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Potere di autotutela esecutiva a difesa del pubblico demanio marittimo

Privato
Lunedì, 17 Febbraio, 2025 - 18:30

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Settima), sentenza n. 794 del 31 gennaio 2025, sul potere di autotutela esecutiva a difesa del pubblico demanio marittimo

MASSIMA

L’attribuzione al concessionario, previa autorizzazione dell’autorità concedente, del potere di affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione, secondo lo schema della sub-concessione di cui all’art. 45-bis del codice della navigazione, espressione del favor dell’ordinamento per l’esternalizzazione del servizio o attività, comporta il potere del concessionario, una volta scaduta la sub-concessione, di attivarsi per il recupero della disponibilità del bene, esercitando, ove il concessionario sia una pubblica amministrazione (nella specie, un comune), i poteri a questa attribuiti dalla legge, compreso il potere di autotutela. 

SENTENZA

N. 00794/2025REG.PROV.COLL.

N. 02345/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2345 del 2024, proposto dal
-OMISSIS- (LE), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Anita Stefanelli e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

contro

sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Speranza Faenza e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, ex lege rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sez. Staccata di Lecce, Sezione Terza, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale è stato accolto il ricorso R.G. n. -OMISSIS-.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di -OMISSIS-;

Viste la memoria e la documentazione depositate dalla difesa erariale;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-;

Visti gli ulteriori documenti del -OMISSIS-;

Viste la memoria dell’appellato e la replica del -OMISSIS-;

Vista l’istanza della difesa erariale di passaggio della causa in decisione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2024 il Cons. Pietro De Berardinis e uditi per le parti l’avv. Anita Stefanelli e l’avv. Francesco C. Zacà in sostituzione dell’avv. Speranza Faenza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con l’appello in epigrafe il -OMISSIS- (LE) ha impugnato la sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, n. -OMISSIS-, chiedendone l’annullamento e/o la riforma.

La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- contro l’ordinanza del -OMISSIS- n. -OMISSIS-, che ha ingiunto al ricorrente lo sgombero del box n. 6 del-OMISSIS-, nonché contro gli atti presupposti e connessi, e per l’effetto ha annullato l’ordinanza impugnata.

In fatto, il Comune espone di essere subentrato, in forza della licenza di subingresso -OMISSIS-, nelle concessioni relative alla gestione dei box presenti presso il-OMISSIS-. Tale struttura, che insiste sull’area demaniale marittima e ha una superficie complessiva di mq. 2.112,68, si componeva in origine di n. 12 box destinati alla vendita al dettaglio di prodotti ittici, di un locale adibito a ristorazione, di servizi igienici e di un’area demaniale asservita. Con atto -OMISSIS- il Comune fu altresì autorizzato dall’Autorità Marittima, ai sensi dell’art. 45-bis cod. nav., ad affidare la gestione dei box ai soggetti indicati dal Comune stesso (coincidenti con gli originari concessionari), compreso l’odierno appellato.

Per l’effetto, con contratto rep. -OMISSIS- il -OMISSIS- affidò al sig. -OMISSIS- il box n. 6 del -OMISSIS-, per la vendita di prodotti ittici. L’art. 2 del contratto prevedeva che il relativo rapporto, in scadenza al 28 novembre 2020, si sarebbe rinnovato tacitamente, salvo disdetta delle parti da comunicare almeno sei mesi prima della suddetta scadenza. Il Comune, peraltro, notificava la disdetta, tramite il messo comunale, in data 22 maggio 2020.

Esaurita l’efficacia della normativa emanata per fronteggiare lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (che aveva consentito la prosecuzione dell’utilizzo dei box del -OMISSIS-) e non essendosi verificata la riconsegna del bene ad opera del privato, il -OMISSIS- dapprima diffidava il sig. -OMISSIS- a rilasciare e riconsegnare il box n. 6 all’Ente, quindi con -OMISSIS-oggetto di impugnativa gli ingiungeva lo sgombero del medesimo: ciò, sulla base dell’intervenuta scadenza del contratto di assegnazione dell’immobile al 28 novembre 2020 e della volontà dell’Ente, da questo espressa con l’atto notificato tramite il messo comunale il 22 maggio 2020, di disdetta dal contratto di concessione.

Senonché, il privato impugnava innanzi al T.A.R. Puglia, sede di Lecce, la suindicata ordinanza di sgombero, e il Tribunale adito, con la sentenza appellata, accoglieva il ricorso, annullando la predetta ordinanza.

Nel gravame il Comune contesta l’iter argomentativo e le statuizioni della sentenza di prime cure, deducendo con un unico motivo le censure di erroneità della sentenza appellata per: a) errores in iudicando et in procedendo; b) travisamento della fattispecie fattuale e normativa; c) inammissibilità del ricorso introduttivo per il divieto del venire contra factum proprium e per originaria carenza di interesse; d) violazione del principio della domanda e di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, violazione dell’art. 112 c.p.c. per decisione senza una specifica richiesta in tal senso; e) violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 112/1998 e del d.P.C.M. 21 dicembre 1995; f) violazione della l.r. 17/2015; g) contraddittorietà.

In estrema sintesi e salvo quanto si dirà più oltre, l’Ente appellante lamenta che la sentenza di prime cure sarebbe incorsa in errore nel negare al Comune stesso la competenza all’esercizio delle funzioni amministrative, inclusa l’autotutela esecutiva ex art. 54 cod. nav., sull’area demaniale dov’è ubicato il box n. 6.

