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Danno da occupazione illegittima

Pubblico
Lunedì, 29 Novembre, 2021 - 09:45

T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, Sent., (data ud. 15/10/2021) 15/11/2021, n. 2444

MASSIMA: “La determinazione del danno risarcibile, derivante dalla temporanea occupazione illegittima dei suoli e spettante in ipotesi di riduzione in pristino e di restituzione degli stessi in favore dei ricorrenti, va effettuata secondo il criterio forfettario di liquidazione descritto dall'art. 42 bis, comma 3, del D.P.R. n. 327 del 2001, ossia in base al saggio di interesse del 5%, da applicarsi per ogni anno di occupazione illegittima sul valore venale del terreno (il quale andrà calcolato utilizzando il metodo di stima diretta o sintetica, che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima - quali atti di compravendita di terreni finitimi e simili - e andrà devalutato e rivalutato annualmente secondo gli indici dell'andamento dei prezzi del mercato immobiliare pubblicati nei siti internet delle maggiori e più accreditate società di studi e di osservatori del mercato immobiliare)”.

SENTENZA:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1466 del 2019, proposto da M.P., rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaella Capuano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di G..., rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Salerno, corso Garibaldi, 103; Regione Campania, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Imparato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la condanna

alla restituzione dei suoli illegittimamente occupati in G..., località Capitignano.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di G... e della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2021 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Col ricorso in epigrafe, P.M. (in appresso, P. M.), in qualità di procuratore generale di I.M.R. (in appresso, I. M. R.), agiva per l'accertamento dell'inefficacia dichiarazione di pubblica utilità contenuta nella delibera della Giunta regionale della Campania (DGRC) n. 868 del 18 febbraio 1976 (recante l'approvazione del progetto per la realizzazione di un asilo nido comunale in G..., finanziato con contributo straordinario ex L. n. 1044 del 1971, assegnato con decreto del Presidente della Giunta regionale della Campania, DPGRC, n. 2485 del 14 maggio 1976) e per la conseguente condanna del Comune di G... alla restituzione dei suoli ubicati in G..., località Capitignano, e censiti in catasto al foglio (...), particelle (...) e (...), illegittimamente appresi, nonché al risarcimento del danno derivante dall'occupazione sine titulo dei cespiti immobiliari anzidetti, salvo l'esercizio della facoltà di acquisizione sanante ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001.

2. Alla luce delle allegazioni delle parti la vicenda dedotta nel presente giudizio è, in sintesi, la seguente: -- la I. è proprietaria dei suoli ubicati in G..., località Capitignano, e censiti in catasto al foglio (...), particelle (...) e (...), interessati dal progetto per la realizzazione di un asilo nido comunale in G..., approvato con la citata DGRC n. 868 del 18 febbraio 1976 e finanziato con contributo straordinario ex L. n. 1044 del 1971 (assegnato con DPGRC n. 2485 del 14 maggio 1076); -- con decreto n. 3466 del 29 luglio 1976, il Sindaco di G... aveva disposto l'occupazione d'urgenza dei suindicati terreni; -- a tale provvedimento non era susseguito un formale decreto di esproprio.

3. Non essendosi mai conclusa l'avviata procedura ablatoria, il ricorrente denunciava l'illegittimità dell'occupazione dei suoli in proprietà della I., siccome divenuta sine titulo a seguito dell'inutile decorso del termine quinquennale ex art. 13, comma 4, del D.P.R. n. 327 del 2001 dalla dichiarazione di pubblica utilità di cui alla DGRC n. 868 del 18 febbraio 1976, e richiedeva, quindi, la restituzione dei cespiti immobiliari in parola, con salvezza dei provvedimenti di cui all'art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001.

4. Costituitosi l'intimato Comune di G..., eccepiva l'infondatezza dell'azione esperita ex adverso, nonché il difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo quanto alla proposta domanda risarcitoria, e richiedeva, altresì, l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Campania, quale litisconsorte necessaria, e cioè in quanto ente competente - ai sensi del D.P.R. n. 8 del 1972 e della L.R. Campania n. 30 del 1975 - all'espropriazione per la realizzazione di asili nido, promanante la dichiarazione di pubblica utilità di cui alla DGRC n. 868 del 18 febbraio 1976, nonché delegante - giusta DPGRC n. 2485 del 14 maggio 1076 - l'amministrazione comunale all'espletamento degli incombenti ablatori.

