Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Demolizione e ripristino stato - TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, sent. n.3739 del 04.03.2015

Pubblico
Sabato, 7 Marzo, 2015 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Prima Quater), sentenza n. 3739 del 4 marzo 2015, su ordine di demolizione e ripristino
 
N. 03739/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 00563/2015 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Prima Quater)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
ex art. 60 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 563 del 2015, proposto da: 
Mohamed Lakhdar Arfaoui, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Ciaglia, Alessandra Mineo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Savoia, n.72; 
contro
Roma Capitale, rappresentata e difesa dall'avv. Sergio Siracusa, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura comunale in Roma, via Tempio di Giove, n.21; 
per l'annullamento
della determinazione dirigenziale del Municipio VIII, Direzione tecnica U.O. servizi al territorio, 6 ottobre 2014, n. CM/66691/2014, n. rep. CM/1558/2014, che ha ingiunto al ricorrente la rimozione o demolizione di opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.
 
Visto il ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 19 febbraio 2015 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;
 
1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe, ai sensi dell’art. 15 della l.r. Lazio 15/2008, Roma Capitale ha ingiunto al ricorrente, nella qualità di responsabile e occupante per comodato d’uso, e alla società proprietaria dell’area la demolizione di opere abusive realizzate in via dell’Almone, n. 2, angolo via Appia Nuova (fg. 921, p.lle n. 150, ex 115, e 102).
Espone il ricorrente:
- che l’area in parola è inclusa nel perimetro del parco regionale dell’Appia Antica, è stata dichiarata di notevole interesse paesaggistico (d.m. Beni culturali 14 dicembre 1953), ed è tutelata sempre sotto il profilo paesaggistico anche ai sensi dell’art. 1, lett. m), l. 431/85, giusta d.m. Beni culturali 16 ottobre 1998;
- che parte dell’area ospita l’esposizione all’aperto di autoveicoli in vendita gestita dal ricorrente, mentre su altra parte è stato edificato antecedentemente al 1967 un fabbricato a uso residenziale;
- di aver presentato due istanze di condono edilizio al Comune di Roma ex art. 32, l. 326/03 (prot. nn. 0/52140 sot 0 e 0/52141 sot 0), per legittimare, rispettivamente, una “tettoia aperta con struttura metallica e copertura in onduline” e una superficie di mq 70 riferita alla parte residenziale dell’edificio preesistente, sul quale erano stati eseguiti interventi manutentivi, e un’ulteriore porzione superficiaria di mq 15 destinata a uffici da lui eseguita in assenza di titolo edilizio intorno agli anni ’90, mediante chiusura di una tettoria in essere;
- di aver commesso nelle predette istanze di condono due errori materiali, in particolare indicando anche le abitazioni come avente destinazione commerciale, mentre tale destinazione riguarda solo 15 mq, e qualificando tale intervento come “nuova costruzione”, trattandosi, invece, di opere di ristrutturazione e manutenzione straordinaria di un fabbricato risalente, la cui legittimità fonda ex lege sulla sua realizzazione anteriore al 1967;
- che con atto n. 100 del 30 agosto 2012, non impugnato, il Comune di Roma disponeva il rigetto della seconda istanza.
Tanto premesso, lamenta con l’odierno gravame il ricorrente che l’impugnato provvedimento, facendo seguito al predetto diniego, abbia ingiunto la demolizione di opere (manufatto in muratura con copertura a terrazzo a uso abitativo di mq 145 e di altezza m 2,25/2,55, suddiviso in 4 unità immobiliari di cui una con superficie di mq 15 con destinazione ufficio; plateatico in conglomerato cementizio per una superficie di mq 100; sovrastante tettoia in ferro e copertura in lamiera grecata della superficie di mq 75 e altezza di m. 2,00/2,65; cancello carrabile di m 5,00x2,50x2,50; container di m 5,00x2,50x2,50) qualificate tutte come opere di nuova edificazione, mentre il predetto manufatto in muratura trarrebbe origine dall’accorpamento di manufatti preesistenti, attestati sul lotto già dagli anni ’30 e ristrutturati negli anni ’60 del secolo scorso.
Indi il ricorrente, versati in atti a sostegno dell’assunto rilievi cartografici e aerofotogrammetrici e perizia tecnica, denunzia l’illegittimità dell’ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi, in quanto il fabbricato di cui sopra fonderebbe la sua legittimità ex lege dalla realizzazione anteriore al 1967, mentre gli altri interventi, quali pertinenze a servizio dello stesso, non comportanti alcun carico urbanistico, sarebbero assoggettabili, laddove realizzati in assenza di SCIA, a sanzioni pecuniarie e non ripristinatorie.
Al più, per l’ipotesi che tali interventi, realizzando un ristrutturazione “pesante”, possano aver alterato alcuni dei parametri indicati dall’art. 10, comma 1, lett. c) del D.P.R. 380/01, afferma il ricorrente che la fattispecie sanzionatoria avrebbe dovuto essere individuata non nell’art. 15 della l.r. 15/2008, bensì in quella prevista dal successivo art. 16, che impone di accertare che la sanzione demolitoria sia eseguibile senza pregiudizio per la preesistenza.
