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Sulla cartolarizzazione

Pubblico
Giovedì, 18 Luglio, 2019 - 22:00

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n.8514 del 1 luglio 2019, sulla cartolarizzazione

N. 08514/2019 REG.PROV.COLL.

N. 11415/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11415 del 2005, proposto da OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avvocati Luciano Di Pasquale e Antonio Di Pasquale, con domicilio digitale ex art. 25 cpa nonchè in Roma, via Adige, 43; 

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio digitale ex art. 25 cpa nonchè in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Collina, Gaetano De Ruvo, Francesca Ferrazzoli e Lidia Carcavallo, con domicilio digitale ex art. 25 cpa nonchè in Roma, via Frezza, 17 C/ Uff Legale Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Anziano, Dario Bottura, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Daniela Anziano in Roma, via Cesare Beccaria 29; 
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Agenzia del Territorio, Osservatorio del Mercato Immobiliare, Soc Scip Soc per Cartolarizzazione ImmobiliPubblici S.r.l., Osservatorio Patrimonio Immobiliare Enti Previdenziali non costituiti in giudizio; 

quanto al ricorso principale:

per l'annullamento, previa sospensione

-del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali datato 16 settembre 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Serie Generale n. 222 del 23 settembre 2005, “individuazione di ulteriori immobili di pregio” nella parte in cui individua tra gli immobili di pregio l’immobile sito in Roma Via Francesco Denza n. 36 con tutti gli altri atti ad esso connessi sia presupposti che antecedenti e richiamati nel suddetto decreto e in particolare:

-le proposte formulate in data 22 marzo 2004 e 14 aprile 2005 dall’Agenzia del Territorio per l’individuazione tra i beni trasferiti ai sensi del primo decreto del Ministero dell’Economia di un ulteriore elenco di immobili di pregio tra cui quello sito in Roma Via Francesco Denza n. 36;

-Il decreto interministeriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali datato 31 luglio 2002 e dell’allegato 1 al medesimo nonché la relativa delibera dell’Osservatorio del Patrimonio Immobiliare degli Enti Previdenziali di concerto con l’Agenzia del Territorio datata 17 aprile 2002 così come modificata il 24 luglio 2002, che hanno stabilito i criteri per l’individuazione degli immobili di pregio nonché un primo elenco di immobili di pregio;

-per quanto occorra, i decreti interministeriali del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 21 novembre 2002, 1 aprile 2003, 7 gennaio 2004 e 16 settembre 2004, nonché della lettera dell’INPS – Direzione Generale Struttura Prev. Dirig. – Az. Industriale datata 5 maggio 2005;

-di ogni altro atto antecedente, successivo, comunque connesso, presupposto e consequenziale, conosciuto e non;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 17.03.2006:

-relazione di stima dell’Agenzia del Territorio del 26.05.2005;

-di tutti gli atti depositati successivamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 14.04.2006:

nota dell’Agenzia del Territorio prot. n. 53.142 del 19.12.2005 corredata du n. 3 allegati tra cui concertazione fra l’osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali e l’Agenzia del Territorio per l’individuazione degli immobili di pregio e relativa documentazione;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 maggio 2019 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Parte ricorrente ha impugnato innanzi all’intestato TAR, il Decreto Interministeriale adottato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali in data 16 settembre 2005, pubblicato sulla GU del 23 settembre 2005 n. 222, nella parte in cui include gli edifici siti in Roma, Via Francesco Denza n. 36 tra gli immobili di pregio, unitamente agli altri atti indicati in epigrafe connessi e presupposti.

Gli istanti hanno integrato il ricorso con motivi aggiunti, depositati in data 17 marzo e 14 aprile 2006, estendendo l’impugnazione nei riguardi della documentazione prodotta dall’INPS e dal Ministero delle Finanze in data 4,10 e 31 gennaio nonché 10 febbraio 2006.