Il ricorrente, nelle proprie repliche difensive, oltre a controbattere alle eccezioni di parte resistente, aderiva alla richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Campania.

5. In esito all'udienza del 26 maggio 2021, la Sezione, con ordinanza collegiale n. 1580 del 28 giugno 2021, disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Campania ai sensi degli artt. 27, comma 2, cod. proc. amm., avendo rilevato che, "laddove l'amministrazione abbia non solo affidato ad altro soggetto la realizzazione dell'opera pubblica, ma abbia anche delegato lo stesso per lo svolgimento delle procedure espropriative, in caso di danni cagionati all'espropriato per occupazione illegittima, si configura la responsabilità solidale tra delegante e delegato, ogni qual volta vi siano elementi idonei a evidenziare un concorso di colpa fra di essi (anche solo per omesso controllo del primo sul secondo), salva la diversa conclusione cui può pervenirsi sulla base di concreti e specifici elementi che escludano la responsabilità dell'uno o dell'altro dei predetti soggetti".

6. Una volta assolto l'impartito incombente di vocatio in ius a cura del P., la Regione Campania si costituiva in giudizio, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.

7. Successivamente, all'udienza pubblica del 15 ottobre 2021, la causa era trattenuta in decisione.

8. Venendo ora a scrutinare il ricorso, va, in rito, disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'amministrazione resistente in relazione alla proposta domanda di risarcimento per equivalente monetario del danno da occupazione illegittima.

In questo senso, Cass. civ., sez. un., 26 marzo 2021, n. 8568 ha, da ultimo, statuito che:

"… è ormai principio consolidato (cfr. Cass., sez. un., 30 maggio 2014, n. 12178; Cass., sez. un., 25 luglio 2016, n. 15284; Cass., sez. un., 29 gennaio 2018, n. 2145; Cass., sez. un., 16 aprile 2018, n. 9334; Cass., sez. un., 17 settembre 2019, n. 23102; Cass., sez. un., 27 novembre 2019, n. 31028; Cass., sez. un., 19 marzo 2020, n. 7454) - al quale il Collegio intende dare continuità - quello per cui, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e 191 del 2006, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie risarcitorie promosse in epoca successiva al 10 agosto 2000, aventi ad oggetto occupazioni illegittime preordinate all'espropriazione e realizzate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile come tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, e ciò anche nel caso in cui l'ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione, nonché la sua irreversibile trasformazione, siano avvenute senza alcun titolo che le consentisse, ovvero nonostante il venir meno di detto titolo. Tale giurisdizione non trova giustificazione nell'idoneità della dichiarazione di pubblica utilità a determinare l'affievolimento del diritto di proprietà, e quindi nella configurabilità della posizione giuridica del proprietario come interesse legittimo, ma nella riconducibilità della fattispecie alla materia urbanistico-edilizia, come definita dall'art. 7 citato, in forza della quale spettano alla cognizione del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere da parte della pubblica amministrazione, quali che siano i diritti (reali o personali) fatti valere nei confronti di quest'ultima, nonché la natura (restitutoria o risarcitoria) della pretesa avanzata. Essa si estende, quindi, a tutte le ipotesi in cui l'esercizio del potere si è manifestato con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità, anche se poi quest'ultima sia stata annullata da parte della stessa autorità amministrativa che l'ha emessa o dal giudice amministrativo, oppure la sua efficacia sia altrimenti venuta meno, o ancora l'apprensione e/o l'irreversibile trasformazione del fondo abbiano avuto luogo in assenza di titolo o in virtù di un titolo a sua volta caducato. Dunque, l'esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per ritenere che l'apprensione l'utilizzazione e l'irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo".

