseguirebbero 2,5 mux ciascuno.

Infine, per le ragione esposte da Cairo nei precedenti atti di ricorso, i provvedimenti gravati con la terza serie di motivi aggiunti non dovrebbero essere applicati alla ricorrente, che dovrebbe giovarsi della precedente assegnazione.

17) Violazione dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 205 del 2017 (sotto altri profili). Difetto di istruttoria. Errore di fatto. Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031 della l. n. 205 del 2017, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione (sotto altri profili).

Sarebbe poi illegittima la previsione per cui la assegnazione dei diritti d’uso per i nuovi mux avvenga secondo tempistiche e modalità differenti tra gli operatori di rete, in quanto sarebbe stabilito che gli operatori destinatari di un mux di nuova pianificazione ottengano subito, e in via prioritaria rispetto ai titolari di mezzo mux, un diritto d’uso di frequenze per l’esercizio di uno specifico multiplex nazionale dei 12 pianificati con conseguente precedenza agli operatori di maggiori dimensioni nella assegnazione di risorse scarse, in asserita violazione dell’art. 1, c. 1026 e ss., della Legge di bilancio.

18) Violazione dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 205 del 2017 (sotto altri profili). Difetto di istruttoria. Errore di fatto. Eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031 della l. n. 205 del 2017, per violazione dell’art. 41 della Costituzione.

La ricorrente ripete, nella sostanza, anche contro la delibera n. 129, le censure relative alla previsione per cui in esito al processo di conversione, gli operatori che si vedranno assegnato soltanto diritti pari a mezzo mux, sarebbero tenuti, per poter esercire un intero mux, ad associarsi con altri operatori titolari di mezzo mux per raggiungere la titolarità di un intero mux attraverso la costituzione di apposite intese oppure mediante la partecipazione alla gara.

19) Violazione dell’art. 1, cc. 1026 e ss. della l. n. 205 del 2017 (sotto altri profili). Violazione dell’art. 27, c. 4, del d. lgs. n. 259 del 2003. Difetto di istruttoria. Errore di fatto.

Sussisterebbe violazione dell’art. 1, c. 1031-ter della Legge di bilancio 2018 anche con riferimento alla prevista durata di dieci anni dei diritti d’uso, in quanto la detta norma rimanderebbe all’art. 27 del d. lgs. n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), che prevede una durata delle frequenze sino a venti anni e che, inoltre, sia previsto un periodo adeguato di ammortamento degli investimenti.

7. – In prossimità dell’udienza di trattazione nel merito le parti hanno scambiato le memorie di cui all’art. 73 c.p.a.

8. – Il ricorso è stato posto in decisione alla pubblica udienza del 7 ottobre 2020.

DIRITTO

1. – L’impugnazione proposta da Cairo Network s.r.l. contro le deliberazioni in epigrafe non può trovare accoglimento.

2. – Il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Con i primi due atti di impugnazione, infatti, Cairo Network ha impugnato, rispettivamente, la deliberazione Agcom n. 137/18/Cons, recante l’avvio del procedimento per la redazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo nazionale terrestre, indetta ai sensi dell’art. 1 comma 1030 della legge n. 205 del 2017 e la delibera dell’Agcom n. 182/18/CONS, recante l’integrazione della predetta delibera n. 137/18 recante l’avvio del procedimento per la definizione dei criteri per la conversione dei diritti d’uso delle frequenze in ambito nazionale per il servizio digitale terrestre in diritti d’uso di capacità trasmissiva e per l’assegnazione in ambito nazionale dei diritti d’uso delle frequenze pianificate, ai sensi dell’articolo 1, comma 1031 della legge su richiamata; nonché la delibera dell’Agcom n. 290/18/CONS, pubblicata il 12 luglio 2018, recante piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre del 2018.

Successivamente sono state apportate modifiche alla su citata normativa di riferimento delle delibere menzionate, mediante la legge n. 145 del 2018 (Legge di bilancio 2019), il cui articolo 1, commi 1101 e ss. hanno modificato il quadro normativo in materia di utilizzo della banda 700 MHz e di riassetto del sistema radiotelevisivo.

