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Dismissioni parcheggi - Cons. Stato, sez.IV, sent. n.4183 del 05.08.2014

Pubblico
Martedì, 28 Ottobre, 2014 - 01:00

 
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n.4183 del 5 agosto 2014, su immobili condominiali dismissione parcheggi 
 
 
 
N. 04183/2014REG.PROV.COLL.
 
N. 08616/2013 REG.RIC.
 
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REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso in appello n. 8616 del 2014, proposto dal 
Condominio Europa di San Donà del Piave, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché da Mauro Tonon, Anna Teresa Ziliotto, Eleonora Rigoni, Ignazio Bertani, Adriana Buso, Alberto Nardean, Roberta Carrer e Maurizio Franchi, rappresentati e difesi dall’avv. Raffaele Bucci, ed elettivamente domiciliati, unitamente al difensore, presso l’avv. Paolo Fiorilli in Roma, via Cola di Rienzo n. 180, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Comune di San Donà del Piave, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Borella, Stefania Piovesan e Fabio Lorenzoni, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via del Viminale n. 43, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 935 del giorno 8 luglio 2013, resa tra le parti e concernente la destinazione di parcheggi pubblici interni al condominio per il ricovero degli automezzi di proprietà comunale
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Donà di Piave;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Paolo Fiorilli, su delega dell'avvocato Raffaele Bucci, e Alberto Borella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 8616 del 2014, il Condominio Europa di San Donà del Piave nonché Mauro Tonon, Anna Teresa Ziliotto, Eleonora Rigoni, Ignazio Bertani, Adriana Buso, Alberto Nardean, Roberta Carrer e Maurizio Franchi, propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 935 del giorno 8 luglio 2013 con la quale sono stati riuniti e respinti due diversi ricorsi proposti contro il Comune di San Donà del Piave per l’annullamento rispettivamente, quanto al ricorso n. 2394 del 1999, dell’ordinanza n. 167 del 7 luglio 1999 del Sindaco di San Donà di Piave, nonché dell’atto n. 24188 del 26 luglio 1999 di reiezione dell’istanza di annullamento in via di autotutela; e quanto al ricorso n. 447 del 2012, della deliberazione del Consiglio Comunale di San Donà di Piave 20/12/2011 n. 103, che ha deliberato a) la sdemanializzazione e b) l'inserimento tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77 posti auto interrati; dell'ordinanza successiva (i cui estremi non sono noti) con la quale l'Amministrazione di San Donà di Piave ha imposto il divieto di sosta su tali 77 posti auto.
Dinanzi al giudice di prime cure, con ricorso iscritto al n. di R.G. 2394 del 1999, il condominio Europa, insieme ad alcuni condomini, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale è stata ordinata la destinazione esclusiva, dei parcheggi pubblici situati nell’interrato del condominio Europa in piazza 4 novembre, al ricovero degli automezzi di proprietà comunale.
Tutti i ricorrenti hanno anche contestualmente impugnato il provvedimento del Sindaco di San Donà di Piave con il quale è stata respinta l’istanza di annullamento in via di autotutela della predetta ordinanza sindacale n. 167 del 7 luglio 1999.
Avverso tali provvedimenti sono state dedotte le censure di: eccesso di potere, sotto svariati profili (difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, contraddittorietà con atti precedenti, sviamento di potere); violazione dell'art. 42 della Costituzione; violazione degli artt. 41 quinquies e sexies della legge n. 1150 del 1942 e dell’art. 9 della L. n.122/1989, dell’art. 5 del D.M. n.1444/1968, dell’art. 25 della L.R.V. n. 61/85; violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Ad avviso dei ricorrenti, un’interpretazione corretta delle norme in materia di urbanistica citate doveva indurre a ritenere che i parcheggi in oggetto siano, in maniera inderogabile, di pertinenza del condominio Europa e dunque da riservare all'uso dei condomini e degli utenti delle attività commerciali e direzionali comprese nel condominio Europa e non anche utilizzabili in via esclusiva dal Comune per proprie finalità. Pertanto, in mancanza di una procedura espropriativa, non si poteva giungere alle conclusioni cui era pervenuto il Comune resistente.
Inoltre, si lamentava la violazione dell’ art. 7 legge n. 241 del 1990 poiché non sarebbe stato comunicato l'avviso di avvio del procedimento, impedendo in tal modo un'attiva partecipazione del condominio ricorrente al predetto procedimento.
