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Acquisizione del bene per inottemperanza ordinanza di demolizione

Privato
Giovedì, 9 Febbraio, 2023 - 09:30

Consiglio di Stato, Sez. II, n. 714/2023, su acquisizione del bene da parte dell’Amministrazione per inottemperanza dell’ordinanza di demolizione.

MASSIMA

“Secondo la giurisprudenza amministrativa la sanzione acquisitiva al patrimonio dell’ente non può essere comminata nei confronti del proprietario del fondo incolpevole dell’abuso edilizio, cui è rimasto del tutto estraneo. Diversamente è a dire per la sanzione demolitoria, la cui natura “reale” e ripristinatoria dello stato dei luoghi per come preesistente all’illecito, la rende impermeabile al necessario previo accertamento di profili di responsabilità colpevole del proprietario, anche ove subentrato all’autore dell’abuso.

Ne consegue che per l’applicazione delle sanzioni amministrative privative della proprietà del bene, che non sono cioè meramente ripristinatorie dell’abuso perpetrato, è necessaria la sussistenza di un elemento soggettivo almeno di carattere colposo da parte del soggetto proprietario che le subisce.”

SENTENZA 

N. 00714/2023REG.PROV.COLL.

N. 07450/2022 REG.RIC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7450 del 2022, proposto dai signori OMISSIS e OMISSIS, rappresentati e difesi dall’avvocato Alberto Bagnoli, con domicilio digitale come PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pierluigi Alessandrini in Roma, via dei Prati Fiscali, n. 221;

contro

il OMISSIS, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

del signor OMISSIS, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sezione Prima, 20 maggio 2022, n. 179, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2022 il Cons. Antonella Manzione e udito per gli appellanti l’avvocato Roberto Bagnoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. I signori OMISSIS e OMISSIS chiedono la riforma della sentenza del T.a.r. per il Molise, Sezione Prima, n. 179/2022, con la quale è stato rigettato il loro reclamo ex art. 117, comma 4, c.p.a. avverso la determina n. 120 del 7 gennaio 2022 del commissario ad acta nominato, su istanza del controinteressato, signor OMISSIS, dal medesimo T.a.r. per il Molise con la sentenza n. 385 dell’11 novembre 2021, resa nel giudizio di ottemperanza della sentenza n. 205 del 20 luglio 2020, in materia di silenzio serbato dal Comune di OMISSIS sulle diffide a dare esecuzione ad ordinanza ingiunzione a demolire un manufatto abusivo.

2. In punto di fatto si rileva quanto segue.

2.1 Con ordinanza n. 1 del 5 marzo 2012 il Comune di OMISSIS ingiunse ai signori OMISSIS e OMISSIS la demolizione di un manufatto di volume pari a mq. 27,25, realizzato in OMISSIS in assenza di titolo abilitativo, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

2.2. Avverso tale provvedimento i signori OMISSIS proposero ricorso al T.a.r. per il Molise, respinto con sentenza n. 85 del 7 febbraio 2013, confermata in appello dalla Sezione VI del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1005 del 3 febbraio 2021 (emessa dopo l’accoglimento dell’opposizione a perenzione). È a far data da tale sentenza che si è pertanto cristallizzata la natura illecita della costruzione di cui è causa.

2.2.1. Nelle more della definizione del contenzioso, tuttavia:

- l’esecutività della sentenza di prime cure (e conseguentemente dell’ingiunzione a demolire n. 1 del 2012) era stata sospesa cautelarmente con ordinanza n. 2986 del 31 luglio 2013;

- il giudizio d’appello era stato dichiarato perento con decreto presidenziale n. 225 del 22 febbraio 2019, successivamente opposto, come poc’anzi ricordato.

2.3. Immediatamente dopo la declaratoria di perenzione dell’appello il signor OMISSIS, proprietario di un fondo vicino a quello ove insiste il manufatto in contestazione, sul presupposto della recuperata efficacia dell’ingiunzione a demolire, ne invocava l’esecuzione, diffidando in tal senso il Comune di OMISSIS (in data 22 marzo 2019 e 19 settembre 2019) a provvedere ai sensi dell’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 2001, essendosi a suo dire l’inottemperanza protratta per oltre 90 giorni dalla notifica del provvedimento.

2.3.1. Non avendo ricevuto riscontro alcuno, promuoveva il ricorso avverso il silenzio, definito con la richiamata sentenza n. 205 del 2020 del T.a.r. per il Molise, nella quale veniva sancito l’obbligo del Comune di pronunciarsi sull’istanza «mediante l’adozione di un provvedimento espresso» ex art. 2, comma 1, della l. n. 241/1990 entro sessanta giorni dalla notifica della sentenza. Veniva tuttavia chiarita l’impossibilità, allo stato, di accertare anche l’obbligo della medesima Amministrazione di «dare integrale esecuzione all’Ordinanza di demolizione n. 1/2012 […] demolendo materialmente ed integralmente le opere abusive in essa indicate» in quanto «l’efficacia esecutiva dell’ordinanza di demolizione di cui viene chiesta l’esecuzione è sospesa per la sospensione dell’esecutorietà della sentenza del Tar Molise n. 85/2013, giusta ordinanza cautelare n. 2986 del 31 luglio 2013, i cui effetti sono stati ripristinati a seguito dell’accoglimento dell’opposizione al decreto di perenzione pronunciato nel giudizio d’appello R.G. n. 4523/2013 (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza collegiale n. 3361, pubblicata il 27 maggio 2020)».

