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Proroga dell’esenzione dal contributo di costruzione

Pubblico
Mercoledì, 23 Giugno, 2021 - 10:45

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n.4639 del 15 giugno 2021, proroga dell’esenzione dal contributo di costruzione

MASSIMA

Nelle controversie aventi ad oggetto rapporti di credito, la mancata contestazione, in primo grado, di fatti specifici da parte della amministrazione intimata comporta l’impossibilità di alterare il thema probandum in appello, a fronte del contrasto con il divieto dei nova sancito dall’art. 104, comma 2, c.p.a. e con la ratio del principio di non contestazione di cui all’art. 64, comma 3, c.p.a., in particolare allorquando non si dimostri che tale necessità discenda da causa non imputabile alla parte appellante e non si verta nell’ambito di un giudizio impugnatorio, cui anche in appello è applicabile la regola stabilita dall’art. 46, comma 2, c.p.a..

Ai fini dell’esonero dal pagamento del contributo di costruzione di cui all’art. 17, lett. c), t.u. edilizia deve sussistere il concorso di due presupposti, uno soggettivo e uno oggettivo; quanto al primo, è necessario che l’esecuzione delle opere sia avvenuta da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico, purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio; quanto al secondo, si richiede l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.

SENTENZA

N. 04639/2021REG.PROV.COLL.

N. 08955/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8955 del 2020, proposto dal comune di Montecatini Terme, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Rossana Parlanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la società Etruria Investimenti s.p.a. in liquidazione ed in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fausto Falorni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maurizio Cucciolla in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 987 del 28 luglio 2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e contestuale appello incidentale della società Etruria Investimenti s.p.a. in liquidazione ed in concordato preventivo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Rossana Parlanti e Fausto Falorni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto:

a) in via principale l’accertamento del diritto alla esenzione del contributo di costruzione versato dalla ditta Etruria (in liquidazione e concordato preventivo) in relazione a due titoli edilizi rilasciati in sanatoria per accertamento di conformità dal comune di Montecatini Terme (ex art. 36 t.u. edilizia e art. 140 l.r. n. 1 del 2005) per la realizzazione - nella qualità di cessionaria dalla società Terminal bus s.r.l. (incaricata a suo tempo della costruzione e della gestione del “Terminal bus”), di alcune porzioni del complesso - di opere all’interno del terminal medesimo; in particolare al titolo n. 636 del 26 ottobre 2006, per la realizzazione di servizi igienici e per il frazionamento catastale, e al titolo n. 649 del 25 ottobre 2006, per la realizzazione di una infrastruttura sanitaria (centro fisioterapico); la conseguente condanna alla restituzione delle somme versate (euro 24.195,50 per il titolo n. 636 ed euro 10.992,09 per il titolo n. 649), oltre accessori (interessi legali e rivalutazione monetaria);

b) in subordine l’accertamento della non debenza degli oneri di urbanizzazione (per il titolo n. 649) e dei costi di costruzione (per entrambi i titoli nn. 636 e 649) avuto riguardo alle caratteristiche strutturali e funzionali degli immobili e la conseguente condanna alla restituzione delle somme versate.

2. In particolare, con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Toscana (R.G. n. 1546/2009), la società Etruria Investimenti s.p.a. ha agito:

i) per l’accertamento della non debenza del contributo versato, comprensivo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e della quota afferente al costo di costruzione, in riferimento alle attestazioni di conformità in sanatoria n. 636 in data 26 ottobre 2006 (euro 24.195,50) e n. 649 in data 25 ottobre 2006 (euro 10.992,09) e della non debenza del contributo versato, relativamente agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per l’attestazione di conformità n. 649 in data 25 ottobre 2006 (euro 4.672,19), nonché relativamente alla quota afferente al costo di costruzione, pari ad euro 13.911,19 per l’attestazione di conformità in sanatoria n. 636 in data 26 ottobre 2006 ed euro 6.319,90 per l’attestazione di conformità in sanatoria n. 649 in data 25 ottobre 2006;

ii) per la condanna del comune di Montecatini Terme: a) alla restituzione di quanto indebitamente corrisposto dalla società ricorrente; b) al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria ovvero del maggior danno ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c. sulle somme capitali, a decorrere dal dì del pagamento e fino al dì del rimborso;

iii) per l’annullamento, in quanto occorra, del Regolamento per l’applicazione del contributo relativo ai permessi di costruire e alle denunce di inizio di attività, approvato con delibera del consiglio comunale n. 79 del 27 luglio 2005, e dell’attestazione di conformità in sanatoria n. 649/2006 in data 25 ottobre 2006.

2.1. Nel dettaglio, la ricorrente:

a) con riferimento al complesso immobiliare rappresentato dal centro polifunzionale di viale Foscolo, in Montecatini Terme, meglio noto come “Terminal bus”, ha dedotto che:

- esso si trova in zona F in base al P.R.G. ed è destinato a servizi pubblici e di interesse pubblico e/o collettivo;

- è stato realizzato in forza di una concessione per la esecuzione e gestione di opere pubbliche, disciplinata dalla convenzione in data 26 giugno 1986 e dal successivo atto integrativo in data 20 agosto 2002;

- le destinazioni degli immobili realizzati, in conformità alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sono pubbliche ovvero di interesse pubblico e/o collettivo;

