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Potere autotutela PA in materia edilizia

Privato
Venerdì, 25 Novembre, 2022 - 12:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, (Sezione Seconda), sentenza n. 1891 del 5 agosto 2022, sul potere di autotutela edilizia

MASSIMA

Una volta decorso il termine ordinario di trenta giorni previsto dall'art. 19, comma 3 e 6-bis, L. n. 241 del 1990 per l'esercizio del potere inibitorio, la pubblica amministrazione conserva comunque un residuale potere di autotutela; tale potere, con cui l'amministrazione è chiamata a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, condivide i principi regolatori sanciti, in materia di autotutela, dagli artt. 21-quinques e 21-nonies della L. n. 241 del 1990.

SENTENZA

N. 01891/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02003/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2003 del 2021, proposto da
OMISSIS rappresentati e difesi dagli avvocati Aldo Russo, Vincenzo Filippone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex art. 25 c.p.a. presso lo studio dell’avv. Aldo Russo in Milano, piazza Duse n. 1;

contro

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Cozzi, Antonello Mandarano, Alessandra Montagnani Amendolea, Anna Maria Pavin, Maria Lodovica Bognetti, Maria Giulia Schiavelli, Elena Maria Ferradini, Salvatore Smaldone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex art. 25 c.p.a. presso lo studio dell’avv. Antonello Mandarano in Milano, via della Guastalla, 6;

nei confronti

OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari, Francesco Giambelluca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex art. 25 c.p.a. presso lo studio dell’avv. Giuseppe Franco Ferrari in Milano, via Larga 23;

per l'annullamento o per la declaratoria di nullità ex art. 21-septies L. n. 241/1990

- del “provvedimento di annullamento” del Comune di Milano, Direzione Urbanistica, Area Sportello Unico per l'Edilizia, Unità Territoriale Municipi 5-6-7-8-9, Municipio 5, Prot. 08/09/2021.0478284.U relativo alla Scia del 25.09.2020 in atti P.G. 364.963/2020 riguardante il fabbricato di Via Meda n. 9;

- oltre ad ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, anche allo stato non conosciuto, ivi inclusi, la relativa comunicazione di avvio del procedimento con ordine di sospensione lavori pervenuto con PEC del medesimo Comune c_f205/0428736 del 02/08/2021 conseguente alla segnalazione effettuata dalla controinteressata,

- nonché, occorrendo, la nota comunale trasmessa con PEC prot. 15/10/2021.0552444.U. con cui viene esercitato il potere di vigilanza urbanistico-edilizio “finalizzato all'espletamento di ulteriori verifiche istruttorie” sul medesimo fabbricato di Via Meda n. 9 a seguito dell'esposto sempre della controinteressata;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano e di Disegnare Srl;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza n. 1268/2021 con cui è stata sospesa l’efficacia del provvedimento impugnato;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2022 la dott.ssa Laura Patelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

1. V.C. - quale comproprietario di un fabbricato sito in via M. n. 9 e dichiarando di avere l'assenso degli altri comproprietari (B., F. e M.) - presentava in data 25.9.2020, una S. per la realizzazione di opere edilizie nell'immobile predetto, catastalmente censito al fg. (...), mapp. (...) sub (...), (...) e (...), descritte come "Opere di manutenzione straordinaria finalizzate alla riqualificazione di un prospetto di edificio residenziale dismesso mediante l'apertura di due finestre e il rifacimento dell'intonaco di finitura" e qualificate dall'interessato come "intervento di manutenzione straordinaria (pesante), restauro e risanamento conservativo (pesante) e ristrutturazione edilizia (leggera) (1) D.P.R. n. 380 del 2001, articolo 22, comma 1, articolo3, comma 1, lett. b), c) e d). Punti 4, 6 e 7 della Sezione II - EDILIZIA - della Tabella A del D.Lgs. n. 222 del 2016".

L'immobile predetto è situato all'interno di un cortile, comune a fabbricati di altra proprietà e funzionalmente autonomi, con accesso carrabile e pedonale dalla via M. 9.

2. A seguito di sopralluogo della polizia locale (del 16 marzo 2021) e ritenendo l'apertura delle due finestre in contrasto con l'art. 9 D.M. n. 1444 del 1968, lo Sportello unico edilizia (Sue) del Comune di Milano trasmetteva in data 2 agosto 2021 una comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all'annullamento del titolo formatosi a seguito della S. anzidetta, ordinando contestualmente la sospensione dei lavori.