2.3.2. Successivamente, con la sentenza n. 385 dell’11 novembre 2021, il T.a.r. per il Molise, sempre su istanza del signor OMISSIS, nominava quale commissario ad acta per l’esecuzione della propria precedente pronuncia il Prefetto di Campobasso o un funzionario dallo stesso delegato, non senza ribadire «che la sentenza n. 205/2020 di questo T.A.R. ha respinto espressamente la domanda di accertamento dell’obbligo del Comune di “dare integrale esecuzione all’Ordinanza di demolizione n. 1/2012 […]». Ciò avveniva seppure «Letta la sentenza n. 1005 del 3 febbraio 2021 del Consiglio di Stato» nel frattempo sopravvenuta, precisando nuovamente che «il mandato conferito al commissario ad acta è limitato all’adozione di un provvedimento espresso e motivato di riscontro all’istanza del ricorrente, come disposto dalla sentenza n. 205/2020, senza estendersi anche alla materiale esecuzione dell’ordinanza di demolizione».

2.4. Con determina n. 120 del 7 gennaio 2022 il Commissario ad acta, in adempimento del mandato conferitogli, ha disposto:

-la notifica del verbale di accertamento dell’inottemperanza conseguito a sopralluogo effettuato in data 27 settembre 2019 da parte di personale del Comune di OMISSIS;

- l’irrogazione della sanzione pecuniaria di euro 20.000,00, ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, sul presupposto dell’accertata inottemperanza riferita ad abuso in zona soggetta a vincolo.

In data 21 gennaio 2022 ha infine depositato la relazione di sintesi dell’attività svolta riferendo altresì dell’avvenuta presentazione da parte degli interessati nel luglio 2021 dell’istanza di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, della quale si sarebbe fatto carico di chiarire al Sindaco e al responsabile del competente ufficio tecnico comunale la sostanziale inammissibilità, giusta la preesistenza della sanzione demolitoria n. 1 del 2012, la cui ritenuta inottemperanza aveva ormai comportato a suo dire l’acquisizione dell’area al patrimonio comunale.

3. Avverso tale determina ovvero, più in generale, avverso l’attività del commissario ad acta i signori OMISSIS e OMISSIS hanno presentato reclamo ai sensi dell’articolo 117, comma 4, del codice del processo amministrativo, articolando due distinti motivi di doglianza, con cui hanno in sostanza lamentato l’avvio del duplice procedimento sanzionatorio -per l’irrogazione della sanzione pecuniaria e per l’acquisizione dell’area- mediante notifica di un verbale di inottemperanza riferito ad una data (27 settembre 2019) alla quale non sussisteva alcun obbligo di ottemperare, nonché il travalicamento dei limiti del mandato conferito al commissario ad acta, che non doveva attingere la fase esecutiva vera e propria, come invece concretamente avvenuto.

4. Con la sentenza n. 179 del 2022 il T.a.r. per il Molise ha respinto il reclamo osservando che la consistenza sostanziale della pretesa azionata dal controinteressato con le proprie diffide al Comune e con il successivo ricorso avverso il silenzio serbato dallo stesso, era da ravvisare nella richiesta di esercitare i poteri di carattere repressivo e ripristinatorio rispetto agli abusi edilizi commessi sul fondo dei propri vicini e che pertanto correttamente il commissario aveva adottato tutti gli atti rientranti nell’esercizio di ridetto potere sanzionatorio, stante che ove si fosse limitato ad affermare la mera ineseguibilità dell’ingiunzione a demolire, già esplicitata nelle sentenze n. 205 del 2020 e n. 385 del 2021, la sua nomina sarebbe stata inutile. Avendo ripreso efficacia l’ingiunzione a demolire n. 1 del 2012 con il rigetto dell’appello avverso la sentenza che ne aveva sancito la legittimità (Cons. Stato, 3 febbraio 2021, n. 1005), l’obbligo di provvedere del Comune non poteva che essere riferito all’esecuzione della stessa, seppure astenendosi, per espressa indicazione del precedente giudice, dalla fase della demolizione materiale.

5. I signori OMISSIS hanno chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo in chiave critica le censure originarie, in particolare la violazione del giudicato, atteso che il commissario, diversamente da quanto espressamente richiestogli, avrebbe adottato atti rientranti nella fase esecutiva della demolizione, pretermettendo finanche, ovvero addirittura ingerendosi nel relativo procedimento, la richiesta di sanatoria avanzata il 14 febbraio 2021 (e non nel luglio 2021, come erroneamente indicato nella relazione) ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.

5.1. Né il controinteressato signor OMISSIS, né il OMISSIS si sono costituiti in giudizio.

6. Alla camera di consiglio del 15 novembre 2022 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

7. L’appello impone l’esame di due questioni ovvero le modalità e l’esatta accezione da attribuire alla nozione di esecuzione di un’ingiunzione a demolire, con particolare riguardo alle conseguenze sanzionatorie della sua mancata effettuazione da parte della proprietà, nonché la corretta perimetrazione nel procedimento de quo del potere del commissario ad acta: esso è fondato nei sensi e nei limiti che seguono.

8. L’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede, quale conseguenza della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, un’automatica fattispecie acquisitiva al patrimonio del comune dell’opera abusiva e della relativa area di sedime. Infatti i suoi commi 3 e 4 così dispongono:

«3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.»

8.1. Come affermato dal giudice delle leggi con riferimento all’omologa previsione contenuta nell’art. 15, comma 3, della l. 28 gennaio 1977, n. 10, «l’acquisizione, a titolo gratuito, dell’area sulla quale insiste la costruzione abusiva al patrimonio indisponibile del comune rappresenta la reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima, esegue un’opera in totale difformità od in assenza della concessione e, poi, non adempie l’obbligo di demolire l’opera stessa» (Corte cost., ordinanza n. 82 del 15 febbraio 1991).

