Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Espropriazioni piani PIP e PEEP - recupero oneri

Privato
Venerdì, 26 Maggio, 2023 - 17:15

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 4932 del 17 maggio 2023, su espropri aree PIP e PEEP e recupero oneri

MASSIMA

Il prezzo della cessione delle aree destinate ad insediamenti produttivi deve assicurare al comune la copertura di tutte le spese sostenute per l'acquisizione delle aree, ivi comprese quelle riguardanti i giudizi relativi alla determinazione delle indennità di esproprio.

Il comune può agire nei confronti degli assegnatari delle aree produttive, per ottenere il pagamento pro quota dei maggiori oneri derivanti da tale contenzioso, potendo a loro volta gli assegnatari opporre la negligenza dell'ente nella gestione della lite, quale causa dell'insorgenza delle ulteriori spese.

L’art. 35 della legge n. 865 del 1971 (richiamato dalla disciplina relativa ai piani per gli insediamenti produttivi), in omaggio al principio di perfetto pareggio economico dell’operazione espropriativa, declina l'esatta corrispondenza tra i costi effettivamente sostenuti dal comune per l'acquisizione delle aree e il corrispettivo del diritto di superficie, con riferimento all'area oggetto della singola convenzione.

Non si possono, però, far ricadere sui concessionari, con il metodo sproporzionato e irragionevole della spalmatura, i maggiori oneri derivanti da rapporti di contenzioso caratterizzanti altre aree del comparto ancora pendenti.

La pretesa del comune di ripetere dai singoli acquirenti dei suoli PIP maggiori oneri derivanti da contenziosi correlati agli espropri di tali aree è legittima e, perciò solo, non è fonte di responsabilità precontrattuale, atteso che gli atti di liquidazione delle somme dovute a titolo di conguaglio del corrispettivo per l'acquisizione di tali aree costituiscono determinazioni meramente ricognitivi e contabili e non manifestazione di esercizio del potere, che derivano la propria giustificazione causale dalla medesima fonte dell’obbligazione, il cui recupero non trova, pertanto, nel principio dell’affidamento una ragione di inesigibilità del credito.

La clausola generale di buona fede oggettiva, espressione del generale principio di solidarietà sociale, quale strumento idoneo a condizionare l’esecuzione dell’obbligazione, impone soltanto di tenere in debita considerazione i contrapposti interessi delle parti in relazione alle specifiche circostanze del caso, anche al fine di evitare possibili abusi del diritto

SENTENZA

N. 04932/2023REG.PROV.COLL.

N. 08281/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8281 del 2021, proposto dalla società Rpf s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Renato Labriola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il comune di Castel Morrone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lucio Perone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione sesta) n. 4650 del 6 luglio 2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Castel Morrone;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2023 il consigliere Giuseppe Rotondo; nessuno presente per le parti; dato atto delle istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Renato Labriola e Lucio Perone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento della determinazione n. 4412 del 3 agosto 2018 con la quale il comune di Castel Morrone ha richiesto alla società R.P.F. s.r.l. la differenza economica a conguaglio sull’indennità di esproprio, versata a suo tempo, in relazione all’assegnazione dei lotti n. 1 e n. 2, in via dei Sanniti Area nell’ambito del piano degli insediamenti produttivi (P.I.P.).

2. Questi gli snodi principali della vicenda, desunti dagli atti di causa:

a) il comune di Castel Morrone, con deliberazione di consiglio comunale n.15 del 12 luglio 2002, approvava il piano degli insediamenti produttivi;

b) con delibera consiliare n. 23 del 30 settembre 2004, lo stesso ente approvava il regolamento e la convenzione tipo per l’assegnazione delle aree destinate ad insediamenti produttivi e commerciali;

c) con deliberazione di giunta n. 11 del 15 febbraio 2006, il comune approvava il progetto esecutivo dei lavori di infrastruttura “Area PIP Borgo Artigiani”;

d) con delibera di giunta n. 27, datata 11 aprile 2008, l’amministrazione approvava il bando di concorso per la concessione delle aree P.I.P.;

e) successivamente, con determina n. 9 del 22 aprile 2008, il dirigente comunale approvava il disciplinare di gara nonché lo schema di domanda per l’assegnazione in diritto di proprietà delle aree P.I.P.;

f) seguiva, con determina n. 30, datata 8 luglio 2008, l’approvazione della graduatoria definitiva per l’assegnazione di lotti in area P.I.P.;

