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Ius aedificandi

Privato
Lunedì, 8 Aprile, 2024 - 21:15

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), sentenza n. 1297 dell’8 febbraio 2024, potere regolatorio in tema di jus aedificandi

MASSIMA

Il regolamento edilizio discrezionalmente adottato da un ente locale che prima del 1967 abbia subordinato l’esercizio del jus aedificandi al rilascio della licenza edilizia anche per l’edificazione al di fuori del centro abitato non integra la violazione del principio di uguaglianza formale e/o sostanziale sotto il profilo anche della diversità di trattamento a cui sarebbero stati sottoposti in relazione all’esercizio del jus aedificandi, a seconda che l’edificazione fosse o meno avvenuta in un comune che aveva adottato quel regolamento, intuitivamente diverse essendo le singole realtà locali, con la conseguenza che neppure è immediatamente apprezzabile la violazione del principio di uguaglianza e la connessa diversità di trattamento.

SENTENZA

N. 01297/2024REG.PROV.COLL.

N. 06506/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6506 del 2022, proposto da
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avvocato Bruno Bianchi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40;

contro

Comune di Merate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Anania, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Seconda, n. 1345/2022, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Merate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2024 il Cons. Stefano Filippini;

Viste le istanze di passaggio in decisione della causa senza discussione depositate dai difensori di entrambe le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR Lombardia ha rigettato il ricorso con cui i signori OMISSIS avevano chiesto l'annullamento dell'ordinanza di rimessione in pristino datata 20 settembre 2021 con la quale il Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Merate aveva loro ordinato, in qualità di proprietari del compendio immobiliare ubicato in Via Tofane n. 3, censito catastalmente al foglio 4, mappale 1233, sub. 1, 2 e 3 (ex mappale 196/h) “la demolizione della porzione residenziale e opere abusive sopra descritte ed il ripristino della situazione autorizzata con Licenza Edilizia n. 1228 del 18 febbraio 1965”.

In particolare il Tribunale ha giudicato infondate le censure mosse (sostanzialmente articolate in tre motivi, con i quali era stato dedotto che (i): non era necessario alcun titolo per la realizzazione dell’immobile, in quanto edificato in epoca antecedente all’entrata in vigore della Legge n. 765/67, e che quindi non erano rilevanti le difformità rispetto alla licenza edilizia; (ii) la sanzione demolitiva irrogata era incongrua in relazione al lasso di tempo decorso e (iii) l’avvenuto rilascio del certificato di abitabilità configurava un implicito atto di sanatoria) in quanto:

- l'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 prevedeva l’obbligo della licenza edilizia limitatamente ai centri abitati, ma nel caso di specie era pacifico che all’epoca in cui erano stati realizzati gli abusi il Comune di Merate era dotato di Regolamento edilizio e piano di fabbricazione, come evidenziato nell’ordinanza di demolizione;

- l’ordinanza di demolizione costituiva un atto assolutamente vincolato, senza alcun margine di discrezionalità da parte dell’ente;

- nessun rilievo poteva attribuirsi al tempo trascorso dall’epoca di realizzazione delle opere abusive, poiché nessun affidamento poteva ingenerato nei proprietari, come affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 9 del 17 ottobre 2017;

- nessun rilievo sanante degli abusi poteva ricollegarsi al rilascio del certificato di abitabilità.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto appello gli originari ricorrenti, lamentando l’erroneità e l’ingiustizia sulla base dei motivi di censura, qui di seguito riassunti, sostanzialmente reiterativi di censure sollevate in primo grado:

2.1. erronea motivazione in relazione alla fattispecie concreta; violazione e falsa applicazione dell’art. 34 del d.P.R. n. 380/01; violazione del principio di uguaglianza sostanziale, in quanto che la costruzione di specie era ubicata fuori del centro abitato e prima del 1967 la legge nazionale non prevedeva obbligo di licenza edilizia per gli immobili situati fuori dei centri; il Regolamento edilizio con cui alcuni comuni, come quello di Merate, avevano previsto il rilascio della licenza edilizia anche per opera da realizzarsi nel centro urbano era palesemente illegittimo per violazione del principio di eguaglianza; inoltre sussisteva anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/01 rispetto ad interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;