8.2. La natura sanzionatoria autonoma dell’acquisizione al patrimonio, da sempre riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo, v. ex multis C.G.A.R.S., 25 marzo 2022, n. 373), ha trovato conferma con l’aggiunta al predetto art. 31 dei commi 4 bis, 4 ter e 4 quater, per effetto dell’art.17, comma 1, lett. q-bis), della legge 11 novembre 2014, n.164, di conversione, con modifiche, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, che hanno previsto un’ulteriore e autonoma sanzione per il medesimo illecito, ovvero la corresponsione di una somma di danaro compresa tra euro duemila (2.000/00) e euro ventimila (20.000/00), i cui proventi sono a destinazione vincolata alle spese per rimessione in pristino e acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico. L’importo è determinato nella misura massima in caso di abusi realizzati su aree o edifici sottoposti a vincolo, ivi comprese quelle soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato.

9. Tali previsioni introducono il delicato tema delle sanzioni che incidono sulla proprietà.

Di particolare interesse al riguardo è il dialogo tra le Corti sviluppatosi a proposito dell’altra sanzione ablatoria prevista in ambito urbanistico-edilizio ovvero la confisca che accede al reato di lottizzazione abusiva (su cui v. da ultimo Corte Cost., 26 marzo 2015, n. 49). Alla stessa si ritiene si attaglino gli autonomi criteri che la Corte di Strasburgo ha elaborato al fine di stabilire la natura “penale” o meno di un illecito e della relativa sanzione, dando alla dizione un’accezione diversa da quella che la connota nell’ordinamento nazionale. È stato chiarito come ciò non implichi un’indebita ingerenza nella scelta di politica criminale tra qualificazione di un fatto illecito come amministrativo o penale, rimessa al legislatore nazionale, ma ne impone piuttosto una valutazione estensiva per non sottrarlo ad alcuni ineludibili requisiti sostanziali, prima ancora che a precise garanzie procedurali (al riguardo, v. Cons. Stato, sez. II, 4 giugno 2020, n. 3548).

9.1. Uno dei requisiti in presenza dei quali si può parlare di sanzione “sostanzialmente penale” è identificato nel suo grado di severità (v. sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; v. anche Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n. 489, nella causa C-489/10). È evidente, dunque, come l’ablazione della proprietà a titolo sanzionatorio si connoti sempre per il grado di afflittività massima nei confronti del titolare della stessa.

10. La giurisprudenza del Consiglio di Stato si è già occupata della sostanziale differenza che intercorre tra la confisca urbanistica ed il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 novembre 2021, n. 7380): ciò non toglie tuttavia che alla luce del quadro sopra sommariamente delineato sia ineludibile un’interpretazione anche delle norme relative a quest’ultimo che tenga conto dei principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Secondo la giurisprudenza amministrativa la sanzione acquisitiva al patrimonio dell’ente non può essere comminata nei confronti del proprietario del fondo incolpevole dell’abuso edilizio, cui è rimasto del tutto estraneo. Diversamente è a dire per la sanzione demolitoria, la cui natura “reale” e ripristinatoria dello stato dei luoghi per come preesistente all’illecito, la rende impermeabile al necessario previo accertamento di profili di responsabilità colpevole del proprietario, anche ove subentrato all’autore dell’abuso.

Ne consegue che per l’applicazione delle sanzioni amministrative privative della proprietà del bene, che non sono cioè meramente ripristinatorie dell’abuso perpetrato, è necessaria la sussistenza di un elemento soggettivo almeno di carattere colposo da parte del soggetto proprietario che le subisce.

11. Ritornando alla previsione del citato art. 31 del testo unico dell’edilizia, esso, come accennato, assomma in sé due autonome e distinte sanzioni, ablatoria e pecuniaria,quali conseguenze dell’accertata inottemperanza all’ingiunzione a demolire, essa pure sanzione (ma reale) per l’illecito (pregiudiziale) della realizzazione dell’intervento sine titulo ovvero con gravi difformità dallo stesso.

È allora da chiedersi se le regole che sovrintendono all’irrogazione dell’una si attaglino anche all’altra, nonché - a monte - quali siano le garanzie procedurali sottese ad entrambe, senza peraltro obliare che la prima consegue ope legis all’accertamento, mentre l’altra presuppone una scelta discrezionale motivata quanto meno in relazione all’individuazione dell’importo.

12. Le sanzioni amministrative pecuniarie godono di uno statuto che, sebbene meno pregnante rispetto a quello delle altre, “sostanzialmente” penali, è finalizzato a garantire il rispetto del principio generale di legalità e di proporzionalità, nonché ad assicurare le guarentigie del giusto procedimento.

13. È noto che la disciplina del cd. diritto punitivo amministrativo (ovvero, secondo altra denominazione, del diritto penale amministrativo, distinto dal diritto amministrativo della prevenzione e da quello disciplinare) ha trovato nella l. 24 novembre 1981, n. 689 una sua organica sistemazione, sia dal punto di vista sostanziale che dal punto di vista processuale.

L’art.12, concernente l’ambito di applicazione, include nel proprio perimetro solo le sanzioni (e conseguentemente, gli illeciti puniti con le stesse) pecuniarie; per evitare che una simile limitazione potesse svuotare sensibilmente la portata della riforma è stata proposta un’articolata ricostruzione interpretativa della rilevanza ratione obiecti della l. n. 689/1981, individuando al suo interno tre nuclei fondamentali: a) i principi in materia di tutela giurisdizionale (originariamente contenuti negli artt. 22-25, oggi riconducibili all’art. 6 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, che si occupa in maniera esplicita delle sanzioni non pecuniarie; b) i principi sul procedimento (artt. 13-21); c) i principi sostanziali sull’illecito e la sanzione. Mentre le regole procedimentali, con l’esclusione - secondo una certa lettura - dell’art. 13, invocato come modello generale per ogni caso di applicazione di una sanzione amministrativa, si attagliarebbero solo a quelle pecuniarie, le regole sostanziali, pur con talune eccezioni (si pensi alla previsione di cui all’art. 10 ovvero alle regole sulla prescrizione, collocate nella sez. II del capo I, all’art. 28), non potrebbero non trovare applicazione ad ogni sanzione amministrativa in senso stretto, ancorché non pecuniaria.