- tutte le opere diventeranno di proprietà dell’Amministrazione comunale al termine del periodo cinquantennale di durata della convenzione;

b) ha sostenuto in diritto la non debenza dei contributi per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, alla stregua di quanto previsto dall’art. 124 della l.r. n. 1/2005 e dall’art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. n. 380/2001, per il caso di realizzazione di opera pubblica o di interesse pubblico da parte di soggetto istituzionalmente competente ovvero comunque sulla base di un rapporto convenzionale con il comune, atteso che, nel caso di specie:

b.1) il rapporto instaurato per la realizzazione del centro polifunzionale veniva qualificato, fin dall’origine, come rapporto di concessione per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (convenzione stipulata il 26 giugno 1986), come dimostrato dal fatto che tutte le opere, al termine del periodo di durata della concessione, diventeranno di proprietà del Comune;

b.2) la variante al P.R.G., approvata con la delibera consiliare n. 125 del 21 dicembre 1998, classificava l’area come “sottozona F1G – Parcheggio Terminale”, la destinava “ad attrezzatura terminale per la mobilità su strada e a servizi pubblici, di interesse pubblico e privati”, con la previsione della prevalenza delle destinazioni pubbliche e della natura funzionale all’attrezzatura terminale di quelle private, comunque residuali;

b.3) la convenzione integrativa stipulata il 20 agosto 2002 sostanzialmente confermava tali precedenti previsioni;

b.4) si tratterebbe di un caso di realizzazione di opere di urbanizzazione da parte di un privato;

b.5) in passato l’amministrazione ha sempre rilasciato titoli edilizi gratuiti per la esecuzione di lavori all’interno del terminal bus;

c) ha quindi ritenuto che l’esenzione dal pagamento del contributo derivasse dalla sussistenza sia del requisito soggettivo, in quanto il soggetto privato aveva operato come concessionario del comune, in luogo e vece di esso, che del requisito oggettivo, considerato che le opere oggetto dei titoli sono connotate da una qualificazione di interesse pubblico visto che l’attestazione di conformità in sanatoria n. 636/2006 si riferisce a locali destinati ad “area direzionale pubblica”, quindi aventi funzione pubblica, e che l’attestazione di conformità in sanatoria n. 649/2006 si riferisce ad una porzione destinata ad attività sanitaria di fisioterapia quindi con funzione di interesse pubblico;

d) ad ogni modo, alla esclusione della debenza del contributo si sarebbe pervenuti anche in ragione delle caratteristiche degli interventi cui si riferiscono le due attestazioni di conformità in sanatoria, non essendo qualificabili come nuove edificazioni.

2.2. Nel giudizio di primo grado il comune di Montecatini Terme si è costituito in data 4 novembre 2009 con comparsa di stile senza confutare alcunché in modo specifico, essendosi limitato a concludere per la irricevibilità, improcedibilità, inammissibilità e infondatezza nel merito del ricorso.

2.3. Il T.a.r. per la Toscana, sez. III, con la sentenza n. 987 del 28 luglio 2020:

i) ha dato atto della costituzione solo formale del comune;

ii) ha riconosciuto la presenza dei due presupposti (soggettivo e oggettivo) costitutivi del diritto alla esenzione del contributo di costruzione, secondo quanto previsto dagli artt. 17, comma 3, lett. c), t.u. edilizia e 124, lett. b), della l.r. n. 1 del 2005, considerato che:

- le destinazioni ad “area direzionale pubblica” e ad attività sanitaria di fisioterapia, di cui alle attestazioni di conformità in sanatoria rispettivamente n. 636/2006 e n. 649/2006 non escludono il perseguimento di un interesse pubblico dell’intera struttura nel suo complesso e, ciò, anche considerando che detti spazi, alla scadenza della concessione, diventeranno di proprietà del comune;

- il P.R.G., approvato con la delibera consiliare n. 125 del 21 dicembre 1998, qualifica l’intervento di realizzazione del “terminal Bus”, nella sua globalità, come intervento di interesse pubblico;

- con il ricorso allo strumento della concessione per la costruzione e la gestione di opera pubblica è stato trasferito al privato il perseguimento di una finalità di rilievo pubblicistico e collettivo nell’esplicazione di un interesse pubblico;

- la prima convenzione espressamente stabiliva che la concessione edilizia per la realizzazione dell’intervento non sarà soggetta al pagamento del contributo “trattandosi di opera rientrante fra quelle di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9 lettera f) della stessa legge n. 10/1977”;

- la convenzione integrativa stipulata il 20 agosto 2002 ha ribadito l’originaria destinazione ad attività pubbliche o di pubblico interesse, dell’intero centro polifunzionale, confermando, tra l’altro, le pattuizioni contenute nella prima convenzione e la natura concessoria del rapporto;

- in conclusione, risulta sussistente, ai fini dell’esenzione, sia il requisito oggettivo, stante la rilevanza pubblicistica delle opere in esame, che riguarda spazi inseriti in un terminal bus, già oggetto di una concessione di costruzione d’opera e gestione, che il requisito soggettivo, in quanto con la concessione si è operato un trasferimento di poteri dall’amministrazione comunale ad un soggetto privato;

iii) ha accolto la sola domanda di accertamento;

iv) ha condannato il comune alle spese di lite, nella misura di euro 3.000,00.