2.2. vizio di motivazione dell’ordine di demolizione, non essendo stato in alcun considerati il lungo lasso di tempo trascorso (oltre cinquanta anni), la modesta portata dell’abuso e l’estraneità degli appellanti/proprietari alla commissione del fatto; inoltre il rilevato vincolo paesaggistico di cui all’art. 136 del D. Lgs. 42/04, al quale era assoggettato il territorio comunale, in base al D.M. 02.05.1969, era stato apposto in epoca successiva alla realizzazione dell’edificio de quo;

2.3. vizio di motivazione per la mancata considerazione della portata sanante del permesso di abitabilità.

3. Ha resistito al gravame l’ente appellato, contrastando analiticamente le avverse tesi.

4. Con ordinanza n. 4256 del 31 agosto 2022 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

5. Sono successivamente state depositata ulteriori memorie di difesa e replica con le quali le parti hanno sostanzialmente insistito sulle rispettive deduzioni.

6. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 16 gennaio 2024.

DIRITTO

7. L’appello è infondato.

7.1. Giova ricordare in punto di fatto che nella specie le difformità che interessano la proprietà degli appellanti riguardano alcune modifiche alle aperture e la realizzazione della soletta di copertura a quote sensibilmente superiori rispetto alla licenza edilizia (in particolare: -gronda autorizzata a 1,05 mt, ma realizzata 1,75 mt; - gronda autorizzata a 0,45 mt, ma realizzata 1,24 mt; - colmo autorizzato a 2,40 mt, ma realizzato a 3,27 mt); al proposito eloquenti e incontestate sono le risultanze del verbale di sopralluogo dell’Ufficio tecnico comunale (in atti), nonché le indicazioni contenute nel provvedimento impugnato con il quale è stata ordinata “la demolizione della porzione residenziale e opere abusive sopra descritte ed il ripristino della situazione autorizzata con Licenza Edilizia n. 1228 del 18 febbraio 1965 …”, trattandosi di interventi realizzati in parziale difformità rispetto al titolo abilitativo (art. 34, comma 1 del DPR 380/01).

8. Ciò posto, passando alla disamina del primo motivo di appello, occorre in principalità considerare che:

- l'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha introdotto l'obbligo generalizzato della licenza edilizia per tutti gli interventi edilizi eseguiti sul territorio comunale;

- per il periodo antecedente al 1967 l'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 prevedeva un siffatto obbligo limitatamente ai centri abitati;

- è pacifico in causa che, all’epoca in cui erano stati realizzati gli abusi de qua (1965), il Comune di Merate era dotato di un Regolamento Edilizio e di Programma di Fabbricazione (approvato con Decreto Interministeriale del 18.7.1956 n. 1108), il quale inseriva l'area di specie in zona semintensiva e all’art. 3 prevedeva espressamente il rilascio di apposita licenza edilizia per la costruzione di immobili nel territorio comunale;

- l’edificio di specie è stato realizzato in forza della licenza edilizia (Prat. n. 1228) rilasciata in data 18 febbraio 1965 e, una volta ultimati i relativi lavori, ha ottenuto, previo sopralluogo, in data 1 settembre 1965, il permesso di abitabilità.

Secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo di munirsi di licenza edilizia, imposto dal regolamento edilizio adottato anteriormente alla legge urbanistica del 1967 (come è nella specie) è da considerare legittimo, valido e cogente, atteso che la previsione di una pianificazione e di un controllo obbligatori limitata ai centri abitati, come prevista dall'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, non impediva ai comuni di estendere all'intero territorio comunale il potere di pianificazione e controllo dell'attività edilizia, trattandosi di una tipica prerogativa degli enti locali, che come tale non poteva e non può integrare alcuna violazione del principio di eguaglianza sostanziale tra cittadini o di ingiustificata disparità di trattamento dei medesimi, come prospettato dagli appellanti.

