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Università Agraria e utenti - GO - TAR Lazio, Roma, sent. n. 11495 del 06.10.2015

Pubblico
Mercoledì, 7 Ottobre, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Ter), sentenza n.11495 del 6 ottobre 2015, sulla giurisdizione del GO in materia di controversie Università Agraria e utenti
 
N. 11495/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 06287/2010 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Seconda Ter)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 6287 del 2010, proposto da: 
Donatella Carosi, rappresentata e difesa dagli avv. Maria Athena Lorizio, Roberto Renzi, con domicilio eletto presso Studio Cerulli Irelli Lorizio in Roma, Via Dora, 1; 
contro
Università Agraria di Valmontone, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Tommaso Conti, Luca Zampi, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio Tomassini in Roma, viale Ss. Pietro e Paolo, 50; 
nei confronti di
Luciano Giannini, rappresentato e difeso dagli avv. Tommaso Conti, Luca Zampi, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio Tomassini in Roma, viale Ss. Pietro e Paolo, 50; 
per l'annullamento
della comunicazione prot. n. 335 del 19 maggio 2010 del Presidente dell’Università agraria di Valmontone e della delibera della Deputazione agraria di Valmontone n. 13/2010, nella parte in cui si assegna al sig. Luciano Giannini la quota di terreno di demanio civico sita in località Zingrillo, nonché della delibera della Deputazione Agraria dell’Università agraria di Valmontone n. 52 del 5 novembre 2009.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università Agraria di Valmontone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2015 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, con il ricorso in epigrafe, contesta l’assegnazione da parte della Università agraria di Valmontone a Luciano Giannini ( con delibera n. 13 del 31 marzo 2010) della quota di terreno di cui era concessionario il padre, Costantino Carosi, sostenendo di averne diritto in quanto erede.
A tal fine, la ricorrente espone di aver presentato una istanza in data 22 aprile 2010 diffidando l’Università agraria di assegnare a terzi la quota del padre e con nota 27 aprile 2010 ha chiesto di revocare la delibera del 31 marzo 2010 in autotutela.
Con nota n. 335 del 19 maggio 2010, oggetto del presente giudizio, l’Università agraria ha rilevato che il trasferimento delle quote degli utenti deceduti non è automatico e che occorre presentare un’apposita domanda per ottenere il trasferimento della quota. Ad avviso della Università agraria, la ricorrente non avrebbe tempestivamente presentato detta domanda.
Avverso la presupposta delibera 13/2010 e la nota del 19 maggio 2010, la ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnazione:
1)violazione dell’art. 16, commi 1 e 2 del Regolamento per l’assegnazione e l’esercizio degli usi civici sui terreni amministrati dall’Università di Valmontone, difetto di motivazione, eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione de presupposti in quanto:
il citato art. 16, comma 1, del Regolamento prevede che “in caso di decesso dell’utente titolare, il rapporto è trasferito agli utenti aventi diritto”. Il comma 2 del medesimo art. 16, il quale richiede che “entro trenta giorni l’erede deve comunicare alla Università agraria la volontà del trasferimento o la rinuncia al diritto” dovrebbe interpretarsi nel senso che esso si applica solo in caso di pluralità di eredi aventi diritto.
Nel caso di specie, invece, due dei tre figli del de cuius sono già titolari di quote di terreno di demanio civico e hanno rinunciato alla quota del padre. L’unica erede dunque era la ricorrente, la quale dunque non sarebbe stata tenuta a fare alcuna comunicazione all’Ente, non intendendo rinunciare alla quota del padre.
2)Disparità di trattamento in quanto, in relazione ad identico caso della successione di Luigi Lozza, la quota di terreno del de cuius è stata assegnata alla figlia che ne ha fatto richiesta dopo molti anni dalla morte del padre.
3)violazione dell’art. 16, comma 3, del Regolamento citato perché il terreno può rientrare nella piena disponibilità dell’Università agraria solo se vi sia stata rinuncia al diritto alla quota o in mancanza di eredi, mentre nel caso di specie nessuna delle due ipotesi si è verificata.
4)violazione art. 7 l. 241/90 per mancata comunicazione all’istante della decisione della Università agraria di assegnare al sig. Luciano Giannini la quota del sig. Costantino Carosi.
Si è costituita l’Università agraria, insieme con il controinteressato, i quali hanno in primo luogo precisato che l’articolo del Regolamento che disciplina il trasferimento agli eredi è il 14 e non il 16, come erroneamente affermato nel ricorso.
