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Ordinanza di demolizione: il caso di una piscina

Privato
Venerdì, 7 Gennaio, 2022 - 19:45

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Sesta), sentenza n. 105 del 7 gennaio 2022, sugli effetti ordinanza di demolizione di una piscina

MASSIMA

La pendenza di un procedimento di sanatoria ex art. 36 del TU edilizia non incide sulla legittimità della originaria ordinanza di demolizione, ma determina come unico effetto che la misura ripristinatoria non può essere attuata sino alla conclusione del procedimento stesso.

Per la piscina si ha che: a) "tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede" (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII, n. 3358/2018);

b) pertanto, “la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14/11/2011, n. 5316).

Secondo pacifica giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 26 marzo 2019, n. 1995; Sez. VI, 13 marzo 2017, n. 1155; Sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694), va «rimarcato come occorra il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze».

SENTENZA

N. 00105/2022 REG.PROV.COLL.

N. 05063/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5063 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Saggiomo, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via F. Caracciolo n. 15;

contro

Comune di Anacapri, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a) della determina dirigenziale n. prot. -OMISSIS-/20, notificata il 31.8.2020, con la quale il Comune di Anacapri (NA) ha respinto la richiesta di permesso edilizio in sanatoria presentata dalla ricorrente n. P23/15, prot. -OMISSIS- del 5.10.15; b) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente ove lesivo della posizione della ricorrente, ivi compresi: c) il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza sopra richiamata; d) l'ordinanza di sospensione dei lavori n. -OMISSIS-del 2.7.2015, notificata in data 14.7.2015, recante ordine di sospensione dei lavori; e) l'ingiunzione n. -OMISSIS-del 27.7.2015, notificata in data 3.8.2015, recante ordine di demolizione ai sensi dell'art. 31 del d.p.r. 380/01; f) il provvedimento n. -OMISSIS-del 27.7.2015, notificato in data 3.8.2015, recante diffida a sospendere i lavori abusivi in zona vincolata ai sensi del D.lgs. 29.10.1999 n. 490.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2021 la dott.ssa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con l’ordinanza n. -OMISSIS-del 27 luglio 2015 il Comune di Anacapri ha ordinato la demolizione di opere abusive realizzate dalla ricorrente alla via -OMISSIS-, presso un immobile di sua proprietà su due livelli destinato a civile abitazione (censito al fg.2, particelle 72 e 685) ,opere costituite dalla realizzazione di una vasca natatoria, di scale di collegamento tra il piano di fabbricato e detta piscina, di pavimentazione in cemento su cui è collocata caldaia in muratura e copertura di pergolato in legno, di un locale tecnico in c.a. di contenimento di barbecue e forno per pizze, di pavimentazione in cemento del terrazzamento posto a lato retrostante con creazione di un colonnato in cemento, oltre alla modifica della distribuzione interna.

Per tali lavori era stata adottata una ordinanza di sospensione in data 15 luglio 2015.

2. Avverso tali atti ha proposto ricorso la signora -OMISSIS-deducendone la illegittimità per molteplici profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

Rappresenta la ricorrente che per alcuni lavori realizzati sull’immobile fu proposta istanza di condono ai sensi della legge 47 del 1985 e che i lavori oggetto di ordinanza costituiscono interventi migliorativi di quelli originariamente realizzati.

Deduce la ricorrente che in data 21 ottobre 2015 ha formulato istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001, il che determina la sospensione degli effetti della misura ripristinatoria sino alla conclusione del procedimento di sanatoria.

Rileva, poi, che gli interventi edilizi realizzati non determinano la realizzazione di nuovi volumi ma che si tratta di opere pertinenziali volte ad assicurare la migliore fruizione del bene principale e per le quali non sarebbe necessario il previo rilascio di un titolo abilitativo.

In tali sensi, neanche sarebbe stata necessaria la previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del d. lgs 42 del 2004.

