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Decadenza del permesso di costruire

Privato
Martedì, 4 Marzo, 2025 - 09:30

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), sentenza n. 970 del 7 febbraio 2025, sulla decadenza del permesso di costruire

MASSIMA

Ai fini dell'applicabilità dell'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la divergenza tra consentito e realizzato sussiste non solo quando  si costruisce in più del consentito, ma anche quando vi è il cd “incompleto architettonico”, configurabile sotto il profilo temporale qualora vi sia stata la decadenza del permesso di costruire e non sia possibile ottenere un nuovo titolo abilitativo, ovvero l’interessato non lo richieda. In particolare detto disposto si applica quando le opere incomplete non sono autonome, scindibili e funzionali, riducendosi ad esempio, alla realizzazione dei soli pali di fondazione, allo scavo del terreno, alla costruzione di pilastri o della struttura in cemento armato senza la tamponatura (c.d. scheletro), trattandosi  di opere riconducibili alla totale difformità dal permesso di costruire, non potendo essere rilasciato il titolo abilitativo per la realizzazione di un manufatto privo di una autonoma finalità. Né, a fronte di siffatte incompletezze, può ritenersi ricorra l’ipotesi di opere “quasi completate”, necessitanti solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire.

SENTENZA

Pubblicato il 07/02/2025

N. 00970/2025REG.PROV.COLL.

N. 07306/2022 REG.RIC.

N. 07373/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7306 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Nino Paolantonio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sorrento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Pasetto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Wwf Italia Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Anna Iaccarino e Giovanbattista Pane, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Edil Green S.r.l., non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 7373 del 2022, proposto da
Edil Green S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n.2;

contro

Comune di Sorrento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Pasetto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
W.W.F. Italia Onlus, rappresentato e difeso dagli avvocati Anna Iaccarino e Giovanbattista Pane, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Sesta, n. -OMISSIS-sui giudizi riuniti RG.n. 3547/2018 e n.2046/2021.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sorrento e di Wwf Italia Onlus;

Vista la sentenza parziale n. 2228/2024;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2025 il Cons. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati Nino Paolantonio, Maurizio Pasetto ed Angelo Clarizia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La sentenza del T.A.R. Campania appellata ha riunito i ricorsi presentati dall’avv. -OMISSIS- (volto all’annullamento dell’ordinanza n. 59/2021 di acquisizione gratuita del fondo di sua proprietà al patrimonio comunale) e dall’impresa Edil Green S.r.l. (promissaria acquirente del diritto di superficie sotterranea sul fondo di proprietà-OMISSIS-) per l’annullamento dell’ordine di rispristino dello stato dei luoghi n. 24101/2018 e dell’ordinanza di acquisizione n. 59/2021.

Per quanto riguarda le premesse di fatto, in conformità al principio di sinteticità ex art. 3 c.p.a., si fa integrale rinvio alla sentenza non definitiva n. 2228/2024.

1.1. La sentenza del T.A.R. per la Campania n. -OMISSIS- è stata appellata da entrambe le parti soccombenti con i ricorsi in epigrafe.

2. Con la sentenza non definitiva del -OMISSIS-, questa Sezione Seconda:

- ha riunito i due appelli ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a.;

- ha dichiarato inammissibile il primo motivo di appello proposto dal proprietario, con riferimento all’ordine di ripristino, perché tale atto non era stato impugnato in primo grado;

- ha ritenuto irrilevanti le questioni relative alla legittimità del permesso di costruire, tenuto conto che l’ordine di ripristino era stato adottato in conseguenza della decadenza del titolo abilitativo;

- quanto all’appello della società, ha respinto l’impugnazione avverso la declaratoria di improcedibilità del ricorso contro il diniego di rinvio della conferenza di servizi; quanto alle questioni relative al permesso di costruire, ha ribadito che l’ordine di ripristino era stato adottato in conseguenza della decadenza disposta con atto del 22 novembre 2016, non impugnato;

- ha quindi posto all’esame dell’Adunanza plenaria il seguente quesito:

“quale sia la disciplina giuridica applicabile alle opere parzialmente eseguite in virtù di un titolo edilizio decaduto e che non siano state oggetto di intervento di completamento in virtù di un nuovo titolo edilizio”.