Il T.A.R., infatti, non avrebbe valutato se il sig. -OMISSIS- avesse titolo per occupare l’area demaniale e quindi se egli fosse titolare di una posizione differenziata e qualificata, giuridicamente tutelabile, mentre una valutazione di tal tipo avrebbe dovuto condurre a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Nel merito, l’ordinanza di sgombero avrebbe costituito uno sviluppo vincolato della pregressa vicenda amministrativa (con l’avvenuta scadenza della concessione) e il soggetto deputato a far valere la situazione di occupazione non più assistita da titolo del bene demaniale marittimo sarebbe stato il Comune, in forza della delega di poteri ex lege prevista. Peraltro, la doglianza di incompetenza del Comune ad adottare l’ordinanza di sgombero, assumendo a riferimento il d.P.C.M. 21 dicembre 1995, non sarebbe mai stata formulata dal ricorrente, con il corollario che la sentenza appellata, nel porla a fondamento della decisione di accoglimento del ricorso, sarebbe incorsa nella violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c..

Si è costituita in giudizio la Capitaneria di Porto di -OMISSIS-, depositando di seguito una memoria difensiva con documentazione allegata e aderendo all’appello del -OMISSIS-, del quale ha chiesto l’accoglimento.

Si è altresì costituito in giudizio il sig. -OMISSIS-, depositando di seguito memoria, con cui ha eccepito l’infondatezza nel merito dei motivi di appello, concludendo per la reiezione dello stesso e per la conferma della decisione impugnata.

In vista dell’udienza di merito il Comune appellante ha depositato una memoria di replica e ulteriori documenti, insistendo per l’accoglimento del gravame.

La difesa erariale, dal canto suo, ha depositato richiesta di passaggio della causa in decisione senza previa discussione orale.

All’udienza pubblica del 3 dicembre 2024 il Collegio, uditi i difensori comparsi delle parti, i quali si sono riportati integralmente a tutti i propri scritti ed alle richieste e conclusioni in atti, insistendo nelle rispettive istanze, ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione l’appello del -OMISSIS- avverso la sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, che ha accolto il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- contro l’ordinanza di sgombero del box n. 6 del-OMISSIS- emessa a suo carico dal predetto Comune e per l’effetto ha annullato l’ordinanza stessa.

La Sezione – discostandosi dall’orientamento espresso sulla questione da altra pronuncia resa dalla Sez. I del medesimo Tribunale, sede di Lecce (l’appello avverso la quale viene anch’esso chiamato in decisione all’odierna udienza pubblica) – ha accolto la censura del ricorrente di incompetenza del Comune ad emanare l’ordinanza di sgombero.

In sintesi, il T.A.R., dopo aver dichiarato la devoluzione della controversia alla giurisdizione del G.A., in quanto avente a oggetto l’esercizio di poteri autoritativi da parte del -OMISSIS- (di cui il ricorrente ha contestato la legittimità sotto i profili dell’incompetenza e dell’eccesso di potere), ha in via preliminare disatteso l’eccezione inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto il ricorrente risulta tuttora svolgere in concreto nel box n. 6 la propria attività commerciale e contesta la pretesa scadenza della (sub)concessione demaniale in questione, deducendo la carenza di potere del -OMISSIS- a esercitare i poteri di polizia demaniale.

Nel merito il primo giudice ha affermato che le funzioni di gestione dell’area demaniale del porto di -OMISSIS- fanno tuttora capo allo Stato e non sono state trasferite, conferite o delegate alla Regione e, per essa, al -OMISSIS-: ciò, in ragione della riserva di funzioni allo Stato contenuta nel d.P.C.M. 21 dicembre 1995 (recante l’elenco delle aree demaniali marittime escluse dalla delega di funzioni alle Regioni di cui all’art. 59 del d.P.R. n. 616/1977), che elenca le aree demaniali sottratte a tale delega “in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima”, includendovi il -OMISSIS- di -OMISSIS- (ivi qualificato come “area per esigenze della navigazione marittima”).

Tale disciplina – aggiunge il T.A.R. – non è mutata per effetto del d.lgs. n. 112/1998, il quale, agli artt. 104 e 105, ha mantenuto allo Stato le funzioni in materia di sicurezza della navigazione da diporto e sicurezza della navigazione interna e nello stesso senso depone anche la circolare ministeriale del 17 aprile 2008, invocata dalla difesa erariale (che, peraltro, non avrebbe potuto modificare il disposto della legge statale).

L’area demaniale marittima per cui è causa rientra, dunque, tra quelle escluse dalla delega di funzioni dallo Stato alle Regioni, come dimostra la qualificazione del -OMISSIS- di -OMISSIS-, da parte del d.P.C.M. in questione, come “area per esigenze della navigazione marittima”, con un’espressione che, secondo il primo giudice, sta proprio ad individuarla come di preminente interesse nazionale e quindi esclusa dalla delega alle Regioni. Nello stesso senso depone, anzi ha “decisivo rilievo”, -OMISSIS-, a mezzo del quale il Capo del Compartimento Marittimo e Comandante del Corpo di -OMISSIS-, in rappresentanza dell’Amministrazione marittima (l’Autorità concedente), ha autorizzato il -OMISSIS- (quale concessionario) all’occupazione dell’area demaniale marittima in questione per la ristrutturazione del-OMISSIS-.

Il suddetto atto – osserva la sentenza appellata – è successivo di ben sei anni all’entrata in vigore del d.lgs. n. 112/1998 e sarebbe stato ultroneo se le funzioni fossero passate in capo al Comune (come da questo sostenuto), poiché non vi sarebbe stata la necessità di un atto autorizzativo per l’esercizio di competenze attribuite ex lege.

Alla luce di tali considerazioni, il T.A.R. ha ritenuto dirimente, ai fini dell’accoglimento del ricorso, la fondatezza della censura con la quale erano stati dedotti l’incompetenza (e/o la carenza di potere in concreto) e l’eccesso di potere in cui sarebbe incorso il Comune nell’esercitare in modo illegittimo poteri di polizia demaniale ad esso non appartenenti.

Tanto premesso, il Collegio reputa opportuno far precedere l’analisi delle censure formulate dall’Ente appellante dalla ricostruzione della natura giuridica del rapporto intercorso tra le parti: rapporto che si ritiene debba qualificarsi come di tipo pubblicistico, in quanto originato da un atto che ha natura di concessione-contratto (con durata di quindici anni dalla stipula avvenuta il 28 novembre 2005), con il corollario della scadenza alla data ivi fissata del 28 novembre 2020, senza possibilità di proroga, né di rinnovo espresso o tacito.

