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Sui vincoli e sulla DPU - garanzie partecipative

Privato
Martedì, 5 Gennaio, 2021 - 10:15

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), sentenza n. 2 del 4 gennaio 2021, sui vincoli e sulla DPU garanzie partecipative

MASSIMA

Nel caso di variante “generale” (equiparata nella disciplina alla imposizione del vincolo mediante approvazione del piano regolatore) e non “puntuale”, non ricorre l’ipotesi di cui alla lettera a) del primo comma dell’art. 11 del DPR 327/2001, che impone l’invio dell’avviso di avvio del procedimento con cui si intende apporre il vincolo espropriativo al proprietario nel solo caso in cui esso riguardi una singola opera pubblica prevista con apposita variante urbanistica semplificata da adottarsi mediante approvazione del progetto preliminare e definitivo da parte del consiglio comunale ai sensi dell’art. 19, commi 2 e seguenti.

Per effetto dell’art. 21 octies della legge n. 241/90, la parziale omissione nella comunicazione di avvio del procedimento non può condurre all’annullamento dell’atto impugnato.

Solo in presenza di un progetto definitivo o esecutivo che ne definisca ogni aspetto tecnico e che sia corredato dell’impegno di spesa necessario all’esecuzione dell’opera pubblica può ritenersi sussistere il presupposto necessario per poter dichiarare la pubblica utilità dell’opera stessa e, dunque, procedere all’espropriazione delle aree necessarie alla sua realizzazione. Non è, dunque, legittima l’inclusione, tra le aree da acquisire, di quelle per cui non può ancora ritenersi intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, non avendo formato oggetto di un progetto definitivo approvato le opere che andranno ad insistere su di esse.

Vi deve essere una stretta connessione tra aree espropriande ed opere da realizzare, per cui, in linea di principio, in caso di esecuzione frazionata in lotti funzionali, l’acquisto coattivo delle aree dovrebbe essere limitato solo a quelle necessarie per realizzazione dei manufatti oggetto del lotto stesso. Tale regola può trovare eccezione e l’espropriazione delle aree necessarie all’attuazione dell’intervento complessivo può essere anticipata solo nel caso in cui la progettazione che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità abbia riguardato l’opera pubblica nella sua interezza e oggetto di frazionamento sia stato solo l’affidamento dei relativi lavori.

SENTENZA

N. 00002/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00166/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 166 del 2019, proposto da
OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alberto Salvadori in Brescia, via XX Settembre n. 8;

contro

Comune di Adro, non costituito in giudizio;

nei confronti

Provincia di Brescia, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

a) della Deliberazione del Consiglio Comunale di Adro n. 10 RV del 15 febbraio 2018, avente ad oggetto “Adozione della variante al Piano delle Regole ed al Piano dei Servizi del Piano di Governo del Territorio per reiterazioni e conferme di vincoli necessari all’attuazione di diverse opere pubbliche”, nella parte in cui ha reiterato e confermato i vincoli relativi alla realizzazione del parcheggio in Via Carlo Cattaneo a servizio del polo scolastico “Gianfranco Miglio” e di un centro studi, sviluppo e ricerca per la viticoltura denominata “Città del Vino” (Scheda 5; Variante n. 5, allegata alla Deliberazione n. 10 RV del 15.02.2018);

b) della Deliberazione del Consiglio Comunale di Adro n. 23 RV del 12 maggio 2018, recante “Controdeduzioni alle osservazioni e approvazione definitiva della variante al Piano delle Regole ed al Piano dei Servizi del Piano di Governo del Territorio per reiterazione e conferme di vincoli necessari all’attuazione di diverse opere pubbliche”, con particolare riguardo alla allegata “Scheda 5: Variante NR.05 “;

c) della Scheda 5: Variante NR.05 della “Variante al Piano dei Servizi e delle Regole del PGT per reiterazioni vincoli necessari all’attuazione di diverse opere pubbliche”;

d) ove occorrer possa, della Deliberazione del Consiglio Comunale del Comune di Adro n. 14 del 24 febbraio 2018, in cui si è approvato definitivamente il Piano triennale dei lavori pubblici 2018-2020 e l’elenco annuale dei lavori pubblici per l’anno 2018, nonché delle Deliberazioni del Consiglio Comunale di Adro n. 36 del 26.07.2018, n. 47 del 25.10.2018, n. 52 del 29.11.2018, di modifica del Piano triennale delle opere pubbliche e relativo elenco annuale 2018;

