Variante al PRG
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Settima), sentenza n. 714 del 29 gennaio 2025, sulla motivazione approvazione variante PRG
MASSIMA
Sono illegittimi, per difetto di motivazione, gli atti di adozione e di approvazione di una variante al P.R.G., atti a consentire, in una zona circoscritta e a vantaggio di un unico proprietario, un'edificazione per destinazione alberghiera, quando la zona interessata dalla variante contestata sia stata ritenuta dall’amministrazione comunale meritevole di una particolare tutela sotto il profilo ambientale e paesaggistico in occasione dell’adozione del P.R.G., approvato solo pochi mesi prima, tanto da delimitare al massimo l’edificazione, riservandola alle costruzioni utili al fondo o destinate alla residenza qualificata, sussistendo la manifesta incompatibilità (e, dunque, irrazionalità) di una modifica intervenuta a brevissimo lasso di tempo, rispetto alle finalità del vincolo e l’idea di sviluppo del territorio, come esplicitate in sede di adozione e approvazione del P.R.G.
SENTENZA
Pubblicato il 29/01/2025
N. 00714/2025REG.PROV.COLL.
N. 05593/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5593 del 2020, proposto da OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avvocato Maria Di Paolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Terni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Gennari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
OMISSIS, Provincia di Terni, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 28/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Terni;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Visto l’atto di riassunzione dei signori OMISSIS;
Relatore all'udienza straordinaria del giorno 4 dicembre 2024 il Cons. Giovanni Tulumello, e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dalla parte appellante e dalla parte appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso di primo grado, i signori OMISSIS, in qualità di comproprietari di unità abitative situate nelle vicinanze della proprietà del sig. OMISSIS (originario controinteressato) in zona “Colle dell’Oro”, impugnavano le deliberazioni nn. 105 e 103 del 20 aprile 2009 di adozione e approvazione di una variante al vigente piano regolatore generale, Parte Operativa, intervenute su istanza del sig. OMISSIS, e aventi ad oggetto il regime urbanistico del fondo di proprietà di quest’ultimo.
In particolare, i ricorrenti contestavano il mutamento di destinazione d’uso impresso a tale fondo con la contestata variante, lamentando gli effetti che sarebbero derivati dalla realizzazione di un albergo.
La sentenza di primo grado, oggetto del presente giudizio, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di interesse, in quanto “gli odierni ricorrenti non sono titolari di alcuna aspettativa qualificata né invero lamentano effetti pregiudizievoli che potrebbero derivare dalle scelte urbanistiche censurate, anche soltanto in termini di scadimento della "qualità della vita”, dolendosi unicamente, in definitiva, del più favorevole indice di edificabilità attribuito alle aree confinanti”.
Il T.A.R. ha comunque osservato, nel merito, che “La contestata destinazione consentita dalla variante operativa appare poi idonea alla realizzazione dell’interesse pubblico, non sussistendo alcuna incompatibilità tra l’introduzione di spazi ricettivi con valenza turistica ed il pregio ambientale della zona, non caratterizzata dalla presenza di vincoli di tipo assoluto e rientrando ciò nella discrezionalità del pianificatore, non indicando appunto i ricorrenti la concreta lesività di tale scelta, individuabile soltanto nella lesione di una aspettativa del tutto generica”.
2. L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dai signori OMISSIS, i quali hanno contestato la statuizione di inammissibilità ed insistito per l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Il comune di Terni si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
Con ordinanza n. 5071/2024, pubblicata il 6 giugno 2024, si è dato atto dell’interruzione del giudizio - ai sensi degli artt. 79, co. 2, cod. proc. amm. e 299 e ss. c.p.c. - per morte dell’appellante OMISSIS, dichiarata con atto depositato in data 30 maggio 2024.
Il giudizio è stato quindi riassunto – con atto di costituzione depositato il 17 agosto 2024 - dagli originari ricorrenti OMISSIS (quest’ultima anche in qualità di erede di OMISSIS), nonché da OMISSIS, eredi dell’originario ricorrente deceduto.