g) in data 27 gennaio 2009, la società R.P.F. e il Comune di Castel Morrone stipulavano una convenzione per la cessione di aree destinate ad insediamenti di attività produttive commerciali e varie (lotti nn. 1 e 2), in cui si stabiliva che: i) l’amministrazione comunale di Castel Morrone cedeva in proprietà alla R.P.F i lotti nn. 1 e n.2 (appezzamento di 6.000,00 mq); ii) il corrispettivo per la concessione in diritto di proprietà dell’area era fissato nell’importo di € 60.000,00 corrispondente al costo di acquisizione dell’area residenziale concessa;

h) successivamente, il consiglio comunale, con delibera n. 13 del 30 aprile 2018 (ad oggetto, alienazione aree (lotti) destinate ad attività produttive) determinava il prezzo di cessione in €/mq 60,00; il comune procedeva, pertanto, alla contestuale richiesta della differenza del prezzo alle ditte già assegnatarie all’esito della predisposizione del bando per l’assegnazione dei lotti nella disponibilità dell’Ente per un ammontare di € 60.000,00 a titolo di conguaglio sull’indennità di esproprio;

i) infine, in data 6 agosto 2018, veniva notificata alla società la determinazione n. 4412 del 3 agosto 2018 recante ad oggetto la richiesta di conguaglio sull’indennità di esproprio per assegnazione dei lotti n. 1 e 2 in via dei Sanniti Area P.I.P., tanto a seguito della ordinanza definitiva n. 26247/17 del 19 settembre 2017, con la quale la Corte di cassazione aveva stabilito la somma da corrispondere (titolo di indennità di esproprio) a favore della sig.ra Salvatore Angelina nell’ammontare di € 293.216,54;

3. Avverso la suddetta determinazione, e gli atti presupposti, la società R.P.F. s.r.l. proponeva ricorso (allibrato al n.r.g. 4041/2018) innanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, chiedendone l’annullamento in uno con l’accertamento della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione ex art. 1337 c. c.

3.1. Il gravame veniva affidato a un unico motivo (esteso da pagina 6 a pagina 17 del ricorso), così compendiato: violazione e falsa applicazione dell’art. 35, legge n. 865/1971; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. eccesso di potere per carenza dei presupposti e per violazione dei principi di buona fede e dell’affidamento, per contraddittorietà, per ingiustizia manifesta, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per omessa ed insufficiente istruttoria, difetto di motivazione, sviamento.

3.2. Si costituiva, per resistere, il comune di Castel Morrone.

3.3. Il T.a.r., con sentenza n. 4650 del 6 luglio 2021:

a) respingeva l’eccezione di parziale irricevibilità del ricorso sollevata dal comune resistente, individuando “il vero oggetto dell’impugnazione” nella “nota prot. n. 4412 del 2018, ritenendo, pertanto, l’impugnativa “sotto tale profilo tempestiva e ammissibile attesa l’autonoma impugnabilità della richiesta di pagamento della differenza economica a titolo di conguaglio” (capo non impugnato);

b) respingeva, nel merito, il ricorso ritenendo: i) legittima la pretesa del comune a ottenere il suddetto conguaglio, in forza dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971; ii) irrilevante il fatto che l’art. 3 della convenzione stipulata in data 27 gennaio 2009 prevedesse un corrispettivo in misura fissa di euro 60.000; iii) infondate le censure di violazione del principio di buona fede e dell’affidamento ingenerato dalla convenzione;

c) non esaminava espressamente l’autonoma domanda di accertamento della responsabilità precontrattuale in capo al comune di Castel Morrone;

d) compensava le spese.

4. Appella la società R.P.F. a r.l., affidando il gravame a 3 autonomi mezzi (estesi da pagina 3 a pagina 12), così compendiati:

a) error in iudicando, erroneità di valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, palese violazione del principio del legittimo affidamento, erronea applicazione dell’art. 1337 c.c., erronea e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;

b) error in iudicando, erronea e/o falsa applicazione dell’art 35, co. 12, legge n. 865/1971;

c) error in iudicando, violazione dei principi di buona fede e dell’affidamento, eccesso di potere per contraddittorietà, ingiustizia manifesta.

4.1. Si è costituito, per resistere il comune di Castel Morrone.

4.3. Le parti hanno depositato memorie difensive (3 marzo 2022 il comune; 15 marzo 2022 la società appellante; 16 marzo il comune, di replica).

5. All’udienza del 20 aprile 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. Preliminarmente, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020).