In questo senso sono dirimenti non tanto la natura demaniale del bene oggetto del rapporto, come sostenuto dall’Ente appellante, quanto piuttosto gli indici precisi che emergono dalla vicenda per cui è causa e che dimostrano che il rapporto intercorso tra il sig. -OMISSIS- e la P.A. aveva il contenuto della concessione.

In primo luogo, si è già accennato che il -OMISSIS- è stato autorizzato con atto -OMISSIS- a sostituire a sé dei terzi nella gestione dei box del -OMISSIS-. Tale atto richiama esplicitamente l’art. 45-bis cod. nav., cioè la norma che come meglio si dirà infra consente la subconcessione a terzi di aree del demanio marittimo, previa autorizzazione dell’autorità competente (C.d.S., Sez. VI, 4 ottobre 2002, n. 5259), e quindi inscrive la fattispecie del rapporto tra il Comune e il sig. -OMISSIS- nell’ambito della (sub)concessione.

In secondo luogo, il contratto sottoscritto il 28 novembre 2005 contiene nel testo riferimenti frequenti alla “concessione” (v. ad es. l’art. 3, dove si parla di “canone annuo di concessione”), e non a figure civilistiche quale la locazione o l’affitto, e presenta clausole che depongono inequivocabilmente per la configurazione del rapporto come di vera e propria concessione.

Si richiama, in particolare, l’art. 11 del contratto in questione, ai sensi del quale “l’Amministrazione Comunale avrà sempre facoltà di sospendere o revocare in tutto o in parte in qualsiasi momento, con atto motivato, la presente concessione nei casi e con le modalità previste dalla legge, ovvero imporre nuove condizioni per sopravvenuti motivi di interesse pubblico senza che il gestore abbia diritto a compensi, indennizzi o risarcimenti di sorta...”.

Si richiama, altresì, l’art. 10, per il quale “qualsiasi eventuale futura cessione di attività commerciale a terzi non vincola in alcun modo l’Amministrazione Comunale al trasferimento della concessione in oggetto”: clausola, questa, che conferma la sussunzione della fattispecie nella subconcessione ex art. 45-bis cod. nav..

Ad abundantiam, è d’uopo rilevare che la riconduzione del rapporto al modello della concessione è il presupposto per radicare la giurisdizione esclusiva del G.A. sulla presente controversia, rientrandosi nello schema della concessione di beni pubblici, per la quale sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a., con l’eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi e con l’estensione di detta giurisdizione anche ai profili attinenti alla fase esecutiva della concessione, giacché è ad essa sempre immanente l’interesse della P.A. ad un corretto utilizzo e gestione del bene affidato al privato concessionario (C.d.S., Sez. VII, 13 dicembre 2022, n. 10910; Sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8100). Tale riflessione è meramente aggiuntiva e nulla toglie al costante insegnamento secondo cui è la giurisdizione che si determina a valle della qualificazione del rapporto giuridico, e non viceversa.

Venendo alla disamina del gravame, il Collegio osserva quanto segue.

Si può prescindere dalle censure del Comune appellante volte a lamentare i vizi processuali del ricorso di primo grado che la sentenza gravata non avrebbe rilevato (l’inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancanza in capo al ricorrente di una posizione giuridica differenziata e qualificata, e la mancata deduzione della censura di incompetenza del Comune all’adozione dell’ordine di sgombero, su cui si è fondata la decisione di accoglimento): ciò, in base al criterio della “ragione più liquida”, espressione dei principi di economia processuale che governano il processo amministrativo e che rappresentano a propria volta espressione del canone costituzionale del giusto processo (cfr. C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5; Sez. VII, 30 maggio 2024, n. 4860; Sez. III, 6 maggio 2021, n. 3534; Sez. IV, 27 agosto 2019, n. 5891), attesa la fondatezza nel merito della doglianza con la quale il -OMISSIS- ha lamentato l’erroneità della sentenza, per avere essa negato che il Comune stesso fosse competente ad ordinare al privato lo sgombero del bene demaniale marittimo.

In sintesi, con la doglianza ora in esame il Comune appellante ha evidenziato come, una volta scaduta la concessione, l’ordinanza di sgombero costituisse uno sviluppo vincolato della precedente vicenda amministrativa e come esso fosse il soggetto deputato a far valere la carenza di un titolo in capo al privato per occupare il bene demaniale marittimo, in forza della delega di poteri ex lege, come sarebbe desumibile dall’autorizzazione ex art. 45-bis cod. nav. (-OMISSIS-), recante l’affermazione dell’obbligo di vigilanza del -OMISSIS- sui privati subaffidatari.

I presupposti normativi dell’ordinanza di sgombero sarebbero da questa esplicitati negli artt. 30, 54 e 1161 cod. nav., cosicché il T.A.R. sarebbe incorso in un palese errore nel ritenere che non fosse stata “neppure esplicitata specificamente la fonte legislativa, pattizia o autorizzativa dei poteri di polizia demaniale esercitati con il provvedimento impugnato”.

Il Comune, quale delegato all’esercizio delle funzioni amministrative sul demanio marittimo che il Codice della Navigazione affidava alla Capitaneria di Porto, avrebbe amministrazione diretta sui beni demaniali marittimi e perciò sarebbe legittimato ad adottare provvedimenti autoritativi allorché un bene demaniale marittimo sia abusivamente detenuto da un privato (come verificatosi nella vicenda per cui è causa). Il potere di ordinare lo sgombero, cioè, non deriverebbe meramente dal titolo che ha originato il rapporto contrattuale con il sig. -OMISSIS- (l’essere il -OMISSIS- concessionario e consegnatario, nonché subconcedente), ma anche dal regime giuridico del bene.