Parte esponente ha articolato i seguenti motivi di diritto:

1.Violazione dell’art. 6 D.Lgs 104/96 e dei diritti di opzione e prelazione dei ricorrenti e comunque di tutta la successiva normativa che ha riconosciuto tali diritti (art. 3, comma 99 e 109 L. 662/96; art. 7, comma 2 quater DL 79/97 convertito in L. 140/97; art. 2 L. 488/1999; art. 3, commi 8, 13 e 20 del DL 351/2001 convertito in L. 410/01; art. 1 DL 41/04 convertito in L. 104/04) - Illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 8, 11 e 20 del DL 351/01 convertito in L. 410/01 e dell’art. 1 del DL 41/04 convertito in L. 104/04 e comunque del combinato disposto delle norme sopra indicate per violazione degli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione e dei diritti quesiti di opzione e prelazione dei ricorrenti - Violazione artt. 3, 5, 7, 8, 10 e 10 bis L, 241/90 e del principio del giusto procedimento - Illegittimità derivata. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, carenza dei presupposti, travisamento omessa considerazione di fatti, perplessità, sviamento, omessa valutazione dell’interesse dei ricorrenti, disparità di trattamento;

2.I provvedimenti impugnati sono inoltre illegittimi per eccesso di potere sotto i profili sintomatici sopra riportati.

3.Violazione DPR 138/98 allegato C.

Violazione dell’art. 6 D.Lgs 104/96 e dei diritti di opzione e prelazione dei ricorrenti e comunque di tutta la successiva normativa che ha riconosciuto tali diritti (art. 3, comma 99 e 109 L. 662/96; art. 7, comma 2 quater DL 79/97 convertito in L. 140/97; art. 2 L. 488/1999; art. 3 commi 8, 13 e 20 del DL 351/2001 convertito in L. 410/01; art. 1 DL 41/04 convertito in L. 104/04).

Illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 8, 11 e 20 del DL 351/01 convertito in L. 410/01 e dell’art. 1 del DL 41/04 convertito in L. 104/04 e comunque del combinato disposto delle norme sopra indicate per violazione degli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione e dei diritti quesiti di opzione e prelazione dei ricorrenti.

Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei fatti, irrazionalità, perplessità..

4.Eccesso di potere per carenza di motivazione e presupposti, difetto di istruttoria, sviamento, perplessità. Violazione del principio di buon andamento e trasparenza.

L’istante ha concluso come in atti.

Si è costituito l’INPS ed il Ministero dell’economia e delle Finanze, entrambi contestando il ricorso e chiedendone le reiezione.

La causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 10 maggio 2019 e ivi trattenuta in decisione.

2. Va premesso che il ricorso è stato tempestivamente proposto avverso l’atto finale effettivamente e direttamente lesivo della posizione giuridica dei ricorrenti e che pertanto l’eccezione di irricevibilità sollevata da parte dell’Istituto deve essere rigettata.

3. Tanto precisato, il ricorso è infondato nel merito.

Deve ricordarsi l’evoluzione normativa in materia di dismissione degli immobili di proprietà degli enti previdenziali pubblici che trova fondamento nella legge finanziaria dell’8.8.1995 n. 335.

In attuazione della stessa è stato emanato il successivo D. Lgs.n. 104/1996, il quale ha definito i programmi di dismissione, sia relativamente alle procedure di vendita che al diritto di prelazione e di opzione da parte dei conduttori distinguendo gli stabili l’uso (residenziale o diverso).

Il complesso degli immobili è stato, quindi, articolato in un piano ordinario di cessione che comprende le unità immobiliari ad uso abitativo o con contratti di locazione ad uso abitativo, ed in uno straordinario che è stato affidato dal DL 28 marzo 1997 n. 79 (convertito nella Legge 28 maggio 1997 n. 140), direttamente al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con quello del Tesoro.

Di seguito, sono poi intervenute la Legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 3, 109° comma, il DL 28 marzo 1997 n. 79, convertito con legge 28 maggio 1997 n. 140 e la legge 23 dicembre 1999 n. 488, art. 2), tese a velocizzare le procedure di vendita, con l’introduzione della possibilità della vendita singola, di cessione degli immobili in blocchi a favore di organismi collettivi sempre preservando il diritto di prelazione a favore dei conduttori.

Tale normativa è stata, da ultimo, modificata dal DL 24 settembre 2001 n. 351 (convertito nella legge 23 novembre 2001 n. 410), con il quale il legislatore ha avviato la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti pubblici, da realizzarsi in più fasi mediante l’emissione di titoli e l’assunzione di finanziamenti.

Ai sensi dell’art. 1 della predetta legge, gli immobili appartenenti agli enti previdenziali vengono individuati con decreti dirigenziali dell’Agenzia del Demanio e, quindi, trasferiti, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad una società veicolo.