Si costituiva in giudizio il Comune di San Donà di Piave, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.
All’esito dell’udienza in camera di consiglio del 10 novembre 1999, veniva respinta la domanda di sospensiva, con ordinanza confermata in appello.
Con ricorso iscritto al numero di R.G. 447 del 2012, il Condominio Europa, insieme ad altri otto condomini, impugnava la deliberazione del consiglio comunale n. 103 del 20.12.2011, con la quale si era decisa: a) la sdemanializzazione e b) l’inserimento tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77 posti auto interrati in questione; nonché la successiva ordinanza con la quale l’amministrazione, in previsione della vendita di tali posti auto, aveva imposto il divieto di sosta sugli stessi.
 
A fondamento di tale ricorso i ricorrenti deducevano le censure di: violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990; violazione dell’art. 28 L. 1150/1942 e dell’art. 63 della L.R. n. 61/1985, non potendo le opere di urbanizzazione essere dismesse in favore di privati; violazione dell’art. 11 della L. n. 241/1990, per violazione della convenzione sottoscritta per l’urbanizzazione di una porzione del territorio comunale; eccesso di potere per falsità del presupposto, illogicità manifesta e travisamento dei fatti.
Si costituiva il Comune di San Donà di Piave chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2013, i ricorsi venivano congiuntamente discussi, e poi riuniti e decisi con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione ad entrambe le impugnative.
Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alla sussistenza dei presupposti per la destinazione delle opera a parcheggio e alla loro possibile vendita, riproponendo le proprie censure.
Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di San Donà del Piave, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 17 dicembre 2013, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 5076/2013.
Alla pubblica udienza del 25 marzo 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è parzialmente fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. - In via preliminare, occorre rimarcare come nella vicenda in esame siano confluiti due diversi segmenti di azione amministrativa, tra loro connessi per consequenzialità oggettiva in quanto inerenti alle modalità gestionale dell’area a parcheggio su cui si verte.
La vicenda ha origine dall’atto unilaterale d'obbligo del 27 luglio 1988 con cui il Consorzio Agrario Provinciale di Venezia (dante causa della Europa s.r.l., a sua volta dante causa degli attuali appellanti, condominio Europa e relativi condomini) si era impegnato a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione previste dal piano di recupero, scomputandone il valore dagli oneri dovuti. Nell’ambito di tali opere, ricadevano anche 72 posti auto da destinare ad uso pubblico e resi necessari, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 2 aprile 1968, dalla destinazione direzionale di parte dell’edificio da realizzare. I parcheggi furono realizzati dopo che la Europa s.r.l. ottenne dal Comune, con atto del 23 novembre 1990, in diritto di superficie l'area demaniale sottostante Piazza IV novembre.
Completati i lavori, con atto di accertamento del 17 maggio 1994, furono identificati catastalmente i parcheggi ad uso pubblico, realizzati nel maggior numero di 77 posti macchina. Di questi, 52 risultarono realizzati su suolo demaniale concesso in diritto di superficie alla Europa s.r.l. in attuazione del piano particolareggiato come parcheggi pubblici di standard (annoverati ex art. 41 quinquies della L. n. 1150/1942, insieme agli spazi pubblici e al verde pubblico, e disciplinati dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444), e 25 su suolo privato (sotto il fabbricato principale), ma asserviti ad uso pubblico a mezzo di atto notarile registrato e trascritto (disciplinati dall’articolo 41 sexies e dall’articolo 9 della L. 122/1989).
Su questa situazione di fatto, si innestano le vicende qui in scrutinio, fondamentalmente distinguibili in due diversi procedimenti, da valutare separatamente.
3. - Il primo riguarda l’ordinanza sindacale n. 167 del 7 luglio 1999, con cui i posti auto in esame sono stati riservati al ricovero degli automezzi di proprietà comunale in uso alla Polizia Municipale, in conformità all’art. 7 lett. d) del Codice della strada (D.lgs. n. 285 del 1992) che prevede che, con ordinanza del sindaco, i comuni possono riservare limitati spazi alla sosta dei veicoli degli organi di polizia stradale.
Il Condominio Europa e alcuni condomini, ritenendo illegittima tale ordinanza, ne richiedevano al Comune l’annullamento in autotutela. L’amministrazione comunale respingeva l’istanza con diniego di autotutela prot. n. 24188 del 26 luglio 1998.