Infatti, i beni demaniali marittimi sarebbero stati interessati da un processo di riallocazione di compiti e funzioni tra Stato e autonomie, avviato dalla riforma regionale degli anni Settanta, snodatosi tramite la l. n. 59/1997 e il d.lgs. n. 112/1998 e approdato alla riforma del Titolo V della Costituzione (l. cost. n. 3/2001). Il conferimento di compiti e funzioni amministrative alle Regioni e agli Enti locali avrebbe riguardato anche le funzioni esercitate sul demanio statale, facendo venire meno il parallelismo tra l’appartenenza del bene e l’esercizio delle funzioni ad esso relative.

Per quanto qui interessa rileverebbero, in specie:

- l’art. 105 del d.lgs. n. 112/1998, che ha conferito alle Regioni tutta la gestione amministrativa dei beni demaniali marittimi, ad eccezione di quelli che afferiscono alle fonti di approvvigionamento di energia e di quelli ricadenti nei porti e nelle aree di preminente interesse nazionale;

- l’art. 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo, ai sensi del quale il conferimento delle funzioni comprende anche le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali fra gli altri, quelli di programmazione, di vigilanza, di accesso al credito, di polizia amministrativa e l’adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti previsti dalla legge;

- l’art. 42 del d.lgs. n. 96/1999, che dispone che le funzioni in esame, di pertinenza regionale, siano esercitate dai Comuni;

- l’art. 13 della l. Reg. Puglia n. 17/20215, che ha attribuito alla Regione e ai Comuni, per quanto di rispettiva competenza, le funzioni di vigilanza connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni di gestione del demanio marittimo di cui alla legge stessa.

A questa stregua, il demanio marittimo sarebbe considerato dal Legislatore nazionale (e regionale) sotto il profilo funzionale, piuttosto che dell’appartenenza. D’altro canto, l’ordinanza impugnata non rientrerebbe nelle funzioni di stretta polizia marittima disciplinate dal Codice della navigazione e dal relativo regolamento di esecuzione, essendo finalizzata alla restituzione delle aree al loro libero uso per fini pubblici e non alla tutela di esigenze di polizia o di sicurezza della navigazione. Se al potere di gestione ed uso del bene demaniale, attribuito al Comune, non corrispondesse lo speculare diritto di riappropriarsi del bene stesso, ci si troverebbe dinanzi – conclude l’appellante – a un inaccettabile paradosso giuridico.

La doglianza è fondata e da condividere.

Nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento, occorre prendere le mosse dall’art. 59 del d.P.R. n. 616/1977 (emanato in attuazione della delega di cui all’art. 1 della l. n. 382/1975), il quale, al primo comma, ha delegato alle Regioni le funzioni “sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative”, precisando, al secondo comma, che la suddetta delega non si applicava “ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima” e che l’identificazione di tali aree avrebbe dovuto essere fatta con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi sentite le Regioni interessate.

In attuazione del citato art. 59, secondo comma, è stato emanato il d.P.C.M. 21 dicembre 1995, con il quale sono state identificate le aree demaniali marittime escluse dal conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni “in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima”. Tale d.P.C.M. riporta, al punto 9 di pag. 84/134 dell’elenco allegato, il -OMISSIS- di -OMISSIS-, con la seguente motivazione: “area per esigenze della navigazione marittima”.

Una disciplina organica dell’ordinamento e delle attività portuali è stata inoltre introdotta dalla l. 28 gennaio 1994, n. 84, che tra l’altro ha operato all’art. 4 una riclassificazione dei porti, distinguendoli in due categorie: la prima (categoria I), comprendente porti o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato; la seconda, comprendente a sua volta porti o specifiche aree portuali di rilevanza economica internazionale (categoria II, classe I), di rilevanza economica nazionale (categoria II, classe II) e di rilevanza economica regionale e interregionale (categoria II, classe III). Il Legislatore si è limitato a stabilire che i porti sede di Autorità Portuale (ora Autorità di Sistema Portuale) abbiano comunque carattere internazionale o nazionale, demandando il concreto inserimento nell’una o nell’altra categoria a decreti ministeriali allo stato non emanati.

Nella materia in esame è successivamente intervento il d.lgs. n. 112/1998, il cui art. 105, alla lett. l) del comma 2, ha conferito alle Regioni le funzioni relative “al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia”, precisando che tale conferimento non operava “nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995”. A seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 88/2001 (art. 9), la disposizione in esame ora stabilisce che il conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni “non opera nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995” e che “nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002”.

In conformità alla normativa statale, l’art. 1, comma 5, della l. Regione Puglia 10 aprile 2015, n. 17 (sulla tutela e sull’uso della costa) ha escluso dalla competenza regionale: a) le aree del demanio marittimo e del mare territoriale necessarie all’approvvigionamento di fonti di energia; b) i porti e le aree espressamente dichiarate di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima, identificati dalla normativa vigente e dalle intese tra Stato e Regione Puglia; c) i porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, come classificati dall’art. 4 della l. n. 84/1994; d) le aree e i porti ricadenti nella circoscrizione delle Autorità portuali (ora Autorità di Sistema Portuale).

Da ultimo, è intervenuta la modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione (l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3), che, da un lato, ha previsto l’attribuzione alle Regioni della competenza legislativa concorrente in materia di “porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione” (cfr. art. 117, terzo comma, Cost.); dall’altro lato ha attribuito la generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (cfr. art. 118, primo comma, Cost.).