3. Il comune di Montecatini Terme ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sollevato un unico complesso motivo (da pagina 5 a pagina 19, rubricato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 124 comma 1 lettera b della lrt 1/2005 - art. 17 III comma lettera c/ dPR 380/2001 - art. 64 decreto legislativo 104/2010 - art. 2697 del codice civile. Travisamento dei fatti”), in cui ha contestato sia in fatto che in diritto la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi costitutivi del diritto all’esonero. Il comune appellante, in particolare, ha evidenziato che:

a) mancherebbe il requisito soggettivo, attesa l’estraneità della società Etruria Investimenti alla concessione di costruzione e gestione del 1986 ed all’atto integrativo del 2002, essendo questi intervenuti tra il comune di Montecatini Terme e la società Terminal Bus; del resto, in senso contrario, non vi sarebbe stata alcuna dimostrazione da parte della ricorrente di essere subentrata nella concessione stipulata dalla Terminal Bus;

b) difetterebbe anche il requisito oggettivo, poiché, quanto all’accertamento di conformità n. 636/2006, non è stato dato atto di quale fosse la effettiva destinazione degli spazi e, quanto all’accertamento di conformità n. 649/2006, non è stato rilevato che la destinazione a centro fisioterapico non era essenziale per l’attuazione dell’opera pubblica (parcheggio terminale per la mobilità su strada);

c) peraltro, la gravata sentenza erroneamente non avrebbe considerato che nel caso di specie, in violazione delle norme di P.R.G. vigenti all’epoca degli accertamenti di conformità in esame (in particolare, l’art. 26 delle N.T.A., rubricato “Sottozona F1G – Parcheggio Terminale”) e della convenzione del giugno 2002, modificativa della convenzione del 1986 (in particolare, nelle previsioni di cui all’art. 9, comma 1, all’art. 3-bis, comma 6, e all’art. 11):

c.1) mancherebbe l’autorizzazione preventiva alla localizzazione delle funzioni pubbliche nelle aree oggetto degli accertamenti di conformità e di riconoscimento, da parte della Amministrazione, delle caratteristiche di destinazione dell’interesse pubblico;

c.2) quanto all’attestazione di conformità n. 636/2006, nelle tavole allegate la stessa società riferiva quale destinazione “area direzionale anche pubblica” senza meglio specificare quale destinazione sarebbe stata attribuita all’area, così come non risulterebbero richieste di pareri e di successivi assensi della amministrazione al fine del riconoscimento della destinazione pubblica delle aree;

c.3) con riferimento all’accertamento di conformità n. 649/2006 la società Etruria Investimenti non avrebbe ottenuto alcun assenso in ordine alla sua richiesta che la destinazione a centro fisioterapico fosse dichiarata di pubblico interesse;

d) non vi sarebbe nesso di strumentalità tra le opere pubbliche previste dalla convenzione del 2002 e dalla variante urbanistica, che riguardavano una attrezzatura terminale per la mobilità su strada offrendo parcheggi per autovetture ed autobus, e il centro fisioterapico ed uno spazio privo di destinazione, non potendo questi pertanto essere definiti quali opere pubbliche o di interesse generale;

e) sia la convenzione del 1986 che quella del 2002 qualificavano il rapporto tra il Comune e la società Terminal Bus come “concessione di costruzione e gestione di un centro polifunzionale in via Foscolo”, senza aver mai fatto riferimento al concetto di opera pubblica;

f) il P.R.G., piuttosto che qualificare l’intervento di realizzazione del terminal bus nella sua globalità come intervento di interesse pubblico (come detto dal T.a.r.), prevedeva invece che una quota di 1/3 rispetto alla superficie complessiva del terminal bus fosse destinata a servizi privati.

3.1. Si è costituita la società per azioni Etruria Investimenti in liquidazione ed in concordato preventivo per resistere e proporre appello incidentale, al fine di chiedere la condanna alla restituzione delle somme versate, oltre accessori. In particolare, la società ha riproposto le argomentazioni poste a sostegno della domanda di accertamento, nonché delle domande non esaminate in primo grado, ed ha impugnato, con l’appello incidentale, la sentenza del T.a.r. nel punto in cui avrebbe omesso di esaminare ed accogliere la domanda di condanna alla restituzione di quanto corrisposto dalla stessa, a titolo di contributo in riferimento alle attestazioni di conformità in sanatoria n. 636/2006 e n. 649/2006, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, ovvero maggior danno, ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c., a decorrere dal dì del pagamento e fino al dì del rimborso.

3.2. Con successiva memoria difensiva depositata in data 12 marzo 2021, la società Etruria Investimenti, con riferimento all’appello principale del comune, ha eccepito:

a) l’inammissibilità dello stesso, stante l’applicabilità al caso di specie del principio di non contestazione ex art. 64, comma 2, d.lgs. n. 104/2010 in relazione alle circostanze dedotte in primo grado dalla originaria ricorrente, non contestabili dal comune per la prima volta in grado di appello;

b) l’inammissibilità del primo motivo di appello, atteso che nel giudizio di primo grado controparte non avrebbe mai contestato la legittimazione della ricorrente e la sussistenza del requisito soggettivo per l’esonero, rappresentato dal suo essere subentrata nella concessione stipulata fra il comune di Montecatini Terme e la società Terminal Bus; ad ogni modo, l’infondatezza della censura, alla luce della documentazione versata dalla società agli atti del primo grado di giudizio e del fatto che i titoli edilizi de quibus venivano rilasciati dal comune sulla base della dimostrazione del titolo necessario, nonché della generale ammissibilità del trasferimento a terzi della qualità di concessionario, come previsto dagli artt. 6 e 10 della concessione del 1986; peraltro, al fine di dimostrare la propria legittimazione la società ha prodotto in appello sia il contratto di cessione in data 6 settembre 2002 che l’atto integrativo in data 3 maggio 2004, ritenendoli indispensabili per la decisione della causa e motivati dalla proposizione del motivo di appello;

c) l’inammissibilità del secondo motivo di appello, atteso che nel giudizio di primo grado controparte non avrebbe mai contestato la sussistenza del requisito oggettivo per l’esonero; ad ogni modo, l’infondatezza della censura, considerato che lo stesso comune mai avrebbe dubitato della natura pubblica dell’intervento avendo invece rilasciato i titoli in sanatoria e che, comunque, il riconoscimento della natura pubblica da parte dell’Amministrazione non sarebbe richiesto con riferimento a quei servizi “di interesse collettivo”, comunque considerati “complementari” alla funzione propria dell’area; peraltro, non sarebbe ravvisabile alcun superamento della previsione di gratuità degli interventi prevista dalla originaria convenzione del 1986, né sarebbe ammissibile un frazionamento degli interventi alla luce della complessiva qualificazione di interesse pubblico del terminal bus e della futura acquisizione di tutti gli spazi da parte del comune, senza distinzione alcuna.