Nel dettaglio, il Comune evidenziava, in relazione alla S. in atti P.G. 364963/2020 Pratica n. 9739/2020 del 25.09.2020, che (i) "l'apertura di due finestre nel prospetto cieco dell'edificio in oggetto è in contrasto con l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 in quanto detto prospetto cieco, oggetto di riqualificazione, è antistante - a circa metri 7,14/7,25 - dal prospetto cieco - sul confine e di altezza variabile da 4,46 a 6 m - dell'edificio ad uso autofficina del civico 11 di via M." e, in subordine, (ii) che "manca l'assenso e la delega del sig. M.P. e della sig.ra S.F., complessivamente proprietari dei restanti 4/5 dell'immobile in oggetto visto l'atto di compravendita registrato a Milano DP I il 13/3/2020 n. 21090 Serie 1T". Comunicava quindi che "visto l'art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990 e s.m.i; riscontrati il predetto contrasto normativo e le predette carenze documentali, la SCIA è inammissibile e si ritiene conseguentemente che non sia possibile procedere all'esecuzione delle opere edilizie proposte sulla base della documentazione presentata".

3. Ritenute non decisive le osservazioni del privato istante nel frattempo pervenute, con Provv. dell'8 settembre 2021, l'amministrazione comunale procedeva all’ "annullamento ai sensi dell'art. 21 nonies L. n. 241 del 1990, degli effetti della s.c.i.a. del n. 25.09.2020 in atti P.G. 364.963/2020".

Nel provvedimento l'amministrazione richiamava le risultanze istruttorie dei sopralluoghi da cui si evinceva l'apertura delle finestre ed evidenziava che "la descrizione dei luoghi, verbale e grafica, date rispettivamente a pagina 10 e 11 della 'Relazione Tecnica Paesistica’ acclusa alla s.c.i.a. del 25.09.2020 - PG. 364.963/2020 e JPE. n. 9739/2020 - non è aderente all'esatta natura della fronte del fabbricato in confine che non è ascrivibile ad un 'muro di confine’, come ivi riferito, ma è il muro di fabbrica cieco, di altezza variabile da 4,46 a 6 m, dell'edificio ad uso autofficina del civico 11 di via M. la cui distanza dalla facciata dell'edificio in oggetto è inferiore a 10,00 mt (come rileva dalle fotografie e dalla sezione 7-7 in tavola 02c 'stato di fatto’ accluse al fascicolo edilizio di Via M. 11 - P.G. 450.557/2019 - Pratica 35325/2019). Tale rappresentazione, non ha consentito all'Amministrazione di valutare correttamente il rapporto tra i volumi edificati preesistenti. Quindi: o l'apertura di due finestre nel prospetto cieco dell'edificio in oggetto è in contrasto con l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 in quanto inferiore a 10,00 mt dall'antistante muro cieco di fabbricato. o le opere realizzate non sono da ascrivere ad intervento che ai sensi dell'art. 3, c.1 lett. c) del D.P.R. n. 380 del 2001 s.m.i. e del D.Lgs. n. 222 del 2016 Tabella A Sezione II attività 4, poiché le modifiche al prospetto dell'edificio pregiudicano l'agibilità dell'unità immobiliare al piano secondo dell'edificio. o la tavola 'ARCH.PR-003’ è priva dell'indicazione delle destinazioni d'uso di progetto e la descrizione del progetto data a pagina 7 della predetta 'Relazione Tecnica Paesistica’ non è conforme all'art. 22 del D.P.R. n. 380 del 2001 'L'intervento non è finalizzato a rendere utilizzabile l'edificio.. omissis’; Considerato che, salva la variazione delle proprietà successiva al periodo di marzo 2020, tutte le memorie e deduzioni presentate dalla parte (in data 18.8.2021 PG 454147/2021 dall'avvocato Russo), non superano le eccezioni rilevate e che anche a seguito del sopralluogo, permangono tutti i motivi di inammissibilità del realizzato intervento edilizio".

Quanto all'interesse pubblico alla rimozione degli effetti della S., il provvedimento precisava che "sussistono i sotto indicati motivi di interesse pubblico all'annullamento di cui all'art. 21 nonies della L. n. 241/1990 degli effetti del titolo edilizio formatosi con la precitata s.c.i.a.: a) della violazione della distanza minima di 10 m dai fronti finestrati prevista dall'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 per gli aspetti sopra esposti il titolo abilitativo formatosi sulla s.c.i.a. precedentemente citata è da ritenersi illegittimo; Inoltre, il potere di annullamento viene esercitato in un tempo ragionevole, considerati i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri relativi alle misure di contenimento e di contrasto alla diffusione di COVID-19, delle ordinanze della Presidenza di Regione Lombardia, posto che l'Amministrazione ha comunicato l'avvio del procedimento in data 02.08.2021".