Sulla base di tale quadro normativo la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che il richiamo dell’art. 105, comma 2, lett. l), del d.lgs. n. 112/1998 al d.P.C.M. 21 dicembre 1995 non conferisce a quest’ultimo efficacia legislativa, valendo esso a definire per relationem la portata del limite stabilito dal predetto decreto legislativo al conferimento delle funzioni alle Regioni nella materia in esame (v. sentenza n. 322 del 21 luglio 2000). Ne discende che deve escludersi che il riferimento al d.P.C.M. 21 dicembre 1995 contenuto nelle norme statali possa cristallizzare nel tempo l’appartenenza di aree portuali di interesse regionale o interregionale al novero di quelle escluse dal conferimento di funzioni alle Regioni, in vista del loro “preminente interesse nazionale”: ciò proprio tenuto conto del nuovo sistema delle competenze delineato dalla l. cost. n. 3/2001 (Corte cost., 10 marzo 2006, n. 89, che ha quindi escluso, alla luce della Riforma del Titolo V della Costituzione, che all’inserimento del porto di Viareggio nell’elenco del d.P.C.M. del 1995 potesse attribuirsi “attuale valenza” ai fini del riparto delle funzioni amministrative in materia). Sul punto, la sentenza “gemella” della Corte n. 90 del 10 marzo 2006 (relativa ai porti della Campania) ha evidenziato come, a seguito della l. cost. n. 3/2001, la materia “turismo” sia attualmente di competenza legislativa residuale e dunque piena delle Regioni, con attribuzione delle funzioni amministrative agli Enti territoriali minori (secondo i criteri indicati dall’art. 118 Cost.) e come il termine del 1° gennaio 2002, indicato dal Legislatore per la decorrenza del conferimento alle Regioni delle funzioni relative ai porti “di rilevanza economica regionale ed interregionale”, non possa considerarsi meramente ordinatorio.

Le suddette considerazioni sono state riprese dalla Corte costituzionale anche nelle sentenze n. 255 del 6 luglio 2007 (relativa al porto di Cattolica) e n. 344 del 19 ottobre 2007 (relativa agli altri porti turistici e commerciali di rilevanza economica regionale e interregionale siti nella Regione Toscana): quest’ultima ha sottolineato come il riferito orientamento della Corte “il quale afferisce proprio al riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni, quale risulta dal nuovo Titolo V della Parte Seconda della Costituzione”, abbia “portata ricostruttiva generale del nuovo assetto introdotto dalla novella del 2001”, cosicché può dirsi in linea generale che il nuovo assetto delle competenze introdotto dalla l. cost. n. 3/2001 impedisce che ai fini del riparto delle funzioni amministrative si possa attribuire una valenza attuale all’inserimento dei porti turistici e commerciali nel d.P.C.M. 21 dicembre 1995 (così anche la sentenza n. 412 del 17 dicembre 2008).

Orbene, nel caso ora in esame con la licenza di subingresso -OMISSIS- il -OMISSIS- è stato autorizzato dal Comandante del Compartimento Marittimo di -OMISSIS- a subentrare nelle concessioni demaniali in essere tra l’Autorità marittima ed i privati concessionari dei box del -OMISSIS- destinati alla vendita di prodotti ittici, nonché (uno) alla ristorazione. Con successiva autorizzazione -OMISSIS- il Comune è stato poi autorizzato ai sensi dell’art. 45-bis cod. nav. a sostituire a sé i medesimi privati (quali subconcessionari) nella gestione dei predetti box.

Come affermato in passato dallo stesso T.A.R. Puglia, Lecce con sentenza della Sez. I, -OMISSIS-, intervenuta sul trasferimento di competenze al -OMISSIS- messo in atto dalla locale Capitaneria di Porto in tema di gestione del procedimento amministrativo di rilascio delle concessioni demaniali marittime, tale trasferimento è conforme alla disciplina dettata dall’art. 105, comma 2, lett. l) del d.lgs. n. 112/1998, come modificato dall’art. 9 della l. n. 88/2001. In contrario non si può invocare l’elenco contenuto nel d.P.C.M. 21 dicembre 1995, poiché – osserva in modo del tutto condivisibile la pronuncia in commento – è necessario tenere conto dei suindicati interventi che la Corte costituzionale è stata chiamata ad effettuare in tema di perdurante attualità ed efficacia del citato d.P.C.M. alla luce del mutato assetto del riparto di competenze e di funzioni amministrative, prodottosi dopo la modifica del Titolo V della Costituzione. Il “comune denominatore” di tutti questi interventi consiste, come si è visto, nel ritenere che “il nuovo sistema delle competenze, introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 impedisce che possa attribuirsi attuale valenza all’inserimento di porti turistici e commerciali, di rilevanza economica regionale ed interregionale, nel dpcm del 1995, ai fini del riparto delle funzioni amministrative in materia portuale”, non potendo condividersi l’assunto in base al quale la mancanza di una revisione del d.P.C.M. 21 dicembre 1995 impedirebbe la delega di funzioni agli Enti locali, perché non vi sarebbe una chiara indicazione di quali porti continuano a ricadere nella competenza statale. Aggiunge la sentenza a tal proposito – con un’affermazione condivisa da questo Collegio – che la devoluzione di competenze in tema di gestione del demanio marittimo operata in favore del Comune dalla Capitaneria di Porto di -OMISSIS- si mostra legittima “per effetto della ritenuta insussistenza di preminenti interessi nazionali tali da suggerire la perdurante inclusione del porto di cui si discute, nel novero di quelli che permangono nella orbita di funzioni attribuite alla amministrazione statale”.

Tale affermazione, in uno con la suindicata licenza di subingresso e alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale ora ricordato, consente di concludere per la competenza del -OMISSIS- ad emanare l’ordinanza di sgombero.

Dirimente in questo senso si mostra la previsione dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 112/1998, secondo cui “salva diversa espressa disposizione” del medesimo decreto legislativo, il conferimento delle funzioni – quindi, per quanto qui interessa, quello di cui all’art. 105, comma 2, lett. l), del d.lgs. n. 112 cit. – “comprende anche le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali fra gli altri, quelli di programmazione, di vigilanza, di accesso al credito, di polizia amministrativa, nonché l’adozione di provvedimenti contingibili e urgenti previsti dalla legge”.