Di conseguenza sono state adottate la delibera dell’Agcom n. 39/19/CONS, pubblicata il 7 febbraio 2019, recante il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre per il 2019, nonché la delibera n. 129/19, con cui l’Agcom ha fissato i criteri per la conversione dei diritti d’uso delle frequenze in diritti d’uso di capacità trasmissiva.

L’art. 2 della delibera n. 39/19/Cons ha espressamente abrogato il precedente piano nazionale delle frequenze, adottato con la delibera dell’Agcom n. 290/18/CONS.

Le due delibere del 2019 e le modifiche normative sulla base delle quali essi sono stati assunti hanno dunque innovato la materia, il che priva di attualità l’interesse della ricorrente sotteso all’impugnazione degli atti gravati con il ricorso introduttivo e con il primo ricorso per motivi aggiunti, che dunque sono divenuti improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.

3. – L’interesse processuale della ricorrente, per quanto detto, si è quindi concentrato sul secondo e sul terzo ricorso per motivi aggiunti, i quali sono infondati, e vanno respinti.

4. – In via preliminare occorre osservare che la questione della legittimità delle delibere Agcom n. 39/19/CONS e n. 129/19/CONS è stata affrontata dalla III Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6910\2019 pronunziata sul di un ricorso per ottemperanza proposto dalla odierna controinteerssata Persidera s.p.a. a valle di un giudizio da essa iniziato con ricorso proposto davanti a questo TAR e conclusosi con la sentenza n. 1398\2014.

5. - In sede di appello, a seguito di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea disposto dal Consiglio di Stato, il Giudice comunitario ha interpretato le norme interne di rifermento come segue:

"1) L'articolo 9 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, gli articoli 3, 5 e 7 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), come modificata dalla direttiva 2009/140, nonché gli articoli 2 e 4 della direttiva 2002177/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, ai fini della conversione delle reti analogiche esistenti in reti digitali, tenga conto delle reti analogiche illegittimamente esercite, in quanto essa porta a prolungare o addirittura a rafforzare un vantaggio concorrenziale indebito;

2) i principi di non discriminazione e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, in applicazione di un medesimo criterio di conversione, determini nei confronti di un operatore una riduzione del numero di reti digitali assegnate rispetto al numero di reti analogiche esercite in proporzione più elevata di quella imposta ai suoi concorrenti, a meno che detta disposizione non sia oggettivamente giustificata e proporzionata al suo obiettivo. La continuità dell'offerta televisiva costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una siffatta diversità di trattamento. Tuttavia, una disposizione che portasse ad assegnare, agli operatori già presenti sul mercato, un numero di radiofrequenze digitali superiore al numero che sarebbe sufficiente per assicurare la continuità della loro offerta televisiva andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere l'obiettivo di cui sopra e sarebbe, dunque, sproporzionata".

6. - Dopo la pronunzia pregiudiziale, il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza non definitiva n. 5928/2018 del 16 ottobre 2018, con la quale ha così statuito: “l’unica censura meritevole di accoglimento è quella sottesa al terzo e quarto motivo di appello (riportata al punto 4 della premessa in fatto) - relativa alla disparità delle posizioni di partenza dei vari operatori plurirete in analogico e alla mancata considerazione del carattere storicamente “eccedente” di alcune delle risorse analogiche di partenza di RAI ed EI (RAI 3 e RETE 4).

Il suo accoglimento (nei sensi indicati ai paragrafi da 2 a 2.30) determina la disapplicazione, in ragione della sua illegittimità comunitaria, dell’art. 8-novies, comma 4, del D.L. n. 59 del 2008 convertito con modificazioni, dalla L. n. 101 del 2008 e s.m.i., ed il conseguente annullamento, in parte qua, delle delibere 181/2009/CONS e 300/10/CONS (quest’ultima elaborata sulla base dei criteri di cui alla delibera n. 181/09/CONS ed anch’essa oggetto di impugnativa nel presente contenzioso al pari della prima)”.