In ogni caso, la consistenza minima degli abusi avrebbe dovuto determinare, ai sensi dell’art. 37 del TU edilizia, la applicazione di una mera sanzione pecuniaria in luogo della demolizione la quale potrebbe essere adottata solo all’esito di una compiuta istruttoria.

In particolare, la piscina ( vasca natatoria) sarebbe esistente da oltre un decennio e le opere realizzate sarebbero finalizzate a consentirvi l’accesso ad un soggetto disabile.

Anche le modificazioni interne al seminterrato, volte alla realizzazione di volumi tecnici, non avrebbero richiesto il rilascio di titoli autorizzatori in quanto non avrebbero alterato la superficie interna.

3. Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la determina dirigenziale n. prot. -OMISSIS-/20, notificata il 31.8.2020, con la quale il Comune di Anacapri ha respinto la richiesta di permesso edilizio in sanatoria.

Tale provvedimento si fonda sul rilievo che: “sull'istanza in parola si è formato il silenzio-rifiuto, non impugnato, ai sensi dell'art. 21 del D.P.R. 6/6/01, n. 380, e succ. modific. e integraz. e che, comunque, la stessa è da ritenersi improcedibile per assenza di adeguata pratica di compatibilità paesaggistica”; che “sul fabbricato originario risultano realizzate opere oggetto di istanza di condono edilizio n. 32, prot. 8248 del 22/11/85 , non ancora definita per assenza del parere ambientale della competente Soprintendenza”.

4. In fatto rileva la ricorrente che con la sentenza n. 476 del 21.1.2019, la IV Sez. del Trib. Penale di Napoli ha assolto la sig.ra -OMISSIS-dai reati di cui alla lettera c) dell’art. 44 DPR 380/01, 81 cpv, 181 co I Dlgs 42/04, e dalle contravvenzioni ex artt. 64, 65, 71, 72, 72, 83 e 95 DPR 380/01 e art. 2 LR Campania n. 9/1983

Inoltre, successivamente alla notifica della determinazione dirigenziale prot. 1245/20 oggetto della presente impugnativa, la ricorrente ha presentato al Comune di Anacapri istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica degli interventi contestati con i provvedimenti impugnati in ricorso.

4.1 Con il primo motivo per motivi aggiunti, la ricorrente evidenzia che la pendenza del procedimento di accertamento della conformità paesaggistica determina la sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati.

4.2 Con il secondo motivo di ricorso, deduce la ricorrente che la determina del 27.8.2020 di rigetto della istanza di sanatoria è viziata in via derivata da tutti i profili di illegittimità denunciati con il rimedio introduttivo che vengono puntualmente riproposti.

5. In data 15 dicembre 2020 la ricorrente ha depositato il provvedimento del 14 dicembre 2020 con cui il comune di Anacapri ha disposto la sospensione del procedimento per l’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi realizzati nelle more della definizione del procedimento di condono avviato su istanza della ricorrente ai sensi della legge 47/85 del 22 novembre 1985.

6. Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione, ritenendo il Collegio che non sussistano i presupposti per disporre il rinvio della causa, come richiesto dalla ricorrente.

La facoltà di rinvio nella trattazione della causa è potere da esercitare con prudentissima discrezione, atteso l’obbligo ricadente sullo Stato – e, per esso, sui suoi giudici - di sollecita definizione dei procedimenti giurisdizionali, l’inadempimento del quale, com’è noto, espone lo Stato a responsabilità patrimoniale.

In via preliminare, infatti, va rilevato che il procedimento volto all’accertamento di conformità paesaggistica si è concluso con il provvedimento di diniego oggetto, peraltro, di ricorso per motivi aggiunti, il che rende del tutto irrilevante la circostanza dedotta dalla ricorrente relativamente alla pendenza del procedimento di compatibilità paesaggistica in quanto tale valutazione rileva solo ai fini di una positiva valutazione del correlato procedimento di compatibilità urbanistica ai sensi dell’art. 36 dell TU edilizia ma certamente non può dispiegare i suoi effetti al di fuori di tale procedimento.