e) ove occorrer possa, della Deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Adro n. 130 del 22.11.2018, con cui è stato approvato lo studio di fattibilità per la realizzazione di viabilità, parcheggio, struttura didattica e laboratori con cantina sperimentale relativa alla sistemazione del comparto a servizi sito in Via Cattaneo – Via Torbiato da destinare alla realizzazione della nuova Città del Vino;

f) ove occorrer possa, della nota prot. n. 29365 del 23.11.2018, mai comunicata al Sig. Edoardo Miracolo, con cui il Comune di Adro – Settore Tecnico ha avvisato i comproprietari dell’avvio del procedimento per la dichiarazione di pubblica utilità delle opere avversate;

g) ove occorrer possa, della nota del Comune di Adro-Settore Tecnico prot. n. 31713 del 29.11.2018;

h) della Deliberazione di Giunta Comunale del Comune di Adro n. 153 del 23.12.2018, trasmessa ai ricorrenti con comunicazione prot. n. 36/2019 del 02.01.2019, ricevuta nelle date dal 07.01.2019 all’11.01.2019, recante “Approvazione progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità dell’opera di realizzazione nuovo parcheggio e vigneto didattico in via Carlo Cattaneo (1° Lotto Città del Vino) – CUP F89H1000068007 – Controdeduzioni alle osservazioni”, con cui la Giunta Comunale di Adro ha approvato il progetto definitivo dell’intervento, dichiarando la pubblica utilità dell’opera ai sensi dell’art. 16, comma 5 e dell’art. 11, comma 2, del D.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.;

i) della Determinazione n. 453 del 31.12.2018, recante “Approvazione progetto esecutivo dei lavori di realizzazione nuovo parcheggio e vigneto didattico in Via Carlo Cattaneo (1° Lotto “Città del Vino”) e avvio manifestazione d’interesse e successiva gara di procedura negoziata”, non comunicata ai ricorrenti, né pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune;

j) ove occorrer possa, della nota prot. n. 1635/2019 del 28.01.2019, avente ad oggetto “Progetto esecutivo per la Realizzazione nuovo parcheggio e vigneto didattico in Via Carlo cattaneo nel Comune di Adro (1° Lotto Città del Vino), comunicazione dell’approvazione del progetto, notifica dell’elenco dei beni da espropriare e determinazione sommaria dell’indennità di espropriazione (art. 20 comma 1 D.P.R. 327/2001 s.m.i.)”, con cui il Comune di Adro-Settore Tecnico ha comunicato l’avvio del procedimento per la determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. 327/2001, rendendo noto l’elenco dei terreni da espropriare e concedendo dieci giorni per contributi istruttori;

k) di ogni altro atto prodromico, preordinato, presupposto, connesso e consequenziale, ancorché attualmente non conosciuto.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Dato atto che la controversia è stata trattenuta in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ai sensi del combinato disposto dell’art. 25 del d.l. 137/2020 e dell’art. 4 del d.l. 28/2020, ivi richiamato;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2020 la dott.ssa Mara Bertagnolli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I ricorrenti sono proprietari di alcuni immobili interessati dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di un parcheggio in Via Carlo Cattaneo del Comune di Adro, a servizio del polo scolastico “Gianfranco Miglio” e di un centro studi, sviluppo e ricerca per la viticoltura denominata “Città del Vino”. Opere già inserite nel PGT approvato nel 2012, con conseguente apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, il quale è stato poi reiterato con i primi tre atti censurati.

Il ricorso, peraltro, è stato notificato solo a seguito della dichiarazione di pubblica utilità e del primo atto del procedimento espropriativo inteso in senso stretto.