7. - Il Consiglio di Stato chiarì che quella decisione nasceva “in considerazione delle delucidazioni rese dalla AGCOM (nella relazione istruttoria del 18.6.2018) in ordine alle attività di nuova pianificazione del settore, conseguenti:

- sia alla definizione dei criteri di conversione dei diritti d’uso delle frequenze esistenti in diritti d’uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2 (pag. 39 della relazione);

- sia al processo di refarming della banda 700Mhz che dovrà dare attuazione alla Decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo, relativa all’uso della banda di frequenza 470-790 MHz, approvata in data 17 maggio 2017 (…). È previsto, in particolare, che la programmata destinazione della banda 700 MHz ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, secondo le modalità e le tempistiche definite a livello comunitario, verrà ad incidere significativamente sul numero di risorse frequenziali disponibili nel nostro paese per usi televisivi e, conseguentemente, ad impattare sulla configurazione e sul numero delle reti trasmissive così come originariamente pianificate”.

8. - Con la più volte citata sentenza pronunziata in sede di ottemperanza, tuttavia, il Consiglio di Stato ha respinto i motivi mediante i quali la allora ricorrente Persidera (odierna controinteressata) aveva richiesto che fosse differenziata la sua posizione in sede di assegnazione di 0,5 mux in più rispetto a quanto deciso dall’Agcom mediante le delibere impugnate anche in questo giudizio.

9. – Nella vicenda, come anticipato, si è innestata la decisione n. 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, relativa all’uso della banda di frequenza 470 - 790 MHz nell’Unione, che ha disciplinato e programmato il processo che nel quadriennio 2018 – 2022 porterà, da un lato, ad assegnare le frequenze nella banda 700 MHz (694 - 790 MHz) ai sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, dall’altro, a conferire un nuovo assetto al sistema radiotelevisivo su piattaforma DTT (nazionale e locale) alla luce della dotazione di risorse spettrali rimaste a disposizione per il servizio broadcasting (da 174 a 230 MHz e da 470 a 694 MHz).

10. – Tanto premesso, devono essere respinti i motivi con cui Cairo Network lamenta, nel presente giudizio, che la sua posizione avrebbe dovuto essere differenziata da quella dei suoi concorrenti in ragione della conseguita assegnazione di un lotto all’esito della procedura d’asta onerosa svoltasi nel 2012 ed in ragione del mancato ammortamento degli investimenti operati more tempore, in tesi dovuta alla ritardata possibilità di metterli in atto rispetto agli altri operatori.

Si tratta del motivo d’apertura del secondo ricorso per motivi aggiunti.

Al riguardo osserva il Collegio che, all’evidenza, la suddetta evoluzione giurisdizionale, amministrativa e normativa della vicenda esclude in nuce che possa essersi radicato di alcun incolpevole affidamento nel mantenimento delle medesime posizioni precedenti in alcuno degli operatori coinvolti.

10.1. - Sotto un primo profilo, infatti, è sufficiente scorrere la decisione 2017/899 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 maggio 2017 relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell'Unione Europea per ravvisarvi strutturali e determinanti elementi di necessario avvio e di marcata caratterizzazione di un complessivo processo normativo ed amministrativo della materia.

Tali elementi si preannunziano, essenzialmente, nel considerando n. 1 dalla Decisione, per cui “Nel pluriennale programma relativo alla politica in materia di spettro radio («RSPP») istituito dalla decisione n. 243/2012/UE, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno fissato gli obiettivi di individuare almeno 1 200 MHz di spettro idoneo per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili nell'Unione entro il 2015, di sostenere l'ulteriore sviluppo di servizi di trasmissione innovativi assicurando spettro sufficiente per la fornitura satellitare e terrestre di tali servizi ove l'esigenza sia chiaramente giustificata, e di garantire spettro sufficiente per la realizzazione di programmi ed eventi speciali”, nonché nel considerando 6 per il cui incipit “Lo spettro è un bene pubblico”.

Essi, poi, si concretano nella generale previsione dell’art. 2 della Decisione comunitaria, per la quale “Al momento della concessione dei diritti d'uso nella banda di frequenza dei 700 MHz per sistemi terrestri capaci di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, gli Stati membri autorizzano il trasferimento o l'affitto di tali diritti secondo procedure aperte e trasparenti conformemente al diritto dell'Unione applicabile”; nonché dell’art. 3, per cui “Quando autorizzano l'uso della banda di frequenza dei 700 MHz o modificano i diritti d'uso esistenti per tale banda di frequenza, gli Stati membri tengono debitamente conto della necessità di conseguire gli obiettivi di velocità e di qualità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 243/2012/UE, inclusa la copertura in zone prioritarie nazionali predeterminate, se necessario, come quelle lungo i principali assi di trasporto terrestri, affinché le applicazioni senza fili e la leadership europea nei nuovi servizi digitali possano contribuire efficacemente alla crescita economica dell'Unione. Dette misure possono includere condizioni volte ad agevolare o a promuovere la condivisione delle infrastrutture di rete o dello spettro in conformità del diritto dell'Unione”.