Nello stesso senso, la giurisprudenza, anche amministrativa, ha, già da tempo, ritenuto che, nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui l'amministrazione abbia agito nell'assoluto difetto di una potestà ablativa, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva tutte le controversie nelle quali si faccia questione di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti (peraltro, anche se i relativi provvedimenti siano stati annullati); e che, secondo il richiamato criterio di riparto, restano invece attratte nella cognizione del giudice ordinario le ipotesi residuali in cui l'amministrazione abbia agito nell'assoluto difetto di una potestà ablativa, ossia i casi di occupazione c.d. usurpativa (nei quali manca la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in ragione della quale è stata disposta l'occupazione di un fondo) oppure i casi di c.d. sconfinamento (che ricorre qualora la realizzazione dell'opera pubblica abbia interessato un terreno diverso o più esteso rispetto a quello considerato dal presupposto provvedimento di approvazione del progetto), poiché tali fattispecie non sono in alcun modo riconducibili all'esercizio di una potestà amministrativa, trattandosi, in altre parole, di meri comportamenti materiali tenuti in carenza assoluta di potere (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. un., 23 marzo 2015, n. 5744; 27 maggio 2015, n. 10879; 12 giugno 2015, n. 12179; 7 dicembre 2016, n. 25044; Cons. Stato, sez. IV, 4 aprile 2011, n. 2113; 18 febbraio 2019, n. 1121; TAR Campania, sez. V, 16 gennaio 2014, n. 904; 12.5.2014, n. 2607; 12 novembre 2014, n. 5892; 7 dicembre 2015, n. 5683 e 1 ottobre 2019, n. 4687; 5 ottobre 2020, n. 4279).

Ebbene, nella specie non vi è dubbio che le amministrazioni resistenti abbiano adottato atti implicanti la dichiarazione di pubblica utilità delle opere destinate ad essere eseguite sui suoli in proprietà della I. - quale, segnatamente la DGRC n. 868 del 18 febbraio -, nonché atti postulanti tale dichiarazione di pubblica utilità in relazione a quei medesimi suoli - quale il decreto sindacale n. 3466 del 29 luglio 1976 -.

9. Sempre in rito, va esclusa la prospettata responsabilità solidale, e, quindi, la legittimazione passiva, dell'amministrazione regionale - così come da quest'ultima eccepito e circostanziato - in relazione all'obbligazione risarcitoria per i lamentati danni derivanti dall'occupazione illegittima dei suoli in proprietà della I.

Ciò, perché, nell'ambito della vicenda controversa, la competenza e l'attività esercitata dalla Regione Campania è rimasta circoscritta allo stanziamento del contributo straordinario ex L. n. 1044 del 1971 (al quale era immanente ope legis la dichiarazione di pubblica utilità dell'intervento finanziato), senza mai impingere nella procedura ablatoria, la redazione del progetto, l'occupazione temporanea e la gestione del bene appreso essendo sempre rimaste esclusivamente in capo all'amministrazione comunale (cfr.TAR Campania, Napoli, sez. III, 27 settembre 2021, n. 6030).

10. Nel merito, il ricorso si rivela fondato.

E’, infatti, incontestabile l'illiceità del comportamento tenuto dall'amministrazione comunale resistente, che, per un verso, ha continuato ad occupare i suoli in proprietà della I. nonostante lo spirare del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, e, quindi, del termine di legittima occupazione entro cui emanare il decreto di esproprio, e che, per altro verso, senza alcuna plausibile giustificazione, e senza concludere l'avviato procedimento ablatorio, ha realizzato e mantenuto sui suoli medesimi l'opera (asilo nido comunale) prevista dal progetto all'uopo approvato.

11. Ciò posto, persiste, in capo alla I., il diritto di proprietà sui cespiti immobiliari controversi e perdura l'illegittima occupazione di questi ultimi mediante le opere ivi realizzate.

Il ricorso va, pertanto, accolto, e, per l'effetto l'amministrazione resistente va condannata a disporre l'acquisizione coattiva ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e l'attribuzione del correlativo indennizzo, ovvero, nel caso ritenesse di non doversi determinare in tal senso, sulla base della valutazione discrezionale all'uopo demandatale dall'ordinamento, a ridurre in pristino ed a restituire i cespiti immobiliari indebitamente appresi in favore della I., nonché a risarcire quest'ultima della indisponibilità dei beni per tutta la durata dell'occupazione illegittima.

In argomento, giova rammentare che la ratio del citato art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 è quella di prevedere un rimedio per i casi in cui la pubblica amministrazione abbia occupato illegittimamente un bene di proprietà privata, in assenza di un valido ed efficace decreto di esproprio.