All’udienza straordinaria del 4 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Preliminarmente deve osservarsi – d’ufficio - che nel richiamato atto di costituzione in riassunzione è stato domandato termine per notificare la riassunzione anche ai controinteressati non costituiti, stante la difficoltà di reperirne gli indirizzi (essendo deceduto anche il controinteressato nel giudizio di primo grado).
3.1. In argomento la Corte di Cassazione ha maturato un consolidato orientamento per cui "l'evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell'art. 300 c.p.c., comma 2, l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell'evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti" (così sez. VI, sentenza n. 27788/2022, che richiama Cass., sez. un., n. 7443/2008; nello stesso senso, VI Sezione, ordinanza n. 16797/2022).
Nello stesso senso, quanto alla decorrenza dalla dichiarazione, con riguardo al processo amministrativo, Consiglio di Stato, V, sentenza 601/2024, e ampia giurisprudenza conforme ivi richiamata.
In relazione alla prosecuzione o riassunzione del processo interrotto l’art. 80, comma 2, cod. proc. amm., stabilisce che “Il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si è verificato l'evento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza” (senza fissare alcun termine); il successivo comma 3 prevede poi che “Se non avviene la prosecuzione ai sensi del comma 2, il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione”.
3.2. Applicando tale termine alla parte colpita dall’evento interruttivo, esso – decorrente dalla data della dichiarazione (30 maggio 2024) - nel caso di specie risulta scaduto il 30 settembre 2024 (computato il periodo di sospensione feriale).
L’istanza di riassunzione è stata depositata il 17 agosto 2024, mentre le notifiche di tale atto ai controinteressati non costituiti sono state eseguite il 29 agosto 2024 (e depositate il successivo 23 settembre), dunque nel rispetto comunque di tale termine (anche non computando il periodo feriale).
Soltanto alcune di tali notifiche sono state prodotte in giudizio in allegato alla memoria depositata il 28 ottobre 2024: ma risultano comunque anch’esse eseguite – ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. - entro il termine del 30 settembre 2024.
Ne consegue pertanto in ogni caso la ritualità della prosecuzione del giudizio successiva alla morte dell’originario ricorrente OMISSIS, sicché non vi è luogo a concessione del richiesto termine (in realtà domandata solo in via eventuale: “Si chiede pertanto fin da ora rimessione in termini qualora le procedure di accertamento non consentissero di perfezionare tutte le notifiche entro il termine decadenziale”).
4. Il primo motivo di appello censura l’errore e il travisamento sul quale si fonda la pronuncia di inammissibilità. Parte appellante eccepisce di non essersi doluta dell’aumento di cubatura concesso al controinteressato, quanto della destinazione dell’area, idonea ad incidere “direttamente ed irreversibilmente” sulla qualità della vita oltre che sul valore delle proprietà confinanti.
Si tratterebbe, infatti, di un’attività avente natura economica, finalizzata a richiamare un afflusso maggiore e continuativo di persone nuove in una zona che gli odierni ricorrenti avevano invece scelto per le proprie case di abitazione (come evidenziato nel secondo motivo).
Parte appellante prosegue, pertanto, affermando come la conservazione delle caratteristiche della zona, ovvero del tipo di vita prescelto, nonché la tutela del valore delle proprietà, rappresenterebbero un interesse legittimo.
In tal senso, gli appellanti richiamano le argomentazioni svolte in primo grado in relazione alla struttura della viabilità evidenziando come, a fronte della variante, l’unica alternativa fosse quella di realizzare una “strada nuova” per l’appunto sulle loro proprietà.
Ripropongono quindi i motivi del ricorso di primo grado.
5. L’amministrazione comunale appellata nei propri scritti difensivi eccepisce la correttezza delle statuizioni del giudice di prime cure, richiamando quanto già dedotto in primo grado.
In particolare, in relazione al primo motivo di ricorso (qui riproposto), il Comune di Terni controdeduce: l’assenza di incompatibilità tra il pregio ambientale della zona e la variante in oggetto; la presenza nelle vicinanze di altre zone per attrezzature turistico-ricettive; la modesta edificazione assentita; ed infine la discrezionalità che caratterizza le scelte urbanistiche, sottoposte ad un limitato sindacato giurisdizionale e non soggette ad onere di specifica motivazione a meno che non incidano su posizioni giuridicamente differenziate, senza che una precedente destinazione urbanistica possa essere ostativa a previsioni di diverso segno.