Avverso tutti gli atti impugnati, parte ricorrente ha dedotto:

1. Violazione degli artt. 2 e 11 del D.P.R. 327/2001 e dell’art. 7, L. 241/1990, in ragione della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio;

2. Illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità per violazione degli artt. 2 e 16, comma 7, del D.P.R. 327/2001, dell’art. 7, L. 241/1990 e del combinato disposto dell’art. 16, comma 5, del D.P.R. 327/2001 con l’art. 11, comma 2 del D.P.R. 327/2001, nonché dell’art. 11, L.R. Lombardia n. 3/2009. Secondo parte ricorrente l’omessa notifica dell’avviso di cui all’art. 16 del D.P.R. 327/2001 al comproprietario sig. OMISSIS costituirebbe vizio procedurale tale da incidere sostanzialmente sul provvedimento di Dichiarazione di pubblica utilità, avendo privato un destinatario della procedura ablativa della possibilità di far valere le proprie ragioni in sede procedimentale;

3. Illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità e degli atti conseguenti e, in particolare, della determinazione n. 453/2018, di approvazione del progetto esecutivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del D.P.R. 327/2001, dell’art. 2 del D.P.R. 327/2001 e conseguente eccesso di potere per difetto di istruttoria. Secondo parte ricorrente l’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo sarebbero illegittime per mancata effettuazione dei rilievi topografici e delle indagini geologiche, che i progettisti e l’Amministrazione comunale avevano, invece, indicato come indispensabili ai fini della progettazione del Primo Lotto Intervento;

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.P.R. 327/2001 e dell’art. 9 della L.R. Lombardia n. 3/2009, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. 50/2016 e degli artt. 24, 26 e 28 del D.P.R. 207/2010, in quanto la dichiarazione di pubblica utilità sarebbe scaturita dall’approvazione di un progetto solo nominativamente definitivo, ma carente dei requisiti richiesti dalla legge per tale livello progettuale;

5. Violazione degli artt. 2, 8, 12, 13, 16 e 17 del D.P.R. 327/2001, dell’art. 9, L.R. Lombardia n. 3/2009 e dell’art. 97 Cost.. Pur avendo approvato il progetto definitivo, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, solo limitatamente al primo lotto dell’intervento, il Comune ha ricompreso nel piano particellare d’esproprio e nell’elenco dei beni da espropriare tutte le aree necessarie per la realizzazione dell’intero intervento, comprensivo anche dei distinti lotti funzionali 2 e 3 indicati nello studio di fattibilità;

6. Illegittimità della nota prot. n. 1635 del 28.01.2019 per violazione dell’art. 20 del D.P.R. 327/2001. Il Comune avrebbe ridotto il termine fissato dalla norma calendata per la presentazione delle osservazioni da trenta a dieci giorni in ragione della confusione operata con il termine di cui al secondo comma dell’art. 20 citato;

7. Illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità e della determinazione n. 453 del 31.12.2018 per violazione dell’art. 26 del D. Lgs. 50/2016. Secondo parte ricorrente il progetto esecutivo sarebbe stato approvato in mancanza della preventiva verifica di rispondenza degli elaborati progettuali al progetto definitivo, nonché la loro conformità alla normativa vigente, ed in assenza della necessaria validazione sottoscritta dal Responsabile del Procedimento. L’assenza della necessaria attività di controllo sarebbe dimostrata dal fatto che il progetto esecutivo è stato approvato il giorno stesso della sua consegna, il che renderebbe impossibile ritenere che vi sia potuta essere un’adeguata istruttoria. Parimenti, il progetto definitivo sarebbe stato approvato senza alcuna verifica di rispondenza allo studio di fattibilità.

In vista dell’udienza pubblica, fissata per il 16 dicembre 2020, parte ricorrente ha depositato un’istanza di rinvio, motivata dal fatto che sarebbero in corso trattative con il Comune intimato.

La controversia è stata, quindi, trattenuta in decisione sulla scorta degli scritti.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente rigettata l’istanza di differimento della trattazione della controversia.

Tale ipotesi non è disciplinata dal codice del processo amministrativo, né da nessun altra norma o principio ordinamentale che attribuiscano alle parti in causa il diritto al rinvio della discussione del ricorso o alla cancellazione della causa dal ruolo (Cons. Stato, V, 29 dicembre 2014, n. 6414) . Alle parti è, dunque, riconosciuta esclusivamente la sola facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, rimettendone al Collegio la valutazione dell’opportunità (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3911 del 7 agosto 2015).