Proprio tale ultima disposizione, in particolare –obbligatoria e vincolante per gli Stati membri, in quanto contenuta in una Decisione comunitaria- palesa chiaramente la netta priorità accordata, nella circostanza all’obiettivo di liberare la banda in questione e di favorire “gli obiettivi di velocità e di qualità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 243/2012/UE” rispetto ad eventuali posizioni che gli operatori possano avere maturato in precedenza: tale art. 6, da parte sua, già disponeva che gli Stati membri, in cooperazione con la Commissione, adottassero tutte le misure necessarie per garantire la disponibilità di spettro radio sufficiente per copertura e capacità all'interno dell'Unione, al fine di consentire all'Unione di disporre della banda larga più veloce al mondo, affinché le applicazioni senza fili e il ruolo guida europeo nei nuovi servizi possano contribuire efficacemente alla crescita economica e alla realizzazione dell'obiettivo dell'accesso ad una velocità della banda larga di almeno 30 Mbps entro il 2020 per tutti cittadini.

10.2. - Orbene, la posizione degli operatori già esercenti (quale l’odierna ricorrente) rispetto alle misure da adottare da parte degli Stati membri in esecuzione delle disposizioni comunitarie su richiamate –e limitandosi nell’ambito che riguarda il presente giudizio e le vicende da cui traggono origine gli atti impugnati nel medesimo- può essere desunta, ad avviso del Collegio, dalla pronunzia pregiudiziale su richiamata della Corte di Giustizia, emessa a seguito di rinvio ex art. 267 TFUE ad opera del Consiglio di Stato.

Come detto in precedenza, il Giudice comunitario ha in quell’occasione statuito che, ai fini della conversione delle reti analogiche esistenti in reti digitali, occorreva tenere conto delle reti analogiche illegittimamente esercite, in quanto esse portavano a prolungare o addirittura a rafforzare un vantaggio concorrenziale indebito; e che, inoltre, alla luce dei principi di non discriminazione e di proporzionalità, non poteva essere operata una riduzione del numero di reti digitali assegnate rispetto al numero di reti analogiche esercite in proporzione più elevata di quella imposta ai suoi concorrenti, a meno che la relativa disposizione non sia oggettivamente giustificata e proporzionata al suo obiettivo, e che, in questa chiave, la continuità dell'offerta televisiva costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una siffatta diversità di trattamento; ma una disposizione che portasse ad assegnare, agli operatori già presenti sul mercato, un numero di radiofrequenze digitali superiore al numero che sarebbe sufficiente per assicurare la continuità della loro offerta televisiva andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere l'obiettivo di cui sopra e sarebbe, dunque, sproporzionata.

In estrema sintesi, l’attività dei pubblici poteri nella materia in esame risulta conformata nel senso della necessaria liberazione di tutto lo spettro di risorse contemplato nella Decisione comunitaria n. 899\2017 ai fini ivi previsti, senza eccezione alcuna, attesi gli interessi pubblici a ciò sottesi; questi ultimi prevalgono, quindi, sulle posizioni giuridiche soggettive sino a quel punto vantate dagli operatori, di guisa che la nuova e conseguente redistribuzione delle risorse (definite espressamente “pubbliche” anche a livello comunitario, come si è evidenziato) devono sottostare alla preventiva esclusione delle frequenze illegittimamente esercite (dalle quali dunque gli operatori non possono trarre vantaggio in sede di redistribuzione) e ai principi di non discriminazione e proporzionalità (nel senso che il singolo operatore non può subire una riduzione proporzionale delle risorse superiore a quella dei suoi concorrenti, a meno che ciò non serva a garantire la continuità dell’offerta, ma non oltre tale misura).