Sotto ulteriore profilo, l’amministrazione rileva la comprensibile “necessità di introdurre spazi ricettivi con valenza turistica in zone di pregio ambientale in cui si esercita anche il turismo equestre”.
In relazione al secondo motivo riproposto, il Comune eccepisce come l’art. 72 del PRG “Parte strutturale” comprendesse già la previsione dell’individuazione nel piano operativo di strutture turistico-ricettive.
Infine, sul terzo motivo riproposto, l’amministrazione afferma la regolarità dell’iter procedimentale richiamando le valutazioni tecniche effettuate nel marzo 2009 con specifica “relazione di rischio idraulico”.
Insistendo, poi, ulteriormente nelle proprie difese ed eccezioni il Comune contesta la pretesa distinzione tra “vicinitas” e contiguità, come dedotta da parte appellante, richiamando sul punto i più recenti orientamenti giurisprudenziali.
6. Ad avviso del Collegio il ricorso in appello è anzitutto fondato quanto al profilo dell’ammissibilità del ricorso di primo grado.
L’assunto su cui poggia la statuizione del T.A.R. è infatti smentito, per tabulas, dalla lettura del ricorso di primo grado: dove a pag. 9 si precisa che i ricorrenti non contestano l’aumento di cubatura in sé, ma la “variazione di destinazione d’uso finalizzata alla realizzazione di una struttura ricettiva”; a pag. 11 lamentano poi “le conseguenze, tra l’altro, in materia di viabilità”.
Dunque i ricorrenti espressamente giustificavano l’interesse a ricorrere in relazione non già alla mera vicinitas, ma piuttosto alle concrete ricadute degli effetti della variante (alcune delle quali specificamente indicate) sulla fruizione della loro proprietà.
Come è stato dedotto, la struttura in questione ospita tra l’altro eventi e matrimoni in un’area di pregio naturalistico.
Non solo risulta dunque riscontrato il requisito richiesto (successivamente alla pubblicazione della sentenza gravata) dalla decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 22/2021 in tema di interesse a ricorrere nella materia qui dedotta, ma la contraria affermazione del T.A.R. è risultata effettivamente viziata da un travisamento del pregiudizio lamentato nel ricorso di primo grado.
L’accoglimento di questo motivo di ricorso tuttavia non comporta, secondo la recente sentenza della stessa Adunanza plenaria n. 16/2024, l’annullamento con rinvio al primo giudice: nella presente fattispecie infatti è stata resa, come accennato, una doppia motivazione, relativa non solo all’inammissibilità ma anche alla ritenuta infondatezza del ricorso di primo grado.
7. In conseguenza del superiore rilievo, devono essere esaminati i motivi del ricorso di primo grado, espressamente riproposti nel presente giudizio dagli appellanti.
7.1. Con il primo motivo, parte appellante afferma come la zona interessata dalla variante contestata sia stata ritenuta dall’amministrazione comunale “meritevole di una particolare tutela sotto il profilo ambientale e paesaggistico” in occasione dell’adozione di un nuovo PRG, approvato poi nel 2008, tanto da delimitare al massimo l’edificazione “riservandola alle costruzioni utili al fondo o destinate alla residenza qualificata”.
Prosegue, peraltro, osservando come non si rinvenga tra la documentazione del PRG il riferimento ad un particolare interesse “turistico” della zona, con la previsione nelle zone E – ad esclusione quindi di quella qui in esame (Colle dell’Oro) - di una modesta attività di ricezione extralberghiera.
Da tali premesse, gli appellanti desumono l’incompatibilità della variante (intervenuta a distanza di 15 mesi), con l’idea di sviluppo del territorio precedentemente esternata dall’amministrazione.
Pertanto la parte appellante lamenta, a fronte del significativo ripensamento dell’amministrazione, un difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati: a maggior ragione nella parte in cui introducono modifiche per una porzione limitata del territorio riconducibile ad uno specifico proprietario.
Nello specifico, si afferma che la peculiare problematica che ha colpito la famiglia del controinteressato non avrebbe comportato, nella vicenda in esame, alcuna ragione di impedimento fisico effettivamente idonea a sorreggere la variante impugnata.