Nella fattispecie in esame le parti si sono limitate a rappresentare genericamente la pendenza di trattative, senza nulla ulteriormente precisare. Ciò induce il Collegio a ritenere che non sussistano le condizioni per mantenere pendente la controversia, dalla cui soluzione, peraltro, potrebbero derivare indicazioni utili alle parti per definire i contorni di eventuali accordi successivi che potrebbero comunque sopravvenire.

Si può, quindi, procedere all’esame della controversia.

Il gravame tende a censurare la legittimità degli atti preordinati alla realizzazione di un parcheggio in Via Carlo Cattaneo a servizio del polo scolastico “Gianfranco Miglio” e di un centro studi, sviluppo e ricerca per la viticoltura denominato “Città del Vino”, così come previsti dalla Scheda 5; Variante n. 5, allegata alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 RV del 15.02.2018. Con tale deliberazione, il Comune di Adro ha adottato la variante al Piano delle Regole ed al Piano dei Servizi del Piano di Governo del Territorio, reiterando e confermando vari vincoli necessari all’attuazione di diverse opere pubbliche, tra cui quelle suddette, già originariamente previste dal Piano di Governo del Territorio (PGT) approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 34 e 34 bis del 21.09.2012.

Rispetto agli atti impugnati sub a), b), c) e d) (adozione e approvazione della variante urbanistica, scheda 5 allegata e Programma delle opere pubbliche con le sue variazioni) il ricorso, notificato solo il 15 febbraio 2019, risulta essere tardivo ed è, dunque, irricevibile.

Premesso che quella avversata è da qualificarsi come una variante urbanistica generale, soggetta all’obbligo di pubblicazione, ma non alla notificazione personale a favore degli interessati, per quanto meglio si dirà nel prosieguo, l’impugnazione avrebbe dovuto intervenire entro il termine decadenziale di sessanta giorni decorrenti dalla pubblicazione della stessa.

Parimenti, anche il Programma delle opere pubbliche avrebbe dovuto essere tempestivamente censurato, data la sua efficacia immediatamente lesiva dovuta all’effetto di consolidamento dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità conseguente all’inserimento dell’opera nel Programma stesso in ragione della previsione dell’art. 9, comma 12, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 vigente al momento dell’adozione degli atti impugnati (e dichiarata incostituzionale solo con sentenza del 18 dicembre 2020, n. 270).

Parte ricorrente ha, quindi, impugnato (lettera e)) l’approvazione dello studio di fattibilità delle opere, privo di autonomia lesiva, nonché l’avviso di avvio del procedimento di dichiarazione di pubblica utilità (lettera f)), atto di natura evidentemente endoprocedimentale, al pari della nota con cui è stata comunicata la necessità di accedere nelle aree di proprietà dei ricorrenti per effettuare un rilievo topografico ed indagini geologiche sui terreni (impugnata sub g)).

Rispetto a tutti tali atti il ricorso è, dunque, inammissibile.

Il ricorso è, invece, tempestivo e ammissibile rispetto ai tre atti seguenti, rappresentati dall’approvazione del progetto definitivo, con dichiarazione della pubblica utilità dell’opera, dall’approvazione del progetto esecutivo, con conseguente avvio della procedura di affidamento dei lavori e dal primo atto della procedura espropriativa preordinato alla definizione della misura dell’indennità di esproprio spettante ai ricorrenti.

Chiariti i profili in rito di cui sopra, si può passare all’esame delle singole censure.

La prima di esse non può trovare positivo apprezzamento. Essa tende a far valere l’illegittimità in cui il Comune sarebbe incorso nella conduzione del procedimento preordinato all’adozione degli atti rispetto a cui il ricorso è tardivo e cioè quelli che hanno portato alla reiterazione del vincolo urbanistico mediante l’adozione di apposita variante. A prescindere dal fatto che tale illegittimità non potrebbe riverberare i propri effetti sui successivi atti tempestivamente impugnati, in ragione del consolidamento degli atti presupposti, che non sono stati impugnati dagli interessati nemmeno nel momento in cui essi hanno avuto conoscenza della loro adozione mediante comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato all’esproprio, in ogni caso, nella fattispecie non sussisteva l’invocato obbligo di comunicazione personale relativa alla volontà del Comune di procedere alla reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio, per le ragioni già succintamente evidenziate e che verranno qui più ampiamente analizzate.