3. Con decisione n. 14/2024 l’Adunanza plenaria ha così risposto al quesito posto da questa Sezione remittente:

“- in caso di realizzazione, prima della decadenza del permesso di costruire, di opere non completate, occorre distinguere a seconda se le opere incomplete siano autonome e funzionali oppure no;

- nel caso di costruzioni prive dei suddetti requisiti di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n.380/2001, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al permesso di costruire;

- qualora il permesso di costruire abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio villette) che siano rispondenti al permesso di costruire considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati –ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate - devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali -necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire;

- qualora invece, le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art.34 del T.U.;

- è fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 del T.U. nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile - di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica”; restituendo il giudizio a questa Sezione, per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito, nonché sulle spese del giudizio.

4. In data 3 dicembre 2024 l’Avv.-OMISSIS- ha depositato in giudizio l’istanza di rilascio di permesso di costruire, presentata lo stesso giorno al Comune di Sorrento, per la realizzazione, sul terreno oggetto del provvedimento impugnato di acquisizione al patrimonio comunale, di un progetto edilizio per la realizzazione di un parcheggio pubblico interrato.

Con memoria l’appellante ha argomentato come, anche alla luce dei principi enunciati dall’Adunanza plenaria, le opere realizzate sarebbero del tutto autonome e funzionali alla ultimazione di un parcheggio interrato, privo di strutture in elevazione; e tali opere sarebbero completabili secondo il nuovo progetto, in quanto conforme alle previsioni del vigente strumento urbanistico.

Alla stregua di tale iniziativa, pertanto, l’Avv.-OMISSIS- ha chiesto il rinvio dell’udienza pubblica di trattazione dell’appello.

5. Il Comune intimato ha depositato una memoria, con la quale ha, tra l’altro, rilevato come dagli atti prodotti in giudizio emerga pacificamente che le opere di natura privata - effettivamente e materialmente realizzate in totale difformità al titolo edilizio n.33/2010- siano rimaste incomplete e non siano né autonome né funzionali.

6. L’Avv.-OMISSIS- ha presentato una memoria di replica rilevando come alla nozione di edificazione non siano riconducibili interventi poco significativi che non hanno dato vita ad alcun organismo edilizio prima inesistente, di cui possa predicarsi la totale o parziale difformità rispetto all’assentito.

Ha, poi, insistito sulla illegittimità dell’ordinanza di demolizione.

7. L’o.n.l.u.s. W.W.F. Italia ha depositato una memoria, rilevando, tra l’altro, che opere di modifica radicale del territorio avviate per realizzare un’opera non assentibile (autorimessa privata interrata) non possono, al venir meno del titolo illegittimamente emesso, che essere sanzionate e certamente non possono essere mantenute in virtù della richiesta di realizzare un’altra opera del tutto diversa dalla precedente (parcheggio pubblico a rotazione).

8. Con memoria la società Edil Green insiste nella prospettazione di cui al secondo motivo di appello, circa la inesistenza di una “costruzione”, ossia di un organismo edilizio in senso tecnico/giuridico, con conseguente illegittimità dell'acquisizione gratuita dell'intera particella, interessata soltanto dall'inizio dei lavori prodromici all'edificazione vera e propria.

L’impresa argomenta come non sia riconducibile alla nozione di inizio lavori l’attività che si sia limitata all’innalzamento di elementi portanti, all'elevazione di muri, alla esecuzione di scavi; la mera esecuzione di lavori di sbancamento, secondo la giurisprudenza, è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell'effettivo "inizio dei lavori".

9. Nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2025, esaurita la discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.

