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Assegnazione immobili ERP

Privato
Martedì, 6 Maggio, 2025 - 19:00

Corte di Cassazione, ordinanza n. 7941 del 25 marzo 2025, sulla assegnazione immobili ERP

MASSIMA

In tema di assegnazione in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica, l'esistenza del diritto alla cessione dell'immobile presuppone, in capo all'assegnatario, la sussistenza al momento della stipula dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento. La mancanza di uno di tali requisiti, quale l'esatto adempimento del pagamento del prezzo, preclude l'insorgenza del diritto al trasferimento dell'immobile, anche se l'istanza di cessione è stata accettata ed il prezzo comunicato.

ORDINANZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico - Presidente

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere

Dott. VAROTTI Luciano - Relatore

Dott. D'ORAZIO Luigi - Consigliere

Dott. ROLFI Federico Vincenzo Amedeo - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22880 del ruolo generale dell'anno 2023,

proposto da

A.A., nato in S il (Omissis) (Omissis) ed ivi residente in (Omissis), elett.te domiciliato a S in (Omissis), presso l'Avv. Otello Bagalini (Omissis) che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale stesa in calce al ricorso, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e notifiche nel corso del procedimento tramite fax al n. (Omissis) o al seguente indirizzo di Posta Elettronica Certificata: (Omissis).

Ricorrente

contro

Comune di San Benedetto del Tronto (Omissis), in persona del Sindaco pro-tempore sig. Spazzafumo Antonio, con sede in S, (Omissis), rappresentato e difeso dall'Avv. Marina di Concetto (C.F. (OMISSIS) dell'Avvocatura comunale, iscritta all'albo degli avvocati ammessi al patrocinio dinanzi la Corte di Cassazione, la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al presente giudizio all'indirizzo di posta elettronica certificata (Omissis) ed elettivamente domiciliato presso lo Studio dell'Avv. Livia Ranuzzi in R, (Omissis), indirizzo di posta elettronica certificata (Omissis), in virtù di determinazione del Dirigente n. 1412 del 21.11.2023 e di procura speciale unita al presente atto, da considerarsi in calce allo stesso ex art.83, comma 3 c.p.c.

Controricorrente

nonché contro

Ente regionale per l'abitazione pubblica delle Marche (Omissis) in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e Legale Rappresentante pro tempore, Dott. A.A. nato a F il (Omissis) (CF: (OMISSIS) con sede ad A (Omissis), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Sabrina Tosti (C.F. (Omissis)) e Marianna Sebastiani (C.F. (OMISSIS) - pec: (Omissis)) dell'Avvocatura ERAP Marche, in forza della delibera del Consiglio di Amministrazione n. 243 del 29.11.2023 e in virtù di procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale degli indicati procuratori (breviter ERAP).

Controricorrente

avverso la sentenza della Corte d'Appello di Ancona n. 1021 depositata il 28 giugno 2023.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 marzo 2025 dal consigliere Luciano Varotti.

Svolgimento del processo

1.- A.A., assegnatario conduttore dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in S (Omissis), a seguito della comunicazione dello IACP di Ascoli Piceno del 10 dicembre 1996, formulava proposta di acquisto del bene.

Dopo che l'immobile era transitato dal demanio statale al patrimonio del predetto Comune nel 2002, lo IACP con determina n. 121 del 7 ottobre 2004 autorizzava la cessione del bene a favore del A.A. ed il 30 maggio 2005 gli comunicava il prezzo di vendita, nonché la documentazione occorrente per la stipula, facendogli anche presente, con successiva comunicazione del 4 agosto 2005, che la documentazione per la cessione era stata inviata al Notaio Barmann.

A.A. decedeva il 7 agosto 2005 e il contratto di locazione in essere veniva volturato a favore della coniuge superstite, C.C.

Successivamente, l'ERAP – che in base alla legge reg. Marche n. 36/2005 era subentrato allo IACP – con determina n. 9 del 10 gennaio 2006 dava il nulla osta alla cessione dell'alloggio.

Quindi con determina n. 104 del 1 febbraio 2007 il Comune proprietario autorizzava il Dirigente dei Servizi Finanziari Produttivi a stipulare l'atto pubblico e l'C.C. faceva pervenire al notaio Barmann un assegno circolare di Euro 17.177,20 per il pagamento del prezzo.