3.3. Successivamente le parti hanno scambiato le seguenti memorie:

i) in data 12 marzo 2021 la società ha presentato istanza per la discussione orale della causa mediante collegamento da remoto (istanza poi ripetuta in data 16 marzo 2021);

ii) in data 14 marzo 2021 il comune appellante, con memoria ex art. 73 c.p.a., ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della produzione documentale avversaria relativa al contratto di cessione ed all’atto integrativo e, nel merito, ha ribadito le proprie censure;

iii) in data 25 marzo 2021 il comune ha depositato memoria di replica, con cui ha resistito alla eccezione di inammissibilità dell’appello, rilevando l’inapplicabilità alla fattispecie del principio di non contestazione e, ad ogni modo, che ciò non può ostacolare la possibilità di censurare nel secondo grado di giudizio la dimensione fattuale e giuridica della fattispecie; l’appellante principale ha inoltre insistito nell’eccezione di inammissibilità della documentazione prodotta dalla società nel grado di appello e, comunque, di inidoneità di essa a dimostrare il requisito soggettivo necessario per il diritto all’esenzione, atteso che con l’atto del 2002 la società Terminal bus si limitava a trasferire alla società Etruria Investimenti il diritto di superficie di alcune particelle del complesso immobiliare; peraltro, il comune ha dedotto la circostanza di fatto che le particelle catastali interessate dai titoli edilizi in sanatoria non sarebbero oggetto della cessione da parte della società Terminal bus alla ditta Etruria; infine, l’ente si è limitato ad eccepire l’inammissibilità e la tardività della riproposizione della domanda subordinata di accertamento proposta in primo grado “in via di ipotesi” ed ha contestato, con riferimento all’appello incidentale, l’infondatezza della richiesta della rivalutazione per il caso di restituzione degli oneri concessori, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo;

iv) in data 23 aprile 2021 la società Etruria ha depositato un’ulteriore memoria difensiva, poi seguita dalla memoria di precisazione del 5 maggio 2021, per replicare alle avverse deduzioni ed eccezioni; in particolare, in merito alla affermazione del comune secondo cui “le particelle oggetto degli accertamenti di conformità” non costituirebbero “oggetto della cessione del diritto di superficie” la società ha evidenziato che la mancata menzione di alcuni subalterni non appare riconducibile alla volontà di non effettuare il trasferimento, bensì si spiega in ragione delle variazioni nelle denominazioni catastali che, normalmente, si correlano a qualsiasi intervento edilizio e che, nel caso di specie, hanno determinato modifiche nella individuazione delle particelle;

v) infine, in data 25 maggio 2021 sia la ditta Etruria che il comune hanno depositato note di udienza ex dd.ll. nn. 28 del 2020 e 137 del 2020.

4. All’udienza del 27 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. In via preliminare, il Collegio osserva che il presente giudizio ha ad oggetto un rapporto patrimoniale di credito, al riguardo potendo rinviare, in ordine alla natura degli atti con i quali l’amministrazione comunale determina o ridetermina il contributo di costruzione, di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001 (come di recente ribadito dalla Sezione nella sentenza n. 3150 del 19 aprile 2021), a quanto precisato dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 12 del 2018, che ha riaffermato la loro natura privatistica, già in passato sostenuta dalla giurisprudenza di questo Consiglio.

In particolare, l’Adunanza plenaria citata ha affermato che: “7.3. L’atto di imposizione e di liquidazione del contributo, quale corrispettivo di diritto pubblico richiesto per la compartecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione, non ha natura autoritativa né costituisce esplicazione di una potestà pubblicistica, ma si risolve in un mero atto ricognitivo e contabile, in applicazione di rigidi e prestabiliti parametri regolamentari e tabellari”, e ha richiamato la giurisprudenza consolidata che ha affermato che “la controversia in ordine alla spettanza e alla liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione, riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art. 16 della l. n. 10 del 1977 e, oggi, dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., ha ad oggetto l’accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti della pubblica amministrazione e non è soggetta alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi e ai rispettivi termini di decadenza.” (§ 7.8.).

6. Chiarita la natura del rapporto sottostante per cui è causa, il Collegio rileva:

a) l’inammissibilità della produzione documentale della società per violazione divieto dei nova ex art. 104, comma 2, c.p.a., oltretutto non essendo stata ostesa la ragione che avrebbe reso impossibile la produzione documentale in primo grado;

b) la parziale fondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla ditta Etruria Investimenti, sotto il profilo della maturata preclusione alla modificazione del thema probandum in grado di appello (retro § 3.2).

6.1. Al riguardo è necessario, in primo luogo, richiamare la circostanza per cui, in prime cure, il comune si è limitato, come anticipato al § 2.2, ad una mera costituzione formale presentando comparsa di stile senza confutare alcunché in modo specifico, concludendo per la irricevibilità, improcedibilità, inammissibilità e infondatezza nel merito del ricorso.