Avverso tali atti il Condominio ed i condomini presentavano ricorso (n. 2394 del 1999) dinanzi al Tar Veneto deducendone le censure di: eccesso di potere, sotto svariati profili (difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, contraddittorietà con atti precedenti, sviamento di potere); violazione dell'art. 42 della Costituzione; violazione degli artt. 41quinquies e sexies della legge n. 1150 del 1942 e dell’art. 9 della L. n.122/1989, dell’art. 5 del D.M. n.1444/1968, dell’art. 25 della L.R.V. n. 61/85; violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Per tali motivi i ricorrenti chiedevano l’annullamento previa pronuncia cautelare di sospensione dei provvedimenti citati e la condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento del danno.
Con ordinanza n. 2443 del 10 novembre 1999 il Tar Veneto respinse l’istanza cautelare e poi, con la sentenza gravata, definitivamente rigettava il ricorso, dando quindi spazio all’attuale gravame.
3.1. - Le censure avverso la sentenza del T.A.R., in relazione al profilo qui in esame, sono infondate e vanno respinte.
Il primo giudice ha correttamente ricostruito il regime giuridico dei parcheggi in esame, evidenziando come, al contrario di quanto voluto dai ricorrenti (per cui si tratterebbe di parcheggi privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ai quali si applicherebbe il particolare regime costituito dal vincolo inderogabile di accessorietà degli stessi all’immobile principale, dato dal vincolo di destinazione e dall’inalienabilità separata, di cui all’art. 41 sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e alla L. n. 122/1989), deve invece ritenersi assodata la loro destinazione pubblica.
Rinviando alla descrizione della fattispecie sopra operata, è corretto affermare che in definitiva, dei 77 parcheggi vincolati ad uso pubblico, 52 risultarono realizzati su suolo demaniale concesso in diritto di superficie alla Europa s.r.l., e 25 sulla proprietà privata sotto il fabbricato principale. Questi, quindi, sono stati realizzati in attuazione del piano particolareggiato come parcheggi pubblici di standard e non possono essere assimilati al regime dei parcheggi privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ex L. 122 del 1989, il cui regime giuridico è nettamente differenziato.
Infatti, i parcheggi destinati al completamento degli standard sono previsti dall’art. 41 quinquies della L. n. 1150 del 1942, insieme agli spazi pubblici e al verde pubblico, e regolati dal D.M. 2 aprile 1968 n. 1444. La loro funzione è quella di consentire un ordinato sviluppo del territorio ed alleviare il carico urbanistico, come dimostra il modo di computo degli standard pubblico relativo ai parcheggi in quanto opere di urbanizzazione primaria, in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 L. n. 765 del 1967 (che ha introdotto l’art. 41 sexies nella L. n. 1150 del 1942).
Al contrario, i parcheggi privati disciplinati dal citato art. 41 sexies e dall’articolo 9 della L. 122 del 1989, sono di proprietà privata, riservati agli abitanti delle unità residenziali e sono asserviti all’immobile con vincolo di pertinenzialità. La funzione è certamente simile (il decongestionamento della viabilità pubblica tramite l’agevolazione della costruzione di spazi di parcheggio degli autoveicoli dei proprietari dei beni immobili) ma la disciplina è notevolmente diversa, sia in relazione al computo degli spazi che in merito al regime proprietario, stante il vincolo pertinenziale che si instaura con l’unità immobiliare principale.
Così inquadrata la questione, appare del tutto corretta la soluzione data dal primo giudice alle censure proposte, anche in questa sede, dalle parti appellanti.
Il regime dei parcheggi in questione, realizzati su suolo demaniale concesso in superficie o su suolo privato e asserviti ad uso pubblico a mezzo di atto notarile registrato e trascritto in quanto opere di urbanizzazione primaria, previste dal piano particolareggiato e realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione, impedisce di individuare una particolare posizione giuridica soggettiva tale da differenziare il condominio Europa o i suoi condomini rispetto agli altri utenti in relazione ai modi di gestione dell’area da parte del Comune.
Infatti, le aree sono normalmente destinate, in assenza di specifici divieti, all’uso generale da parte della generalità dei cittadini, con ciò escludendo ogni valenza alla richiesta delle parti appellanti di essere destinatarie della comunicazione di avviso di avvio del procedimento relativo. La ragione evidenziata in ricorso, ossia la presunta doppia utilità del parcheggio in esame, altro non è che un espediente argomentativo che conferma la posizione centrale del primo giudice, ossia l’inesistenza di una posizione differenziata delle parti appellanti rispetto alla comunità dei cittadini, rendendo quindi ingiustificato il trattamento peculiare richiesto.