E’ stata, perciò, costituita la Società di Cartolarizzazione Immobili Pubblici (SCIP) srl, e sono anche stati emessi i decreti di trasferimento di una parte degli immobili alla predetta società di cartolarizzazione.

Tra tali immobili è pure ricompreso l’edificio oggetto del presente giudizio.

Da ciò risulta, quindi, che la proprietà dell’unità immobiliare di cui è causa è stata trasferita alla Società SCIP e che, ai sensi del terzo comma dell’art. 1 della legge 23.11.2001 n. 410, il decreto dell’Agenzia del Demanio ha “effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e produce gli effetti previsti dall’art. 2644 c.c. nonché effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto”.

In tale contesto normativo è stata introdotta una particolare disciplina per gli immobili collocati nella categoria cd. “di pregio”.

Per individuare tale categoria è, però, necessario risalire ai criteri contenuti nel comma 109 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 che, alla lettera f bis (introdotta con l’art. 2 comma 2 della legge n. 488/1999) ha stabilito che “ gli alloggi in edifici di pregio sono definiti con circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Si considerano comunque di pregio gli immobili che sorgono in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 70% rispetto al valore di mercato medio rilevato nell’intero territorio comunale…”.

Sulla base di tale norma è intervenuta una prima circolare, del 27 gennaio 2000, del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale che esplicitava detti criteri riferendosi ai parametri già individuati con precedente circolare del 30 aprile 1997 (pubblicata sulla GU del 30.6.1997 n. 150), quindi una seconda, in data 7 agosto 2000, con la quale è stato evidenziato che il criterio dettato dal comma 2 dell’art. 2 della legge 488/99 doveva comunque considerarsi assorbente rispetto agli altri già enucleati nella precedente circolare del 27 gennaio 2000, e quindi ricomprendere anche i centri storici.

A seguito della costituzione della società di cartolarizzazione, quale veicolo per consentire l’immediato realizzo della liquidità conseguente alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, è stato ribadita l’esclusione degli immobili di pregio dalle agevolazioni previste per i conduttori delle restanti abitazioni.

Infatti l’art. 3 del DL 25 settembre 2001 n. 351 (convertito nella legge 23 novembre n. 410), stabilisce espressamente che:

-al comma 8, che “il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, escluse quelle di pregio ai sensi del comma 13, offerte in opzione ai conduttori che acquistano in forma individuale è pari al prezzo di mercato delle stesse unità immobiliari libere diminuito del 30%. Per i medesimi immobili è altresì confermato l’ulteriore abbattimento di prezzo, secondo i coefficienti in vigore, in favore esclusivamente dei conduttori che acquistano a mezzo di mandato collettivo unità immobiliari ad uso residenziale che rappresentano almeno l’80% delle unità residenziali complessive dell’immobile, al netto di quelle libere.

-al comma 13 che “con i decreti di cui al comma 1, su proposta dell’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, di concerto con l’Agenzia del Territorio, sono individuati gli immobili di pregio. Si considerano comunque di pregio gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli individuati nei decreti di cui al comma 1, su proposta dell’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, di concerto con l’Agenzia del Territorio”.

Con decreto del 31 luglio 2002 il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha recepito i criteri delle delibere assunte dall’Osservatorio di concerto con l’Agenzia del Territorio in data 17 aprile 2002 e 24 luglio 2002, e, con vari decreti, ha quindi individuato diversi immobili da considerare di pregio in quanto rientranti nei requisiti previsti nella predetta delibera.

L’impianto normativo de quo si è arricchito poi del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24.1.2003 n. 326, che modificando il comma 13 dell’art. 1 del DL n.351/2001 ha precisato che sono esclusi dalla categoria degli immobili di pregio quelli “che si trovano in stato di degrado e per i quali sono necessari intervento di restauro e di risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia”.

4. Tanto premesso, gli istanti lamentano la violazione del riferito DL 23 settembre 2001 n. 351, convertito nella legge 23.11.2001 n. 410, l’illegittimità costituzionale del medesimo 3, 42 e 97 della costituzione, la violazione della legge 241/90 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenze di motivazione, dei presupposti, travisamento dei fatti, sviamento e disparità di trattamento.

