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Comodato ed imposte

Pubblico
Giovedì, 23 Maggio, 2019 - 13:00

Cass. civ. Sez. V, ordinanza n. 6843 dell’8 marzo 2019, sulle imposte per i comodati d’uso

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4784-2015 proposto da:

COMUNE DI AREZZO, elettivamente domiciliato in ROMA CORSO V. EMANUELE II 18, presso lo studio GREZ & ASSOCIATI SRL, rappresentato e difeso dagli avvocati STEFANO PASQUALINI, ROBERTA RICCIARINI;

- ricorrente -

contro

ISTITUTO DELLE SUORE DI MARIA CONSOLATRICE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VICO GIAMBATTISTA 22, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO FRUSCIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato MICHELE PROCIDA;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1469/2014 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE, depositata il 18/07/2014;

udita la relazione della causa svelta nella camera di consiglio del 07/02/2019 dal Consigliere Dott. MILENA Svolgimento del processo:

1. Il Comune di Arezzo, con due motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 1469/24/14 con la quale, in controversia concernente l'impugnazione dell'avviso di accertamento avente ad oggetto l'ICI dell'anno 2004, la CTR della Toscana, nel confermare la sentenza di primo grado, respingeva l'appello proposto dall'Istituto delle suore di Maria Consolatrice.

La CTR dopo aver rilevato l'efficacia esterna del giudicato, reso tra le medesime parti e concernente il medesimo immobile di proprietà dell'istituto, osservava come l'amministrazione comunale non avesse allegato alcun elemento probatorio a suffragio della natura economica dell'attività svolta dalla cooperativa comodataria, escludendo l'ONLUS dalle imprese commerciali.

L'istituto delle suore di Maria Consolatrice resiste con controricorso, opponendo l'inammissibilità ed infondatezza del ricorso per cassazione.

Motivi della decisione

CHE:

2. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 2909 c.c., e l'assenza dei presupposti del giudicato esterno.

Osserva, al riguardo l'ente comunale che il giudicato concerneva l'annualità 1999, rispetto alla quale, la normativa all'epoca era interpretata dalla giurisprudenza in modo dissonante da quella attuale; rilevando ulteriormente che il giudicato esterno può estendere i suoi effetti nei giudizi tra le medesime parti che derivano da una medesima questione giuridica.

Al contrario, i giudici regionali non avrebbero considerato nella decisione impugnata, che rispetto all'annualità 2004, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che l'utilizzazione indiretta dell'immobile potesse consentire l'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art., lett. I. 3. Con il secondo mezzo, si censura il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. c), sostanzialmente lamentando che la decisione impugnata, nel pervenire al rigetto dell'appello proposto dal Comune di Arezzo, avrebbe omesso ogni valutazione in merito ai motivi di appello, riproponendo quanto affermato nella sentenza passata in giudicato.

4. La prima censura è fondata.

La motivazione relativa all'accoglimento dell'eccezione di giudicato esterno sollevato dall'istituto ricorrente non merita adesione, in quanto la difforme soluzione di una questione giuridica non è condizionata dall'accertamento degli elementi di fatto essenziali (Cass. n. 12763/14; Cass. n.17693/2017).

Nello specifico, la sentenza di questa Corte, resa tra le stesse parti, non costituisce un giudicato esterno preclusivo, perchè costituisce una diversa regolamentazione giuridica, di una medesima vicenda di fatto. In particolare, la pronuncia si riferisce a un orientamento di questa Corte che è successivamente mutato, secondo la quale il titolo sulla base del quale l'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), spetta non soltanto se l'immobile è direttamente utilizzato dall'ente possessore (nella specie, una fondazione di religione e di culto) per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente" (Cass. n. 25508/15, Cass. ord. n. 14667/16).

E' giurisprudenza costante di questa Corte l'affermazione che il giudicato in materia tributaria fa stato solo in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d'imposta o nei quali l'accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass. civ. sez. V, n. 32254/2018; n. 1300/2018).

5. Pertanto, la sentenza n. 50/25/2010 resa tra le stesse parti, non costituisce un giudicato esterno preclusivo, nella parte in cui offre una regolamentazione giuridica di una medesima vicenda di fatto, di guisa che il ricorso può essere esaminato nel merito.

5. Anche il secondo motivo - con cui la parte ricorrente affronta direttamente la coerenza alla legge regolatrice del sistema di esenzione dell'affermata irrilevanza dell'utilizzazione indiretta dei beni posseduti dall'Istituto - merita accoglimento sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: "In materia di ICI, l'esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell'immobile da parte dell'ente proprietario, ancorchè per finalità di pubblico interesse" (v. Cass. n.25508/2015; Cass. n. 12495/2014; n. 7385/2012).

Il testo originario del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), prevede che sono sono esenti dall'imposta "gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, art. 87" (ora art. 73), "comma 1, lett. c), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)", tali essendo definite, come attività di religione o di culto, quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana, mentre la norma richiamata del TUIR individua, per quanto qui rileva, i soggetti in essa indicati come "gli enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale".

6. L'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), spetta soltanto se l'immobile viene impiegato direttamente dall'ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, sicchè l'utilizzazione, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto diverso (nella specie, una cooperativa) da quello a cui spetta l'esenzione, anche se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude l'agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia anche posseduto dall'ente commerciale che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà o di altro diritto reale (Cass. n. 23821 del 01/10/2018; Cass. n. 14912/2016; Cass. n. 25508/2015). In conclusione, il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., mediante rigetto del ricorso introduttivo della parte contribuente.

In considerazione della evoluzione giurisprudenziale, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del giudizio di merito.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE:

- accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso dell'Istituto;

- compensa le spese del giudizio di merito;

-condanna l'Istituto alla refusione delle spese sostenute dal Comune che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 7 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2019

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