Del pari a nulla rileva, ai fini della definizione della presente controversia, la circostanza che il Comune abbia “ sospeso” il procedimento di verifica della compatibilità paesaggistica in ragione della pendenza di una domanda di condono.

Nella controversia in esame, infatti, non viene in rilievo la abusiva realizzazione dell’intero manufatto ma solo la illegittima edificazione di nuovi elementi costruttivi.

7. Fatte queste premesse, può passarsi all’esame del ricorso e dei motivi aggiunti che sono infondati per le ragioni di seguito esposte.

7.1 Va anzitutto rilevato che la pendenza di un procedimento di sanatoria ex art. 36 del TU edilizia non incide sulla legittimità della originaria ordinanza di demolizione, ma determina come unico effetto che la misura ripristinatoria non può essere attuata sino alla conclusione del procedimento stesso.

7.2 Non sono fondate le deduzioni della ricorrente in ordine alla scarsa rilevanza urbanistica e paesaggistica degli interventi edilizi oggetto di ordine di demolizione.

Essi, come si evince dal provvedimento impugnato, sono stati realizzati in zone sottoposta a vincolo paesaggistico con conseguente necessità che ai fini della loro realizzazione fosse in primis acquisita la autorizzazione paesaggistica.

In particolare, quanto alla piscina, non appare ultroneo specificare che, secondo condivisa giurisprudenza:

a) "tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede" (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII, n. 3358/2018);

b) pertanto, “la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14/11/2011, n. 5316).

Orbene, tale obbligo è tanto più gravoso per aree che, analogamente al territorio di Anacapri, siano vincolate sotto il profilo paesaggistico vincoli questi ultimi che impongono, altresì, la adozione di pregresso nulla osta paesaggistico.

7.3 Per quanto riguarda tutte le altre opere edilizie realizzate all’esterno e che la ricorrente qualifica come opere pertinenziali, la Sezione ha anche recentemente osservato (cfr. T.A.R. Napoli, VI Sezione, 10 marzo 2020, n.1100) che, fermo che in materia urbanistica, a differenza che nella materia civilistica, possono costituire pertinenza solo manufatti inidonei ad alterare in modo significativo l'assetto del territorio, ove vi sia alterazione dell’aspetto esteriore le stesse risultano soggette alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica.

Va pertanto richiamata la pacifica giurisprudenza, che il Collegio condivide e fa propria (Cons. Stato, Sez. IV, 26 marzo 2019, n. 1995; Sez. VI, 13 marzo 2017, n. 1155; Sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694), per la quale va «rimarcato come occorra il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze».

«La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica» (cfr. anche Cons. St., Sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2348; Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19; Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952; Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).

«Nell’ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente), quando si tratti di un ‘manufatto edilizio’ (cfr. Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952): salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma».

Nel caso di specie, non vi è dubbio che le opere realizzate all’esterno dell’edificio non possano essere ritenute pertinenze dello stesso in quanto oltre a recare una visibile alterazione dello stato dei luoghi, mediante la creazione di rampa di collegamento tra l’abitazione e la cd. vasca natatoria e uno spazio coperto delimitato da un colonnato, non sono destinate a contenere impianti tecnologici non potendosi come tali identificare il forno per pizze ed il barbecue.

7.4 Per quanto riguarda le modifiche apportate agli spazi interni, come si evince dal provvedimento impugnato, è contestato un ampliamento, e non una mera diversa distribuzione degli spazi interni; quand’anche fosse stata realizzata (oltre all’ampliamento) anche quest’ultima, ciò non impedirebbe certo all’Amministrazione l’adozione dell’ordinanza di demolizione, atteso che un abuso edilizio va valutato prendendo in considerazione una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate non potendo scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, atteso che il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio non deriva da ciascun intervento a sé stante ma dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni (così, tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 6191/2020).