L’Università agraria ha quindi eccepito in primo luogo il difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario (giurisdizione commissariale) in quanto il rapporto che si instaura con le Università agrarie e utenti realizza un rapporto di proprietà collettiva e poiché la controversia avrebbe come presupposto il riconoscimento della qualità di erede.
L’Università agraria e il contro interessato hanno inoltre eccepito la tardività della impugnazione delle delibere presupposte 5.11.2009, n. 52 e 21 marzo 2010, n. 13 e dunque l’inammissibilità del ricorso avverso la delibera 19 maggio 2010.
Nel merito hanno chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
Con memoria in data 12 giugno 2012, le parti resistenti hanno ancora insistito sulla eccezione di difetto di giurisdizione.
La ricorrente ha depositato una memoria per l’udienza, nella quale ha insistito per la giurisdizione del giudice amministrativo in quanto la controversia in esame riguarda il diritto di uno o di altro utente all’assegnazione in uso da parte dell’Università agraria di Valmontone di terreni agricoli amministrati dalla stessa U.A. con instaurazione di n rapporto di natura concessoria in cui la U.A. conserva il proprio potere autoritativo esercitato a tutela del regime pubblicistico dei beni in uso pubblico (cfr. Cass. SSUU 12065/2007 e 22625/2010).
Le parti resistenti hanno depositato una memoria di replica insistendo comunque per il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.
Come eccepito dalla amministrazione resistente e dal controinteressato, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice ordinario, sussistendo la giurisdizione ordinaria in via generale per tutte le controversie in tema di diritti soggettivi, ove non espressamente derogata.
In questi termini si è infatti pronunciata la Corte di Cassazione in un caso analogo, concernente la determinazione della "fida" da corrispondere da parte degli Utenti per il pascolo del proprio bestiame sui terreni a tale fine destinati, nel quale è stata riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, negando che il rapporto che si instaura tra Università agraria e i suoi utenti possa qualificarsi come concessione di beni demaniali.
In quella pronuncia, la Corte di Cassazione ha chiaramente affermato che “il rapporto che si instaura tra università agrarie e utenti realizza una proprietà collettiva in capo agli utenti e non è assimilabile a quello tra ente pubblico proprietario di beni demaniali e privato titolare di concessione.” (Cass. civ. Sez. Unite, 11/03/2004, n. 5050 v. anche Cass. civ. Sez. Unite, 06/05/1993, n. 5239).
Nella citata sentenza n. 5050/2004, in particolare, le Sezioni Unite hanno inoltre affermato che “a prescindere dalla considerazione che non risulta che alle università agrarie (in base all'art. 1 l. 4 agosto 1894 n. 397) sia stata attribuita la personalità di giuridica di diritto pubblico (con conseguente teorica inquadrabilità nei provvedimenti amministrativi degli atti di gestione dalle stesse posti in essere), il rapporto che si instaura tra università agrarie e utenti non è assimilabile a quello tra ente pubblico proprietario di beni demaniali e privato titolare di concessione, in quanto gli usi civici realizzano una proprietà collettiva in capo agli utenti”.
Per questa ragione, le sezioni Unite hanno ritenuto che la "fida", pur essendo impropriamente qualificata come "corrispettivo", non fosse in rapporto diretto con la misura del godimento dei beni di uso civico, come è tipico dei canoni di natura concessoria, costituendo piuttosto un contributo per la gestione di tali beni.
Le argomentazioni svolte nella citata sentenza sono pienamente condivise dal Collegio in quanto la peculiare relazione tra Università agraria, ente gestore degli usi civici, e i suoi utenti, anche quando si tratti, come nel caso di specie, di assegnazione delle quote di terreno, non è assimilabile ad un rapporto concessorio di beni pubblici.
Nel rapporto concessorio, infatti, l’ente pubblico è (l’unico) proprietario del bene demaniale e lo affida in concessione al privato: pertanto il provvedimento di concessione ha natura costitutiva.
Nel caso degli usi civici, invece l’assetto proprietario è più complesso.
Infatti, qualora gli usi civici insistano su terre in dominio privato, essi sono considerati diritti collettivi di godimento e d'uso spettanti a una popolazione. (Con la conseguenza che si sarebbe in presenza di un'ipotesi di proprietà divisa, e quindi in realtà di due proprietà: l'una in capo al privato, l'altra alla popolazione, la quel ultima è però destinata dalla legge n. 1766 del 1927 a essere liquidata, cioè soppressa.)
Nella proprietà collettiva di diritto pubblico, invece, come ha affermato autorevole dottrina, unica proprietaria è la comunità di abitanti, che a sua volta può essere rappresentata dal Comune o da una associazione agraria.