5. Tuttavia deve ricordarsi che la categoria degli immobili di pregio è stata introdotta con l’art. 3 del DL 351/01, convertito nella legge 410/01, che ha conferito all’Osservatorio del Ministero del Lavoro, di concerto con l’Agenzia del Territorio, il compito di decidere ed individuare le caratteristiche che devono possedere i singoli immobili per poter essere ricompresi nella categoria cd. “di pregio”.

A propria volta il Ministero dell’Economia e delle Finanze, recependo fin dal decreto 31 luglio 2002 le due deliberazioni dell’Osservatorio, ha approvato i quattro requisiti principali dallo stesso individuati consistenti:

1.nell’esistenza per l’intero immobile di vincoli ai sensi delle leggi 1089/1939 (immobili di valore artistico o storico) o 1497/1939 (vincoli paesaggistici categoriali);

2.nell’esistenza dell’immobile di oltre 2/3 di abitazioni da considerare di lusso ai sensi delle leggi 408/1949 e 35/1960, e successive modificazioni o integrazioni, del DL 1150/1967 convertito nella legge 26/1968, nonché nel decreto ministeriale 2.8.1969, o, per le singole unità di una superficie superiore ai 240ms;

3.nell’ubicazione in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 70% rispetto al valore medio di mercato rilevato nell’intero territorio comunale (art. 2, punto f bis, della legge 488/1999) secondo i valori pubblicati dall’Agenzia del Territorio; con la precisazione che sono da considerarsi comunque il pregio di immobili con un valore superiore a € 3.750,00 e di non pregio quelli di un valore inferiore a € 1.431,00;

4.nell’ubicazione nel centro storico individuato in base alle perimetrazioni dei piani regolatori con l’esclusione delle zone espressamente individuate come degradate.

I restanti punti 5 e 6 contengono, infatti, il primo soltanto una precisazione sugli immobili degradati ed il secondo la precisazione, del resto già dettata dalla legge 410/2001, che “è sufficiente la presenza che di uno solo di questi per l’inserimento dell’immobile nella categoria di pregio”.

Ne consegue che il decreto del 16 settembre 2005 è pienamente legittimo in quanto attraverso lo stesso è stata individuata una serie di immobili, tra i quali quelli di cui è causa, che essendo ricompresi nell’ambito dei suddetti criteri logici ed obiettivi, peraltro non contestati né impugnati dai ricorrenti, posseggono delle caratteristiche specifiche, caratteristiche tali da giustificare un processo di vendita differenziato.

L’individuazione è stata fatta perciò sulla base delle caratteristiche di particolare pregio dell’insediamento atte a renderlo alternativo rispetto a quelli propri delle zone periferiche (Cons. Stato, Sez. V, 23.6.1999 n. 710).

Nel caso di specie, è indubbio che lo stabile di cui è causa possegga i requisiti di cui al punto 3 del richiamato decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 31.7.2002.

Infatti, come risulta dalla perizia di stima effettuata dall’Agenzia del Territorio il 26.5.2005, il fabbricato è sito nel pieno centro della città ed è ubicato in una zona nella quale il valore unitario medio di mercato degli immobili ad uso abitativo è di € 5.000,00 al mq; cioè superiore del 70% rispetto al valore medio di mercato rilevato nell’intero territorio comunale (art. 2, punto f bis, della legge 488/1999) secondo i valori pubblicati dall’Agenzia del Territorio e, in ogni caso, superiore alla soglia di € 3.750,00.

Le deduzioni difensive prospettate dai ricorrenti in merito alle valutazioni dei predetti requisiti ai fini di una classificazione dello stabile come “pregio”, non possono essere condivise, atteso che l’individuazione del valore di zona non può in alcun modo tenere conto dei coefficienti di abbattimento previsti per gli stabili non di pregio.

A tal proposito occorre ricordare che l’art. 3 della legge n. 410 del 2001, al comma 20, come sostituito dalla legge di conversione del DL n. 351 del 2001, recita: “le unità immobiliari definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 sono vendute, anche successivamente al 31 ottobre 2001, al prezzo e alle altre condizioni indicati nell’offerta. Le unità immobiliari, escluse quelle considerate di pregio ai sensi del comma 13, per le quali i conduttori, in assenza della citata offerta in opzione, abbiano manifestato volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, sono vendute al prezzo e alle condizioni determinati in base alla normativa vigente alla data della predetta manifestazione di volontà di acquisto”.