A seguito di un sollecito dell'ERAP del 15 aprile 2009 – col quale tale Ente intimava alla C.C. di procedere entro trenta giorni, pena l'archiviazione della pratica – rispondeva A.A., figlio ed amministratore di sostegno, con fax del 5 maggio 2009, facendo presente che già dal 2007 erano stati eseguiti tutti gli adempimenti del caso e che era stato inviato l'assegno a saldo del corrispettivo, con indicazione, per la stipula dell'atto, del Notaio Maria Elena D'Andrea, di Porto D'Ascoli, in sostituzione del notaio Barmann nel frattempo deceduto.

Il 22 gennaio 2014 decedeva anche l'C.C., lasciando come eredi i figli A.A. ed B.B.

2.- Ricevuta una intimazione di rilascio dell'alloggio in data 9 aprile 2019, da parte di ERAP, A.A. adiva il Tribunale di Ascoli Piceno, chiedendo di accertare la trasmissibilità del diritto di proprietà in proprio favore, previo versamento da parte sua della somma stabilita all'epoca quale prezzo di vendita.

In subordine, chiedeva di accertare e dichiarare l'avvenuta conclusione del contratto di compravendita ed il diritto dell'erede all'acquisto dell'immobile; ancora in subordine, il diritto al riscatto dell'immobile o il diritto all'assegnazione; in ulteriore subordine, la condanna dell'Ente al risarcimento dei danni.

Il Tribunale respingeva tutte le istanze e la Corte d'Appello di Ancona, adita dal A.A., confermava la prima decisione.

3.- Per quello che qui ancora interessa, osservava il secondo giudice che il Comune con la determina n. 104/2007 si era limitato a prendere atto del nulla osta alla vendita rilasciato dal dirigente tecnico dell'ERAP e quindi aveva determinato di procedere alla alienazione: divisamento da assumere, secondo la Corte, all'esito di un procedimento amministrativo di verifica di tutti i presupposti per la cessione dell'alloggio, tra i quali l'esatto adempimento.

Per ciò che concerneva in particolare quest'ultimo aspetto, osservava che la mera circostanza dell'invio al notaio di un assegno circolare non valeva certo a dimostrare l'effettivo pagamento del prezzo nei termini di legge, così che appariva corretta l'affermazione del Tribunale secondo cui l'originario ricorrente non aveva fornito prova del proprio adempimento: evenienza, oltretutto, che era ormai coperta dal giudicato, posto che rispetto ad essa l'appellante non aveva sollevato alcuna specifica censura.

Da ultimo, la Corte rigettava anche la domanda risarcitoria proposta dal A.A., essendo impossibile configurare, oltre alla fattispecie produttiva di effetti traslativi della proprietà dell'immobile in favore dell'appellante, anche un qualsiasi profilo di responsabilità in capo agli Enti convenuti.

4.- Ricorre per cassazione il A.A., affidando l'impugnazione a quattro motivi.

Resistono ERAP e Comune, concludendo la reiezione del ricorso.

A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., il A.A. ha chiesto la decisione della causa.

Il ricorso è stato, quindi, assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.

Solo A.A. ed ERAP hanno depositato una memoria illustrativa, ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

Motivi della decisione

5.- Con il primo mezzo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 115 e 116 dello stesso codice, nella parte in cui la Corte di appello di Ancona, travisando le prove documentali, ha ritenuto non provata l'avvenuta manifestazione di volontà della Pubblica amministrazione e non ha ritenuto concluso l'accordo negoziale, sia per l'inidoneità della documentazione prodotta, sia per il mancato effettivo pagamento del prezzo, quando, invece, al contrario, la documentazione sarebbe stata sufficiente a dimostrare l'avvenuta conclusione del negozio ed il versamento del corrispettivo.

6.- Il mezzo è inammissibile, come già chiarito nella proposta di definizione accelerata del giudizio.

È, infatti, fin troppo noto che la violazione dell'articolo 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche

che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. sez. III, 10 giugno 2016, n. 11892; Cass., sez. III, 11 ottobre 2016, n. 20382; Cass., sez. III, 26 ottobre 2021, n. 30173).

Analogamente, la violazione dell'articolo 116 cod. proc. civ. è idonea a integrare il vizio di cui all'articolo 360, n. 4, cod. proc. civ., denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcun piuttosto che a altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'articolo 116 del cod. proc. civ., che non a caso è rubricato "della valutazione delle prove" (Cass., sez. III, 28 febbraio 2017, n. 5009; Cass., sez II, 14 marzo 2018, n. 6231).