In tali ipotesi, l'ordinamento riconosce all'ente pubblico il potere-dovere di disporre l'acquisizione del bene al proprio patrimonio indisponibile, con corresponsione al privato di un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale subito. Tale potere-dovere è da considerarsi espressione della più generale funzione di amministrazione attiva che compete agli enti pubblici, cui il giudice amministrativo non può sostituirsi, salvo che nei casi di giurisdizione estesa al merito, di modo che la valutazione degli interessi in conflitto e la decisione di procedere all'acquisizione sanante afferisce necessariamente alla sfera insindacabile di discrezionalità dell'amministrazione (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 20 gennaio 2020, n. 2; sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1514; 15 settembre 2014, n. 4696).

La giurisprudenza ha, peraltro, chiarito che: "L'elevato carattere di discrezionalità della scelta rimessa alla valutazione pubblica, osta alla possibilità che il giudice amministrativo possa condannare le amministrazioni coinvolte ad adottare un atto specifico, giudicando sulla fondatezza della pretesa sostanziale di parte ricorrente. Tuttavia, il privato che versi nella condizione che l'art. 42 bis intende sanare, la quale si sostanzia in una situazione di fatto contraria al diritto e non può protrarsi sine die nel tempo, può legittimamente domandare l'emanazione del provvedimento di acquisizione sanante ovvero la restituzione del fondo con la sua riduzione allo status quo ante e all'uopo sollecitare l'amministrazione affinché, tempestivamente adoperandosi, si pronunci sull'istanza avanzata" (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2013, n. 1713).

12. Quanto, poi, alla determinazione del danno risarcibile, derivante dalla temporanea occupazione illegittima dei suoli de quibus e spettante in ipotesi di riduzione in pristino e di restituzione degli stessi in favore dei ricorrenti, essa va effettuata secondo il criterio forfettario di liquidazione descritto dall'art. 42 bis, comma 3, del D.P.R. n. 327 del 2001, ossia in base al saggio di interesse del 5%, da applicarsi per ogni anno di occupazione illegittima sul valore venale del terreno (il quale andrà calcolato utilizzando il metodo di stima diretta o sintetica, che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima - quali atti di compravendita di terreni finitimi e simili - e andrà devalutato e rivalutato annualmente secondo gli indici dell'andamento dei prezzi del mercato immobiliare pubblicati nei siti internet delle maggiori e più accreditate società di studi e di osservatori del mercato immobiliare). Trattandosi di un debito di valore sulla somma così ottenuta dovranno essere corrisposti interessi legali e rivalutazione, anno per anno, sino alla data di liquidazione dell'importo così determinato (cfr. TAR Basilicata, Potenza, sez. I, 7 marzo 2014, n. 182).

Tale somma andrà, inoltre, ridotta del 50%.

Al riguardo, rammenta il Collegio che, affinché una condotta illecita sia da considerarsi eziologicamente suscettibile di arrecare un danno risarcibile, occorre anche verificare se quest'ultimo non si sarebbe evitato adottando tutti gli accorgimenti imposti dalla legge secondo un canone di ordinaria diligenza, poiché, in caso contrario, l'inerzia dell'amministrazione resistente non sarebbe causativa del predetto danno-conseguenza.

Sotto questo profilo, non basta vagliare il comportamento tenuto dall'amministrazione, ma occorre aver riguardo alla vicenda nel suo complesso, onde accertare l'eventuale concorso di altri fattori causali o concausali che possano aver influito, in maniera più o meno determinante, sulla produzione del danno-conseguenza.

Ebbene, tra i fattori concausali da prendere in considerazione non può trascurarsi il rilievo del concorso del comportamento dello stesso danneggiato in quanto rilevante ai sensi dell'art. 1227, comma 2, cod. civ.

A tenore di tale disposizione, "il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza".

Nello stesso senso, l'art. 30, comma 3, cod. proc. amm., stabilisce che, "nel determinare il risarcimento, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti".

Come osservato da Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento - oggi sancita dall'art. 30, comma 3, cod. proc. amm. - deve ritenersi ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva dell'art. 1227, comma 2, cod. civ.