10. L’istanza di rinvio è inaccoglibile alla stregua delle seguenti autonome ragioni:

a) stante l’indole eccezionale delle circostanze di fatto che, in base all’art. 73, comma 1 bis, c.p.a., consentono il differimento della trattazione della causa (da ultimo Cons. Stato, Ad. plen. n. 4 del 2024, sez. IV, n. 5872 del 2022, n. 2108 del 2022), circostanze straordinarie non ricorrenti nel caso di specie;

b) tenuto conto dell’obbligo delle parti (sancito dall’art. 2, comma 2, c.p.a.) di cooperare per la ragionevole durata del processo;

c) considerata l’irrilevanza, ai fini della definizione del presente giudizio, degli esiti del nuovo procedimento avviato su istanza di parte addirittura dopo il deposito della sentenza non definitiva di questa sezione e della decisione dell’Adunanza plenaria.

11. Per effetto della decisione parziale n. 2228/2024 rimangono da scrutinare i seguenti motivi di appello:

- quanto al ricorso 7306/2022 proposto dall’Avv.-OMISSIS-:

--la doglianza con la quale si censura la sentenza appellata nella parte in cui “per giustificare l’acquisizione dell’intera area, fa riferimento a documenti e provvedimenti estranei al procedimento amministrativo”;

-- quella con la quale si lamenta che l’atto di acquisizione sarebbe comunque illegittimo, avendo il Comune di Sorrento omesso qualsiasi motivazione circa l’estensione dell’area da acquisire, individuata semplicisticamente nell’intera particella 1326 di mq 3236 a fronte di uno scavo di mq 1900;

--quanto al capo relativo all’inottemperanza all’obbligo di demolizione, l’appellante rileva che egli, sin dal rilascio del titolo edilizio, per espressa pattuizione negoziale, non era più nella disponibilità, giuridica e materiale, del bene;

-- le censure non esaminate (e riproposte in appello) circa la inapplicabilità della misura dell’acquisizione ex art. 31, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 in danno del proprietario di un immobile rimasto estraneo alla realizzazione delle opere contestate, impossibilitato alla rimozione, nonché in ordine alla circostanza che le opere contestate erano state autorizzate con il P. di C. n. 33 del 2010, mai oggetto di revoca;

- quanto al ricorso n. 7373/2022 proposto dalla società Edil Green:

-- la censura (che ha determinato la rimessione all’Adunanza plenaria) con la quale si contesta la sentenza appellata in quanto le opere eseguite in virtù di un titolo edilizio valido ma poi decaduto non potrebbero essere oggetto di ordine di demolizione ex art.31 del d.P.R. n.380/2001, che riguarda le opere eseguite abusivamente, e data la tassatività delle norme sanzionatorie non può essere esteso a fattispecie non espressamente contemplate;

-- l’acquisizione gratuita sarebbe ingiusta, considerato che le opere di cui si era ingiunta la demolizione erano state eseguite in base al permesso di cui era stata poi dichiarata la decadenza, e sproporzionata, data la consistenza delle opere stesse;

-- le opere edili erano solo in fase embrionale, con conseguente inesistenza di alcuna costruzione in senso tecnico giuridico;

-- l’ordinanza n. 59/2021 era stata emanata dopo la presentazione del ricorso per l’annullamento del provvedimento recante l’ingiunzione di demolizione, avvenuta prima del decorso dei 90 giorni previsti per l’ottemperanza alla stessa ingiunzione.

12. Quanto al ricorso n.7306/2022, il terzo e quarto profilo (il cui esame assume priorità logica) sono infondati.

12.1. In primo luogo, l’appellante non può essere considerato “proprietario incolpevole”, in quanto con il preliminare di compravendita egli aveva trasferito solo la detenzione dell’immobile e inoltre l’impresa agiva quale sua procuratrice.

In particolare, con il preliminare, sospensivamente condizionato al rilascio del permesso di costruire, le parti statuivano la traslazione del possesso al promittente acquirente solo al momento della stipula dell’atto pubblico definitivo di trasferimento (art.8), la cui data veniva più volte spostata nel tempo con successivi atti, mentre veniva previsto che al momento dell’ottenimento del permesso di costruire la detenzione sarebbe passata in capo all’impresa promissaria acquirente alla quale veniva rilasciata procura speciale del 3.2.2006 da parte dell’Avv.-OMISSIS- per agire “in suo nome e per suo conto” allo scopo –tra l’altro- di chiedere autorizzazioni edilizie.

