Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Cons. di Stato, Sez. V, sent. n.5292 del 27.10.14 - sugli indici di edificabilità

Pubblico
Lunedì, 27 Ottobre, 2014 - 01:00

 

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), sentenza n. 5292 del 27 ottobre 2014, sugli indici di edificabilità
 
La sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 2012 del 2003, proposto da: 
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Gian Alberto Ferrerio, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2; 
contro
COMUNE DI BOLOGNA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Luisa Simoni, Giorgio Stella Richter e Annamaria Cupello Castagna, con domicilio eletto presso l’avv. Giorgio Stella Richter in Roma, via Orti della Farnesina 126;
ANGELI GIANCARLO, non costituito in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA, Sez. I, n. 197 del 30 gennaio 2002, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia per interventi edilizi- risarcimento del danno;
 
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Gian Aberto Ferrerio e Giorgio Stella Richter;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 
 
FATTO
I.1. La Società (OMISSIS). (d’ora in avanti, anche solo la Cooperativa o la ricorrente o l’appellante), proprietaria di un complesso di edifici in Bologna, in via del Terrapieno, n. 13, ricompresi nell’allora vigente P.R.G. in un comparto R7 – Nucleo Edifici Esistenti - chiese in data 31 marzo 2000 al Comune di Bologna una concessione edilizia per la costruzione di un edificio residenziale, previa demolizione di manufatti esistenti, restauro e risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso di fabbricati rurali.
I.2. L’amministrazione con provvedimento prot. gen. n. 49133/2000 del 27 luglio 2000 respinse la domanda, comunicando che “…il progetto, limitatamente alla nuova costruzione dell’edificio residenziale, non è approvabile dato che, in violazione di quanto disposto dal suddetto articolo 72 delle N.d.A. del PRG vigente, prevede la creazione di superficie utile in eccedenza rispetto a quella esistente con conseguente contrasto con il parametro Uf=Ufe”.
In particolare l’amministrazione osservò che: a) l’intervento interessava una serie di fabbricati esistenti, tre dei quali risultavano sottoposti a vincolo tipologico di PRG – categ. 2a, uno realizzato in forza di una licenza provvisoria P.U.T. n. 8607/V/60, mentre alcuni manufatti erano stati oggetto di condono edilizio P.R. n. 36163/86; b) la soluzione progettuale presentata prevedeva diverse tipologie d’intervento rispetto ai vari edifici esistenti ed in particolare: A) demolizione di tre fabbricati già oggetto di sanatorie ex lege n. 47 del 1985 destinati a ricovero attrezzi – legnaia e ricovero estivo del bestiame; B) demolizione di una baracca destinata a rivendita latte, già oggetto di licenza in precario; C) restauro e risanamento conservativo con cambio d’uso da agricolo ad abitativo di un fabbricato colonico, classificato di categoria 2a (con demolizione di tamponature esterne del solaio intermedio della porzione posta a nord al fine di ripristinare l’originario portico a tutta altezza); D) restauro e risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso verso l’abitativo della ex stalla – fienile classificata 2a al fine di ricavare due unità immobiliari e creazione di spazi aperti al piano terra mediante la demolizione di murature esterne; E) restauro e risanamento conservativo del fabbricato già adibito a porcilaia, mediante la demolizione di una modesta superfetazione a tergo del fabbricato stesso, con consolidamento delle strutture originarie e realizzazione di una scala in ferro esterna per disimpegnare gli spazi ricavabili al piano superiore (manufatto da destinare a ripostiglio senza permanenza di persone); F) nuova costruzione di edificio residenziale costituito da un piano completamente interrato destinato ad autorimesse e cantine e da tre piani fuori terra per un totale di sei alloggi più un locale sottotetto accessorio (con utilizzazione delle superfici dei demolendi fabbricati non classificati, di cui ai punti A e B, nonché delle superfici delle porzioni dei fabbricati classificati 2a, di cui ai punti C e D, per i quali era prevista la demolizione delle murature esterne e del solaio); G) nuova sistemazione dell’intero lotto; c) gli immobili oggetto di intervento ricadevano in zona R7 – Nuclei Edilizi Esistenti, disciplinata dall’art. 72 delle N.d.A. del vigente P.R.G. che prevedeva Uf=Ufe e, quindi, il mantenimento delle superfici utili esistenti, ed erano in parte classificati di categoria 2a (casa colonica – stalla fienile e porcile/deposito).