Parte ricorrente, nel richiamare la giurisprudenza, anche di questo Tribunale, che dà conto dell’obbligo di comunicazione personale ai singoli proprietari dell’avvio del procedimento destinato all’adozione di una variante urbanistica che incida sulla loro proprietà, dimentica che tale orientamento riguarda esclusivamente i casi in cui la variante sia semplificata ( e cioè adottata ai sensi dell’art. 19, commi 2 e ss.) e abbia a oggetto una singola opera pubblica.

Nella fattispecie in esame è la stessa parte ricorrente a riconoscere, nel ricorso, che quelle avversate, di interesse dei ricorrenti, sono solo alcune delle varie opere già inserite nel PGT comunale del 2012 e non ancora realizzate, in relazione alle quali il Comune ha ritenuto ancora sussistente l’interesse pubblico alla loro esecuzione e, dunque, necessaria la reiterazione del vincolo mediante l’adozione dell’atto avversato. Trattandosi, dunque, di una variante “generale” (equiparata nella disciplina alla imposizione del vincolo mediante approvazione del piano regolatore) e non “puntuale”, non ricorreva l’ipotesi di cui alla lettera a) del primo comma dell’art. 11 del DPR 327/2001, che impone l’invio dell’avviso di avvio del procedimento con cui si intende apporre il vincolo espropriativo al proprietario nel solo caso in cui esso riguardi una singola opera pubblica prevista con apposita variante urbanistica semplificata da adottarsi mediante approvazione del progetto preliminare e definitivo da parte del consiglio comunale ai sensi dell’art. 19, commi 2 e seguenti.

Tale comunicazione è stata, dunque, legittimamente omessa, a fronte dell’approvazione di una variante generale al PGT, assoggetta all’ordinaria pubblicità prevista per l’adozione degli atti di pianificazione, garantita dalla pubblicazione, da cui decorre, come già ricordato, il termine per l’impugnazione.

Deve essere rigettata anche la seconda doglianza, avente a oggetto la lesione del diritto alla partecipazione al procedimento.

La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato alla dichiarazione di pubblica utilità nei confronti di uno dei comproprietari (il sig. OMISSIS) non ha alcuna rilevanza sulla legittimità degli atti successivi. Non è stato dimostrato, infatti, che se tale comproprietario avesse avuto comunicazione di tale avviso, egli avrebbe potuto formulare osservazioni diverse e ulteriori rispetto a quelle presentate dai ricorrenti. Ne discende che, per effetto dell’art. 21 octies della legge n. 241/90, la parziale omissione nella comunicazione di avvio del procedimento non può condurre all’annullamento dell’atto impugnato. Tanto più che il diritto alla partecipazione avrebbe potuto essere esercitato anche dal sig. OMISSIS, congiuntamente con gli altri proprietari, atteso che egli era chiaramente a conoscenza del procedimento in corso, vista la sua presenza fisica per impedire ai tecnici incaricati l’accesso ai fondi per soddisfare esigenze progettuali.

Né può incidere sulla legittimità degli atti impugnati il fatto che la pubblicazione sul quotidiano dell’avviso di avvio del procedimento di dichiarazione della pubblica utilità sia avvenuta solo due giorni prima della scadenza del termine per presentare le osservazioni, atteso che i ricorrenti hanno avuto tutti, tranne il sig. Miracolo Edoardo di cui già si è detto, una comunicazione personale a decorrere dalla quale è stato conteggiato il termine per la produzione delle osservazioni che, in effetti, sono state presentate ed esaminate dal Comune.