Infine, la violazione del precetto di cui all'art. 2697 cod. civ. si configura solo nell'ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Cass. sez. II, 24 gennaio 2020, n. 1634; Cass., sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., sez. Sez. VI, 23 ottobre 2018 n. 26769; Cass., sez. III, 29 maggio 2018, n. 13395; Cass., sez. II, 7 novembre 2017 n. 26366).

A quanto già detto nella proposta di definizione anticipata, va poi aggiunto che il diritto azionato, a seguito del decesso di C.C., avvenuto il 22 gennaio 2014, è evidentemente regolato dalla legge reg. Marche 16 dicembre 2005 n. 36, come modificata dalla successiva legge reg. 27 dicembre 2006, n. 22.

Per quello che qui interessa, l'art. 20-septiesdecies, sesto comma, della predetta legge (intitolato "Assegnazione degli alloggi"), prevede che "(a)ll'assegnatario dell'alloggio in regola con il pagamento dei canoni e dei servizi, ovvero, in subordine, ad un componente del nucleo familiare convivente con l'assegnatario medesimo, è riconosciuto il diritto di acquistare l'immobile al prezzo base, decurtato della percentuale stabilita nella deliberazione di cui al comma 4, e comunque non superiore al 20 per cento, prima dell'espletamento della gara pubblica. Tale diritto può essere esercitato entro sessanta giorni dalla comunicazione del prezzo di vendita".

È, dunque, evidente, da un lato, che l'alienazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica presuppone lo svolgimento di un procedimento amministrativo – del quale è fatto un sintetico ma chiaro cenno nella sentenza del giudice d'appello (pagina 3) – diretto a verificare la sussistenza, in capo a chi pretende l'assegnazione in proprietà, di tutti i requisiti di legge e, in particolare, di quelli previsti in capo all'assegnatario dall'art. 20-quater ("Requisiti per l'accesso e per la permanenza") della stessa legge.

Questo sistema normativo replica, nella sostanza, quanto già stabiliscono le norme statali in tema di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, le quali prevedono, da un lato, una costante verifica della permanenza delle condizioni che consentono l'assegnazione in locazione delle abitazioni (art. 23, primo comma, della legge 8 agosto 1977 n. 513) e, dall'altro, l'accertamento di tale permanenza anche nei confronti degli eredi degli assegnatari deceduti, ai sensi dell'art. 2, terzo comma, della legge 2 aprile 2001, n. 136, il quale va interpretato nel senso che tale obbligo di provvedere significa solo che non è necessario che gli eredi rinnovino la domanda di assegnazione, ma non certo che questi ultimi abbiano diritto ad un provvedimento favorevole anche se privi dei requisiti per ottenerla, cioè a prescindere dalla valutazione dei titoli di legge (Cass., sez. II, 27 novembre 2018, n. 30721).

In altre parole, come è stato anche recentemente ribadito da questa Corte (Cass., sez. III, 27 luglio 2024, n. 21050), il sistema di assegnazione in proprietà degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ruota intorno alla sussistenza, in capo all'assegnatario, di una serie di requisiti.

Questi ultimi devono essere posseduti nel momento della stipula del contratto dal soggetto che diventerà il proprietario, non essendo sufficiente che essi siano stati posseduti in un momento precedente.

Ne deriva che – se, dopo l'accettazione da parte dell'ente gestore dell'istanza di cessione e la comunicazione del prezzo indicato, l'assegnatario sia deceduto senza procedere alla stipula del contratto di compravendita – gli eredi dello stesso non acquisiscono a titolo derivativo il diritto alla cessione dell'alloggio, ma sono soltanto esonerati, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 513 del 1977, dall'onere di confermare la relativa domanda, atteso che la situazione precedente alla stipula del contratto, richiedente la verifica di determinati requisiti, non è trasmissibile iure hereditatis.

È, pertanto, palese che la mancata dimostrazione di uno dei requisiti per il trasferimento dell'alloggio, ossia l'esatto adempimento del pagamento del prezzo – circostanza ormai coperta dal giudicato sin dalla sentenza di primo grado – precluda anche l'insorgenza del diritto ad ottenere il trasferimento dell'immobile.