Veniva altresì precisato che: d) per quanto riguardava la verifica della Sue (e quindi la verifica della capacità edificatoria del lotto), l’art. 8 delle N.d.A. stabiliva che la Sue doveva essere valutata secondo le prescrizioni del regolamento edilizio per i vari tipi di intervento; e) l’art. 40, punto 1, comma 2, del regolamento edilizio, stabiliva che “la Su si calcola in modo diverso a seconda dell’intervento” rinviando per gli interventi di RE2, RE3, RE4, CD sull’esistente al punto 3.6 della norma medesima; f) il punto 3.6, lett. b, dell’articolo 40 stabiliva, in relazione ai suddetti interventi da realizzare su edifici classificati 1a, 1b e 2a, che la Su andava calcolata con riferimento alla sagoma fondamentale esistente, che costituisce il limite dimensionale dell’intervento; g) nel caso di specie, gli interventi progettati, sui tre edifici esistenti classificati 2a, si definivano RE4 (ristrutturazione edilizia) più CD (cambio d’uso) per cui per il calcolo della Su relativamente a tali edifici trovava applicazione il predetto punto 3.6, lett. b, dell’art. 40 in virtù dell’espresso richiamo operato dall’art. 8 delle N.d.A. e pertanto, costituendo la sagoma fondamentale il limite dell’intervento, del tutto irrilevante, a tal fine, risultava la progettata demolizione delle nurature esterne e del solaio intermedio, in quanto comunque tali demolizioni non consentivano la traslazione delle superfici all’esterno delle relative sagome; h) parimenti irrilevanti, per le stesse ragioni già esposte, risultavano gli ulteriori interventi progettati, sempre relativamente ai tre edifici classificati, volti ad operare un declassamento delle Su (superfici utili) esistenti in Sa (superfici accessorie) o a diminuire la Su esistente attraverso la realizzazione o l’ispessimento di murature interne sempre al fine di traslare tali Su (in tal modo declassate o ridotte) all’esterno delle sagome degli edifici medesimi; i) infine il progetto presentato, relativamente all’edificio di nuova costruzione (di cui al punto F) prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di un sottotetto avente, per un parte pari a mq. 80,84, un’altezza superiore a m. 2,40 erroneamente qualificata come Sa, mentre invece, secondo il punto 3.1 dell’articolo 40 del regolamento, costituiva, a tutti gli effetti, superficie utile.
In definitiva, secondo l’amministrazione comunale, poiché la Su realizzabile come nuova costruzione doveva essere pari unicamente a quella dei demolendi fabbricati non classificati (di cui ai punti A e B), parti a mq. 176,71 e poiché invece il progetto di nuova costruzione prevedeva 1a realizzazione di Su pari a mq. 572,91, il progetto stesso, relativamente al nuovo fabbricato di cui al punto F, non era “approvabile per contrasto con l’art. 72 delle N.d.A. del P.R.G. vigente che prevede Uf=Ufe, in combinato disposto con l’art. 40, punto 3.6, lettera b del Regolamento Edilizio”.
I.3. La Cooperativa impugnò tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna (ricorso NRG. 1816/2000), deducendone l’illegittimità per “Violazione di legge ed eccesso di potere”; “Violazione di legge: art. 3 della L. n. 241/1990”, “Violazione e falsa applicazione dell’art. 72 delle N.T.A. del P.R.G. e dell’art. 40.3.6.b del regolamento edilizio comunale” e “Eccesso di potere e violazione di legge”.