Non vale invocare, come fatto dall’appellato nel corso della discussione della causa, l’art. 1, comma 5, della l.r. n. 17/2015. Tale disposizione, infatti, alla lett. b) esclude dalle competenze regionali “i porti e le aree espressamente dichiarate di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima, identificati dalla normativa vigente e dalle intese tra Stato e Regione Puglia”. Ma, alla stregua di quanto esposto, l’inserimento dell’area per cui è causa nell’elenco del d.P.C.M. 21 dicembre 1995 non vale a dimostrare che essa sia riservata allo Stato, in quanto vocata ad esigenze della navigazione marittima e dunque, seguendo il ragionamento dell’appellato, avente valenza di preminente interesse nazionale; né va trascurata l’argomentazione della difesa comunale, che ha evidenziato come l’area demaniale in questione abbia formato oggetto di consegna gratuita da parte della Capitaneria di Porto al Comune, ex art. 34 cod. nav., e come l’istituto della consegna gratuita di cui al citato art. 34 trovi applicazione, nell’interesse della P.A. richiedente, per aree demaniali marittime destinate ad usi diversi da quelli marittimi (e dunque diversi dalla navigazione marittima).

Nel senso della conclusione ora delineata, alle argomentazioni fin qui esposte se ne aggiungono altre di natura letterale e di ordine logico, le quali, peraltro, prescindono dalla questione della valenza da assegnare al d.P.C.M. 21 dicembre 1995.

Sotto il profilo letterale, si osserva che l’ordinanza di sgombero richiama nelle sue premesse gli artt. 30, 54 e 1161 cod. nav. e dunque costituisce esercizio dei poteri previsti da dette disposizioni. Orbene, la l.r. 10 aprile 2015, n. 17 (che ha proceduto al riparto di competenze tra la Regione Puglia e i Comuni in tema di gestione del demanio marittimo), dopo aver disposto, all’art. 13, comma 1, che “le funzioni di vigilanza connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni di gestione del demanio marittimo di cui alla presente legge sono esercitate dalla Regione e dai comuni, nell’ambito delle rispettive competenze”, ha stabilito, al successivo comma 2, che “gli organi di vigilanza che accertino sulle aree demaniali marittime o sulle zone di mare territoriale in concessione l’esecuzione di opere non autorizzate o l’utilizz[at]o senza titolo o in difformità dal titolo concessorio, ne danno comunicazione al comune territorialmente competente, per i provvedimenti previsti dall’articolo 54 del Codice della navigazione, nonché alla competente autorità giudiziaria”. Il comma 3 del medesimo art. 13 prevede, dal canto suo, che “all’attuazione delle procedure di cui all’articolo 54 del Codice della navigazione provvedono, in danno, i comuni costieri”. Vi è pertanto un’esplicita attribuzione ai Comuni, operata dal Legislatore regionale, del potere di adottare i provvedimenti previsti dall’art. 54 cod. nav., nei quali si inscrive indubbiamente l’impugnata ordinanza di sgombero.

L’ora vista disciplina legislativa regionale, del resto, dà attuazione nella Regione Puglia al principio enunciato in via generale dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 112/1998, sopra citato, circa la portata del conferimento delle funzioni attuato dallo Stato con il predetto decreto legislativo.

Sul piano logico, poi, risulta irragionevole la tesi secondo cui il -OMISSIS- può rilasciare le concessioni ai privati – essendo stato a ciò legittimato dall’autorizzazione -OMISSIS-, con cui, come detto, il Capo del Compartimento Marittimo e Comandante del Porto di -OMISSIS- ha autorizzato il predetto Comune, ai sensi dell’art. 45-bis cod. nav., ad affidare a terzi la gestione dei box del -OMISSIS- – mentre, per procedere al recupero del bene dal privato, si dovrebbe rivolgere all’Amministrazione statale (e, per essa, alla Capitaneria di Porto), o comunque si dovrebbe munire di un’analoga autorizzazione, rilasciatagli dall’Autorità marittima (che, però, nel caso di specie difetta).

Tale tesi, ribadita dall’appellato nella discussione orale, non convince, essendo priva di fondamento e comunque contrastando con i principi di semplificazione ed economicità dell’azione della P.A. e con il divieto di inutile aggravio del procedimento.

Invero, con l’autorizzazione -OMISSIS-, l’Autorità marittima ai sensi dell’art. 45-bis cod. nav. ha autorizzato il -OMISSIS-, quale concessionario dell’area demaniale “-OMISSIS-”, ad affidare ad altri soggetti elencati nel provvedimento la gestione dei box ubicati nel Mercato stesso per la vendita di prodotti ittici e, in un caso, per la conduzione di un ristorante.

Orbene, detta autorizzazione fonda, secondo l’appellato, il potere del Comune di rilasciare in suo favore la concessione per il box n. 6: ma il Comune concessionario viene autorizzato sostituire a sé un altro soggetto nella gestione del bene demaniale, tale autorizzazione non può non comprendere anche il potere del concessionario, alla scadenza del rapporto con il terzo, di tornare ad essere in rapporto diretto con il bene demaniale senza ulteriore sostituzione o, come nel caso qui in esame, di subordinare l’individuazione del nuovo soggetto terzo a cui affidare la gestione del medesimo bene allo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica.

Ed invero, l’art. 45-bis cod. nav. dispone che “il concessionario, previa autorizzazione dell’autorità competente, può affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione. Previa autorizzazione dell’autorità competente, può essere altresì affidata ad altri soggetti la gestione di attività secondarie nell’ambito della concessione”.

La ratio della previsione dell’autorizzazione è di fare sì, da un lato, che non sia elusa la normativa in tema di concorrenza (evitando che il concessionario possa acquisire un’indebita rendita di posizione con l’assicurarsi il bene e poi con il ritrasferirlo a terzi alle condizioni da esso arbitrariamente fissate), dall’altro lato, che per tutta la durata della concessione l’Amministrazione concedente possa sempre verificare che il bene pubblico sia in concreto utilizzato da soggetti idonei (C.d.S., Sez. VI, 3 febbraio 2017, n. 465), cioè che essa possa sempre controllare che il terzo sia altrettanto capace e affidabile quanto il concessionario. Dunque, l’Autorità concedente esercita, in sede di art. 45-bis cod. nav., i poteri, in punto di verifica della complessiva affidabilità del richiedente, attribuiti in occasione del rilascio della concessione e, in allineamento con la disciplina statale, l’art. 11 della già citata l. Reg. Puglia n. 17/2015 (in tema di gestione e subingresso nelle concessioni turistico ricreative) prevede che l’autorizzazione all’affidamento di cui all’art. 45-bis cod. nav. sia rilasciata “previa verifica dei requisiti morali del soggetto affidatario” (C.d.S., Sez. VII, 17 giugno 2024, n. 5403).