La l. n. 689/1981 finisce in tal modo per avere un ambito di applicazione elastico, in quanto investe un genus di sanzioni (principalmente, ma non esclusivamente pecuniarie) comprensivo di una pluralità di species. Fanno eccezione quelle oggetto di autonoma disciplina, quali tipicamente proprio la materia urbanistico-edilizia, che anche quando prevede sanzioni consistenti nel pagamento di una somma di danaro, declina modalità di accertamento tipiche dell’illecito edilizio comunque punito (cfr. art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001, riferito, per limitarsi all’esempio più frequente, alle violazioni in materia di s.c.i.a., di cui all’art. 37 del medesimo Testo unico, e che comportano, appunto, sanzioni pecuniarie).

Ciò nonostante alcune fattispecie continuano a sfuggire all’accennata sistematica, facendo riaffiorare le problematiche di ordine generale inerenti alle modalità di coinvolgimento dell’autore dell’illecito nella fase di accertamento e i conseguenti regimi di tutela partecipativa al procedimento sanzionatorio. Tipico esempio di tale difficoltà di categorizzazione è proprio la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, che si aggiunge all’acquisizione del bene, ma si concretizza nel mero pagamento di una somma di danaro compresa tra un minimo e un massimo, salvo l’importo fisso per i casi ritenuti più gravi. Con quanto ne consegue in termini di coerenza ricostruttiva anche dell’effettivo trasgressore, stante che la norma, come noto, ingiunge la demolizione al responsabile dell’abuso, sia o meno proprietario, ma imputa le conseguenze dell’inottemperanza all’ “interessato” - id est il proprietario- cui non a caso essa va notificata - recte, contestata - previamente, seppure non risultino poi chiare le possibilità di opporsi alle sue, in verità assai pesanti, conseguenze.

14. Una lettura sistematica e costituzionalmente orientata impone l’estensione applicativa dei principi fondamentali di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 della l. 689/1981 anche a tali tipologie di illecito, così come affermato in generale per ogni sanzione amministrativa in senso stretto. Restano evidentemente fuori dall’applicabilità di tali principi solo quei provvedimenti, già ricordati sub § 10, che, seppur pregiudizievoli per il destinatario, assumono carattere primariamente riparatorio. Tra essi, come è evidente, rientra sicuramente la demolizione del bene quale conseguenza dell’avvenuto accertamento dell’edificazione sine titulo o in grave difformità dallo stesso. Solo integrando pertanto il dato testuale dell’art. 12 con considerazioni ispirate in ambito sanzionatorio ad ineludibili esigenze di garanzia, emerge chiaramente tutta l’importanza di sistema dei principi sostanziali e procedimentali fissati nella l. n. 689/1981, intorno alla quale è possibile costruire l’edificio della repressione amministrativa.

14.1. In tal senso si è espressa anche la Corte costituzionale che, nel dichiarare l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all’art. 18 della l. n. 689/1981, richiamando risalente giurisprudenza della Cassazione, ha affermato che «Nel procedimento sanzionatorio, riconducibile nel paradigma dell’agere della pubblica amministrazione, ma con profili di specialità rispetto al procedimento amministrativo generale, rappresentando la potestà sanzionatoria – che vede l’amministrazione direttamente contrapposta all’amministrato – la reazione autoritativa alla violazione di un precetto con finalità di prevenzione, speciale e generale, e non lo svolgimento, da parte dell’autorità amministrativa, di un servizio pubblico(Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 15 luglio 2014, n. 15825),l’esigenza di certezza, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, da parte dei consociati, delle conseguenze derivanti dall’esercizio dei pubblici poteri, assume una rilevanza del tutto peculiare, proprio perché tale esercizio si sostanzia nell’inflizione al trasgressore di svantaggi non immediatamente correlati alla soddisfazione dell’interesse pubblico pregiudicato dalla infrazione» (Corte cost., 12 luglio 2021, n. 151).

In materia di sanzioni amministrative dunque il principio di legalità non solo impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti, ma deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere.

Da qui anche le affermazioni inerenti all’importanza della fissazione di un termine per la conclusione del procedimento non particolarmente lontano dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito «consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della PA di cui all’art. 97 Cost.» (v. ancora Corte cost., n. 151/2021, cit. supra).

15. Un’analoga interpretazione orientata al rispetto dei principi ribaditi dalle Corti si impone anche per la dizione contenuta nel terzo comma del più volte citato articolo 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 ove si dispone che in caso di omessa demolizione il bene e l’area di sedime «sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune». L’acquisizione “di diritto” qualifica il provvedimento come obbligatorio e vincolato nel contenuto e la fa derivare dal mero mancato adempimento dell’ordine demolitorio, che peraltro potrebbe avere destinatari diversi (con la necessità di renderne comunque edotta la proprietà). Anche per tale ragione il Comune non è esonerato dall’accertamento dei presupposti che la rendono applicabile (elemento soggettivo). Il mancato adempimento infatti deve pur essere “accertato”, così come deve essere accertata la sussistenza dell’elemento psicologico che giustifichi l’irrogazione della sanzione. Ancor più precisamente, cioè, deve pur sempre essere accertato che il mancato adempimento sia frutto della volontà del destinatario del provvedimento e non sia legato, per esempio, a cause di forza maggiore o altre ragioni ostative, che non si sia dato luogo ad un adempimento parziale e in specifici casi quale sia l’estensione dell’area acquisita che per espresso disposto normativo «non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita».