II.1. Con altro provvedimento, prot. gen. 128400/2000 del 10 ottobre 2000, l’Amministrazione comunale, esaminando il nuovo progetto proposto dalla per superare i rilievi dell’amministrazione, osservò che essa comportava lievi modifiche all’impianto distributivo interno degli edifici classificati, delle modifiche alle dimensioni di una foratura dell’ex stalla e la realizzazione, nel sottotetto dell’edificio residenziale di nuova costruzione, di un solaio in laterocemento dello spessore di cm. 16 che riduceva l’altezza massimo fino a m. 2,39 e di due terrazze di falda, evidenziando che “In ordine alla nuova costruzione dell’edificio residenziale la superficie utile di progetto eccede rispetto all’ammissibile per mq. 377,10 e la superficie accessoria di progetto eccede rispetto all’ammissibile di mq. 126,86. Tali eccedenze permangono anche a seguito delle sopradescritte variazioni rispetto al progetto già diniegato, in quanto la prevista riduzione dell’altezza del sottotetto non può portare a classificare la superficie della stessa come accessoria…., in quanto, a norma del punto 3.1. dell’art. 40 del vigente Regolamento Edilizio, essendo dotata di terrazze in falda, e quindi di elemento di illuminazione e aerazione atti a renderla superficie, per la funzione fondamentale dell’abitare, costituisce a tutti gli effetti Su. In ogni caso anche a prescindere dalla progettata riduzione di altezza e della classificazione della superficie del sottotetto come utile anziché accessoria, permane comunque la violazione dell’art. 72 delle N.d.A. del vigente PRG in combinato disposto con l’art. 40 punto 3.6 lett. b del vigente Regolamento Edilizio per l’eccedenza di superficie utile prevista rispetto a quella esistente con conseguente contrasto con il parametro Uf=Ufe”.
L’amministrazione confermò, pertanto, le motivazioni del precedente provvedimento di parziale diniego “…con le dovute esposte modificazioni delle stesse in merito alla superficie del sottotetto comunque classificabile come Su”.
II.2. Anche di tale nuovo provvedimento la predetta Cooperativa chiese l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna (ricorso NRG. 32/2001), sollevando gli stessi motivi di censura spiegati con il precedente ricorso e proponendo anche domanda di risarcimento del danno.
III. L’adito tribunale, sez. II, nella resistenza della intimata amministrazione comunale, con la sentenza n. 197 del 30 gennaio 2002, riuniti i ricorsi, li respingeva, ritenendo infondate le censure sollevate.
In particolare, secondo il predetto tribunale: a) gli immobili ricadevano in zona R7 – Nuclei Edifici Esistenti - in cui, ai sensi dell’art. 72 delle N.d.A. era previsto il mantenimento delle superfici utili esistenti; b) tali superfici dovevano essere calcolate ai sensi dell’art. 40 del regolamento edilizio, richiamato dall’art. 8 delle N.d.A., il quale al punto 3.6b prevedeva espressamente come limite dimensionale dell’intervento la sagoma dell’edificio; c) nel caso in esame, concernente edifici classificati, il limite dimensionale della sagoma preesistente, depurata dalle superfetazioni che costruiscono alterazione incongrua dell’organismo edilizio, ex art. 40, punto 3.6, lett b), del regolamento, impediva la traslazione di superficie al di fuori della sagoma esistente; d) le variazioni, all’interno della sagoma, dei rapporti tra superficie utile e superficie accessoria non rilevavano ai fini di un eventuale trasferimento delle riduzioni di superficie utile al di fuori della sagoma; e) conseguentemente erano legittimi entrambi i dinieghi impugnati, in quanto la riduzione ulteriore di superficie, ottenuta col secondo progetto mediante l’abbassamento dei sottotetto, era irrilevante, stante l’impossibilità di traslare superficie al di fuori della sagoma preesistente.