Quanto alla terza censura, il mancato accesso ai terreni di proprietà privata non può di per sé determinare l’illegittimità dei progetti approvati a prescindere dai rilievi tecnici che non sono stati effettuati, ma produce senz’altro tale effetto se la mancata effettuazione dei rilievi abbia potuto condurre all’approvazione di un progetto non corredato degli elementi necessari. Nella fattispecie, in particolare, nella relazione al progetto definitivo si legge che “Purtroppo è doveroso sottolineare che i proprietari dei lotti non hanno consentito al topografo ed al geologo di accedere ai loro lotti e questo ha impedito alla sottoscritta di poter preparare le sezioni di stato di fatto propedeutiche a definire con la dovuta precisione le quantità di scavo e di riporto interessate dal progetto.”. Tale impossibilità non è stata superata nemmeno in fase di redazione del progetto esecutivo, che è stato approvato senza avere una conoscenza del terreno su cui sarà realizzata l’opera tale da escludere il verificarsi di situazioni impreviste.

La contrazione dei tempi di progettazione, che ha portato a sacrificare la fase progettuale suddetta, avrebbe, dunque, comportato, secondo quanto sostenuto da parte ricorrente, l’approvazione di un progetto non corredato di tutti i necessari pareri (mancando quello che avrebbe dovuto scaturire sul piano geologico dall’effettuazione dell’accesso ai terreni che è stato impedito) e, quindi, in linea di principio, inidoneo a produrre gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità.

In realtà, la rilevanza della mancanza della relazione geologica deve essere valutata tenendo conto che, come emerge dall’esame della delibera di approvazione del progetto definitivo e, in particolare, dalla parte di essa dedicata alla risposta alle osservazioni, il primo lotto dell’intervento prevede la realizzazione di un parcheggio destinato a servizio anche dell’esistente polo scolastico, oltre che del vigneto didattico, il cui apprestamento richiede almeno due anni di crescita prima che sia utilizzabile dalla scuola, con la conseguenza che ciò ha indotto a ravvisare l’opportunità della sua realizzazione nell’ambito del primo lotto. Il secondo lotto sarà preordinato alla realizzazione della cantina e delle aule didattiche e il terzo all’ampliamento della aule didattiche.

Ciò chiarito è ragionevole presumere, in relazione alla natura delle opere oggetto del progetto definitivo approvato, che l’accesso ai fondi fosse, in realtà, necessario per redigere l’indagine geologica preordinata alla realizzazione dei lotti 2 e 3. Per queste ragioni la mancanza di tale relazione non è stata ritenuta ostativa all’approvazione del progetto del primo lotto. Progetto, però, che prevede l’acquisizione dell’intera area interessata dalla realizzazione anche dei due lotti successivi ed è a questo punto che il procedimento manifesta la sua debolezza.

Dunque, sebbene il progetto non possa ritenersi illegittimo per la mancanza di una relazione geologica necessaria alla progettazione delle opere previste dai futuri lotti 2 e 3, l’inclusione dell’espropriazione del sedime necessario alla realizzazione di quest’ultime rende illegittima la dichiarazione di pubblica utilità.

Sebbene il Comune abbia ritenuto razionale ed efficiente acquisire sin da subito l’intera area, ciò finisce per frustrare la ratio della disposizione che collega la dichiarazione di pubblica utilità all’approvazione di un progetto di livello almeno definitivo (purché corredato di tutti i pareri necessari alla realizzazione dell’opera), per evitare che la proprietà privata sia sottratta per la costruzione di un’opera pubblica la cui realizzazione non è ancora certa o comunque non è stato accertato che risponda a tutti i presupposti richiesti dalla legge.

Ciò vale all’accoglimento del quinto motivo di ricorso, avente a oggetto il vizio che inficia la dichiarazione di pubblica utilità, il piano particellare e l’elenco dei beni da espropriare nella misura in cui includono le aree che saranno interessate dall’esecuzione del secondo e del terzo lotto delle opere previste dalla studio di fattibilità. Oggetto di acquisizione, infatti, possono essere solo i terreni interessati dalla realizzazione di quelle opere (parte del più ampio intervento) per le quali il livello di progettazione è già arrivato al definitivo e/o all’esecutivo, non potendo, invece, essere anticipata l’ablazione di quelle aree su cui insisteranno opere che sono ancora a stadi di progettazione di livello inferiore. Solo in presenza di un progetto definitivo o esecutivo che ne definisca ogni aspetto tecnico e che sia corredato dell’impegno di spesa necessario all’esecuzione dell’opera pubblica può ritenersi sussistere il presupposto necessario per poter dichiarare la pubblica utilità dell’opera stessa e, dunque, procedere all’espropriazione delle aree necessarie alla sua realizzazione. Non è, dunque, legittima l’inclusione, tra le aree da acquisire, di quelle per cui non può ancora ritenersi intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, non avendo formato oggetto di un progetto definitivo approvato le opere che andranno ad insistere su di esse.