In particolare, l'obbligo di cooperazione ex art. 1227, comma 2, cod. civ. trova fondamento nel canone di buona fede ex art. 1175 cod. civ. e, quindi, nel principio costituzionale di solidarietà: da ciò deriva che anche le scelte processuali di tipo omissivo possono costituire comportamenti valutabili ai fini della esclusione o della mitigazione del danno laddove si appuri, alla stregua del giudizio di causalità ipotetica, che le condotte attive trascurate non avrebbero implicato un sacrificio significativo ed avrebbero verosimilmente inciso, in senso preclusivo o limitativo, sul perimetro del danno.

La disciplina recata nel comb. disp. artt. art. 30, comma 3, cod. proc. amm. e 1227, comma 2, cod. civ. dimostra, così, di apprezzare la rilevanza eziologica anche dell'omessa reazione processuale all'inerzia dell'amministrazione, al fine di stabilire la sussistenza e la consistenza del danno risarcibile, ossia di escludere la ristorabilità del danno che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, avrebbe potuto presumibilmente evitarsi mediante gli anzidetti rimedi giudiziali e stragiudiziali.

In tale prospettiva, il Collegio deve ritenersi chiamato a verificare se nel novero dei comportamenti esigibili dal soggetto leso dall'inerzia dell'amministrazione resistente sia sussumibile anche il tempestivo esperimento di rimedi giurisdizionali propulsivi e/o reintegrativi, nella misura in cui esso sarebbe stato idoneo a scongiurare, in tutto o in parte, il nocumento, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, il cui nesso qualificante può rimanere spezzato dalla condotta processuale dell'interessato, integrante violazione dell'obbligo di cooperazione.

Ebbene, nella specie, la parte ricorrente, nonostante la risalenza storica della vicenda controversa, non hanno esperito rimedi giurisdizionali di sorta, se non all'indomani dell'istanza di accesso dell'11 maggio 2018 e della conseguente proposizione del ricorso ex art. 116 cod. proc. amm., iscritto a e.g. n. 1076/2018, accolto da questa adita Sezione con sentenza n. 63 dell'11 gennaio 2019.

Siffatta condotta omissiva, se, da un lato, non elide in radice l'acclarata illiceità di quella del Comune di G..., costituisce, d'altro lato, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile ai fini della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza.

Tanto giustifica, dunque, una riduzione equitativa del danno risarcibile nella suindicata misura del 50%.

13. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto nei sensi e nei limiti di cui sopra, con conseguente condanna del Comune di G...: - a disporre l'acquisizione coattiva ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e l'attribuzione del correlativo indennizzo entro 60 giorni dalla notifica e/o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza; - ovvero, in alternativa, a ridurre in pristino ed a restituire i cespiti immobiliari indebitamente appresi in favore dei proponenti, nonché a risarcire di questi ultimi della indisponibilità dei beni per tutta la durata dell'occupazione illegittima.

Qualora optasse per la riduzione in pristino e la restituzione dei cespiti immobiliari illegittimamente appresi, l'amministrazione resistente, ai fini del risarcimento dei danni da occupazione illegittima, dovrà proporre alla parte ricorrente il pagamento di una somma determinata sulla base dei criteri indicati retro, sub n. 12, ai sensi dell'art. 34, comma 4, cod. proc. amm., nel termine di 90 giorni dalla notifica e/o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

14. Quanto alle spese di lite, appare equo disporne l'integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando:

- accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto: - accerta l'illegittimità dell'occupazione dei suoli in proprietà di I.M.R.; - condanna il Comune di G...: -- a provvedere ai sensi 42 bis del D.P.R. n. 380 del 2001 entro 60 giorni dalla notifica e/o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza; -- ovvero, in caso di mancata adozione del provvedimento di acquisizione sanante, a ridurre in pristino e restituire i suoli anzidetti in favore di I.M.R., nonché a risarcire quest'ultima del danno da occupazione illegittima, da quantificarsi, ai sensi dell'art. 34, comma 4, cod. proc. amm., secondo i criteri indicati in motivazione;

- dichiara il difetto di legittimazione passiva della Regione Campania;

- compensa interamente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore

Gaetana Marena, Referendario

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