Ebbene, qualora venga concordata la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo di compravendita, la disponibilità conseguita dal promissario acquirente lo rende detentore qualificato, non possessore. Tant’è vero che il semplice trascorrere del tempo non lascia maturare i presupposti per un acquisto della proprietà per usucapione in capo al promissario acquirente (Cassazione civile sez. II, 23/06/2023, n.18118).

Ciò perché nella promessa di vendita (atto produttivo di effetti meramente obbligatori, anche in caso di consegna del bene: Cassazione civile, sez. un., 27/03/2008, n.7930 ) la consegna del bene (nella specie, immobile) e l'anticipato pagamento del prezzo, prima del perfezionamento del contratto definitivo, non sono indice della natura definitiva della compravendita, atteso che - quale che ne sia la giustificazione causale (clausola atipica introduttiva di un'obbligazione aggiuntiva o collegamento negoziale) - è sempre il contratto definitivo a produrre l'effetto traslativo reale (Cassazione civile sez. I, 01/03/2010, n.4863)

12.2. Ciò posto, è da osservarsi che la previsione contenuta nel comma 2 dell'art. 7 l. n. 47 del 1985 è stata oggetto di una pronuncia della Corte costituzionale (15 luglio 1991 n. 345) che ne ha escluso l'applicabilità nei confronti del proprietario incolpevole, e cioè nei confronti del proprietario che, estraneo all'abuso, abbia dimostrato in modo inequivocabile, una volta venutone a conoscenza, di essersi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento.

Al riguardo, questo Consiglio di Stato (sez. VI, sentenza del 26/02/2021, n.1648) ha chiarito come, in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, perché quest'ultimo possa andare esente dalla misura consistente nell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene (ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), occorre che risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva (ovvero risulti che si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offerti dall'ordinamento per agevolarne la rimozione).

Nel caso in questione non appaiono ricorrere detti indici, sia perché la ditta ha agito in nome e per conto del proprietario, sia perché questi aveva uno specifico interesse nell’esecuzione dell’intervento costruttivo in ragione della prevista assegnazione allo stesso di uno dei boxes realizzandi.

Sebbene la società detentrice dell'immobile (del quale aveva la materiale disponibilità) fosse nelle condizioni di poter restaurare il corretto assetto urbanistico del territorio, il proprietario, al fine di ritenersi (e poter essere ritenuto) incolpevole (e anche a tralasciare che aveva commissionato almeno in parte la realizzazione dell’opera attraverso i richiamati negozi giuridici), avrebbe dovuto quanto meno dimostrare di aver assunto iniziative per costringere l’impresa a ripristinare l’area.

Quanto detto appare in linea con i principi affermati - in tema di acquisizione dell’area di sedime in capo al Comune e responsabilità del proprietario - dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 16/2023, con la quale si è affermato che:

a) la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente primo illecito – avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle opere abusive;

b) la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall'art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l'emanazione dell'atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l'istanza prevista dall'art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell'inottemperanza;

c) l'atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell'obbligo propter rem - l'acquisto ipso iure del bene identificato nell'ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l'ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l'area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l'ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest'ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);

d) l'inottemperanza all'ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell'obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell'acquisto del bene da parte dell'Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all'Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d'ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato;

e) la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell'entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all'ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

Ne consegue l’infondatezza delle censure, il che priva di rilevanza il profilo con il quale si lamenta che erroneamente il Tribunale amministrativo, per giustificare l’acquisizione dell’intera area, avrebbe fatto riferimento a documenti e provvedimenti estranei al procedimento amministrativo, stante la legittimità dell’ordine di acquisizione (limitatamente all’acquisizione della sola area di sedime pari a 1900 mq, come si vedrà meglio infra), in ragione della sua natura dichiarativa, per effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione (non impugnato, si ricorda, dall’Avv.-OMISSIS-).