IV.1. Con atto di appello notificato il 26 febbraio 2003 la Cooperativa chiedeva la riforma di tale sentenza, denunciando l’erroneità e l’ingiustizia, conseguenza di un superficiale ed approssimativo esame delle censure oltre che di una macroscopica violazione e falsa applicazione della specifica disciplina edilizia applicabile al caso di specie, riproponendo pertanto tutti i motivi di censura sollevati in primo grado e reiterando anche la domanda di risarcimento del danno.
Resisteva al gravame il Comune di Bologna, il quale rilevava che con diversi provvedimenti, precedenti la proposizione dell’appello, tutti gli interventi edilizi, originariamente denegati con i provvedimenti impugnati in primo grado, erano stati assentiti, essendo intervenuta (giusta delibera consiliare n. 370 del 19 dicembre 2001, rettificata con successiva delibera n. 36 del 21 gennaio 2002) una modifica (variante) dell’art. 72 delle N.d.A. del vigente P.R.G. ed il declassamento, dalla categoria 2a a 2b, degli edifici classificati esistenti all’interno del lotto di proprietà della Cooperativa; deduceva quindi l’inammissibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse e comunque la sua infondatezza nel merito, anche relativamente alla domanda risarcitoria.
IV.2. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione le parti hanno illustrato le proprie tesi difensive, insistendo per il relativo accoglimento; l’appellante, in particolare, ha prodotto anche documentazione a sostegno della domanda risarcitoria.
IV.3. All’udienza pubblica dell’8 aprile 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
V. Non è contestato tra le parti che l’amministrazione appellata, successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata e prima della proposizione del gravame in esame, ha effettivamente rilasciato alla Cooperativa appellante le concessioni edilizie necessarie per la realizzazione degli interventi edilizi di cui si discute.
L’appello deve essere pertanto dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse quanto alla domanda di annullamento di annullamento dei dinieghi impugnati in primo grado, nessun ulteriore vantaggio o utilità potendo derivare alla Cooperativa dal loro eventuale annullamento giurisdizionale.
VI. Ciò nonostante la legittimità degli impugnati dinieghi deve essere verificata ai fini della fondatezza della risarcimento del danno da provvedimento illegittimo proposta in primo grado e poi riproposta con l’atto di appello e ora fondata sul preteso illegittimo ritardo nel rilascio dei titoli edilizi: a tal fine occorre stabilire se il rilascio dei titoli edilizi sia stato determinato esclusivamente, come sostenuto dal Comune di Bologna, dall’intervenuta (giusta delibera consiliare n. 370 del 19 dicembre 2001, rettificata con successiva delibera n. 36 del 21 gennaio 2002) modifica (variante) dell’art. 72 delle N.d.A. del vigente P.R.G. ed il declassamento, dalla categoria 2a a 2b, degli edifici classificati esistenti all’interno del lotto di proprietà della Cooperativa, ovvero se anche già per effetto della previgente regolamentazione edilizia i titoli edilizi richiesti avrebbero potuti essere legittimamente rilasciati.
Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.
VI.1. E’ pacifico che la società appellante attraverso i progetti edilizi oggetto degli impugnati dinieghi intendeva realizzare nel comparto R7, tra l’altro, un nuovo fabbricato, recuperando s tal fine la superficie che sarebbe venuta meno nel fabbricato vincolato (2a) con l’apertura del portico e con ulteriori interventi edilizi di ristrutturazione e restauro tipologico (per l’ispessimento dei muri e la conseguente riduzione della superficie utile), oltre ad altre minori superfici ricavabili dalla demolizione di altri piccoli manufatti.
Secondo l’appellante il risultato finale del complesso intervento edilizio progettato non avrebbe determinato alcuna variazione della superficie utile che sarebbe stata pari a quella precedentemente esistente, così pienamente rispettandosi, dal punto di vista urbanistico, la previsione relativa al proprio al comparto R7, secondo cui l’indice di utilizzazione fondiario (U.F.), ossia l’indice di fabbricabilità, deve corrispondere alla superficie esistente (Ufe), unico elemento da valutare ai fini del rilascio dei titoli edilizi richiesti.