10.3. - Entro questo ristretto perimetro, dunque, non residua spazio alcuno per differenziare altrimenti la posizione di un dato operatore rispetto agli altri (come già affermato, nella sostanza, dal Consiglio di Stato; sebbene in quel caso esso fosse stato adito in sede di ottemperanza circa la posizione dell’odierna controinteressata Persidera).

Risultano corrispondere a tali coordinate, pertanto, le norme di legge succedutesi sul punto: innanzitutto nel senso di non avere previsto, né prevedere, le clausole di esclusione di Cairo Network dal complesso processo di redistribuzione attuato con esse.

E, dunque, nel senso di avere previsto, nell’art. 1 comma 1031 della Legge n. 205 del 2017 che “tutte le frequenze assegnate in ambito nazionale e locale per il servizio televisivo digitale terrestre ed attribuite in banda III VHF e 470-694 MHz sono rilasciate secondo il calendario di cui al comma 1032” (senza distinzioni) e che, inoltre, “i diritti d'uso delle frequenze di cui sono titolari alla data di entrata in vigore della presente legge gli operatori di rete nazionali sono convertiti in diritti d'uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2”.

Ed anche nel senso di avere previsto, con il comma 1031-bis introdotto dalla legge n. 145 del 2018, che “L'assegnazione dell'ulteriore capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale e delle frequenze terrestri, aggiuntive rispetto a quelle destinate alla conversione dei diritti d'uso di cui al comma 1031 e pianificate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel PNAF, da destinare al servizio televisivo digitale terrestre per gli operatori di rete nazionali e la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, avviene mediante procedura onerosa”.

In tal modo è stato assicurato sia l’obiettivo di rendere disponibili ed impiegare tutte le frequenze esistenti nello spettro d’interesse, che quello di assegnare le frequenze mediante procedure aperte e trasparenti di cui all’art. 2 della Decisione comunitaria n. 899\2017.

Di conseguenza, le norme di legge tacciate di incostituzionalità dalla ricorrente resistono alle dedotte censure, e le questioni di costituzionalità sollevate risultano manifestamente infondate.

Inoltre, le delibere gravate risultano legittime sotto i profili di censura dedotti, non potendosi ravvisare né una posizione differenziata della ricorrente in relazione alle scelte ordinamentali di cui le delibere medesime risultano attuazione, né –tanto meno- un affidamento legittimo nella posizione conseguita: e ciò, anche in considerazione della –accessoria, ma non irrilevante- circostanza, allegata dalle intervenienti, per cui Cairo Network ha sì corrisposto il prezzo di aggiudicazione prescritto, ma non ha versato, per tale ragione, i diritti d’uso delle frequenze così conseguite, che invece sono stati corrisposti dagli altri operatori che avevano ottenuto le risorse mediante ricorso al mercato.

11. – Per le medesime ragioni devono essere disattese le censure con cui la ricorrente assume che per l’assegnazione delle frequenze ulteriori non avrebbe dovuto essere indetta una procedura di gara.

Al riguardo è sufficiente ribadire come l’art. 2 della decisione comunitaria 899 del 2017 abbia espressamente previsto –con formula generica e per questo omnicomprensiva- che “Al momento della concessione dei diritti d'uso nella banda di frequenza dei 700 MHz per sistemi terrestri capaci di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, gli Stati membri autorizzano il trasferimento o l'affitto di tali diritti secondo procedure aperte e trasparenti conformemente al diritto dell'Unione applicabile”.

Tale disposizione dà conto della natura vincolata della scelta legislativa operata nella circostanza.