Del pari, è infondata la doglianza in relazione alla ragione della destinazione dei parcheggi in favore della particolare destinazione data loro dalla delibera inizialmente gravata.
Nei limiti dell’interesse delle parti, che come si è visto non è connotato da particolare rilevanza giuridica, deve convenirsi con la valutazione operata dal primo giudice in relazione alla natura del potere esercitato dal Comune. Infatti, con l’ordinanza impugnata con il primo ricorso, i posti auto in esame sono stati riservati al ricovero degli automezzi di proprietà comunale in uso alla polizia municipale (i cui veicoli, si noti, non godono di un regime proprietario differenziato rispetto a quello degli altri automezzi comunali), in ciò in aderenza a quanto previsto dall’art. 7 lett. d) del Codice della strada, che espressamente prevede tale facoltà e, peraltro, come anche notato dal primo giudice, senza che tale determinazione abbia compromesso la dotazione minima di parcheggi pubblici stabilita per gli standard.
Conclusivamente, le censure relative ai capi di sentenza con cui si è esaminato il ricorso n. 2394 del 1999 sono infondati.
4. - Il secondo sentiero contenzioso trae origine dalla deliberazione del consiglio comunale n. 103 del 20 dicembre 2011, con la quale il Comune decideva: a) la sdemanializzazione e b) l’inserimento tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77 posti auto interrati in questione. Con successiva ordinanza l’amministrazione, in previsione della vendita di tali posti auto, poneva un divieto di sosta sugli stessi, riservandoli ad alcuni cittadini che erano stati provvisoriamente privati delle loro autorimesse da lavori eseguiti per incarico del Comune.
Anche in questo caso, il condominio Europa ed alcuni condomini con ricorso iscritto al numero di R.G. 447 del 2012 impugnavano tali atti. A fondamento di tale ricorso i ricorrenti hanno dedotto le censure di: violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990; violazione dell’art. 28 L. 1150/1942 e dell’art. 63 della L.R. n. 61/1985, non potendo le opere di urbanizzazione essere dismesse in favore di privati; violazione dell’art. 11 della L. n. 241/1990, per violazione della convenzione sottoscritta per l’urbanizzazione di una porzione del territorio comunale; eccesso di potere per falsità del presupposto, illogicità manifesta e travisamento dei fatti.
La sentenza impugnata del T.A.R. per il Veneto ha respinto anche questa seconda serie di censure, ritenendo corretto il procedimento utilizzato dal Comune e dando vita alla seconda parte del contenzioso in grado di appello.
4.1. - Le censure proposte dalle parti appellanti, in relazione alla fase procedimentale di dismissione dei parcheggi, sono fondate e vanno accolte.
In disparte la ricostruzione operata in termini di nullità dei vizi gravanti sugli atti impugnati nel primo profilo del terzo motivo (sulla quale basta rinviare alla secolare elaborazione giurisprudenziale sulle patologie degli atti amministrativi per evidenziarne l’irrilevanza), ritiene la Sezione di doversi soffermare sul secondo profilo, dove viene lamentata la sottrazione delle aree destinate obbligatoriamente a standard nell’area in esame, previa trasformazione compensativa tramite l’istituto della monetizzazione.
Il primo giudice ha correttamente evidenziato la linearità della procedura utilizzata, giungendo così ad una considerazione conclusiva di legittimità dell’azione amministrativa.
Ha dapprima valutato la correttezza motivazionale della delibera gravata, in relazione alla impossibilità di garantire una utilizzazione collettiva di tali parcheggi, in ragione di una non eliminabile promiscuità tra lo spazio pubblico e quello dell’autorimessa privata (peraltro, derivante dal comportamento degli stessi condomini che aveva sempre occupato abusivamente i parcheggi pubblici, come acclarata dalla sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 1858 del 12 luglio 2011). Ha poi ritenuto del tutto compatibile il procedimento di rinuncia alla servitù pubblica e contestuale monetizzazione delle aree a standard per i parcheggi situati all’interno del condominio con i parametri urbanistici vincolanti posti dal D.M. 1444 del 1968 e dalle leggi regionali n. 61 del 1985 e 11 del 2004.
Su tale profilo, la Sezione ritiene però di dissentire, stante il proprio orientamento consolidato, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, di senso opposto.