Di qui l’illegittimità di entrambi i dinieghi impugnati, fondati sulla violazione e falsa applicazione del punto 3.6, lett. b) del regolamento edilizio (all’epoca vigente), richiamato dall’articolo 8 delle N.d.A. del piano regolatore generale che, ad avviso dell’amministrazione, non avrebbe consentito di recuperare la superficie utile conseguente all’apertura del portico, con demolizione delle murature esterne del solaio intermedio, a a causa dell’impossibilità di traslare la superficie all’esterno delle relative sagome (con conseguente irrilevanza degli ulteriori interventi progettati, volti ad un declassamento delle superfici utili esistenti (Su) in superfici accessorie (Sa) o a sopprimere parte delle superfici esistenti con l’ispessimento dei muri e l’apertura del portico, dovendo considerarsi superficie utile (Su) e non superficie accessoria (Sa) quella relativa al sottotetto del nuovo edificio da realizzare, sottotetto che in parte, precisamente per mq. 80,84, aveva un’altezza superiore a m. 2,40), situazione che permaneva anche malgrado la riduzione delle altezze interne del sottotetto fino ad un massimo di m. 2, 39, mediante un solaio di cemento armato dello spessore di cm. 16 (secondo le previsioni del progetto edilizio oggetto del secondo diniego).
VI.2. Sennonché le pur articolate prospettazioni dell’appellante non meritano favorevole apprezzamento, essendo del tutto corrette, coerenti e condivisibili le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici.
VI.2.1. L’art. 72 delle Norme di attuazione del Piano regolatore generale disciplina in particolare i Nuclei Edilizi Esistenti (R7) – Zona omogenea E, stabilisce che detta zona “…comprende le parti del territorio sulle quali insistono edifici riconducibili ai seguenti tipi: 1) edifici esistenti all’interno di aree con destinazione pubblica o di interesse generale stralciati da tale destinazione, in considerazione e della marginalità della loro ubicazione e della non necessità/opportunità di destinare gli stessi all’uso pubblico; 2) edifici esistenti all’interno di zona agricola non destinati o non destinabili all’attività agricola (edifici residenziali accatastati al NCEU, edifici colonici non più funzionali alla produzione agricola, edifici o parti di edifici utilizzati per attività produttiva e/o servizio”, indicando quali usi previsti “U1, U2, U4, U5, U6, U 13, U 14, U, 15, U 17, U20, U21, U22, U23, U26, U28, U35”, e, quanto alle modalità di intervento, prevedendo, tra l’altro, che “il piano si attua mediante interventi edilizio diretto di tipo:RE1, RE2, RE3, RE4, CD, NCA 1. Per tutti gli interventi sopraelencati:Uf = Ufe. Per gli interventi esistenti alla data di adozione del presente piano, non ricadenti tra quelli classificati 1a, 1b, 2a di cui all’art. 90, che si intendono ampliare per migliorare l’abitabilità delle singole unità immobiliari o i servizi, è consentito un incremento “una tantum” della Su esistente pari al 10%, 15% o 20%, articolato come all’art. 65, a condizione che tale incremento non sia già stato concesso a norma del precedente PRG e successive varianti. Tale incremento può essere utilizzato solo per migliorare le condizioni igieniche o di abitabilità delle singole unità immobiliari (alloggi, negozi, unità produttive) o per dotare l’edifici di servizi tecnologici mancanti o insufficienti (centrale termica, ascensore, montacarichi), ma non può in nessun caso essere utilizzato per la realizzazione di nuove unità immobiliari autonome. Per gli edifici con destinazione diversa da quella residenziale esistenti alla data di adozione del presente piano, non ricadenti tra quelli classificati 1a, 1b, 2a di cui all’art. 90 delle presenti norme, costituiti da una sola unità immobiliare e contenenti una sola destinazione d’uso (unità produttive, commerciali o di servizio), l’incremento “una tantum” di cui sopra è elevato fino al 20% della superficie utile esistente….”.