13. L’impugnazione è invece, come anticipato, parzialmente fondata.

L’atto impugnato ha disposto l’acquisizione dell’intera particella; ora, se l’acquisizione risulta legittima con riferimento all’area interessata dalle opere (divenute, per effetto della decadenza del titolo edilizio) abusive (opere di sbancamento, livellamento del terreno ed incantieramento, che hanno comportato l’asportazione di alberi e vegetazione, come indicato nell’atto impugnato e negli atti presupposti, nonché scavi ed apposizione di pali di fondazione trivellati, completi di getto), manca la necessaria congrua motivazione sull’acquisizione di area ulteriore rispetto a quella di sedime, posto che lo stesso atto di acquisizione impugnato precisa che (solo) “su parte di essa (la particella, ndr) insistono le opere rilevate nel corso degli accertamenti”, dandosi poi atto che lo scavo occupa circa mq 1900.

13.1. Come chiarito dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 16 del 2023, l'atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale "ha natura dichiarativa e comporta - in base alle regole dell'obbligo propter rem - l'acquisto ipso iure del bene identificato nell'ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l'ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l'area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l'ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest'ultima".

Dunque, per l'area di sedime, stante l'automatismo dell'effetto acquisitivo che si verifica ope legis per effetto della mera inottemperanza all'ordine di demolizione, è superflua ogni motivazione ulteriore rispetto alla semplice identificazione dell'abuso. Invece per l'individuazione dell'ulteriore area "necessaria" occorre uno specifico supplemento motivazionale (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. VI, 29/12/2023, n.11305, e 1 settembre 2021, n. 6190).

L’appello deve quindi essere accolto in parte, non avendo il giudice di prime cure vagliato tale censura, la cui fondatezza conduce all’annullamento dell’acquisizione dell’area ulteriore rispetto ai mq 1900 costituenti l’area di sedime dell’intervento edilizio.

14. Deve quindi procedersi all’esame delle censure sollevate nell’appello n. 7373/2022, sopra richiamate.

14.1. La questione circa l’illegittimità dell’ordine di demolizione deve essere respinta, alla stregua dei principi affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio con la sentenza n. 14/2024.

La decisione, nell’ampia ed articolata motivazione, ha chiarito come la ‘divergenza tra consentito e realizzato’ sussista non solo quando ‘si costruisce in più del consentito’, ma anche quando vi è il cd “incompleto architettonico”, configurabile sotto il profilo temporale qualora vi sia stata la decadenza del permesso di costruire, secondo le regole generali, e non sia possibile ottenere un nuovo titolo abilitativo, ovvero l’interessato non lo richieda.

Tale divergenza è configurabile quando vi è la realizzazione parziale di un complesso intervento edificatorio autorizzato (ad es. una sola costruzione autonoma e scindibile al posto di plurime costruzioni), quando i lavori si siano fermati prima dell’ultimazione del manufatto (durante la fase degli scavi o dopo la realizzazione anche parziale del solo “scheletro”, senza la copertura, le scale, i solai, il tetto o la tamponatura esterna).

Un caso particolare – in cui verosimilmente è consentito l’accoglimento di una istanza di accertamento di conformità, salve regole speciali - si ha quando vi è l’edificazione solo parziale dell’unica costruzione autorizzata (ad es. solo il primo piano, sia pure con la predisposizione dei pilastri per realizzare il secondo piano) o quando sia stato realizzato un edificio dal perimetro più contenuto e dunque inferiore rispetto a quello assentito.

L’art. 31 si applica quando le opere incomplete non sono autonome, scindibili e funzionali.

Quando l’opera incompleta non ha tali caratteristiche e si riduce, ad esempio, alla realizzazione dei soli pali di fondazione, allo scavo del terreno, alla costruzione di pilastri o della struttura in cemento armato senza la tamponatura (c.d. scheletro), si tratta di un’opera riconducibile alla totale difformità dal permesso di costruire, in quanto di certo non può essere rilasciato il titolo abilitativo per la realizzazione di un manufatto privo di una autonoma finalità.