Per il resto, la ricorrente non fornisce la prova che la rampa realizzata sia necessaria allo sfruttamento della vasca natatoria da parte di componente del nucleo familiare che sia portatore di disabilità.

La consistenza delle opere, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, determina, dunque, l’applicazione della misura repressiva disciplinata dall’art. 31 del TUED.

8. Pure il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

8.1 Anzitutto ritiene il Collegio che vada ribadita la autonomia delle risultanze del processo penale rispetto al giudizio amministrativo.

La diversa natura dell’oggetto del processo (in un caso rappresentato dalla penale responsabilità dell’imputato e dall’altro nell’accertamento della legittimità dell’atto) può determinare, come in questo caso, che un medesimo fatto possa non qualificarsi come reato nei confronti di chi lo ha commesso ma, di contro, essere legittimamente posto a fondamento di un provvedimento inibitorio o repressivo da parte della pubblica amministrazione.

Gli esiti del giudizio penale, peraltro, secondo una consolidata giurisprudenza dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, non sono opponibili alla pubblica amministrazione quando, come nel caso di specie, non vi sia stata da parte di quest’ultima costituzione di parte civile nel processo (ex multis CdS, sez. V, Sent. 3282/2014; CdS, Sez. V, Sent. 2261/2006; CdS, Sez. V, Sent. 284/1996)

L'art. 654 c.p.p. dispone che, "nei confronti dell'imputato, della parte civile o del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha autorità di cosa giudicata nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purchè i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale ".

L'art. 654 c.p.p. va dunque interpretato nel senso che la sentenza penale, che abbia accertato la sussistenza di fatti materiali, ha autorità di cosa giudicata nel giudizio amministrativo qualora l'Amministrazione in esso intimata si sia costituita parte civile nel processo penale e, in quella sede, abbia potuto pertanto formulare le proprie difese.

Se invece (come è avvenuto nel caso di specie) l'Amministrazione non si è costituita parte civile, i suoi poteri istituzionali non possono risultare incisi da valutazioni o da accertamenti posti in essere dal giudice penale in un processo al quale essa è rimasta comunque estranea.

Ciò comporta che le sentenze di proscioglimento dell'imputato per contestati abusi edilizi, se non si è costituita l'Amministrazione nel corso del processo penale, lasciano integro il potere di emanare i provvedimenti imposti dalle leggi amministrative.

8.2 L’unico motivo nuovo che deve essere esaminato riguarda la dedotta portata sospensiva di ogni attività repressiva da parte dell’amministrazione, determinata dalla circostanza che la ricorrente ha presentato in data 21 ottobre 2020 istanza di conformità paesaggistica.

A tale proposito giova evidenziare che tale iniziativa è stata intrapresa dalla parte quando già si era concluso con silenzio significativo di rigetto il provvedimento di accertamento di conformità.

Tale istanza, infatti, era stata proposta in data 5 ottobre 2015 ed il procedimento si è concluso allo spirare del trentunesimo giorno per cui la istanza di conformità paesaggistica presentata dopo cinque anni dalla conclusione del connesso procedimento edilizio non determina certamente alcun effetto sulla efficacia e legittimità dell’atto di diniego impugnato.

8.3 Per gli altri motivi di ricorso che corrispondono a quelli già esaminati relativamente al ricorso introduttivo, valgono le motivazioni espresse dal punto 7 al punto 7.4 della presente sentenza.

9. Nulla va disposto sulle spese di giudizio in quanto non si è costituito il comune intimato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5063 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare persone e luoghi indicati.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Santino Scudeller, Presidente

Davide Soricelli, Consigliere

Angela Fontana, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Angela Fontana

Santino Scudeller

IL SEGRETARIO

 

 

Pubblicato in: Edilizia » Giurisprudenza

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