12. – Parimenti infondato è il dodicesimo mezzo, con cui Cairo Network assume la violazione del principio di indipendenza delle Autorità nazionali di regolazione ad opera delle previsioni dell’art. 1031-bis della ridetta legge finanziaria, nella parte in cui esso prevede che le risorse frequenziali siano assegnate “sulla base dei seguenti princìpi e criteri: a) assegnare la capacità trasmissiva e le frequenze sulla base di lotti con dimensione pari alla metà di un multiplex; b) determinare un valore minimo delle offerte sulla base dei valori di mercato individuati dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; c) considerare il valore delle offerte economiche presentate; d) garantire la continuità del servizio, la celerità della transizione tecnologica nonché la qualità delle infrastrutture tecnologiche messe a disposizione dagli operatori di rete nazionali operanti nel settore, ivi inclusa la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale; e) valorizzare le esperienze maturate dagli operatori di rete nazionali nel settore, con particolare riferimento alla realizzazione di reti di radiodiffusione digitale; f) valorizzare la capacità strutturale di assicurare l'efficienza spettrale, le professionalità e le competenze maturate nel settore, l'innovazione tecnologica e l'ottimale, effettivo e tempestivo sfruttamento della capacità trasmissiva e delle frequenze aggiuntive; g) assicurare la miglior valorizzazione dello spettro, tenendo conto dell'attuale diffusione di contenuti di buona qualità in tecnologia televisiva digitale terrestre alla più vasta maggioranza della popolazione italiana.”

Ed invero, come affermato dalla Corte di Giustizia (Seconda Sezione) con la sentenza 28 luglio 2016 , l’indipendenza delle autorità nazionali di regolazione –con specifico riferimento proprio all’Agcom-, come postulata dal considerando 13 della direttiva 2009/140 e dall’art. 3, paragrafo 3, della direttiva quadro, prevede impone “che gli Stati membri provvedano affinché le rispettive ANR esercitino i loro poteri in modo imparziale, trasparente e tempestivo e dispongano di risorse finanziarie e umane adeguate per svolgere i compiti a loro assegnati”; inoltre “l’art. 3, paragrafo 3 bis, primo comma, della direttiva quadro impone che le ANR responsabili della regolamentazione ex ante del mercato o della risoluzione delle controversie tra imprese operino in indipendenza e non sollecitino né accettino istruzioni da alcun altro organismo nell’esercizio dei compiti loro affidati ai sensi della normativa nazionale che recepisce quella dell’Unione, pur precisando che «[c]iò non osta alla supervisione a norma del diritto costituzionale nazionale”; inoltre, “gli Stati membri assicurano che le ANR di cui al primo comma del medesimo dispongano di bilanci annuali separati, pubblicati, nonché di risorse finanziarie e umane sufficienti affinché possano partecipare e contribuire attivamente al BEREC”.

In definitiva, “la direttiva quadro richiede adesso che, al fine di garantire l’indipendenza e l’imparzialità delle ANR, gli Stati membri assicurino, in sostanza, che esse dispongano, nel loro insieme, delle risorse finanziarie e umane necessarie per svolgere i compiti loro assegnati e, per le ANR responsabili della regolamentazione ex ante del mercato o della risoluzione delle controversie tra imprese, che esse operino in piena indipendenza”, pur rimanendo soggette (ad esempio) alle norme di contenimento della spesa pubblica.

Le garanzie di indipendenza dell’Agcom alla luce della direttiva di riferimento, quindi, secondo il Giudice comunitario sono subordinate a misure di carattere ordinamentale, che –tanto nel caso all’esame della Corte nel 2016, che, si aggiunge, nel presente- non sono poste in dubbio.

Ciò che invece viene in considerazione della circostanza in esame sono i criteri di assegnazione, mediante una procedura aperta a titolo oneroso –come stabilito sempre in ambito comunitario dalla citata Decisione n. 899\2017-, che, per una significativa parte, fanno rinvio a determinazioni che la stessa Agcom avrebbe dovuto stabilire nella misura e nel contenuto –si vedano criteri su richiamati da b) a g)-: mentre, solo per ciò che riguarda il criterio sub a) (assegnare la capacità trasmissiva e le frequenze sulla base di lotti con dimensione pari alla metà di un multiplex), neppure esso ha carattere ordinamentale; inoltre, nel caso in esame il Parlamento, mediante una norma di legge, ha stabilito il criterio di assegnazione di una risorsa limitata di proprietà dello Stato sotto il profilo della conformazione di ciascun lotto, ma ha lasciato all’Agcom di stabilire le modalità di assegnazione.

13. – Non sussiste neppure la violazione dei principi comunitari di concorrenza e par condicio competitorum adombrata con il tredicesimo mezzo, né rilevano la richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 Tfue e l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 1031-bis della l. n. 205 del 2017, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione ivi formulate.