16. I procedimenti repressivi in materia edilizia, culminanti con l’atto di acquisizione della proprietà privata al patrimonio comunale, devono pertanto seguire una corretta scansione procedimentale, la quale è costituita dal provvedimento di demolizione, con cui viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla stessa ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli; dall’accertamento dell’inottemperanza alla demolizione tramite un verbale; dall’atto di acquisizione al patrimonio che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione dell’acquisto della proprietà in capo al Comune o all’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo: in particolare, tale atto deve individuare il bene oggetto di acquisizione e la relativa area di sedime, nonché l’eventuale area ulteriore, nei limiti del decuplo della superficie abusiva, la cui acquisizione deve essere specificamente motivata con riferimento alle norme urbanistiche vigenti (Cons. Stato, sez. VI, 1 settembre 2021, n. 6190). La necessità che il completo verificarsi dell’effetto traslativo debba formare oggetto di un atto amministrativo, di natura sia pur dichiarativa, risponde all’esigenza di garantire il principio eurounitario di stabilità e certezza delle posizioni giuridiche ed il principio di buona amministrazione.

16.1. L’art. 31 scandisce chiaramente tali fasi procedimentali che non sono surrogabili dal fatto noto che l’abuso non è stato demolito ovvero dalle indicazioni testimoniali in tal senso dei controinteressati, in quanto inidonei a rendere partecipi dei -gravissimi- effetti del proprio o dell’altrui comportamento il proprietario del bene.

Il rafforzarsi del richiamato orientamento giurisprudenziale che àncora gli effetti compiuti dell’acquisizione gratuita al rispetto delle fasi procedimentali che l’articolo 31 del testo unico sull’edilizia disciplina, è conforme ai principi nazionali e multilivello; per contro, non lo sarebbe una lettura dell’articolo che finisse per considerare legittima l’applicazione di una sanzione amministrativa particolarmente afflittiva prescindendo dal suo accertamento, oltre che dalla sua formale irrogazione.

16.1.2. La giurisprudenza amministrativa più recente ha precisato che il perfezionamento procedimentalizzato di tale fattispecie acquisitiva risulta subordinato all’apertura di una parentesi accertativa dell’eventuale spontanea ottemperanza all’ordine di demolizione da parte dell’ingiunto, i cui esiti devono essergli previamente comunicati. È stato affermato che «L’effetto ablatorio in favore del Comune quindi si verifica ope legis in forza dell’inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione. Tuttavia, tale effetto, ancorché discendente automaticamente dall’inottemperanza, non esclude la necessità che il suo verificarsi debba formare oggetto di un atto amministrativo che, sia pure avente carattere dichiarativo, rappresenta l’accertamento ricognitivo della consistenza immobiliare oggetto di trasferimento e costituisce titolo necessario per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari del trasferimento dell’immobile» (Cons. St., sez. VI, 17 agosto 2021 n. 5901). Il completo perfezionamento della fattispecie acquisitiva è subordinato all’adozione di un atto avente valore provvedimentale, ma per addivenire allo stesso vanno rispettati i passaggi procedurali a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti e pure per esigenze di economia, stante che l’avvenuta demolizione spontanea soddisfa pienamente le esigenze di buon governo del territorio dell’Amministrazione vigilante.

16.1.3. Il rispetto di tali scansioni procedurali, lungi dal costituire baluardo meramente formale strumentalmente invocato per procrastinare, ovvero scongiurare, la demolizione dell’abuso, costituisce il giusto punto di incontro fra i contrapposti interessi tutelati dal legislatore, da un lato il rispetto dell’ordinato sviluppo del territorio, di cui il previo titolo edilizio costituisce garanzia primaria, dall’altro la tutela della proprietà, destinata comunque a recedere laddove il titolare non sacrifichi al suo mantenimento il doveroso ripristino spontaneo dello stato dei luoghi, sicuramente da preferire per intuibili ragioni di risparmio, anche economico.

Il che poi, sotto altro concorrente profilo, conduce a non svalutare il valore del verbale del sopralluogo, in genere demandato alla Polizia municipale, che constata l’omessa demolizione del manufatto abusivo. Per pacifica giurisprudenza esso costituisce un mero atto istruttorio endoprocedimentale che precede il provvedimento vero e proprio costituente titolo «per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente»; ma a detto verbale di sopralluogo deve essere attribuito il valore corrispondente, mutatismutandis, al verbale di contestazione dell’illecito ex art. 14 della l. n. 689 del 1981, stante che è solo a far data dallo stesso che il proprietario, astrattamente finanche ignaro della vicenda fino a tale momento, viene messo in condizione di chiarire la propria posizione, scongiurando l’effetto acquisitivo (ma non, ovviamente, quello demolitorio). Solo così è possibile recuperare quel necessario elemento di raccordo tra i due snodi che tipicamente connotano ogni procedimento sanzionatorio, ovvero la fase affidata agli organi di vigilanza, deputata all’acquisizione di elementi istruttori, e la successiva, avente natura lato sensu contenziosa e decisoria, preordinata all’adozione, da parte dell’autorità titolare della potestà sanzionatoria, del provvedimento di irrogazione della stessa.

17. Per il caso di interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti - in base a leggi statali o regionali- a vincolo di inedificabilità la norma prevede poi che l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza, si verifichi di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo, cui spetta anche la successiva demolizione e ripristino dello stato dei luoghi (art. 31, comma 6). Circostanza questa che, seppure contestata dagli appellanti nel contenzioso conseguito al diniego per silentium di sanatoria, è espressamente richiamata nell’ingiunzione a demolire, ma del tutto pretermessa dal commissario ad acta nella determina conseguente al (ritenuto) accertamento di inottemperanza.