Successivamente, l’art. 1, comma 1, del DL n. 41 del 23.2.2004, convertito con modifiche nella legge n. 104 del 24.4.2004 (recante “Disposizioni in materia di determinazione del prezzo di vendita di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione”) ha previsto che “il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, ai conduttori che abbiano manifestato, nelle ipotesi e con le modalità previste dal secondo periodo del comma 20 dell’articolo 3 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, è determinato, al momento dell’offerta in opzione e con le modalità di cui al comma 2, sulla base dei valori di mercato del mese di ottobre 2001”.

Il regime di dismissione degli immobili degli enti pubblici è, perciò, rigidamente disciplinato da un complesso sistema di norme che regolano in maniera differenziata situazioni diverse senza dar luogo ad alcun motivo di illegittimità, né di illegittimità costituzionale.

Gli immobili di pregio godono invero, connaturalmente ed in via generale, di particolari privilegi collegati a vari fattori che li differenziano dai restanti immobili; dal che il diverso (legittimo) trattamento loro riservato.

Va pure osservato che tali criteri sono espressione di discrezionalità del legislatore, prima, e dell’amministrazione, in seconda battuta; tal che il giudizio del Giudice è solo di natura estrinseca e mai sostituiva.

Infondate sono ancora le argomentazioni di parte esponente, laddove deduce che l’Istituto avrebbe dato una “commissione all’Agenzia del Territorio, Ufficio Provinciale di Roma, il compito di valutare lo stato di mantenimento dello stabile”.

In verità l’Agenzia ha provveduto ad effettuare le stime in forza di quanto disposto dalle disposizioni vigenti.

A tal fine la medesima ha tenuto conto del fatto che la richiamata normativa considera, ai fini della individuazione degli immobili di pregio, non il singolo stabile, ma il valore medio di mercato degli immobili siti in una determinata zona.

Pertanto, ai fini della collocazione dello stabile nell’ambito degli immobili di pregio, è del tutto irrilevante lo stato di manutenzione del singolo fabbricato, a meno che non siano presenti i due requisiti congiunti di cui al DL 30 settembre n. 269 (il quale ha modificato il comma 13 dell’art. 1 del DL 25.9.2001 n. 351), cioè uno stato di degrado e la necessità di interventi di restauro o risanamento conservativo.

Elementi, peraltro, che non paiono ricorrere nella fattispecie de qua, in quanto sono state evidenziate asserite carenze che derivano solo da difetto di manutenzione ordinaria del fabbricato.

Come correttamente rilevato dalla difesa dell’INPS, il DL 269/03 costituisce, infatti, solamente una esplicitazione e limitazione di quanto contenuto in precedenza nelle delibere richiamate nel decreto del 31.7.2003, e subordina il riconoscimento del cd. degrado, attraverso la locuzione “e”, alla necessità degli “interventi di restauro e di risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia”:

Con tale norma il legislatore ha evidentemente inteso escludere dalla categoria di “pregio” solamente quegli immobili che versano in una situazione talmente grave da giustificare la necessità degli interventi descritti.

Questi ultimi vanno, però, individuati in quelli previsti dalla legge 5.8.1978 n. 457 che, dettando norme per l’edilizia residenziale, all’art. 31, ha effettuato una precisa definizione dei possibili interventi sul patrimonio edilizio esistente.

In particolare gli stessi sono stati così classificati:

“a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico – sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tale interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivo dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;

d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il rispristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivo dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti;

e) interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico –edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”.

Pertanto gli interventi cui fa riferimento il comma 13 dell’art. 3 del DL 25.9.2001 n. 351 si identificano con quelli contenuti nei punti c) e d) dell’art. 31 della predetta legge 5.8.1978 n. 457, che necessitano, ai sensi dell’art. 27 della medesima legge, di una specifica individuazione da parte dei Comuni in sede di formazione dello strumento urbanistico generale o di un’espressa deliberazione del Consiglio.

Attraverso tali fatti, infatti, i Comuni individuano delle zone nelle quali si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio edilizio.

Perciò nei richiamati punti c) e d) dell’art. 31 della legge 457/78, non rientrano quegli interventi, completamente diversi e distinti da quelli contenuti nella richiamata normativa, che, nell’uso comune, vengono individuati con i termini “degrado”, “restauro” o “ricostruzione”.

Questi ultimi attengono, normalmente, a interventi di manutenzione ordinaria od al massimo straordinaria descritti di cui ai punti a) e b) dell’art. 31 della legge 457/78.