Da ciò ne deriverebbe un ingiustificato riconoscimento dell’aumento di cubatura della proprietà, ancorché ciò che più ha leso la posizione dei ricorrenti è stata la “variazione di destinazione d’uso finalizzata alla realizzazione di una struttura ricettizia”, la quale ad avviso di parte ricorrente non può in alcun modo trovare fondamento nelle esigenze derivanti dalla disabilità di un familiare.
Tuttavia, l’amministrazione comunale avrebbe motivato i provvedimenti del 2009 sull’assunto che la zona oltre ad essere pregevole sotto il profilo ambientale, sarebbe anche “turistica”: ancorché tale deliberazione abbia poi richiesto persino una norma di integrazione dell’art. 87 NTA, a riprova, osserva parte ricorrente, della sua incompatibilità con gli obiettivi di pianificazione posto che la zona “Colle dell’Oro” apparteneva al capo 5 “zone agricole e di salvaguardia ambientale”.
Gli interessati lamentano pertanto la circostanza che la variante abbia contribuito non tanto a risolvere una problematica sociale, quanto piuttosto a valorizzare la proprietà del richiedente, “a scapito delle effettive necessità della zona”, anche in relazione alle conseguenze in punto di viabilità.
7.2. Con il secondo motivo, pure riproposto, si lamenta la violazione di legge e la contraddittorietà con il P.R.G., posto che la variante non avrebbe potuto essere approvata se non variando anche la parte strutturale del Piano, secondo l’iter procedimentale richiesto.
7.3. Con il terzo motivo, infine, è riproposta la violazione degli artt. 17 e 18 della L.R. n 11/2005 in relazione all’incidenza della variante contestata sulla parte operativa del Piano.
8. Osserva anzitutto il Collegio, in relazione alle censure ora richiamate, che la surriportata affermazione con cui il primo giudice ha concluso nel senso dell’infondatezza degli stessi per un verso è frutto anch’essa di un travisamento della censura, e per altro verso impinge nel merito della scelta adottata con la contestata variante.
Il problema sollevato non è tanto (o non soltanto) se la destinazione alberghiera, con gli usi che ne conseguono, sia compatibile o meno con il vincolo, ma – prima ancora - se la variante (adottata dopo breve tempo dall’approvazione del P.R.G.) sia sufficientemente e congruamente motivata, anche in relazione alla manifesta incompatibilità (e, dunque, irrazionalità) di una modifica intervenuta quasi subito, rispetto alle finalità del vincolo come esplicitate solo un anno e mezzo prima.
In argomento la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare, in più occasioni, che “…quanto alla motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche, si è precisato che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478).; - in particolare, si è affermato (Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221; Id, 8 giugno 2011 n. 3497), che “le scelte urbanistiche richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”;- infine, la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459)…” (Consiglio di Stato sez. IV, 11/10/2017, n.4707).
In tal senso si è altresì affermato che “…È, quindi, pacifico in giurisprudenza che: - le scelte effettuate dall'Amministrazione, in concomitanza con l’adozione di uno strumento urbanistico, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24; Sez. IV, 20 giugno 2012, n. 3571) - in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, l'Amministrazione ha la più ampia discrezionalità nell'individuare le scelte ritenute idonee per disciplinare l'uso del proprio territorio (e anche nel rivedere le proprie, precedenti previsioni urbanistiche), valutando gli interessi in gioco e il fine pubblico e, tra l'altro, non deve fornire motivazione specifica delle singole scelte urbanistiche (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4867). In tal senso, la scelta compiuta in un piano generale (o in una variante ad esso) di imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una zona non necessita di particolare motivazione, in quanto essa trova giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella impostazione del piano, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni (cfr., ex pluribus, Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854). Tali evenienze generatrici di affidamento “qualificato”, sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, sono state ravvisate nell'esistenza di convenzioni di lottizzazione, di accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, di giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione. In mancanza di tali elementi, non è configurabile una aspettativa “qualificata” ad una destinazione edificatoria non peggiorativa di quella pregressa, ma solo una aspettativa “generica”, analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri ad un’utilizzazione più proficua dell'immobile (posizione, questa, cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell'Amministrazione): sicché non può essere invocato il difetto di motivazione, in quanto si porrebbe in contrasto con la natura generale dell'atto e i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione dello stesso (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, n. 854/2012 cit.; Sez. IV, 4 aprile 2011, n. 2104)…” (Consiglio di Stato sez. II, 4 febbraio 2020, n.915).