Tale manufatto, per le proprie caratteristiche di grave incompletezza, non superabile mediante il rilascio di un ulteriore permesso di costruire se richiesto, costituisce anche causa di degrado dell’ambiente circostante.

Sotto questo profilo è condivisibile quanto sostenuto dal TAR, in quanto la riduzione in pristino dell’area deturpata dall’intervento edilizio cominciato, che non può essere terminato, è necessaria per ripristinare lo stato dei luoghi: se il proprietario decide di abbandonare i lavori, e comunque quando i lavori rimangono incompiuti, l’ordinamento non consente che vi sia il nocumento alle finalità perseguite in sede di pianificazione territoriale ed esige il rispetto della pianificazione urbanistica e, dunque, del principio per il quale le modifiche dello stato dei luoghi risultano lecite solo se vi è la coincidenza tra quanto è stato assentito e quanto è stato realizzato.

14.2. La vicenda in esame ricade perfettamente nella fattispecie enucleata dalla richiamata decisione nella parte in cui precisa che “Quando l’opera incompleta …….. si riduce, ad esempio, alla realizzazione dei soli pali di fondazione, allo scavo del terreno, alla costruzione di pilastri o della struttura in cemento armato senza la tamponatura (c.d. scheletro), si tratta di un’opera riconducibile alla totale difformità dal permesso di costruire”.

Infatti, con il verbale di sopralluogo prot. n. 41697 del 17 settembre 2018 ed il verbale di Polizia Municipale del 10 febbraio 2021 si constatava che: “1) Insiste tuttora sui luoghi il taglio del muro di confine su via Rota, creato al fine di configurare il varco di accesso all’area di cantiere. Il varco risulta protetto da un cancello provvisionale in pannelli di lamiera; 2) Il fondo, ricoperto per la quasi totalità da piante ed arbusti, presenta tracce di parziali opere di sbancamento e livellamento del terreno, in particolar modo nella posizione centrale. Al suo interno sono accatastate alcune gabbie/armature per pali da trivellare, alcuni dissuasori in cemento del tipo prefabbricato (tipo new jersey), oltre che due moduli di tipo prefabbricato (moduli ufficio) nei pressi dell’ingresso. 3) Lungo il perimetro del fondo, adiacenti il muro di confine verso viale Nizza (lato ovest) insistevano una serie di scavi per pali trivellati, dotati di armatura ma privi di getto in cls. 4) Lungo il tratto di confine sul lato Sud (opposto all’ingresso) sono tuttora presenti n. 4/5 pali di fondazione trivellati, completi di getto …” peraltro completati su DIA autorizzata durante il procedimento penale, per ragioni di sicurezza.

Trattasi, all’evidenza, di opere del tutto prive dei requisiti di autonomia e funzionalità, né può ritenersi ricorra l’ipotesi di opere “quasi completate”, necessitanti solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire; conseguentemente, il Comune non poteva che disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, trattandosi di interventi in totale difformità rispetto al permesso di costruire.

14.3. Non appare pertinente, al fine di valutare la legittimità dell’ordine di ripristino, il richiamo alla giurisprudenza che ritiene insufficienti, al fine di comprovare l'avvio dei lavori necessario per evitare la decadenza del permesso di costruire, i lavori preparatori di cantiere, che si ritengono non concretizzanti gli indici di un reale inizio dei lavori di costruzione.

Trattasi, all’evidenza, di differente problematica.

Il caso che ci occupa attiene all’avvenuta alterazione dello stato dei luoghi mediante opere preparatorie della costruzione del manufatto autorizzato, quali l’asportazione di vegetazione, lo sbancamento, il livellamento, scavi e realizzazione di alcuni pali in cemento armato; tale attività, pur non comportando un'edificazione in senso stretto, determina una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio.