6.2. In altri termini, l’amministrazione non ha contestato in alcun modo – con la conseguente ammissione ex art. 64, comma 3, c.p.a. - le puntuali circostanze di fatto dedotte dalla ditta ricorrente, sulle quali - stante l’assenza di contestazione di controparte - si è basata la decisione del primo giudice, che si sostanziano nei seguenti elementi:

a) la collocazione del complesso immobiliare “Terminal bus” (zona F in base al P.R.G.) e la sua destinazione a servizi pubblici e di interesse pubblico;

b) la realizzazione del complesso in forza di una concessione per la esecuzione e gestione di opere pubbliche, disciplinata dalla convenzione in data 26 giugno 1986 e dal successivo atto integrativo in data 20 agosto 2002, atti che hanno sempre qualificato il rapporto instaurato per la realizzazione del centro polifunzionale come rapporto di concessione per la realizzazione e gestione di un’opera pubblica;

c) il fatto che l’opera, nel suo complesso, forma oggetto di un rapporto concessorio ed è stata approvata ai sensi della legge n. 1/1978, che impone una qualificazione unitaria e complessiva dell’intervento;

d) la circostanza che il soggetto privato operi come concessionario del comune, con la conseguenza che il lucro del soggetto privato è ricondotto ad un equilibrio patrimoniale nei rapporti con il comune stesso, equilibrio all’interno del quale si colloca il vantaggio, per l’ente pubblico, di acquisire al termine della concessione la proprietà di tutte le opere (quindi anche degli spazi che nell’immediato sono utilizzati a fini privati);

e) il fatto che le opere previste nel complesso immobiliare sono state realizzate sulla base di concessioni edilizie rilasciate a titolo gratuito e che solo negli ultimi anni l’amministrazione comunale ha richiesto il pagamento del contributo di costruzione in riferimento al alcuni interventi su porzioni del realizzato centro polifunzionale;

f) la circostanza che le destinazioni degli immobili realizzati, in conformità alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sono pubbliche ovvero di interesse pubblico e che le destinazioni private sono complementari e residuali rispetto alle prevalenti superfici destinate ad utilizzazioni direttamente ed immediatamente pubbliche;

g) il fatto che la realizzazione degli spazi aventi destinazione privata è finalizzata a creare un equilibrio economico tra il comune ed il soggetto privato, equilibrio nell’ambito del quale si colloca anche la previsione di gratuità dei titoli di assenso per l’edificazione;

l) l’insussistenza, nella fattispecie, di nuova edificazione, non essendo rilevabile aumento della superficie utile, né mutamento delle destinazioni d’uso: in particolare, il titolo n. 636/2006, sebbene preveda il frazionamento in due unità immobiliari, non si accompagna a trasformazioni funzionali e strutturali rilevanti, così come il titolo n. 649/2006 si risolve in una distribuzione parzialmente diversa degli spazi interni, senza mutamento di destinazione e senza modifica del numero delle unità immobiliari.

6.3. Ciò considerato, le deduzioni dell’amministrazione e il materiale probatorio prodotto per la prima volta nel presente grado di giudizio non possono trovare ingresso, poiché tale condotta si traduce in un tardivo ampliamento del thema probandum in contrasto con il divieto dei nova sancito dall’art. 104, comma 2, c.p.a. e con la ratio del principio di non contestazione di cui al richiamato art. 64, comma 3, c.p.a., in particolare allorquando, come nel caso di specie:

a) non si dimostri che tale necessità discenda da causa non imputabile alla parte appellante (arg. da Cass. civ., sez. un., n. 12065 del 2014; n. 3033 del 2013 e n. 761 del 2002);

b) non si verta nell’ambito di un giudizio impugnatorio, cui anche in appello è applicabile la regola stabilita dall’art. 46, comma 2, c.p.a. (Cons. Stato, sez. IV, n. 3509 del 2016, n. 472 del 2016; sez. V, n. 3462 del 2015).

6.3.1. Sotto il profilo di cui al punto a), si osserva che i documenti (in ipotesi) indispensabili ai fini della decisione, invero, sono sempre stati nella disponibilità delle parti, sin da prima della instaurazione del giudizio di primo grado e dunque non si configura il requisito della non imputabilità della mancata produzione nel primo grado (cfr. Cons. Stato, sez. IV n. 3509 del 2016).

Nello specifico, si tratta di atti risalenti all’arco temporale 2002/2004, i quali, pertanto, avrebbero ben potuto essere prodotti e sottoposti al contraddittorio processuale fin dal giudizio di primo grado.

La circostanza che la loro produzione - unitamente alle argomentazioni svolte a supporto – sia avvenuta, per la prima volta, nel presente grado non ha consentito l’esplicarsi in prime cure del diritto di difesa della controparte, per cui, ove si ritenesse ammissibile, si realizzerebbe una lesione, tra l’altro, del principio del doppio grado di giurisdizione (arg. da Cons. Stato, sez. IV, n. 3150 del 2021 cit.).