Infatti, appartengono alla prima categoria (punto a) – manutenzione ordinaria) degli interventi (opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti) che essendo legati all’uso del bene sarebbero a carico dei conduttori in base alla normativa sulle locazioni (legge 27.7.1978 n. 392), oppure interventi che pur essendo di manutenzione straordinaria (punto b) comunque non sono contenuti nelle previsione del richiamato comma 13 dell’art. 3 del DL 351/2001, nel testo novellato.

Nel caso di specie, invece, come risulta dagli accertamenti eseguiti dall’Agenzia del Territorio, non esiste alcuno stato di degrado del fabbricato collegato alla necessità di effettuare quegli interventi di restauro o di risanamento conservativo, né, tanto meno, di ristrutturazione edilizia considerati dal comma 13 dell’art. 3 del DL 351/2001 che sono gli unici che possono giustificare l’esclusione di uno stabile sito nel centro storico dalla categoria degli immobili di pregio.

Infatti il parziale distacco di intonaci non rientra nella nozione di degrado così come delineata ma costituiscono elementi di manutenzione ordinaria o, al massimo straordinaria che non hanno alcuna influenza sulla classificazione di pregio dello stabile.

L’Agenzia del Territorio, come risulta dalla perizia e dalle schede allegate, ha tenuto conto delle condizioni dei singoli appartamenti tant’è che hanno introdotto degli specifici coefficienti correttivi ed individuati dei valori al mq differenziati per i vari appartamenti.

6. Per quanto attiene la dedotta violazione degli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione da parte della normativa che regola la dismissione degli immobili di pregio, deve rilevarsi che il processo di cartolarizzazione dei beni immobili di proprietà degli enti previdenziali ha previsto dei tempi differenziati per la cessione degli stabili, data la mole di immobili di dismettere.

Il procedimento e l’esame delle varie situazioni concrete e di selezione degli stabili ha richiesto dei tempi tecnici non indifferenti tant’è che l’individuazione degli immobili da considerare “di pregio” non era ancora conclusa dal momento del ricorso.

Si aggiunga che l’appartamento concesso in locazione al Sig. Vigoriti ha una superficie catastale principale di ben 267 mq, mentre quello del Patriarca è pari a 217 mq oltre agli accessori, in zona “Parioli”.

Dal che consegue che alcuna discriminazione rilevante è configurabile, posto che si tratta di una disciplina differenziata dettata in relazione a situazioni obiettive anche loro nettamente differenziate.

7. Quanto poi alla dedotta violazione della legge 241/90 in materia di partecipazione al procedimento amministrativo, osserva il Collegio (anche in linea con le pertinenti argomentazioni dell’INPS) che la determinazione del prezzo degli immobili da cedere costituisce un’attività amministrativa di carattere generale, direttamente preordinata al conseguimento dei principi tipizzati dal legislatore cui la normativa sulle dismissione risulta inspirata, primo tra tutti quello della massimizzazione delle entrate pubbliche e della vendita dei beni al prezzo di mercato.

A ciò si aggiunga che il decreto legge 351/2001 si limita a stabilire che i conduttori devono essere preferiti, mediante il riconoscimento dei diritti di opzione e di prelazione, solo allorchè siano stabilite le condizioni di vendita.

L’attività di determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari, al pari dell’attività volta alla individuazione degli immobili, costituisce attività a monte della situazione giuridica dei conduttori, al pari di quanto avviene per gli altri potenziali acquirenti; con la conseguenza che la partecipazione procedimentale dei potenziali controinteressati (che neppure sono tali in senso tecnico) è del tutto inutile.

Si aggiunga che l’attività di individuazione del prezzo di vendita costituisce attività generale e che dunque trova applicazione il disposto di cui all’art. 13 della 241/90, il quale stabilisce che “le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.

Infine alcuna mancanza è ravvisabile nell’attività posta in essere dall’Agenzia del Territorio, la quale ha puntualmente proceduto alla stima del fabbricato de quo ed in tale sede ha eseguito specifici accertamenti sullo stato del fabbricato stesso.

8. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso deve essere rigettato perché infondato.

Sussistono tuttavia i presupposti di legge per compensare le spese tra la parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Ofelia Fratamico, Consigliere

Filippo Maria Tropiano, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Filippo Maria Tropiano

Elena Stanizzi

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

 

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