15. Anche gli altri profili sollevati dalla ditta risultano infondati: che l’acquisizione sia stata disposta pendente il ricorso avverso l’ordine di ripristino non concretizza alcuna illegittimità, posto che l’ordine di ripristino non è stato sospeso in sede giurisdizionale ove poi il ricorso è stato respinto.

Vero è che, come recentemente ricordato dalla Sezione (sent. n. 8102/2024 del 9/10/2024), per principio pacifico, il ricorrente vittorioso non può patire conseguenze pregiudizievoli dal lasso temporale occorrente per l’esame del ricorso, motivo per cui la restitutio in integrum correlata alla caducazione di un atto incisivo della sfera giuridica del privato - quale l’ingiunzione di demolizione- deve essere effettiva, di guisa da porre il ricorrente vittorioso nelle medesime condizioni in cui si sarebbe trovato se quel provvedimento non fosse mai stato adottato.

E ciò sulla base del (pacifico) principio della retroattività dell'annullamento giurisdizionale e del principio generale per cui la durata del processo non può andare a danno della parte che ha ragione.

Quindi l’annullamento di una ordinanza di demolizione travolge anche l’atto di acquisizione.

Ma nel caso in esame il ricorso avverso l’ordinanza di demolizione è stato respinto, sicché il principio non si attaglia alla fattispecie.

16. Quanto ai rimanenti profili: la censura volta a sostenere l’illegittimità dell’acquisizione è infondata, nella parte in cui viene riferita all’area di sedime delle opere abusive, per le medesime ragioni già esplicitate in relazione al ricorso n.7306/2022.

Né, ancora, può dirsi che l’Amministrazione abbia fatto cattiva applicazione della regola di proporzionalità nei sensi prospettati dall’appellante.

Premesso che l’adozione dell’ordinanza di demolizione, con la quale l’autorità preposta alla tutela del territorio provvede alla repressione degli illeciti in materia edilizia e urbanistica, si connota come un preciso obbligo dell’Amministrazione, la quale non gode di alcuna discrezionalità al riguardo (ex aliis, Cons. giust. amm. sic., sez. riun., par. n. 198 del 2023), la violazione della regola di proporzionalità (che parte appellante aggancia alla presenza di opere «modeste») non può qui trovare utile invocazione considerato che la (come si è detto, corretta) configurazione delle opere, abusive, tratteggiata dal Comune non poteva che condurre al completo ripristino dello stato dei luoghi nei termini in cui è stato disposto (cfr. Consiglio di Stato, sez VI. n. 8072/2024).

17. L’appello è invece fondato nella parte in cui si lamenta l’illegittima estensione dell’acquisizione (oltre i 1900 mq di sedime delle opere abusive) anche alla restante parte della particella, per le medesime ragioni esternate in relazione all’analoga censura contenuta nel ric. n.7306/2022.

18. Per le suesposte ragioni gli appelli riuniti devono essere accolti nei limiti di cui sopra e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata ed in parziale accoglimento dei ricorsi di primo grado, l’ordinanza n.59/2021 dev’essere annullata nella parte in cui estende l’acquisizione oltre i 1900 mq della particella interessati dalle modifiche abusive.

Resta fermo il potere dell’amministrazione di determinarsi definitivamente, alla luce di congrua motivazione, in ordine alla estensione dell’area da eventualmente acquisirsi, oltre quella della particella interessata dalle modifiche abusive, come innanzi indicata.

19. La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), e le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, Consiglio di Stato sez. II, 18/01/2023 n.640 e giur. ivi richiamata), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

20. Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame, per la cui risoluzione si è reso necessario il rinvio all’Adunanza plenaria, costituiscono elementi che militano per l'applicazione dell'art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a., e depongono per la compensazione delle spese del grado di giudizio di appello tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata ed in parziale accoglimento dei ricorsi di primo grado, annulla l’ordinanza di acquisizione n.59/2021 limitatamente alla parte indicata in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i soggetti privati citati nel presente provvedimento.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Francesco Frigida, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere

Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Maria Stella Boscarino

Oberdan Forlenza

IL SEGRETARIO

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