Pertanto, analogamente al subingresso nella concessione ex art. 46 cod. nav. (v. C.d.S., Sez. VI, 20 marzo 2007, n. 1320), nell’istituto della subconcessione introdotto dall’art. 45-bis cod. nav. (che costituisce espressione del principio generale del favor dell’ordinamento per la c.d. esternalizzazione del servizio o attività: C.d.S., Sez. II, parere n. 310/2003 reso nell’adunanza del 20 novembre 2002), la necessità che il subconcessionario sia comunque autorizzato dalla P.A. costituisce garanzia di tutela dell’interesse pubblico e consente di verificare che il ricorso all’istituto sia svolto in modo pertinente ed a favore di un soggetto in possesso di adeguati requisiti soggettivi (T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 14 gennaio 2010, n. 17).

Ma è ovvio che un’esigenza di tal tipo non si pone nell’ipotesi inversa, in cui, scaduto il rapporto con il terzo, il concessionario intenda recuperare la disponibilità del bene oggetto della concessione, perché il concessionario (a differenza del terzo, quando vi è l’istanza ex art. 45-bis cit.) è soggetto già noto all’Autorità concedente e nella vicenda in esame è addirittura un soggetto pubblico (il -OMISSIS-). Dunque, non si comprendono le ragioni sul piano logico-giuridico in base alle quali il -OMISSIS- avrebbe dovuto chiedere all’Autorità marittima l’autorizzazione per procedere al recupero dei box del -OMISSIS-; né si comprende perché dovesse essere l’Autorità marittima a procedere al recupero invece del Comune, essendo quest’ultimo il soggetto direttamente interessato a riacquisire la disponibilità degli stessi, per gestirli in via diretta o, più plausibilmente, per riaffidarli in concessione, previa gara.

In altri termini: il rapporto concessorio è tra titolare e concessionario (nella prospettiva della parte appellata: Stato-Capitaneria di Porto, da un lato, e -OMISSIS-, dall’altro). Il Comune deve chiedere l’autorizzazione allo Stato, quale Ente concedente, per affidare il bene a un altro soggetto, ma non deve certo chiedere l’autorizzazione per rientrare in possesso del bene e tornare ad esserne il gestore in via diretta. Quindi, alla scadenza del rapporto con il terzo, se il Comune intende tornare in possesso del bene e gestirlo in via diretta (questa essendo la condizione che deriva normalmente dalla concessione, mentre l’affidamento ad altro soggetto va autorizzato ex art. 45-bis cod. nav.) e tuttavia il terzo non rilascia il bene, il Comune deve poter esercitare il potere di sgombero ex art. 54 cod. nav., espressamente richiamato dall’ordinanza impugnata.

A seguire il diverso ragionamento svolto dal privato, invece, il Comune, autorizzato dalla Capitaneria di Porto ad affidare il bene demaniale a terzi, non avrebbe potuto, una volta scaduto il medesimo affidamento a terzi, recuperare il possesso del bene, ma avrebbe dovuto rivolgersi alla Capitaneria, affinché lo recuperasse al suo posto e nel suo interesse, o comunque avrebbe dovuto farsi autorizzare dalla Capitaneria per poter procedere al recupero: entrambi tali opzioni, però, oltre che illogiche per quanto ora detto, violano il generale principio di economicità dell’azione amministrativa e il divieto di un aggravio ingiustificato del procedimento ex art. 1, comma 2, della l. n. 241/1990 (cfr. C.d.S., Sez. VII, 4 ottobre 3034, n. 8000; id., 12 marzo 2024, n. 2408; id., 16 giugno 2022, n. 4956; Sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694; Sez. V, 29 maggio 2019, n. 3581; id., 26 luglio 2018, n. 4597; id., 11 ottobre 2017, n. 4718).

La circolare ministeriale del 17 aprile 2008, depositata dalla difesa erariale, distingue specificamente, peraltro, il profilo della sicurezza della navigazione e portuale (che attiene alla materia della polizia dei porti, per la quale le competenze restano “impregiudicate”), dalla materia dell’utilizzazione dei beni demaniali marittimi e delle funzioni amministrative a questa attinenti: e l’ordinanza di sgombero impugnata si colloca, per quanto detto, in quest’ultimo ambito e non nel primo.

Non potrebbe obiettarsi che il potere di polizia demaniale spetterebbe, ai sensi dell’art. 823 c.c., solo all’Autorità marittima, quale Ente concedente, e che a nulla rileverebbe il fatto che il concessionario sia una P.A. (il Comune), in quanto al concessionario sarebbero comunque inibiti i poteri di autotutela demaniale, dovendo altrimenti ritenersi che qualsiasi concessionario, una volta instaurato il rapporto concessorio con l’Amministrazione concedente (qui: lo Stato), diventi titolare delle funzioni di polizia demaniale. In contrario giova osservare che l’ordinanza di sgombero richiama l’art. 54 cod. nav., a sua volta richiamato dall’art. 13, commi 2 e 3, della l.r. n. 17/2015, che, come si è visto, costituisce espressione, nella Regione Puglia, dei principi sulla portata del conferimento delle funzioni enunciati in via generale dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 112/1998. Nel caso de quo si tratta del recupero del bene non in concessione, ma in subconcessione, ed a detto recupero il concessionario procede con i poteri che gli sono propri e cioè, trattandosi di un’Amministrazione, con i poteri autoritativi ad essa conferiti dalla legge, dovendosi di conseguenza ritenere che, ai fini del recupero della disponibilità del bene demaniale, la veste giuridica del concessionario (l’essere esso una P.A.) non sia per nulla irrilevante.