Per tutto quanto sopra, il primo motivo di ricorso denunzia violazione ed erronea applicazione degli artt. 3, 10 e 31 del D.P.R. 380/2001, dell’art. 15 della l.r. Lazio 15/2008, da eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.
Il secondo motivo [violazione per falsa e omessa applicazione del combinato disposto degli artt. 15 e 19, l.r. 15/2008, 3 e 10, comma 1, lett. c), D.P.R. 380/2001 – omessa applicazione dell’art. 37, D.P.R. 380/2001 – In via derivata, violazione per falsa e omessa applicazione della circolare Infrastrutture 7 agosto 2003, n. 4174 – violazione per falsa e sviata applicazione degli artt. 27, comma 3, 31 e 33, D.P.R. 380/2001 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, travisamento dei fatti e dei presupposti, irragionevolezza e illogicità manifeste, contraddittorietà] ribadisce poi come alcune opere, di carattere pertinenziale, non comportanti aumento di volumi e superfici utili, siano estranee al permesso di costruire, e quindi siano soggette esclusivamente alla sanzione pecuniaria, da cui la violazione per omessa e falsa applicazione degli artt. 31 e 37 D.P.R. 380/2001, 15 e 19 l.r. 15/2008, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento, sviamento, illogicità e irragionevolezza manifeste, violazione del principio del giusto procedimento.
Con il terzo motivo di ricorso [violazione per falsa e omessa applicazione del combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lett. b), D.P.R. 380/2001, nonché violazione per mancata applicazione dell’art. 19, l.r. 15/2008, e dell’art. 37, D.P.R. 380/2001 – violazione, per falsa e sviata applicazione, dell’art. 15, l.r. 15/2008, dell’art. 31, D.P.R. 380/2001 e in parte qua dell’art. 6, D.P.R. 380/2001 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, travisamento dei fatti e dei presupposti, irragionevolezza e illogicità manifeste, contraddittorietà] si sostiene infine che la realizzazione del cancello in ferro non necessitava di alcun titolo abilitativo.
Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico dell’atto gravato, parte ricorrente ne ha domandato l’annullamento, con espressa riserva di successiva azione risarcitoria.
2. Si è costituito in resistenza Roma Capitale, depositando varia documentazione.
3. Alla camera di consiglio del 19 febbraio 2015, fissata per la delibazione della domanda di sospensione interinale degli effetti dell’atto gravato, formulata in via incidentale in ricorso, il Collegio ha ravvisato l’esistenza dei presupposti per provvedere ai sensi dell’art. 60 c.p.a., dandone avviso alle parti.
4. Le censure avanzate dal ricorrente non possono essere favorevolmente apprezzate.
5. Come emerge dall’atto gravato e dalla ricostruzione in fatto contenuta in ricorso, il ricorrente, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, recante tra altro, all’art. 32, misure per la definizione degli illeciti edilizi, e della l.r. Lazio 8 novembre 2004, n. 12, recante disposizioni in materia di definizione di illeciti edilizi, presentava istanza di condono diretta a sanare la realizzazione di un manufatto a destinazione d’uso commerciale di mq 70.
L’istanza veniva esitata con atto comunale 30 agosto 2012, n. 100.
Al riguardo, il provvedimento, chiarito che l’area in parola è gravata da vari vincoli (quelli riepilogati dallo stesso ricorrente), e che tra tali vincoli figura anche quello derivante dalla sua inclusione nel perimetro del parco regionale dell’Appia Antica, teneva conto:
- dell’art. 2, comma 1, lett. b) della l.r. 15/2004, che ricomprende tra le opere abusive suscettibili di sanatoria, entro i detti parametri, le “opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003”;
- dell’art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. 12/2004, che ricomprende tra le cause ostative alla sanatoria edilizia “le opere di cui all'articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali”.
In applicazione delle predette disposizioni, e alla luce della destinazione commerciale del manufatto e della sua localizzazione nel perimetro del parco regionale dell’Appia Antica, l’amministrazione dava atto dell’insanabilità del manufatto, rigettava l’istanza di condono e avviava il procedimento di repressione dell’abuso, esitato con l’atto qui gravato.
6. In relazione al predetto manufatto, sostiene ora il ricorrente di aver commesso due errori materiali nell’istanza di condono, in particolare indicando anche la parte dello stesso adibita ad abitazioni come avente destinazione commerciale, mentre tale destinazione riguarderebbe solo 15 mq, e qualificando gli altri interventi come “nuova costruzione”, trattandosi, invece, di opere di ristrutturazione e manutenzione straordinaria di un fabbricato risalente.