6.3.2. Sotto il profilo di cui al punto b), si richiama la premessa effettuata al precedente § 5 in merito all’oggetto non impugnatorio del presente giudizio, che concerne la condanna alla restituzione di una somma di denaro versata a titolo di contributo di costruzione e a cui, dunque, non sono applicabili gli artt. 46, comma 2, e 65, comma 3, c.p.a., disposizioni che impongono all’amministrazione ed al giudice – esclusivamente nell’ambito del giudizio impugnatorio, stante il chiaro tenore letterale delle norme - di acquisire anche in secondo grado il provvedimento contestato e i correlati documenti ritenuti utili ai fini della decisione del gravame (arg. da ultimo da Cons. Stato, sez. IV, n. 8297 del 2020; n. 3844 del 2020). In ogni caso, il potere istruttorio attribuito al giudice d’appello, non può essere esercitato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi in primo grado poiché si tratterebbe della produzione non di nuove prove, bensì di prove dalle quali la parte è decaduta (arg. da Cons. Stato, sez. IV, n. 3150 del 2021 cit.).

6.4. Per le ragioni esposte, l’appello va dichiarato inammissibile nella parte in cui il comune, ampliando il thema probandum, introduce ex novo per la prima volta nel presente grado di giudizio le seguenti circostanze fattuali, poste a sostegno delle proprie censure:

a) con riferimento al requisito soggettivo, il fatto che la ditta Etruria sarebbe estranea alla concessione, non essendo stata fornita la prova della qualifica di sub concessionaria;

b) quanto al requisito oggettivo:

b.1) con riferimento al titolo n. 636/2006, la circostanza che la ditta Etruria non avrebbe mai comunicato al comune quale fosse l’effettiva destinazione degli spazi ravvisandosi incertezza al riguardo, né avrebbe ottenuto alcuna autorizzazione preventiva alla localizzazione delle funzioni pubbliche ovvero il riconoscimento della destinazione pubblica;

b.2) in relazione al titolo n. 649/2006, la mancanza di assenso alla richiesta di dichiarazione di pubblico interesse;

b.3) in generale, l’assenza del carattere strumentale ovvero complementare delle opere rispetto al terminal bus.

L’introduzione di tali circostanze determina una non consentita alterazione del thema probandum a seguito della decadenza dalla possibilità di superare i fatti ammessi per mancata specifica contestazione ex art. 64, comma 1, c.p.a. (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 3150 del 2021; n. 3844 del 2020; n. 8297 del 2020).

7. Per converso, devono essere ritenute ammissibili le mere difese svolte dal comune, che si risolvono nella contestazione della qualificazione giuridica di atti e fatti e nella esposizione di tesi giuridiche, da considerare sempre ammissibili in sede di appello anche da parte di chi non si è costituito in prime cure (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 4 del 2018, sez. V, n. 3462 del 2015).

Al riguardo, rilevano le deduzioni svolte dall’Amministrazione comunale di natura giuridica e non fattuale ovvero consistenti nell’interpretazione di norme e di strumenti urbanistici, nonché delle previsioni delle convenzioni del 1986 e del 2002, tutte finalizzate a contestare la sussistenza del requisito oggettivo richiesto per la esenzione dal pagamento del contributo di costruzione.

7.1. A tali fini, occorre richiamare, sul piano normativo, le previsioni delle seguenti disposizioni:

a) l’art. 124 delle legge regionale n. 1 del 2005, che, nell’elencare le ipotesi di esenzione dall’obbligo di pagamento, ricalcando quanto in precedenza previsto dall’art. 23, lett. b), della l.r. n. 52 del 1999 (nel testo conseguente alle modifiche introdotte con l.r. n. 43 del 2003), stabilisce che “Il contributo di cui all’articolo 119 non è dovuto …: b) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse pubblico realizzate dai soggetti competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati o privato sociale, in questo caso, convenzione con il comune che assicuri l’interesse pubblico”;

b) l’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui il contributo non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” (sostanzialmente riproduttivo dell’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977).

7.2. In particolare, esprimendosi su quest’ultima disposizione, questo Consiglio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2017, n. 5356; sez. IV, 30 dicembre 2016, n. 5546; sez. IV, 6 giugno 2016, n. 2394) ha ripetutamente preteso, ai fini dello sgravio contributivo, che sussista il concorso di due presupposti, uno soggettivo e uno oggettivo.

Quanto al primo, è necessario che l’esecuzione delle opere sia avvenuta da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico, purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio. Al riguardo, l’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, da intendersi non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, consente di riconoscere il detto sgravio edilizio de quo non esclusivamente alle amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche a soggetti privati che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus dell’amministrazione.

Inoltre, in ordine al requisito oggettivo, si richiede l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale. Peraltro, sul punto, va registrato un orientamento restrittivo della giurisprudenza amministrativa, essendo necessario a tal fine dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività. Non è sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2394 del 2016; n. 2327 del 2007).

Recentemente, questa Sezione (sentenza 7 giugno 2021, n. 4350) ha inoltre precisato che l’opera debba contribuire con vincolo indissolubile all’erogazione diretta del servizio, non essendo sufficiente un rapporto strumentale tra le opere e il servizio, non idoneo a soddisfare direttamente interessi pubblici né essendo sufficiente che le opere rendano più agevole la fruizione del servizio. La Sezione ha altresì chiarito che non può assumere rilievo, ai fini dell’esenzione del pagamento, la possibilità che le opere in futuro, per effetto della concessione o di accordi convenzionali, possano divenire di proprietà pubblica.

7.3. Ciò premesso in termini generali, il Collegio rileva, con riferimento alla fattispecie in esame, la sussistenza di entrambi i presupposti.

7.3.1. Alla luce della dichiarata inammissibilità della relativa censura di appello, deve ritenersi acclarato il requisito soggettivo: l’esecuzione delle opere è avvenuta in forza di un rapporto concessorio, sulla base del quale la società ha esercitato un’attività di rilevanza pubblica. Del resto, in questo senso sono le previsioni del P.R.G. secondo cui nella sottozona di interesse si ammette, in alternativa all’intervento diretto comunale, l’attuazione dell’intervento “tramite concessione di costruzione e gestione disciplinando i rapporti con apposita convenzione”.