È il caso di ribadire che le ora viste argomentazioni letterali e logiche sono idonee a fondare e rendere legittima l’emanazione da parte del Comune dell’ordinanza di sgombero del box nella prospettiva del rapporto tra Autorità marittima concedente e Comune concessionario, indipendentemente dal valore da riconoscere all’elencazione allegata al d.P.C.M. 21 dicembre 1995.

A fronte del complesso di tali argomentazioni, emergono le lacune della sentenza appellata, così come l’infondatezza delle eccezioni sollevate dall’appellato.

Va anzitutto decisamente respinta l’affermazione (contenuta nell’ordinanza n. 75/2023, con la quale il T.A.R. aveva accolto l’istanza cautelare del privato, le cui motivazioni sono riportate dalla sentenza appellata) per la quale l’ordinanza di sgombero non indicherebbe la fonte normativa posta alla base dei poteri esercitati. Al contrario, l’ordinanza ha richiamato espressamente gli artt. 30, 54 e 1161 cod. nav. e il riferimento esplicito all’art. 54 cod. nav. è ex se idoneo a fondare la competenza del Comune, anche alla luce del già citato art. 13, commi 2 e 3, della l.r. n. 17/2015 (v. infra).

Non coglie nel segno, pertanto, l’eccezione dell’appellato secondo cui i poteri di polizia demaniale esercitati con l’ordinanza di sgombero impugnata non si evincerebbero dall’atto di sottomissione-OMISSIS- (v. subito infra), né dal verbale di consegna temporanea in uso n. 135/2018 (con il quale l’area è stata consegnata dalla Capitaneria di Porto al -OMISSIS-), atteso che i poteri esercitati si evincono dalle stesse premesse del provvedimento impugnato.

In secondo luogo, non convince la motivazione della sentenza di prime cure circa l’ultroneità dell’atto-OMISSIS-, con il quale il Capo del Compartimento Marittimo e Comandante del Porto di -OMISSIS- ha autorizzato il -OMISSIS- ad occupare l’area demaniale marittima per ristrutturare il -OMISSIS- (che, nella prospettazione del T.A.R., sarebbe inutile se si trattasse di competenze attribuite ex lege): detta motivazione, infatti, non regge a fronte delle considerazioni sopra svolte sul modificato assetto istituzionale derivante dal d.lgs. n. 112/1998 e dalla riforma costituzionale del 2001, che come nota suggestivamente la difesa comunale, ha fatto venire meno il parallelismo tra appartenenza del bene ed esercizio di funzioni ad esso relative, essendo palese la necessità di leggere e interpretare il suddetto atto-OMISSIS- alla luce del nuovo quadro istituzionale (nonché alla luce degli argomenti di natura letterale e logica sopra visti, che prescindono dalla questione della valenza del d.P.C.M. 21 dicembre 1995). Non a caso, le sentenze della Corte costituzionale prima ricordate hanno riguardato giudizi per conflitto di attribuzione relativi ad atti mediante cui l’Amministrazione statale cercava di “riappropriarsi” delle funzioni amministrative sui porti turistici e commerciali.

In realtà l’atto di sottomissione-OMISSIS- si giustifica, dal momento che – come spiega efficacemente il Comune appellante – il trasferimento in capo all’Ente delle funzioni amministrative non comporta anche il trasferimento delle competenze dominicali, come si evince anche dalla circolare ministeriale del 17 aprile 2008, in base alla quale restano “impregiudicate […] le competenze che riguardano tutte le attività che afferiscono agli aspetti dominicali”.

Non persuade neppure l’affermazione dell’appellato dell’esclusiva attribuzione dei poteri di polizia demaniale all’Autorità marittima, ai sensi dell’art. 30 cod. nav., nonché dell’art. 36, terzo comma, del d.P.R. n. 328/1952 (regolamento di esecuzione del Codice della navigazione): si è già visto, infatti, che il riferimento esplicito all’art. 54 cod. nav. è ex se idoneo a fondare la competenza del Comune anche alla luce del citato art. 13, commi 2 e 3, della l.r. n. 17/2015, mentre l’art. 36, terzo comma, del d.P.R. n. 328/1952 va letto anch’esso sulla scorta del mutato quadro istituzionale conseguente al d.lgs. n. 112/1998 e poi alla riforma del 2001 e, dunque, al venir meno del parallelismo tra appartenenza del bene ed esercizio delle funzioni su di esso.

In definitiva, come giustamente osserva la difesa comunale, scaduta la (sub)concessione, ci si è trovati in presenza di un’occupazione di fatto, senza titolo, del bene demaniale marittimo, per la qual ragione l’adozione dell’ordinanza di sgombero da parte dell’Ente competente (il Comune) ha costituito uno sviluppo non solo legittimo, ma vincolato della vicenda amministrativa.

Se ne evince, in conclusione, la fondatezza della doglianza ora analizzata, formulata dal -OMISSIS- nei confronti della sentenza appellata.

Ciò comporta che, poiché la sentenza di prime cure ha incentrato tutta la motivazione sul profilo – erroneo – dell’asserita incompetenza del Comune ad emanare l’ordinanza di sgombero, assorbendo tutti gli ulteriori rilievi del privato ricorrente e poiché i suddetti rilievi non sono stati riproposti dallo stesso privato in sede di giudizio di secondo grado, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., l’appello va accolto senza ulteriori indugi e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio, considerati i contrasti giurisprudenziali sulla questione esaminata sorti all’interno del medesimo T.A.R. Puglia, Lecce.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Settima (VII), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (ed agli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti e della dignità degli interessati, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo a consentire l’identificazione delle persone fisiche menzionate nel presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2024, con l’intervento dei magistrati:

Fabio Taormina, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore

Marco Morgantini, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Pietro De Berardinis

Fabio Taormina

IL SEGRETARIO

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