18. E’ alla luce di tali coordinate ermeneutiche che deve essere valutata la determina n. 120 del 2021 del commissario ad acta, che dopo avere premesso il già avvenuto effetto acquisitivo, non riportato nella successiva parte dispositiva del provvedimento, ne riconduce la decorrenza alla notifica (disposta solo in tale sede e dunque di data ancora ignota) del verbale di inottemperanza accertata il 27 settembre 2019, nel contempo irrogando anche la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4 bis, del T.u.e., come se l’illecito si fosse consumato ineludibilmente in tale momento.

19. A ben guardare peraltro proprio l’avvenuta effettuazione di tale sopralluogo del 27 settembre 2019 dimostra che il Comune, diversamente da quanto opinato dal controinteressato, non era affatto rimasto inerte, essendosi attivato per verificare l’ottemperanza all’esito della seconda diffida da parte dello stesso; salvo poi non dar seguito al procedimento, giusta la reviviscenza della sospensione cautelare disposta con l’ordinanza di questo Consiglio di Stato n. 2986 del 31 luglio 2013 conseguita alla ripresa del giudizio d’appello: sicché anche da tale elemento documentale si potrebbe evincere la portata di mera intimazione a riscontrare formalmente le diffide contenuta nel giudicato del 2020.

19.1. Allorquando poi la controversia avente ad oggetto l’ingiunzione a demolire si è conclusa con la sentenza n. 1005 del 3 febbraio 2021, gli appellanti si sono attivati per ottenere un accertamento di conformità, presentando l’istanza datata 14 febbraio 2021, inoltrata con PEC del 4 marzo 2021, reiterata a seguito di richieste di regolarizzazione degli allegati da parte del Comune in data 12 aprile 2021. Diversamente da quanto indicato dal commissario agli uffici comunali e al Sindaco, l’avvenuta adozione dell’ingiunzione a demolire non era affatto preclusiva della presentazione di ridetta istanza di sanatoria, proprio in ragione della mancata definizione del procedimento di accertamento dell’inottemperanza. Il tenore letterale dell’art. 36 del T.u.e. infatti consente di accedere all’accertamento di conformità fino allo spirare del termine per la demolizione spontanea (nella fattispecie sospeso giudizialmente fino al 3 febbraio 2021,) ovvero «comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative» (tra le quali rientrano, ovviamente, sia l’acquisizione al patrimonio indisponibile, sia la somma di danaro prevista dal comma 4 bis, che egualmente presuppongono la decorrenza di 90 giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire pienamente efficace).

Anche per tale finalità dunque (tracciare il dies ad quem oltre il quale è obiettivamente preclusa la possibilità di richiedere la cosiddetta sanatoria ordinaria) è necessaria la notifica del verbale di inottemperanza, stante che nel breve spazio ricompreso tra i 90 giorni per la demolizione spontanea e l’adozione del provvedimento di acquisizione si radica la previsione di chiusura dell’art. 36 del T.u.e., che consente appunto fino allo spirare di tale termine la proposizione della relativa domanda (v. al riguardo C.G.A.R.S. n. 373/2022, già citata).

19.2. Una volta ammessa la possibilità di presentare tale istanza, occorre poi valutarne gli effetti sul procedimento demolitorio già avviato. Quale che sia la tesi cui si voglia aderire al riguardo - quella che riconduce alla presentazione dell’istanza di accertamento di conformità l’inefficacia della misura demolitoria che farebbe sorgere, in capo all’Amministrazione, l’obbligo di rivalutare l’abuso pervenendo ad una nuova pronunzia (v. Cons. St., Sez. VI, 3 marzo 2020, n. 1540, sulla conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’originaria impugnazione dell’atto) ovvero l’altra che vi ravvisa una causa di inefficacia temporanea, destinata a cessare una volta definito il procedimento di sanatoria (Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2020 n. 1260), ovvero ancora più semplicemente un impedimento temporaneo a che la misura repressiva venga portata ad esecuzione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 aprile 2022, n. 2855) - certo è che il procedimento demolitorio subisce necessariamente una battuta di arresto, nel caso di specie ulteriore rispetto a quella conseguita alla pronuncia cautelare. La definizione del procedimento in senso sfavorevole, con provvedimento espresso o per silenzio, determinerà la “riespansione” dell’originario ordine di demolizione che riacquisterà efficacia senza necessità di adottarne di ulteriori (v. Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2021, n.1432).

20. Ma anche di tale aspetto il commissario non tiene alcun conto, sull’assunto che l’istanza era ormai tardiva in quanto presentata ad acquisizione già avvenuta, seppure non ancora effettuata la notifica del verbale di inottemperanza.

21. Né a neutralizzare la portata, sostanziale e garantista, di ridetta notifica e, a monte, del contenuto dell’accertamento di inottemperanza, in termini oggettivi e soggettivi, può valere, come affermato dal primo giudice, la circostanza, incontestata dalle parti, della permanenza all’attualità in loco del manufatto abusivo. Afferma infatti il Tribunale adito per il reclamo che gli appellanti «si sono limitati a richiamare il dato formale della sospensione dell’efficacia del titolo demolitorio al tempo della redazione del verbale comunale di sopralluogo del settembre 2019, omettendo però di considerare il decisivo dato sostanziale della propria inerzia anche successiva, ingiustificatamente protratta per oltre un anno da quando il titolo aveva riacquistato efficacia». Con ciò sostituendo un accertamento per factaconcludentia, estraneo al paradigma legislativo, all’effettiva verifica richiesta dalla legge dell’inottemperanza, rilevante quale illecito ulteriore solo allo spirare di 90 giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire, ovvero dalla sua efficacia, ove non coincidente con la stessa. L’errore di fondo in cui incorre il commissario, cioè, consiste nell’avere dequotato a mero adempimento formale l’accertamento dell’inottemperanza, sì da ritenerne superflua la reiterazione, basandosi su quello già disponibile, seppure risalente ad epoca nella quale la demolizione non poteva -recte, non doveva - essere effettuata; nel contempo dequotando pure la prevista notifica, conseguentemente privata di qualsivoglia portata partecipativa e garantista, avendone già sanciti in anticipo gli effetti ablatori.