VI.2.2. Deve aggiungersi che, ai sensi dell’art. 8 delle Norme di Attuazione (recante “Definizione dei parametri urbanistici”): a) l’indice di utilizzazione fondiaria (Uf) rappresenta “il rapporto massimo esistente tra la superficie utile (Su) degli edifici e la superficie fondiaria (Sf) ed è espresso in mq/mq”; b) l’indice di utilizzazione territoriale (Ute) e fondiario esistente (Ufe), quanto il lotto è già utilizzato, “rappresentano rispettivamente l’indice di utilizzazione territoriale e l’indice di utilizzazione fondiario calcolati su un lotto edificato: Ute=Sue/St; Ufe=Sue/Sf, con Sue valutata come prescrive il regolamento edilizio per i vari tipi di intervento”.
L’articolo 40 del regolamento edilizio (vigente all’epoca dei provvedimenti impugnati), recante in particolare ”Definizione e applicazione dei parametri edilizi”) al punto 3.6. quanto alla “Superficie esistente per interventi RE2, RE3, RE4, CD”” ha previsto, per quanto qui interessa: “b) Ai fini dell’ammissibilità, per interventi RE2, RE3, RE4, CD, su edifici classificati 1a, 1b e 2a, si considera come limite dimensionale dell’intervento la sagoma fondamentale esistente, depurata dalle superfetazioni che costituiscono alterazione incongrua e non integrata tipo logicamente e architettonicamente dell’organismo edilizio originario (con particolare riguardo alle parti dell’edificio originariamente aperte e/o scoperte: porticati, loggiati, altane, terrazzi, cortili interni, chiostrine, e alle parti esterne coperte con tettoie precarie , barricamenti, ecc.). In caso di difficile individuazione della un congruità della alterazione e della carente integrazioni tipologica e architettonica il parere è affidato alla Commissione ConsultivaEdilizia”.
VI.2.3. In base al delineato quadro normativo, sebbene non sia dubitabile che, sotto il profilo urbanistico, nel comparto R7, in cui ricadeva il progetto edilizio proposto dalla Cooperativa, gli interventi consentiti avevano come limite la indispensabile corrispondenza tra Uf (indice di utilizzazione fondiaria) e Ufe (indice di utilizzazione fondiaria esistente), così che quegli interventi non avrebbero giammai potuto determinare un aumento di superficie esistente, è pur vero che proprio ai fini della valutazione della superficie utile l’art. 8 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore edilizio rinviava alle previsioni del regolamento edilizio “per i vari tipi di intervento” e quindi, per quanto attiene al caso di esame, a quanto stabilito dall’art. 40, punto 3.6, lett. b),
Ciò esclude innanzitutto la fondatezza della quanto meno semplicistica ricostruzione dell’appellante secondo cui ai fini del rilascio dei titoli edilizi richiesti sarebbe stato sufficiente verificare la mera corrispondenza quantitativa tra la superficie utile esistente e quella risultante dall’esame dei progetti presentati, non sussistendo la denunciata inammissibile commistione che sarebbe stata illegittimamente perpetrata dall’amministrazione comunale tra le previsioni urbanistiche e quelle edilizie, atteso che il necessario collegamento funzionale tra le une e le altre è espressamente assicurato proprio dal ricordato articolo 8 delle Norme tecniche di attuazione del piano regolatore.
In realtà le previsioni contenute nel ricordato art. 40, punto 3.6., lett. b), del regolamento edilizio, delimitavano la superficie utile esistente, ai fini degli interventi RE2, RE3, RE4 e CD, con riferimento alla dimensione della sagoma fondamentale esistente, con ciò escludendo la intrinseca possibilità di traslare in altri edifici dello stesso comparto la superficie esistente negli edifici classificati 1a, 1b e 2a: si tratta di una scelta discrezionale non illogica, arbitraria, irrazionale o irragionevole ed anzi del tutto coerente con la stessa ratio e finalità dell’art. 72 delle norme di attuazione del piano regolatore, riguardante i nuclei edilizi esistenti e tesa sostanzialmente ad evitare un aumento della superficie utile e quindi ad evitare che, attraverso i consentiti interventi di ristrutturazione edilizia si possano surrettiziamente realizzare vere e proprie nuove costruzioni, modificando non solo l’aspetto urbanistico – edilizio, ma aggravando anche il carico urbanistico dell’area.