9. Avuto riguardo a tali princìpi, che il Collegio condivide e ai quali si riporta, le censure proposte in primo grado, e riproposte in appello, sono fondate nella parte in cui deducono una contraddizione, non altrimenti motivata, fra la variante del 2010, che autorizza l’albergo, e il P.R.G. del 2008 che delimitava al massimo l’edificazione “riservandola alle costruzioni utili al fondo o destinate alla residenza qualificata”.
L’incompatibilità della variante (intervenuta a distanza di 15 mesi) con l’idea di sviluppo del territorio poco tempo prima esternata dall’amministrazione è in tal senso testuale e manifesta.
9.1. Gli appellanti lamentano che il T.A.R. “afferma che un albergo non è di per sé incompatibile con un pregio ambientale della zona. Verissimo. Il punto è che, come chiarito nel ricorso, e non smentito, l’Amministrazione, 15 mesi prima lo stesso Comune resistente aveva invece deciso che, tra le varie zone di pregio ambientale di cui il nostro territorio è ricco, e quindi astrattamente compatibile con un’attività ricettiva, quella di Colle dell’Oro non doveva rientrarvi. Aveva anche deciso che, in zona, non poteva essere realizzata viabilità diversa da quella esistente ed anzi andavano incoraggiati i sentieri turistici. Un pianificatore può cambiare idea; ma, se lo fa appena 15 mesi dopo, su area con nome e cognome, dovrebbe fornire una motivazione diversa dall’esistenza di una malattia (per fortuna guarita, e 25 anni prima) di un figlio del richiedente”.
Tale rilievo è fondato.
Ferma restando la giurisprudenza sull’ampiezza del potere pianificatorio, e sul conseguente standard motivazionale esigibile, nel caso di specie si ravvisa – come accennato - una contraddittorietà manifesta, non altrimenti spiegata dai provvedimenti impugnati.
Va inoltre considerato che ciò che caratterizza la fattispecie è che i provvedimenti impugnati hanno dato vita ad una variante individuale, relativa solo ad un preciso fondo, su richiesta del proprietario del medesimo: in tali casi l’onere motivazionale – che nel caso di specie sorgeva comunque dalla rilevata divaricazione fra il disegno pianificatorio generale e la destinazione (con esso contrastante) impressa ad un singolo fondo ricompreso nell’area in questione - si configura rafforzato.
9.2. È appena il caso, infine, di osservare che, come correttamente dedotto dagli appellanti, non può ravvisarsi alcun ragionevole e legittimo legame fra la contestata scelta di variante e le esigenze personali degli occupanti l’immobile in questione: indipendentemente dalla ragione addotta per perorare tale richiesta, essa ha avuto come esito un mutamento della destinazione d’uso che con tali ragioni non ha alcun legame logico, avendo riguardo ad uso dell’immobile non già di tipo residenziale (il che, in tesi sarebbe stato congruente alle segnalate esigenze), ma piuttosto alberghiero, e dunque proiettato in una dimensione non soltanto non coerente a tali esigenze, ma anzi con esse potenzialmente confliggente.
10. In ragione delle superiori considerazioni il ricorso in appello è fondato e come tale deve essere accolto, con conseguente accoglimento – in riforma della sentenza gravata – del ricorso di primo grado ed annullamento dei provvedimenti con esso impugnati.
Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, devono essere poste a carico dell’amministrazione che ha adottato i provvedimenti illegittimi, secondo la regola della soccombenza.
Nulla deve essere invece disposto nei confronti dei controinteressati, non costituitisi nei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati.
Condanna il Comune di Terni al pagamento nei confronti dei ricorrenti delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi euro settemila/00, oltre accessori come per legge; nulla per le spese nei confronti dei controinteressati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Carmelina Addesso, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Giovanni Tulumello
Marco Lipari
IL SEGRETARIO