21.1. Lo stesso è a dire per l’ulteriore e distinto procedimento finalizzato all’irrogazione della sola sanzione pecuniaria, che attinge al medesimo nucleo comune della condotta di inottemperanza, giuridicamente rilevante allo spirare del novantesimo giorno dal momento in cui l’ingiunzione a demolire doveva essere eseguita, una volta venute meno le cause di sospensione della relativa efficacia. La portata complessa dell’atto opposto con l’odierno reclamo, nel suo riferimento promiscuo ad entrambi i due distinti procedimenti sanzionatori, nel contempo ignorando gli imprescindibili passaggi procedurali sottesi alla consumazione, prima che all’accertamento dell’illecito, ne rende evanescenti i confini temporali e rischia di vanificare la finalità di giustizia sottesa a quella «previa notifica all’interessato» dell’accertamento di inottemperanza che il legislatore ha inteso espressamente prevedere.

21.1.2. D’altro canto, ove davvero anche l’irrogazione della sanzione pecuniaria avesse dovuto conseguire all’accertamento del settembre 2019, il commissario avrebbe dovuto farsi carico di attivare anche i procedimenti finalizzati ad acclarare la responsabilità penale, disciplinare e amministrativo-contabile (fermo restando l’impatto sulla valutazione della performance individuale) del titolare del competente ufficio comunale, siccome espressamente previsto dal più volte richiamato comma 4 bis dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 per il caso di tardività o mancata adozione della stessa.

22. Sotto tale profilo pertanto il reclamo deve essere accolto.

23. Sulla natura dei compiti del commissario ad acta si è di recente espressa l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, ai cui principi si deve fare riferimento (Cons. Stato, A.P., 25 maggio 2021, n. 8), sottolineandone le funzioni di supporto al giudice laddove egli, nell’ambito della propria giurisdizione, deve sostituirsi all’amministrazione dopo la decisione.

Ciò avviene – come si evince dalle disposizioni del Codice attinenti alla relativa figura - «tutte le volte in cui il comando espresso dalla sentenza passata in giudicato o dotata di provvisoria esecutività (e non sospesa), ovvero il comando espresso dall’ordinanza cautelare, non venga eseguito dall’amministrazione, con pregiudizio per l’effettività e la pienezza della tutela della situazione soggettiva della quale è titolare la parte vincitrice nel giudizio di cognizione; tutela che, per realizzarsi pienamente, ha bisogno della necessaria attività dell’amministrazione».

Per quanto di interesse è evidente che egli, in quanto ausiliario del giudice, ritrae i propri poteri dall’atto di nomina che ha il fine di rendere effettiva la tutela giurisdizionale, adeguando la realtà giuridica e fattuale al comando contenuto nella pronuncia e che costituisce «il contenuto ed il limite del potere […] che ad esso (solo ad esso e nei limiti di quanto prescritto) deve dare attuazione» (v. ancora A.P. n. 8 del 2021, cit. supra). Essendo cioè il potere che gli viene conferito fondato sull’esigenza dell’attuazione delle decisioni giurisdizionali, la fonte dello stesso è riconducibile, quanto all’investitura, all’atto di nomina e, quanto al contenuto, alla sentenza (o comunque al provvedimento giurisdizionale della cui esecuzione si tratta); per contro egli non può mai assumere il ruolo, nemmeno in via “aggiuntiva”, di organo straordinario dell’amministrazione.

24. Se è vero inoltre che in sede di ottemperanza il giudice amministrativo può sostituire l’amministrazione anche nelle scelte che toccano il merito dell’azione, lo è altrettanto che il giudizio di ottemperanza costituisce il portato esecutivo di quello di cognizione. Quindi, come è pacifico che il giudice dell’ottemperanza è vincolato dal contenuto della sentenza da eseguire, è del pari evidente che la sentenza di cognizione ottemperanda è a sua volta legata ai limiti dati dalla domanda proposta dalla parte in sede di ricorso introduttivo: si tratta cioè di un rapporto di successiva delimitazione e progressiva messa a fuoco, dal quale non si può prescindere se non dimenticando le interconnessioni tra i vari momenti del processo.

25. Nel caso di specie la nomina del commissario è avvenuta, come chiarito nella parte in fatto, con sentenza n. 385 del 2021, per dare esecuzione alla precedente n. 205 del 2020, sempre del T.a.r. per il Molise. In tale pronuncia, resa peraltro consapevolmente a contesto giuridico già mutato nel senso della riacquisita efficacia dell’ingiunzione demolitoria n. 1 del 2012 (v. la dicitura «Letta la sentenza n. 1005 del 3 febbraio 2021 del Consiglio di Stato», che si ritrova al secondo capoverso della sentenza n. 385 del 2021), si è inteso ribadire «che il mandato conferito al commissario ad acta è limitato all’adozione di un provvedimento espresso e motivato di riscontro all’istanza del ricorrente, come disposto dalla sentenza n. 205/2020, senza estendersi anche alla materiale esecuzione dell’ordinanza di demolizione». Con ciò non chiarendo né l’ampiezza di ridetto “riscontro”, ovvero se esso dovesse concretizzarsi nell’attivazione -recte, perfezionamento - del procedimento sanzionatorio successivo all’ingiunzione a demolire ovvero più semplicemente nella mera esplicitazione delle ragioni del ritardo; né l’esatta accezione da attribuire alla dizione “materiale esecuzione” della demolizione, indicata come limite negativo, letteralmente riferita solo alla fase del ripristino dello stato dei luoghi.