4. E.B., V.C., A.M. e la Comunità Religiosa Islamica Italiana - i primi quali proprietari e quest'ultima per il fatto che nel fabbricato è realizzata una moschea - hanno quindi proposto il ricorso in epigrafe, notificato il 30 ottobre 2021 e depositato il 12 novembre successivo, deducendo l'illegittimità del provvedimento predetto sulla base di sei motivi. L'atto di annullamento sarebbe (i) viziato da nullità poiché in capo al Comune difetterebbe in assoluto il potere di annullamento di una S. e (ii) dovrebbe comunque essere annullato per mancato rispetto dei termini per l'esercizio dei poteri inibitori previsti dall'art. 19 L. n. 241 del 1990 né dei termini di intervento previsti per l'autotutela dall'art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, essendo anzi invece medio tempore maturato un ragionevole affidamento sulla legittimità dell'attività intrapresa. Inoltre, (iii) agli interessati sarebbe stata fornita solo una parte della documentazione rilevante durante la fase di partecipazione procedimentale, cosicché essa non si sarebbe rivelata effettiva; (iv) i lavori sarebbero stati poi già completati prima dell'ordine di sospensione dei lavori, mancando solo la posa dei serramenti e non sussisterebbero ragioni di interesse pubblico all'intervento in autotutela. L'ordine di ripristino sarebbe comunque (v) irragionevole e sproporzionato. Infine (vi) sarebbe illegittima anche la nota del 15 ottobre 2021 con cui il Comune avrebbe comunicato l'espletamento di ulteriori verifiche istruttorie.

5. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Milano e D. Srl, società proprietaria del fabbricato confinante.

Ad esito dell'udienza camerale del 23 novembre 2021, con ordinanza n. 1268/2021, il T.A.R. ha sospeso l'efficacia del provvedimento impugnato per addivenire alla decisione di merito re adhuc integra.

6. In vista dell'udienza pubblica per la trattazione di merito, le parti hanno depositato documenti e memorie, insistendo nelle rispettive domande. Infine, all'udienza del 22 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

Alla stessa udienza è stato chiamato anche il ricorso avente R.G. n. 1259/21, proposto dai medesimi ricorrenti avverso il permesso di costruire prot. (...) del 16.4.2021 rilasciato a D. Srl in relazione al proprio edificio.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, articolato nei sei motivi sintetizzati in narrativa, è infondato.

2. Anzitutto deve essere dichiarata l'inammissibilità del sesto motivo di ricorso, come eccepito dalla difesa del Comune di Milano, poiché con la censura in esame è dedotta l'illegittimità di una comunicazione di avvio del procedimento - peraltro relativa a procedimento diverso da quello che ha portato all'adozione del provvedimento impugnato e successivo - che non ha alcuna portata lesiva in sé.

3. Nel merito, il primo, il secondo e il quarto motivo devono essere esaminati congiuntamente, in quanto tutti relativi al procedimento di verifica della legittimità della S. e all'annullamento dei suoi effetti.

3.1. Va precisato che l'amministrazione comunale non ha esercitato, nella fattispecie, i poteri inibitori previsti dall'art. 19, comma 3 e 6-bis, L. n. 241 del 1990.

Tuttavia, una volta decorso il termine ordinario di trenta giorni previsto dall'art. 19, comma 3 e 6-bis, L. n. 241 del 1990 per l'esercizio del potere inibitorio, la pubblica amministrazione conserva comunque un residuale potere di autotutela; tale potere, con cui l'amministrazione è chiamata a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, condivide i principi regolatori sanciti, in materia di autotutela, dagli artt. 21-quinques e 21-nonies L. n. 241 del 1990 (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. II, 4 febbraio 2022, n. 782).

Come chiarito anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 45 del 13 marzo 2019, "il comma 3 dell'art. 19 attribuisce alla PA un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi), esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA, dando la preferenza a quelli conformativi, "qualora sia possibile"; mentre il successivo comma 4 prevede che, decorso tale termine, quei poteri sono ancora esercitabili "in presenza delle condizioni" previste dall'art. 21-novies della stessa L. n. 241 del 1990. Quest'ultimo, a sua volta, disciplina l'annullamento in autotutela degli atti illegittimi, stabilendo che debba sussistere un interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della legalità, che si operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti e che, per i provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati, il potere debba essere esercitato entro il termine massimo di diciotto mesi. Il comma 6-bis dell'art. 19 applica questa disciplina anche alla SCIA edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da sessanta a trenta giorni e prevedendo, inoltre, che, "restano … ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali"".