Da quanto sopra, il ricorrente trae l’illegittimità dell’ordine di demolizione e rimessa in pristino recato dall’atto qui gravato, quanto al manufatto stesso, in quanto:
a) l’immobile fonderebbe la sua legittimità ex lege dalla sua realizzazione anteriore al 1967;
a) l’immobile sarebbe adibito ad attività commerciale solo per una limitata parte (mq 15).
Al riguardo, non occorre spendere molte parole per osservare che tali censure avrebbero dovuto essere fatte valere nei termini di legge avverso il diniego di condono, che, invece, lo stesso ricorrente riferisce di non aver impugnato.
L’avvenuto consolidamento dell’accertamento contenuto del diniego di sanatoria impedisce infatti che possano essere apprezzate censure dirette avverso un atto diverso e ulteriore da quello contenente l’accertamento, ma che risulta privo di autonomia funzionale rispetto a quest’ultimo, di cui costituisce mera esecuzione, pena la violazione del termine decadenziale per l’impugnazione degli atti amministrativi di cui all’art. 92 c.p.a.
7. Con un secondo gruppo di censure, in relazione ad altre opere, di cui pure il provvedimento gravato commina la demolizione, il ricorrente nega la sussistenza dei presupposti per il ricorso all’art. 31 del D.P.R. 380/01, e delle corrispondenti disposizioni della l.r. 15/2008, assumendo che si tratterebbe di manufatti di modesta entità e di carattere pertinenziale, che non realizzano aumento di volumi e di superfici utili, per la cui realizzazione in assenza di SCIA è prevista la sola sanzione pecuniaria.
Infine, nell’ultimo gruppo di censure il ricorrente afferma, in relazione alla residua opera costituita da un cancello a difesa della proprietà, che esso costituirebbe attività edilizia “libera”.
Tutte le predette doglianze sono da respingere.
Si osserva al riguardo che, come emerge da quanto acclarato nell’ordinanza gravata, e come confermato dal ricorso, le prime opere cui si riferisce il ricorrente sono costituite da un plateatico in conglomerato cementizio per una superficie di mq 100, con una sovrastante tettoia in ferro e copertura in lamiera grecata della superficie di mq 75 e altezza di m. 2,00/2,65 e da un container di m 5,00x2,50x2,50, mentre il cancello carrabile presenta le dimensioni di m 5,00x2,50x2,50.
L’apprezzamento della consistenza delle opere tutte in discorso e della loro oggettiva autonomia strutturale, come emergente dall’ordinanza impugnata, non fatta oggetto, sul punto, di contrarie dimostrazioni assistite da un principio di prova, ma anzi confermata quanto alla corretta individuazione dell’entità dell’intervento realizzato in assenza di titolo abilitativo edilizio, permette di concludere che non vi è dubbio che le predette strutture sostanziano una rilevante e stabile volumetria, anche fuori terra, rientrante nel novero degli "interventi di nuova costruzione" di cui all'art. 3, comma 1, lett. e), del D. P.R. n. 380 del 2001, che il successivo art. 10 subordina al rilascio del permesso a costruire, stante la loro idoneità a modificare l'assetto urbanistico del territorio, pena la sanzionabilità degli stessi, come nella specie, con l’ingiunzione di demolizione di cui all’art. 31.
Ne deriva che, in ogni caso, la presenza all'interno del fondo su cui insiste l’opera abusiva di un altro edificio (peraltro come visto anch’esso abusivo), non può farle ritenere pertinenze di quest'ultimo, al di là della correlazione di carattere meramente fattuale che il responsabile dell’abuso ha inteso imprimere alle stesse, atteso che il carattere pertinenziale di un’opera va apprezzata sotto il profilo oggettivo.
E’ poi comunque dirimente il rilievo che l'art. 27 del DPR n. 380 del 2001, nel disporre la demolizione delle opere realizzate in assenza di titolo su aree vincolate, non opera alcuna distinzione tra l'assenza del permesso di costruire e l'assenza di altri titoli abilitativi, di talchè la giurisprudenza ritiene che in costanza di aree vincolate anche l'assenza di SCIA legittima la sanzione demolitoria ai sensi del medesimo art. 27 (C. Stato, VI, 9 gennaio 2013, n. 62).
Infine, si rammenta che è consolidato principio giurisprudenziale che le opere poste a difesa della proprietà, quali ad esempio steccati e recinzioni, costituiscono attività edilizia libera solo quando non recano alcuna trasformazione del territorio, che va esclusa quando esse risultino fissate su opere in calcestruzzo o similmente ancorate al suolo, condizione questa che si appalesa ricorrente, tenuto conto delle dimensioni del cancello realizzato dal ricorrente.
8. Deve concludersi, per tutto quanto sopra, che l’amministrazione comunale, nel caso di specie, ha esercitato i poteri repressivi degli abusi edilizi che le competono alle condizioni e nella misura previste dalla legge.
Conseguentemente, il ricorso deve essere respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore di Roma Capitale, che liquida nell’importo complessivo pari a € 1.000,00 (euro mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo,Presidente
Donatella Scala,Consigliere
Anna Bottiglieri,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.