L’ambiguità espressiva non trova soluzione neppure nella sottesa sentenza n. 205 del 2020, di accoglimento del ricorso avverso il silenzio del Comune, ove da un lato se ne affermal’obbligo di pronuncia «mediante l’adozione di un provvedimento espresso» ex art. 2, comma 1, della l. n. 241/1990, sull’istanza del proprietario di un’area o di un fabbricato « sulla cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto»; dall’altro lo si riferisce sia alla risposta «alla domanda con la quale i proprietari di terreni limitrofi a quello interessato da un abuso edilizio chiedono ad esso di adottare i conseguenti provvedimenti repressivi», sia , «ove sussistano le condizioni, anche ad adottare gli stessi». Senza tuttavia attribuire valenza alcuna all’atto in concreto già adottato dell’accertamento del 27 settembre 2019.

26. Ciò posto, la risposta ai dubbi interpretativi prospettati deve essere individuata avendo presente il contesto giuridico e fattuale nel quale è stata pronunciata la sentenza del 2020, che riconosce espressamente di non poter accedere alla richiesta esecuzione in danno dell’ingiunzione a demolire, giusta l’avvenuta sospensione cautelare della stessa. Sicché a stretto rigore il signor OMISSIS null’altro poteva pretendere se non di evidenziare all’Amministrazione la propria posizione giuridicamente tutelata di vicino di casa degli autori dell’abuso, imponendole la doverosa considerazione delle proprie istanze sollecitatorie. Il mutato contesto ha indotto il medesimo T.a.r. per il Molise a rileggere le proprie determinazioni alla luce della tutela effettiva richiesta dal controinteressato, recuperandola dal contenuto delle diffide al Comune, non da quello dell’istanza al giudice avverso il silenzio, necessariamente sedimentata in quel preciso contesto.

27. Ma a tutto concedere alla tesi del primo giudice, ovvero ampliando l’oggetto del giudicato fino a ricomprendervi la adozione «ove possibile», ovvero una volta divenuto possibile, anche degli atti della procedura sanzionatoria, rispetto ai quali in verità il Comune non era ancora effettivamente inadempiente, per non trasformare la relativa azione in quella di un organo straordinario dell’ente, intrinsecamente incompatibile con la sua natura, egli non poteva che limitarsi a sopperire alle lacune gestionali dello stesso.

28. Deve essere pertanto chiarita in maniera inequivoca l’estensione del mandato del commissario, seppure orientato in senso sostanziale, precisando che solo a far data dalla riacquisita efficacia dell’ingiunzione a demolire e successivamente alla stessa è possibile parlare di inottemperanza, l’accertamento della quale deve essere oggetto di verbalizzazione notificata alla proprietà, conformemente del resto con le previsioni della sentenza del T.a.r. per il Molise n. 205 del 2020. Quanto detto tenuto altresì conto dell’avvenuta formazione del silenzio rigetto avverso l’istanza di sanatoria, ove non diversamente definita dal Comune di OMISSIS, stante che. nel procedimento instaurato con ricorso n.r.g. 212/2021 innanzi al medesimo Tribunale di prime cure avverso lo stesso, non risulta accordata alcuna misura cautelare. Solo all’esito della notifica del (nuovo) verbale di inottemperanza, potrà essere disposta l’acquisizione al patrimonio, avendo cura di individuare l’Amministrazione competente, alla luce dei vincoli insistenti sull’area. A ciò farà seguito anche l’irrogazione dell’autonoma sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4 bis del T.u.e., ferme restando le responsabilità del titolare dell’ufficio comunale che non provveda o provveda in ritardo.

29. Resta da precisare che la nomina del commissario ad acta non determina di per sé l’esaurimento della competenza della p.a. sostituita a provvedere all’ottemperanza al giudicato, in quanto il venir meno della sua inerzia, pur dopo la scadenza del termine assegnatole, la renderebbe soltanto priva di causa e di funzione. Secondo i principi di economicità e buon andamento dell’azione amministrativa, non smentiti dalla legge o dalla pronuncia del giudice dell’ottemperanza, è infatti indifferente per il privato che il giudicato sia eseguito dall’Amministrazione, piuttosto che dal commissario, perché l’attività di entrambi resta comunque egualmente soggetta al controllo del giudice (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 dicembre 2008, n. 6585; sez. IV, 10 aprile 2006, n.1947; sez. V, 3 febbraio 1999, nr. 109). Ciò non tanto e non solo al fine di scongiurare per il personale dell’ente le responsabilità conseguenti ad ulteriori ritardi e/o omissioni, oltre quelle riconducibili alla specifica disposizione di legge sopra richiamata, ma anche perché resta nella esclusiva titolarità dello stesso la piena espressione dei poteri di vigilanza edilizia, che non incontrano più neppure la preclusione, intrinseca al precedente giudicato, dell’effettiva demolizione intesa come ripristino dello stato dei luoghi per porre rimedio alla riscontrata permanenza dell’illecito edilizio.

30. In conclusione il reclamo deve essere accolto nei sensi e nei limiti indicati.

30.1. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato con il reclamo.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore

Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere

Stefano Filippini, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Antonella Manzione

Carlo Saltelli

 

 

 

 

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