Vi deve essere, dunque, una stretta connessione tra aree espropriande e opere da realizzare, per cui, in linea di principio, in caso di esecuzione frazionata in lotti funzionali, l’acquisto coattivo delle aree dovrebbe essere limitato solo a quelle necessarie per realizzazione dei manufatti oggetto del lotto stesso. Tale regola può trovare eccezione e l’espropriazione delle aree necessarie all’attuazione dell’intervento complessivo può essere anticipata solo nel caso in cui la progettazione che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità abbia riguardato l’opera pubblica nella sua interezza e oggetto di frazionamento sia stato solo l’affidamento dei relativi lavori. In caso contrario, come nella fattispecie, in cui è stata la stessa progettazione ad essere suddivisa in lotti (per cui il secondo e il terzo lotto sono ancora allo stadio embrionale), l’espropriazione avrebbe dovuto riguardare solo il sedime dell’opera oggetto del primo lotto di progettazione completa: diversamente mancherebbe il collegamento necessario tra area da acquisire e opera pubblica da realizzare, per cui l’acquisizione coattiva finirebbe per riguardare anche aree sulle quali è prevista, ma non ancora progettata alcuna opera pubblica e avverrebbe in assenza del necessario presupposto di legge rappresentato dalla dichiarazione di pubblica utilità.

La quarta doglianza, invece, risulta essere stata formulata in modo eccessivamente generico perché il mezzo possa condurre all’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità in ragione di una non meglio precisata carenza di elaborati progettuali richiesti per l’approvazione di un progetto definitivo.

Inoltre, secondo parte ricorrente (censura n. 6), il Comune avrebbe violato anche l’art. 20 del testo unico in materia di espropriazione perché avrebbe ridotto il termine fissato per la presentazione delle osservazioni, confondendolo con quello diverso per eventuali precisazioni in ordine al valore da attribuirsi ai beni.

In effetti, l’art. 20 stabilisce due diversi termini: il primo (previsto dal primo comma), ineliminabile, di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’elenco dei beni da espropriare, per la presentazione di osservazioni e il deposito di documenti, che deve intendersi riferito alla possibilità di contestare l’individuazione dei beni, la superficie indicata, ecc. e il secondo, eventuale, finalizzato alla partecipazione, nello specifico, al procedimento di quantificazione dell’indennità. Il legislatore ha, infatti, attribuito all’autorità espropriante, la facoltà, ove lo ritenga opportuno in considerazione dei dati acquisiti e compatibile con le esigenze di celerità del procedimento, di invitare “il proprietario e, se del caso, il beneficiario dell'espropriazione a precisare, entro un termine non superiore a venti giorni ed eventualmente anche in base ad una relazione esplicativa, quale sia il valore da attribuire all'area ai fini della determinazione della indennità di esproprio”.

Fatta tale premessa, la doglianza non appare, però, meritevole di positivo apprezzamento. Ciò che può essere imputato al Comune, nella fattispecie, è l’aver trascurato di evidenziare come l’art. 20 del DPR 327/2001 abbia riservato al destinatario della comunicazione la possibilità di proporre osservazioni. Tale facoltà opera, però, per legge, a prescindere dal fatto che il Comune, come accaduto nel caso in esame, non ne abbia dato conto. La sua mancata rappresentazione, dunque (oltre che determinare l’illegittimità degli ulteriori atti adottati dal Comune senza tenere conto di eventuali osservazioni che fossero state comunque presentate), integra un mero vizio formale del provvedimento conclusivo del procedimento. Anche in questo caso, però, la violazione è insuscettibile di determinare l’effetto caducatorio, per l’operare dell’art. 21 octies della legge n. 241/90 a fronte della mancata rappresentazione di elementi che avrebbero potuto condurre a un diverso esito del procedimento.