Al riguardo è sufficiente al Collegio ribadire che proprio una procedura competitiva onerosa è lo strumento previsto dall’art. 2 della citata Decisione comunitaria per l’assegnazione della capacità trasmissiva ulteriore a quella derivante dalla conversione delle frequenze già detenute dagli operatori nel precedente panorama tecnologico; e che, per le ragioni dette in precedenza, non vi erano ragioni per differenziare la posizione di un singolo operatore rispetto a quella dei suoi concorrenti.

Per il resto si rimanda alle considerazioni che seguono, svolte circa i motivi successivi.

14. - Possono essere qui di seguito congiuntamente esaminate le censure (contenute nei motivi dal quattordicesimo al diciottesimo) che attengono proprio la congruità del ridetto criterio di assegnazione per cui ciascuno dei lotti deve equivalere alla metà di un multiplex, nonché l’asserita disparità di trattamento tra operatori in ragione delle rispettive dimensioni economiche e del pregresso patrimonio di frequenze, anche sotto il profilo della necessità di associarsi in intese, nonché sotto il profilo dell’efficiente sfruttamento dello spettro radiotelevisivo.

Neppure tali doglianze sono fondate.

14.1. - Al riguardo il Collegio osserva che il perimetro entro cui il legislatore (e non direttamente l’Agcom, come si è visto) poteva muoversi era stato determinato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 26 luglio 2017, la quale aveva stabilito che:

“I principi di non discriminazione e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, in applicazione di un medesimo criterio di conversione, determini nei confronti di un operatore una riduzione del numero di reti digitali assegnate rispetto al numero di reti analogiche esercite in proporzione più elevata di quella imposta ai suoi concorrenti, a meno che detta disposizione non sia oggettivamente giustificata e proporzionata al suo obiettivo. La continuità dell'offerta televisiva costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una siffatta diversità di trattamento. Tuttavia, una disposizione che portasse ad assegnare, agli operatori già presenti sul mercato, un numero di radiofrequenze digitali superiore al numero che sarebbe sufficiente per assicurare la continuità della loro offerta televisiva andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere l'obiettivo di cui sopra e sarebbe, dunque, sproporzionata".

Entro tale ambito (che, come detto in precedenza, non è stato travalicato dal legislatore) la scelta esercitata (quella del lotto pari alla metà di un multiplex) ha carattere pienamente discrezionale (se non addirittura politico, essendo contenuta in una norma di legge a carattere programmatico), e non può essere censurata in questa sede.

14.2. - Peraltro, non emergono elementi discriminatori fra gli operatori, atteso che le diverse realtà dimensionali sono state tenute in considerazione dell’Agcom laddove la procedura di gara prevede che gli operatori “monorete” si vedano garantire sia il diritto a partecipare in via esclusiva a due dei quattro lotti, nonché la riduzione del 50% del valore economico assegnato a tali due lotti.

Sotto tale profilo la delibera n. 129 dà ampiamente conto sia del fatto che la scelta dell’Agcom è risultata vincolata dall’art. 1 comma 1031-bis della legge finanziaria 2019, che dalle seguenti considerazioni di carattere squisitamente tecnico, che la ricorrente non smentisce in alcun modo:

- “quanto alle osservazioni relative alla circostanza che il fattore di conversione di 0,5 individuato dall’Autorità (in luogo dello 0,6 proposto dagli operatori) non garantirebbe la conservazione della capacità trasmissiva attualmente in dotazione a ciascun operatore a valle del passaggio tecnologico da DVB-T a DVB-T2, occorre evidenziare che in realtà tale perdita è puramente eventuale in quanto dipendente dalle scelte imprenditoriali effettuate dal singolo operatore nella configurazione della propria rete”;

- “lo standard DVB-T2, con riferimento alle potenzialità che può offrire in termini di capacità trasmissiva, si caratterizza per l’alto grado di flessibilità messo a disposizione dei progettisti di rete al fine di meglio adattare le prestazioni della rete trasmissiva alle esigenze di servizio”;