7.3.2. Anche l’indagine in merito al presupposto oggettivo, da condurre sulla scorta del complesso delle disposizioni della strumentazione urbanistica e delle pattuizioni convenzionali, nonché delle deduzioni e allegazioni non contestate in primo grado, ha un esito positivo.

Al riguardo, si osserva, quanto alla destinazione d’uso, che il P.R.G. faceva rientrare l’area in esame tra le zone F, le quali, ai sensi del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, sono destinate “ad attrezzature ed impianti di interesse generale”.

Inoltre, la variante al P.R.G., approvata con la delibera consiliare n. 125 del 21 dicembre 1998, classificava l’area in questione come “sottozona F1G – Parcheggio Terminale”, destinandola “ad attrezzatura terminale per la mobilità su strada e a servizi pubblici, di interesse pubblico e privati”. Inoltre prevedeva che “La parte di edificio destinata a servizi complementari dovrà essere destinata prevalentemente a sedi per funzioni pubbliche o di interesse pubblico ed in via residuale a servizi privati, funzionali all’attrezzatura terminale (commerciali, direzionali e ricettivi)”.

Ne deriva, pertanto, che, rispetto alla prevalenza delle destinazioni pubbliche, le (residuali) destinazioni private del complesso risultano oggettivamente funzionalizzate all’attrezzatura terminale.

Si evidenzia, inoltre, che, secondo quanto disposto dal Consiglio comunale con la delibera n. 97 del 28 settembre 2006, tra le destinazioni direzionali di interesse pubblico, determinate in ottemperanza all’art. 26, comma 5, delle N.T.A. (“sottozona F1G Parcheggio terminale”), sono previste le “attività assistenziali e sanitarie (svolte in centri di assistenza, ambulatori, poliambulatori, ambulatori veterinari, centri fisioterapici e riabilitativi, centri termali)” e gli “uffici amministrazioni pubbliche”.

Conformemente alle previsioni urbanistiche, anche la disciplina del rapporto tra il comune di Montecatini Terme e (originariamente) la società Terminal bus s.r.l. depone per riconoscere il carattere pubblico alla opere realizzate. Tale rapporto si connota, invero, alla stregua di una concessione per la costruzione e la gestione di opera pubblica, come, del resto, dimostrato dal fatto che, secondo le previsioni della originaria convenzione e dell’atto integrativo, tutte le opere, al termine del periodo di durata della concessione, diventeranno di proprietà del Comune, senza al riguardo escludere gli spazi con destinazione commerciale, direzionale e turistico-ricettiva (cfr. art. 8 della convenzione originaria e art. 8 della convenzione integrativa).

Significative al riguardo sono le disposizioni dell’originaria convenzione del 1986, che prevedevano che la concessione, avente ad oggetto sia la realizzazione che la successiva gestione del centro polifunzionale (cfr. art. 2), riguardava l’intera opera, la quale, nella sua globalità, veniva considerata come “intervento di interesse pubblico” (cfr. art. 9) e consentiva, nel suo complesso, di raggiungere l’equilibrio economico generale (cfr. art. 1: “equilibrio economico dell’accordo”). Chiaramente l’art. 9 della convenzione recava infatti la seguente previsione: “Fermo restando che deve essere considerato come intervento di interesse pubblico l’opera nella sua globalità, alcune parti di essa sono specificatamente destinate a servizi pubblici o di utilità pubblica”; in tal modo fugando ogni dubbio in ordine alla natura pubblica della totalità delle opere previste, in ragione del fatto che le stesse, con l’obiettivo di garantire la sostenibilità economica dell’investimento, rappresentano componenti di un unicum costituito dal complesso polifunzionale.

La conferma dell’interesse pubblico che connota la realizzazione del terminal bus viene tratta, inoltre, dalla esclusione dal pagamento degli oneri di cui all’art. 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in ragione della qualificazione dell’intervento nel suo complesso quale opera di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, lett. f), della stessa legge n. 10 del 1977 (cfr. art. 11).

Parimenti, nell’atto integrativo del 2002 (che conferma la persistente vigenza delle pattuizioni del 1986 - cfr. art. 13), oltre a precisare nelle premesse l’intenzione di “conformare il centro polifunzionale alla originaria destinazione ad attività pubbliche o di pubblico interesse che si aggiungano ad altre destinazioni di interesse collettivo ed ulteriori complementari destinazioni private”, si ribadiva la natura concessoria del rapporto (cfr. art. 2) e, all’art. 9, la “prevalente destinazione pubblica del complesso”.

A conferma di tali conclusioni rilevano le seguenti dirimenti circostanze di fatto – non più confutabili in grado di appello per le ragioni sopra illustrate -:

i) in passato il comune aveva sempre ritenuto esenti dal contributo di costruzione tutte le opere realizzate in base alla originaria concessione di costruzione e gestione;

ii) tali attività costruttive integrano la realizzazione di opere di urbanizzazione da parte del privato (con tutte le conseguenze di cui agli artt. 124 l.r. n. 1 del 2005 e 17 comma 3, lett. c) t.u. edilizia).

7.3.3. Le considerazioni che precedono conducono pertanto a conferire una connotazione pubblicistica all’insieme delle opere del terminal bus, incluse quelle che, dotate di un’apparente destinazione privata, sono residuali rispetto alle superfici con immediata destinazione pubblica e, comunque, ad esse complementari, in quanto inserite nell’unicum del complesso polifunzionale, atto a garantire il generale equilibrio economico dell’operazione.