VI.2.4. Le osservazioni svolte, alla cui stregua la Sezione è dell’avviso che non possa ragionevolmente dubitarsi della legittimità dei dinieghi impugnati, rendono irrilevanti le ulteriori censure mosse dalla società Cooperativa, in particolare per quanto riguarda il secondo diniego, atteso che anche le modifiche progettuali apportate alle altezze del sottotetto della realizzanda nuova costruzioni non sono da sole sufficiente a rendere la nuova superfiche pari a quella esistente, secondo le specifiche prescrizioni dell’art. 40, punto 3.6, lett. b), del regolamento edilizio, stante l’impossibilità della traslazione delle superfici eventualmente recuperate.
E’ appena il caso di rilevare per completezza che, proprio alla stregua del delineato tessuto normativo urbanistico – edilizio e della accennata finalità dell’art. 72 delle Norme di attuazione del piano regolatore generale, non meritano favorevole considerazioni le apodittiche (e peraltro neppure pienamente comprensibili) deduzioni dell’appellante circa la natura asseritamente non urbanistica dell’articolo 40 del regolamento edilizio che avrebbe invece natura di mera norma di tecnica edilizia, tanto più che ai fini di una simile ricostruzione non è stato fornito alcun elemento logico – sistematico direttamente derivante dalle norme di attuazione del piano regolatore ovvero dal regolamento edilizio affermazione, il che rende ugualmente solo suggestiva, ma priva di qualsiasi fondamento logico – giuridico la pretestuosa e apodittica l’affermazione della cooperativa appellante secondo cui l’interpretazione della normativa ricordata operata dall’amministrazione comunale, e ritenuta corretta dai primi giudici, determinerebbe addirittura una diminuzione della superficie totale edificabile nel comparto).
VI.3. La legittimità dei dinieghi impugnati (e conseguentemente la correttezza della disciplina urbanistico – edilizia vigente al momento della loro emanazione) trova conferma nelle modifiche apportate alle norme di attuazione del piano regolatore generale per effetto della variante approvata con delibera consiliare n. 370 del 19 dicembre 2001 (avente ad oggetto “PRG ’85. Ulteriori varianti parziali grafiche e normative non incidenti sul dimensionamento ai sensi dell’art. 41 della L.R. 20/2000 e successive modificazioni ed integrazioni (“4 Pacchetto “bis). Controdeduzioni alle osservazioni e approvazione”).
VI.3.1. In particolare all’art. 72, sempre concernente i nuclei edilizi esistenti (R7) – zona omogenea E - relativamente alle modalità di intervento, dopo l’individuazione dei tipi di intervento edilizio ammessi, per i quali è confermato che l’indice di utilizzazione fondiaria (Uf) deve essere uguale all’indice di utilizzazione fondiaria esistente (Ufe), è stato introdotto il seguente periodo: “Nel caso di interventi relativi ad edifici esistenti sottoposti a disciplina di conservazione la superficie utile degli elementi incongrui ma legittimi da eliminarsi in relazione alla corretta metodologia di intervento può essere totalmente o parzialmente recuperata, mediante congruo intervento di nuova costruzione, a condizione che non pregiudichi i complessivi valori ambientali ed architettonici dell’intero insediamento”.
L’espressa previsione della recuperabilità della superficie utile e della sua traslabilità in una nuova costruzione rende tale disciplina innovativa rispetto a quella precedente (tanto più che dalla motivazione della ricordata delibera consiliare non vi è alcun elemento da cui possa desumersi che essa costituisca una mera interpretazione della precedente disciplina), così trovando indiretta, ma logica e sistematica conferma la precedente impossibilità di traslare in nuove costruzioni la superficie utile eventualmente recuperata nel comparto R7 (e la legittimità dei dinieghi fondati su tale presupposto).