3.2. Nel caso di specie, il Comune - non avendo esercitato gli ordinari poteri di controllo - ha comunque verificato che difettassero i presupposti per la S., in relazione all'erronea rappresentazione dei fatti e alla violazione delle distanze inderogabili dai confini, e ha provveduto nei termini previsti dall'art. 21-nonies.

3.3. Non è quindi fondata l'affermazione dei ricorrenti secondo cui il Comune avrebbe esercitato dei poteri non attribuitigli dall'ordinamento.

3.4. Parimenti infondata è la censura relativa alla violazione dei termini di intervento secondo i poteri previsti per l'autotutela, considerato che il provvedimento di "annullamento" è stato adottato entro un anno dalla presentazione della S.. D'altro canto, avendo l'amministrazione provveduto nel termine prescritto dalla legge e non essendo le opere nemmeno terminate, non è predicabile alcun ragionevole e legittimo affidamento al mantenimento di opere illegittimamente realizzate.

3.5. Lo stesso deve dirsi per l'affermazione secondo cui mancherebbe l'interesse pubblico a provvedere in autotutela. Nel provvedimento impugnato si dà invece espressamente conto delle ragioni di interesse pubblico che sorreggono l'esercizio del potere, vale a dire l'esigenza di impedire la violazione della distanza minima di 10 metri tra edifici imposta dal D.M. n. 1444 del 1968 per ragioni di salubrità dei luoghi.

Il riferimento alla salubrità dei luoghi è da considerarsi sufficiente dal punto di vista motivazionale, se si considera che è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2017, n. 3093 e 8 maggio 2017, n. 2086; 29 febbraio 2016 n. 856; Cass. civ., Sez. II, 14 novembre 2016 n. 23136) che la disposizione contenuta nell'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 ha carattere inderogabile, "poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza; tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile".

3.6. Tanto ribadito, si osserva che la disposizione dell'art. 9 D.M. n. 1444 del 1968 riguarda la distanza con "pareti finestrate" per la realizzazione di nuovi edifici. Nemmeno sotto tale profilo, l'accertamento dell'amministrazione è contestabile, poiché è pacifico che si tratti di una modifica da prospetto cieco a finestrato. I ricorrenti si limitano in effetti ad affermare che all'epoca di realizzazione l'edificio fosse dotato di pareti finestrate, poi tamponate in epoca successiva. Tuttavia, la circostanza non è in alcun modo allegata né è documentata l'epoca di tali modifiche, né sono indicati i titoli edilizi sulla base dei quali le opere siano state realizzate con finestre e successivamente tamponate. Anzi, dalla documentazione prodotta dal Comune e risalente al 1921 (doc. 9 dell'amministrazione), la parete dell'immobile di via M. 9 risultava già cieca e le finestre erano disegnate come meri decori architettonici.

In presenza di tale quadro fattuale, l'accertamento degli uffici tecnici comunali è esente dai vizi denunciati: per la modifica di prospetto da cieco a finestrato - ai fini della verifica della distanza minima fra fronti finestrati di cui all'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 - gli uffici hanno preso come riferimento il muro di fabbrica presente sul confine della proprietà con via M. 11; ciò in quanto il muro presente sul confine ha una dimensione tale da non poter essere considerato un semplice muro di confine, bensì un muro di fabbrica. Lo stesso dato emerge dalle fotografie depositate agli atti, in cui il muro in questione è visibile come corpo di fabbrica.

4. Venendo ora al terzo motivo di ricorso, le affermazioni sulla carenza di partecipazione procedimentale sono infondate.

Come già rappresentato in narrativa (a cui si rinvia per i dettagli), gli uffici comunali hanno coinvolto i privati sin dall'avvio del procedimento, effettuando anche sopralluoghi in contraddittorio. A conferma del coinvolgimento effettivo, C., tramite il proprio legale, ha depositato memoria di osservazioni in data 18.8.2021.

Quanto al fatto che non tutti i documenti richiesti sarebbero stati immediatamente ostesi alle parti, anzitutto i ricorrenti non deducono specificamente quali osservazioni avrebbero potuto compiere - e invece non sono stati in grado di farlo - per la mancanza dei documenti conosciuti successivamente; inoltre, non risulta che il diniego sull'istanza di accesso agli atti sia stato impugnato, sicché le circostanze dedotte sono anche inammissibili.

5. Quanto sinora osservato conduce anche al rigetto del quinto motivo di ricorso, poiché la doverosa conseguenza dell'annullamento di un titolo edilizio è il ripristino della situazione pre-esistente.

6. Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

7. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di giudizio per euro 4.000,00 (quattromila/00) in favore del Comune di Milano e per euro 4.000,00 (quattromila/00) in favore di D. Srl.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Edilizia » Giurisprudenza

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