Del resto, come ulteriore conferma della sostanziale natura pubblica delle opere rileva la circostanza che esse tutte, senza esclusione, passeranno alla proprietà comunale alla scadenza del rapporto concessorio; dato, quest’ultimo, che, lungi dall’essere ritenuto sufficiente a tal fine se considerato isolatamente (cfr., ut supra, Cons. St., sez. IV, n. 4350 del 2021, cit.), assume un rilievo determinante proprio in quanto inserito nel complesso degli elementi di carattere economico considerati per ottenere il cennato equilibrio dell’investimento.

Peraltro, nel senso della valorizzazione del carattere unitario dell’opera, quale complesso funzionalmente inscindibile si attesta anche un precedente di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. V, n. 7043 del 2002), anch’esso afferente alla realizzazione di terminali per trasporti (in particolare, terminal aeroportuale costruito in base a legge speciale). In tale frangente, il Consiglio di Stato, sebbene analizzando la disciplina speciale statale e regionale prevista ad hoc (la quale, peraltro, negava che l’intervento dovesse seguire lo schema della concessione edilizia comunale), ha escluso il pagamento degli oneri di urbanizzazione relativamente alle aree commerciali e direzionali del complesso proprio in ragione della garanzia dell’equilibrio finanziario sotteso alla gestione esclusiva da parte della società di gestione dei servizi aeroportuali, nonché del carattere unitario e complesso della struttura aeroportuale, nella quale aspetti tecnici e commerciali vanno ad integrare un’unica gestione, finanziaria e patrimoniale. Il Consiglio ha quindi chiaramente affermato che “i moderni sistemi aereportuali si presentano come una struttura polifunzionale integrata, nella quale le funzioni tecniche di assistenza al volo ed ai passeggeri e quelle commerciali fanno parte di un insieme difficilmente scindibile, soprattutto ove il legislatore abbia esplicitamente fatto la scelta di assegnare unitariamente tali funzioni ad un unico gestore, proprio per creare le condizioni più favorevoli al raggiungimento di una posizione di equilibrio e di autosufficienza finanziaria, senza oneri correnti a carico del bilancio pubblico”.

7.4. In conclusione, alla luce dell’insieme delle sopra esposte considerazioni, le opere afferenti al complesso immobiliare Terminal bus oggetto della predetta concessione, ai sensi dell’art. 124 della l.r. n. 1 del 2005 e art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, devono essere considerate esenti dal pagamento del contributo di costruzione.

8. L’appello principale deve pertanto ritenersi in parte inammissibile ed in parte infondato.

8.1. Da ciò consegue la conferma della pronuncia di primo grado laddove ha accolto la domanda di accertamento della non debenza del contributo versato in riferimento alle attestazioni di conformità in sanatoria n. 636 in data 26 ottobre 2006 e n. 649 in data 25 ottobre 2006.

9. Tale conclusione, rende improcedibile la domanda di accertamento formulata dalla ditta Etruria in via di mera ipotesi, in caso di mancato accoglimento della domanda di accertamento principale (formulata “in tesi”).

10. Passando all’esame dell’appello incidentale, finalizzato ad ottenere la condanna del comune di Montecatini Terme alla restituzione delle somme versate, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria, ovvero al maggior danno, se ne rileva la parziale fondatezza.

10.1. Risulta infatti fondata la censura svolta dalla società in ordine alla omessa pronuncia del T.a.r. sul punto, sebbene possa trovare accoglimento la domanda di ripetizione di quanto corrisposto solo limitatamente alla somma capitale e agli interessi legali, non potendo la condanna essere estesa alla rivalutazione monetaria.

Invero, sulla base dell’orientamento consolidato della giurisprudenza (cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 2011, n. 3027; sez. V, 15 settembre 1997, n. 959; da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3150), il debito riguardante gli oneri concessori corrisposti al momento del rilascio del titolo edilizio (ad esempio, perché non utilizzato per la perdita dello jus aedificandi o per un legittimo impedimento) è da qualificarsi, ai sensi dell’art. 2033 c.c., come debito di valuta e pertanto su di esso decorrono solo gli interessi legali dalla domanda e fino all’effettivo soddisfo.

Da ciò discende che, in parziale riforma della sentenza impugnata, il comune di Montecatini Terme deve essere condannato al pagamento in favore della società Etruria Investimenti s.p.a. in liquidazione ed in concordato preventivo di quanto da quest’ultima indebitamente corrisposto, relativamente agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per l’attestazione di conformità n. 649 in data 25 ottobre 2006 (per un totale di euro 10.992,09), nonché per l’attestazione di conformità in sanatoria n. 636 in data 26 ottobre 2006 (per un totale di euro 24.195,50), oltre agli interessi legali dalla domanda (7 novembre 2006) e fino all’effettivo soddisfo.

10.2. In conclusione, l’appello incidentale è parzialmente fondato.

11. In ragione della particolarità della vicenda e della complessità dell’analisi giuridica e fattuale richiesta per la soluzione della controversia, le spese del presente grado di giudizio devono essere compensate ferma rimanendo la statuizione sulle spese della sentenza quivi impugnata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:

i) dichiara in parte inammissibile e in parte respinge l’appello principale, come in epigrafe proposto (r.g.n. 8955/2020);

ii) accoglie in parte l’appello incidentale e, per l’effetto, in parziale riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso di primo grado, condanna il comune di Montecatini Terme nei sensi di cui in motivazione;

iii) compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Alessandro Verrico

Vito Poli

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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