- la capacità trasmissiva veicolata da un multiplex, sia esso DVB-T che DVB-T2, non è un valore standardizzato (a livello internazionale) né predefinito (cioè valevole per tutti gli operatori di rete), bensì un valore variabile (entro un certo intervallo), che dipende dalle scelte imprenditoriali effettuate dal singolo operatore nella configurazione della propria rete”;

- “… poiché in concreto le prestazioni (in termini di capacità trasmissiva) dei multiplex, sia in esercizio (DVB-T) sia di nuova generazione (DVB-T2), risultano tra di loro diverse, o potrebbero risultare diverse (perché come detto l’impiego della system variant dipende dalle singole scelte di ogni operatore) è del tutto evidente che non possa essere utilizzato, ai fini della conversione dei diritti d’uso delle frequenze attualmente assegnate agli operatori nazionali, un criterio che prenda a riferimento la capacità trasmissiva effettivamente esercita dagli stessi, in quanto si perverrebbe alla individuazione non di un unico criterio di conversione di sistema, ma di differenti fattori, ciascuno per ogni singola rete degli operatori, destinati a produrre risultati impossibili da gestire in termini di assegnazione concreta delle nuove reti DVB-T2 e della relativa capacità trasmissiva;

- il criterio in questione fa sì che sussista comunque un “collegamento funzionale” tra la procedura di conversione della capacità trasmissiva esistente quella nuova ed ulteriore assegnata mediante la procedura onerosa, “attribuendo così, sia agli operatori plurirete (che a seguito della conversione risulteranno titolari di diritti d’uso di capacità trasmissiva per n. 2,5 multiplex DVB-T2) a sia quelli monorete (che a seguito della conversione risulteranno titolari di diritti d’uso di capacità trasmissiva per n. 0,5 multiplex DVB-T2), la possibilità di “completare” il ½ diritto mancante attraverso i lotti oggetto della procedura onerosa, anziché ricorrere necessariamente al meccanismo delle intese volontarie”.

14.3. - Tale ultima notazione dà poi conto dell’infondatezza della doglianza secondo la quale l’intesa tra operatori monorete sarebbe l’unica via per esercire le frequenze nel nuovo contesto.

14.4. – E, nel complesso, gli stralci della motivazione della delibera n. 129 su riportati danno altresì conto della infondatezza delle lagnanze della ricorrente circa la pretesa inefficienza del sistema prescelto in relazione allo sfruttamento dello spettro frequenziale, specie laddove rimandano alla mancanza di neutralità delle scelte degli operatori rispetto al risultato di efficienza raggiungibile da ciascuno di essi.

15. – Da ultimo, residua da esaminare il motivo diciannovesimo, con il quale la ricorrente censura la scelta di attribuire le concessioni in questione per dieci anni, in asserita violazione dell’art. 27 del d. lgs. n. 259 del 2003 che prevede una durata delle frequenze sino a venti anni e comunque copra la durata degli investimenti.

Al riguardo è sufficiente al Collegio osservare che, da un lato, la norma invocata dalla ricorrente postula, in realtà, che “I diritti individuali di uso delle frequenze radio e dei numeri vengono rilasciati per una durata adeguata al tipo di servizio e comunque non eccedente la durata dell'autorizzazione generale, tenuto conto dell'obiettivo perseguito e della necessità di prevedere un periodo adeguato di ammortamento degli investimenti”: e dunque una durata che tenga conto del servizio offerto e delle sue caratteristiche; quanto poi alla corrispondenza con la durata degli investimenti, occorre richiamare quanto detto in precedenza circa l’impossibilità di differenziare le posizioni dei singoli operatori in funzione delle vicende precedenti, oltre che della mancata necessità, per Cairo, di versare i diritti d’uso in ragione dell’aggiudicazione del lotto n. 3 nel precedente assetto.

16. – In definitiva, il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili, mentre il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.

Le domande risarcitorie solo accennate dalla ricorrente, ma mai svolte compiutamente e rimaste del tutto generiche, devono essere respinte sia per tali ragioni che a causa della riscontrata legittimità dei provvedimenti gravati.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), dichiara improcedibili il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti; respinge il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle resistenti, che forfetariamente liquida in complessivi euro 6.000,00 (seimila\00) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Achille Sinatra, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Consigliere

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Achille Sinatra

Giuseppe Daniele

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

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