A differenza del caso precedente, si tratta di una forma di proprietà destinata a permanere, provenendo da un originario dominio di una collettività di abitanti ovvero dall'attuazione delle procedure di affrancazione degli usi civici e di scioglimento delle promiscuità.
Dunque, le proprietà collettive a destinazione pubblica (così come peraltro i demani civici), secondo la ricostruzione prevalente, appartengono alle collettività di abitanti e sono gestite da un ente rappresentativo della comunità ( i c.d. enti agrari).
Nel caso di specie, si tratta appunto di una proprietà collettiva a destinazione pubblica gestita dall’Università agraria di Valmontone, la quale ha il compito di amministrare il patrimonio di proprietà collettiva e quindi anche di effettuare l’assegnazione in uso delle quote di terreni agli Utenti.
Si tratta evidentemente di una mera attività organizzativa e gestionale della proprietà collettiva, della quale gli stessi Utenti sono già titolari in quanto appartenenti alla comunità locale. L’atto di assegnazione, pertanto, non è – come l’atto di concessione di bene pubblico - costitutivo di alcun diritto, in quanto l’Utente, in quanto membro della comunità locale, ha per ciò solo diritto all’assegnazione di una quota di terreno.
L’atto di assegnazione, pertanto, a prescindere dalla questione della natura pubblica o privata delle U.A., va comunque qualificato come atto paritetico, non essendovi spendita di potere autoritativo né costituzione di diritti ex novo in capo al privato.
La ricorrente invoca, a sostegno della sussistenza invece della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, un altro precedente della Corte di Cassazione (sent. 24 maggio 2007, n. 12065) nel quale si afferma che poiché: “la tutela della condizione giuridica dei beni demaniali, gravati di uso civico, richiede - allorché ai privati venga consentito, nei limiti previsti dalle varie leggi speciali l'uso di detti beni - la contemporanea permanenza in capo alla pubblica amministrazione di poteri autoritativi, deve ritenersi che il richiamato provvedimento integri una concessione c.d. costitutiva” con conseguente devoluzione della giurisdizione al giudice amministrativo.
Tale precedente tuttavia non si attaglia esattamente al caso di specie.
Si trattava, infatti, in quel caso di un Comune che, all'esito di un'asta pubblica aveva stipulato un contratto col privato, volto ad attribuirgli usi eccezionali su beni pubblici (nella specie, il diritto di erbatico su alpi pascolive eccedenti l'uso civico).
A differenza del caso di specie, l’atto qualificato come concessione, in quel caso, era stato emanato da un Comune (ente pubblico territoriale), avente ad oggetto un bene del demanio comunale, ancorché gravato da usi civici, e il diritto di erbatico era stato attribuito ad un privato individuato a seguito di asta pubblica e che non risultava, secondo quanto si legge nella citata sentenza, vantare un diritto di uso civico sull’immobile in qualità di Utente, anzi il bene oggetto del contratto era qualificato dalla sentenza come “eccedente l’uso civico”.
Per questa ragione, la Cassazione ha affermato, in quella fattispecie, che il rapporto era da qualificarsi come concessione di bene pubblico, mantenendo l'amministrazione una posizione di supremazia , con conseguente devoluzione alla giurisdizione del g.a..
Nel caso oggetto del presente giudizio, invece, la situazione di fatto è completamente diversa.
Si controverte infatti di un atto della Università agraria avente ad oggetto l’assegnazione in uso della quota di terreno, in proprietà collettiva, ad un Utente piuttosto che ad un altro.
Tale fattispecie rientra pienamente nella casistica esaminata dalla Cassazione nella sentenza n. 5050/2004 e pertanto, in conformità a tale precedente, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario.
Peraltro, la giurisdizione del giudice ordinario si giustifica anche in quanto si controverte dell’acquisto del diritto all’assegnazione della quote iure ereditario.
Non si ravvisa, invece, la giurisdizione speciale del Commissario per gli usi civici al quale spetta, ai sensi dell’art. 29, comma 2 della la L. n. 1766 del 1927, la giurisdizione su “tutte le controversie circa la esistenza, la natura e la estensione dei diritti suddetti, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualità demaniale del suolo..".
Nel caso di specie, infatti, l’esistenza, la natura e l’estensione del diritto di uso civico non è controversa, né in capo alla ricorrente né al controinteressato e nemmeno è stata contestata la qualitas soli.
Va, in conclusione, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale la presente controversia potrà essere riassunta secondo i principi della translatio judicii.
La peculiarità e novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice ordinario.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti,Presidente
Giuseppe Rotondo,Consigliere
Maria Laura Maddalena,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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