Il tema è stato oggetto di una recente decisione (sentenza n. 616 del 10 febbraio 2014, data peraltro proprio in relazione di una sentenza dello stesso T.A.R.). In quella occasione si è osservato come il Consiglio di Stato ha già “delineato una propria linea interpretativa in merito al collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli standard urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio collocato in area non fruibile, dove la fruibilità era collegata non a valutazioni normative, ma fattuali, poiché il ‘terreno pertinenziale destinato a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come condizione necessaria per la migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che intendono comodamente accedervi con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su tali mezzi’ (Consiglio di Stato, sez. V, 25 giugno 2010 n. 4059); oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati alla smaterializzazione degli standard, sottolineando come ‘la monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata alla stregua di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò perché, da un lato, così facendo si legittima la paradossale situazione di separare i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area’ (Consiglio di Stato, sez. IV, ord. 4 febbraio 2013 n. 644). Ancora, si è affermato che ‘qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia, seguendo l’indicazione del T.A.R., utilizzando le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41 sexies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito’ (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 maggio 13 n. 2916).”
Ciò che la giurisprudenza fa emergere è la “marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata”, in una situazione di stretta interdipendenza, tale da determinare “la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard”.
Sulla scorta di tale lettura, appare perplessa la decisione di sopprimere un parcheggio pubblico destinato a soddisfare la previsione di standard, che come si è detto si localizzano funzionalmente nell’area limitrofa all’intervento, correlata ad una solo ipotetica e futura destinazione delle somme conseguite a seguito della monetizzazione, ossia della vendita dei parcheggi in esame.
In concreto, il primo giudice, pur avendo evidenziato la correttezza procedimentale, ha omesso di riscontrare l’assunto della fondamentale indisponibilità dell’oggetto del procedimento, ossia l’impossibilità di privare un’area della sua dotazione minima di standard senza una contestuale, effettiva e funzionale indicazione di altre aree di parcheggio idonee a salvaguardare il requisito minimo ex lege. In concreto, usando le categorie tradizionali dell’atto amministrativo, l’indisponibilità del bene, dovuta al fatto che questo è essenziale per garantire la legittimità dell’insediamento realizzato, priva l’azione amministrativa di un suo necessario presupposto, rendendola così illegittima.
Per altro verso, appare non congruo il rinvio all’art. 32 comma 2 della legge regionale Veneto n. 11 del 23 aprile 2004 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”, atteso che la detta disposizione (per cui “le aree per servizi devono avere dimensione e caratteristiche idonee alla loro funzione in conformità a quanto previsto dal provvedimento della Giunta regionale di cui all'articolo 46, comma 1, lettera b). Qualora all'interno del PUA tali aree non siano reperibili, o lo siano parzialmente, è consentita la loro monetizzazione ovvero la compensazione ai sensi dell'articolo 37”) è collegata a quella di cui al comma 1 (“Il conseguimento dei rapporti di dimensionamento dei piani urbanistici attuativi (PUA) è assicurato mediante la cessione di aree o con vincoli di destinazione d'uso pubblico”) e si riferisce eventualmente alla sola fase di adozione e approvazione del piano (in senso analogo, sebbene in relazione alla diversa situazione lombarda, Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2010 n. 6950 dove si evidenzia l’incompatibilità della monetizzazione “volta a supplire alla (presunta) carenza di standard che non sia stata considerata in sede di pianificazione attuativa”).
Tale circostanza si ripercuote quindi anche sul regime giuridico della successiva procedura di dismissione che ne è direttamente condizionata, in senso ovviamente negativo, e in relazione alle delibere emesse strumentalmente ad essa.
Conclusivamente, l’appello va accolto limitatamente alle doglianze contenute nel ricorso di prime cure n. 447 del 2012 e quindi limitatamente all’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di San Donà di Piave del 20 dicembre 2011 n. 103, dove ha deciso la sdemanializzazione e l'inserimento tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77 posti auto interrati.
5. - L’appello va quindi accolto nei limiti sopra indicati. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1.Accoglie l’appello n. 8616 del 2014 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 935 del giorno 8 luglio 2013, accoglie il ricorso di primo grado, limitatamente agli atti impugnati con il ricorso in primo grado n. 447 del 2012;
2.Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 marzo 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Riccardo Virgilio,Presidente
Diego Sabatino,Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza,Consigliere
Umberto Realfonzo,Consigliere
Leonardo Spagnoletti,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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