Del resto l’accoglimento di una siffatta prospettazione condurrebbe ad una irragionevole ed illogica rimozione di una legittima attribuzione municipale, qual’e è proprio quella della ordinata pianificazione urbanistica, per tutti quei comuni che, per ragioni di sensibilità culturale o per tutelare adeguatamente il particolare pregio dei propri territori, avessero avvertito l’esigenza di subordinare il legittimo esercizio del diritto di edificazione al rilascio della licenza edilizia ancor prima che la legge nazionale la imponesse in via generalizzata; né può ragionevolmente invocarsi una pretesa violazione del principio di uguaglianza formale e/o sostanziale, che si manifesterebbe - secondo la prospettazione degli appellanti - nella diversità di trattamento a cui sarebbero stati sottoposti in relazione all’esercizio del jus aedificandi i cittadini del Comune di Merate, obbligati a chiedere la licenza edilizia anche per attività edificatoria da realizzarsi fuori del centro abitato, rispetto ai quelli residenti in altri comuni che non avevano adottato un regolamento edilizio recante un simile obbligo, giacché intuitivamente diverse essendo le singole realtà locali, neppure è immediatamente apprezzabile la violazione del principio di uguaglianza e la connessa ingiustificata diversità di trattamento.

In definitiva, non può ragionevolmente dubitarsi del fatto che, in presenza di opere realizzate in difformità dalla licenza edilizia del 18 febbraio 1965, le stesse debbono qualificarsi come abusive.

8.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di gravame.

Invero, a fronte di opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire, l’ordinanza di demolizione costituisce un atto del tutto vincolato, rispetto al quale l’ente locale non è titolare di alcun margine di discrezionalità neppure quanto al suo contenuto.

Esso inoltre non richiede alcuna autonoma comparazione dell’interesse pubblico con quello privato, dal momento che la repressione degli abusi edilizi costituisce attività doverosa e vincolata per l'amministrazione appellata; quanto alla sua motivazione poi la stessa è adeguatamente costituita dalla descrizione delle opere abusive e della loro contrarietà al titolo, come è nella specie

Né il tempo trascorso dall’epoca di realizzazione del manufatto può comportare deviazioni dalla citata doverosità dell’intervento repressivo o fondare alcun legittimo affidamento in capo ai proprietari (cfr., sul punto, sentenza n. 9/2017 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato).

8.3. Non merita favorevole apprezzamento neppure il terzo motivo di gravame, in quanto, come ribadito più volte dalla giurisprudenza, il rilascio del certificato di abitabilità non può avere efficacia sanante rispetto alle opere abusive.

Infatti (ex multis Consiglio di Stato sez. VII, n. 8239/2023; Consiglio di Stato sez. II, n. 3836/2021) la illiceità dell'immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità che riguarda profili diversi; i due provvedimenti svolgono funzioni differenti e hanno diversi presupposti che ne condizionano il rispettivo rilascio: il certificato di agibilità serve ad accertare che l’immobile è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità igiene e risparmio energetico degli edifici e degli impianti, viceversa il titolo edilizio attesta la conformità dell’intervento alle norme edilizie ed urbanistiche che disciplinano l’area da esso interessata.

Tutto ciò esclude che fra i due atti possa sussistere un’interferenza reciproca, come sostenuto dal motivo in esame.

E’ vero, d’altro canto, che il conseguimento di agibilità di un immobile dovrebbe presupporne la conformità con la disciplina urbanistica, ma è altrettanto vero che l’eventuale illegittimità, in parte qua, di detto certificato, non impedisce l'attivazione dei doverosi poteri di intervento e sanzionatori che il Comune esercita in quanto autorità competente per la vigilanza sul territorio.

9. In definitiva l’appello deve essere rigettato.

10. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna gli appellanti in solido alla rifusione in favore del Comune di Merate delle spese del presente grado di giudizio che liquida complessivamente in € 5.000,00 (cinquemila), oltre accessori di legge, se spettanti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Francesco Frigida, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Stefano Filippini, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Stefano Filippini

Carlo Saltelli

 

IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Edilizia » Giurisprudenza

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