Ne deriva, da ultimo, che anche l'accettazione dell'istanza di cessione con comunicazione del prezzo, pur se seguita dall'integrale pagamento, non conferisce agli eredi dell'assegnatario il diritto dominicale sull'alloggio, né il titolo per conseguirne la cessione a titolo derivativo, posto che – come già detto – il passaggio di proprietà può avvenire – come già detto – solo dopo la positiva verifica dell'esistenza, in capo all'assegnatario effettivo, della sussistenza delle condizioni soggettive per l'assegnazione.

7.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2932 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ., per violazione dell'art. 115 dello stesso codice, nella parte in cui la Corte di appello di Ancona, travisando le prove documentali, ha ritenuto non configurabile un contratto preliminare e, quindi, ha ritenuto di non accogliere la domanda di emissione di sentenza produttiva degli effetti della compravendita, nonostante la documentazione prodotta dimostrasse l'obbligo in capo agli Enti di trasferire la proprietà.

8.- Il mezzo è inammissibile per le ragioni esposte al paragrafo n. 5, alle quali si rimanda, con l'unica precisazione – ove proprio si voglia benevolmente esaminare il merito – che la mancanza di un requisito per l'assegnazione in proprietà dell'alloggio (l'omesso pagamento del prezzo: accertamento ormai passato in giudicato), oltre a precludere un trasferimento della proprietà in virtù del solo scambio di corrispondenza tra il A.A. ed il Comune, impedisce anche l'insorgenza di un obbligazione di trasferimento a carico dell'Ente territoriale da azionare ai sensi dell'art. 2932 cod. civ.

9.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 369, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., per violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, dello stesso codice e 118, primo comma, delle relative disp. att., in ragione della mera apparenza di motivazione nella parte in cui la sentenza esclude qualsiasi profilo di responsabilità risarcitoria in capo agli Enti convenuti e non accoglie la domanda subordinata di risarcimento pur avente presupposti diversi rispetto alle domande principali relative al trasferimento di proprietà in favore di A.A.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1218 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. per violazione dell'art. 115 dello stesso codice, nella parte in cui la Corte, travisando le prove documentali, ha ritenuto non configurabile il diritto al risarcimento dei danni da inadempimento imputabile agli Enti intervenuti nella vicenda, la cui colpevole inerzia sarebbe manifesta.

10.- I mezzi, esaminabili congiuntamente in ragione del comune tema che pongono (responsabilità risarcitoria dei resistenti), sono del tutto infondati.

La Corte non ha affatto omesso di motivare l'infondatezza della pretesa risarcitoria, né lo ha fatto – come deduce il ricorrente – mediante una motivazione apparente.

Il giudice di secondo grado, infatti, dopo aver premesso che mancava il requisito del pagamento del prezzo di vendita e che, pertanto, era il A.A. ad essere inadempiente, ha conseguentemente escluso che potesse configurarsi una responsabilità risarcitoria in capo agli enti convenuti.

Motivazione sintetica, se si vuole, ma chiara ed esaustiva: tradotta in altre parole, essa afferma che l'esclusione di ogni vincolo giuridico tra il A.A. e i resistenti e la mancata prova di tutte le condizioni richieste per il passaggio di proprietà (questione, come già detto, ormai coperta dal giudicato) sono elementi idonei a giustificare l'assenza di qualsiasi responsabilità contrattuale o extracontrattuale, presupponendo essa un inadempimento degli Enti convenuti, che in realtà non è ravvisabile.

11.- Alla soccombenza del ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese in favore di ciascuno dei due resistenti, per la cui liquidazione – fatta in base al D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 17 mila) – si rimanda al dispositivo che segue.

Il ricorrente va inoltre condannato al pagamento, in favore dei resistenti, di una somma che appare equo determinare in misura pari alle spese di lite.

Il A.A. va inoltre condannato al pagamento di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Da ultimo, va dato altresì atto della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n. 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.

P.Q.M.

la Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere ai resistenti le spese di questo grado di giudizio, che liquida – per ciascuno – in Euro 2.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all'iva, se dovuta. Condanna il ricorrente a pagare a ciascun resistente la somma equitativamente determinata di Euro 2.200,00. Condanna il ricorrente a pagare Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n. 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.

Conclusione

Così deciso in Roma il 12 marzo 2025, nella camera di consiglio della prima sezione.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2025.

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