VI.3-2. Il successivo rilascio dei titoli edilizi (in particolare la concessione P.G. n. 142776/01 del 28 marzo 2002 e quella P.G. n. 104261/02 del 21 ottobre 2002) che hanno consentito la complessiva realizzazione degli interventi originariamente negati, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non costituisce frutto di un mero reveriment dell’amministrazione comunale ovvero l’esito di un approfondimento della disciplina urbanistico – edilizia vigente all’epoca dei dinieghi, quanto piuttosto l’effetto dell’applicazione della sopravvenuta nuova disciplina dell’art. 72 delle Norme di attuazione del piano regolatore generale, anche in virtù della quale con delibera consiliare n. 110 del 30 settembre 2002, avente ad oggetto “Modifica della classificazione di tre fabbricati siti in via del Terrapieno n. 13, ai sensi dell’art. 90 delle norme di attuazione del piano regolatore generale vigente”, tre edifici di proprietà della cooperativa appellante sono stati declassati dalla categoria 2a alla categoria 2b, dando espressamente atto che “…sulla base di tale modificazione, vista la conseguente conformità del progetto del progetto all’art. 40 punto 3.6 del vigente Regolamento Edilizio e all’art. 72 delle N.d.A. del P.R.G. vigente, sarà rilasciata concessione edilizia P.G. 104261/02 per la realizzazione delle opere descritte…”.
In definitiva solo per effetto della delineata nuova disciplina, come emerge dalla motivazione della ricordata delibera consiliare n. 110 del 30 settembre 2002, è stato possibile prima (concessione P.G. n, 142776/01 del 28 marzo 2002) assentire “…il recupero della superficie della porzione incongrua (tamponamento del porticato della ex casa colonica), ma legittima perché esistente antecedentemente all’anno 1942, in applicazione del 3° comma delle Modalità d’intervento dell’art. 72 delle N.d.A. del P.R.G. vigente, così come modificato con le precitate varianti”) e poi (concessione P.G. n. 104261/02 del 21 ottobre 2002) e poi, in virtù del declassamento degli edifici dalla categoria 2a a quella 2b, “…applicare i parametri edilizi di cui alla lettera a) del citato punto 3.6 che prevede, come unico parametro, per gli edifici esistenti al 18.7.86 e non ricadenti tra quelli classificati 1a, 1b e 2a non più la sagoma fondamentale esistente, bensì la superficie complessiva fuori terra (Su = Sa)” e quindi trasferire all’interno del lotto e utilizzare in parte per la sopraelevazione dell’edificio di nuova costruzione la superficie utile esistente (“…riferita alla situazione originaria degli edifici prima degli interventi di demolizione e ricostruzione”).
VI.4. La legittimità dei dinieghi impugnati e la circostanza che i successivi titoli edilizi sono stati rilasciati solo per effetto dell’avvenuta modifica della disciplina urbanistico – edilizio rendono infondata la domanda risarcitoria, non essendo neppure astrattamente ipotizzabile l’asserito ritardo nel rilascio dei titoli edilizi (erroneamente ricollegato dall’appellante all’inesistente revirement dell’amministrazione comunale ovvero all’altrettanto erronea natura ricognitiva/interpretativa della variante al piano regolatore generale ed al nuovo contenuto dell’art. 72 delle Norme di attuazione del piano regolatore generale).
VII. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere dichiarato in parte improcedibile, quanto alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado, ed in parte infondato, quanto alla domanda risarcitoria.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Cooperativa di Abitazione Savena Soc. Coop. a r.l. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sez. II, n. 197 del 30 gennaio 2002, lo dichiara in parte in procedibile ed in parte lo respinge, come da motivazione.
Condanna la Cooperativa appellante al pagamento in favore del Comune di Bologna delle spese del presente grado di giudizio che liquida complessivamente in €. 5.000,00 (cinquemila), oltre IVA, CPA ed altri accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
 

 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.