Appare, invece, conforme alla legge la previsione di un termine di dieci giorni per presentare osservazioni specificamente rivolte alla corretta quantificazione dell’indennità d’esproprio. Nonostante la ristrettezza del lasso di tempo concesso a tal fine, ciò non può incidere sulla legittimità del provvedimento, atteso che il Comune avrebbe anche potuto omettere di concedere il termine in questione, così come espressamente previsto dalla norma.

Infine, con riferimento all’ultima censura, avente a oggetto l’illegittima approvazione dei due stadi progettuali (definitivo ed esecutivo), secondo parte ricorrente il secondo sarebbe stato approvato in assenza della preventiva verifica di rispondenza degli elaborati progettuali al progetto definitivo e alla normativa vigente e in assenza della necessaria validazione da parte del Responsabile del Procedimento, mentre il progetto definitivo sarebbe stato approvato senza alcuna verifica di rispondenza allo studio di fattibilità.

La censura, così articolata, non merita positivo apprezzamento. In primo luogo va messo in evidenza che il progetto definitivo è stato consegnato il 22 ottobre 2018 ed è stato approvato solo il 23 dicembre 2018, dopo aver espletato gli adempimenti connessi alla dichiarazione di pubblica utilità: non corrisponde al vero, dunque, che l’approvazione sarebbe stata contestuale e ciò avrebbe escluso la verifica di conformità al progetto di massima. Peraltro la mancanza di tale conformità potrebbe inficiare il progetto laddove dimostrata, mentre parte ricorrente non ipotizza nemmeno che vi sia stata una difformità, ma si limita a lamentare le possibili elusioni dei controlli in ragione degli strettissimi tempi con cui l’amministrazione ha approvato i vari atti.

Ne consegue l’inammissibilità della censura nella parte suddetta.

Quanto alla validazione del progetto esecutivo, depositato il 31 dicembre 2018 e approvato il giorno stesso, va rilevato che la validazione del progetto deve intervenire prima dell’inizio delle procedure di affidamento dei lavori. Essa si distingue dalla verifica. Attraverso la verifica, infatti, si opera il controllo della documentazione progettuale, per ciascuna fase (preliminare, definitivo ed esecutivo), con riferimento ai seguenti aspetti: affidabilità, completezza ed adeguatezza, leggibilità, coerenza e ripercorribilità, compatibilità. La validazione del progetto (posto a base di gara) è, invece, l’atto formale che riporta gli esiti delle verifiche eseguite e fa riferimento al rapporto conclusivo redatto dal soggetto preposto alla verifica. Mentre la verifica deve riguardare ogni livello progettuale, la validazione deve avvenire prima dell’avvio della gara d’appalto.

Tutto ciò premesso, non si può escludere che il RUP possa aver provveduto alla verifica del progetto esecutivo (che deve determinare in dettaglio i lavori da realizzare ed il relativo costo previsto e deve essere redatto in modo tale che ogni elemento, già definito dal progetto definitivo, sia bene identificabile per forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo) nell’arco della stessa giornata del suo deposito. Al contrario, pare potersi presumere che richiedesse più tempo la validazione, che consiste nella redazione di un atto attestante gli esiti delle verifiche operate, ma che, come detto, deve essere predisposto al solo fine di un corretto avvio della procedura di gara e, dunque, la sua eventuale omissione non rileva con riferimento alla posizione giuridica fatta valere nel ricorso in esame, presentato dai proprietari espropriandi, non incisi dagli adempimenti strumentali al corretto svolgimento della gara per l’aggiudicazione dell’appalto.

La censura deve, dunque, essere ritenuta infondata.

Alla luce di tutto ciò, considerato che il ricorso appare solo parzialmente fondato, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- lo dichiara irricevibile con riferimento agli atti impugnati ai punti a), b), c) e d) dell’epigrafe;

- lo dichiara inammissibile con riferimento agli atti impugnati ai punti e), f) e g) dell’epigrafe;

- lo accoglie con riferimento agli atti impugnati ai punti h), i) e j) dell’epigrafe e per l’effetto li annulla, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione intenderà adottare;

- dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio svoltasi con collegamento da remoto ai sensi del comma 2 dell’art. 25 del d. l. 137/2020 nel giorno 16 dicembre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Bernardo Massari, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere

Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Mara Bertagnolli

Bernardo Massari

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

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