7. Il ricorso è infondato.

8. La società appellante ritiene illegittima la pretesa del comune di ripetere dai singoli acquirenti dei suoli l’importo – pro quota - di quanto dovrà ancora erogare agli espropriati, in quanto:

a) con la convenzione stipulata in data 27 gennaio 2009, l’amministrazione avrebbe ingenerato nell’acquirente dei suoli, compresi in zona P.I.P., un legittimo affidamento sui costo dell’operazione, sicché, nel fissare successivamente una indennità maggiore da quella stabilita, sarebbe stata carpita la buona fede degli acquirenti delle aree;

b) il comportamento dell’ente sarebbe “in contrasto con le regole di correttezza e buona amministrazione e soprattutto del principio di buona fede e dell’affidamento prima e durante l’iter formativo, propedeutico alla stipula dell’atto pubblico di trasferimento dato che era a conoscenza del contenzioso in atto con la sig.ra Di Salvatore Angelina al momento della stipulazione della convenzione e volutamente non menzionato nella stessa”;

c) il comune non potrebbe chiedere ulteriori somme, a titolo di conguaglio sull’indennità di esproprio, perché il procedimento amministrativo di assegnazione si è concluso con la stipula di atto sinallagmatico di cessione di evidenza pubblica, dopo che lo stesso ente aveva posto le condizioni per tale trasferimento;

d) il suo comportamento, fin dall’approvazione del piano P.I.P., sarebbe stato improntato in avversione alla regola posta dall’art. 1337 c.c., tanto da rendersi colpevole di responsabilità precontrattuale per aver indotto la società ricorrente ad accettare in buona fede le condizioni dell’ente.

9. Il collegio osserva che, secondo un consolidato indirizzo della giurisprudenza, sia amministrativa che civile, in tema di edilizia residenziale pubblica, in applicazione dell’art. 35, comma 12, della legge n. 865 del 1971, il prezzo della cessione delle aree destinate alla costruzione di case economiche e popolari deve assicurare al Comune - in applicazione del principio di perfetto pareggio economico, operante anche prima dell'entrata in vigore della l. n. 662 del 1996 - la copertura di tutte le spese sostenute per l'acquisizione delle aree, ivi comprese quelle riguardanti i giudizi relativi alla determinazione delle indennità di esproprio. Il Comune può, pertanto, agire nei confronti degli assegnatari degli alloggi realizzati dalla cooperativa edilizia concessionaria, per ottenere il pagamento "pro quota" dei maggiori oneri derivanti da tale contenzioso, potendo a loro volta gli assegnatari opporre la negligenza dell'ente nella gestione della lite, quale causa dell'insorgenza delle ulteriori spese (Cass. civ., sez. I, ordinanza 7 luglio 2022, n. 21572).

10. In particolare questo Consiglio (cfr. da ultimo sez. II, 27 gennaio 2022, n. 595), nel solco del consolidato orientamento (sez. IV, nn. 1864 e 376 del 2021), ha chiarito che:

a) l’'art. 35 della legge n. 865 del 1971 prevede l'esatta corrispondenza tra i costi effettivamente sostenuti dal Comune per l'acquisizione delle aree e il corrispettivo del diritto di superficie;

b) tale regola deve essere fatta valere con riferimento al singolo intervento, ossia all'area oggetto della singola convenzione;

c) il principio del perfetto pareggio economico dell'operazione espropriativa complessivamente sostenuta dall'amministrazione impone che il recupero debba avvenire in relazione al singolo caso oggetto di ciascuna convenzione che abbia fatto registrare a carico del Comune maggior aggravio di spese per ottenere l’acquisizione della relativa area;

d) a tanto non osta il disposto di cui all'art. 10 comma 2 della legge n. 167 del 1962, che parla, letteralmente, di prezzo di cessione delle aree, tale dizione dovendosi intendere nel senso che si tratti dell'area oggetto della specifica convenzione.

11. L’unica eccezione, dunque, all’obbligo di copertura integrale dei costi comunque sostenuti per l’acquisizione dell’area (compresi, quindi, quelli derivanti da contenziosi pendenti) è data dal rilievo che non si possono far ricadere, con il metodo (sproporzionato e irragionevole) della c.d. “spalmatura”, sui concessionari i maggiori oneri derivanti da rapporti di contenzioso caratterizzanti altre aree del comparto ancora pendenti.

12. Il collegio ritiene, infatti, che una corretta esegesi della normativa fondamentale dettata a monte per la disciplina della cessione delle aree, non solo non prevede il metodo della c.d. spalmatura, ma depone in favore del criterio per cui i costi di acquisizione delle aree devono essere quelli definitivamente fissati ed effettivamente sostenuti in relazione alla singola area fatta oggetto di convenzione.

13. Nel caso di specie, i maggiori oneri richiesti dal comune (derivanti, appunto, dal rapporto di contenzioso all’epoca pendenti) riguardano pro-quota l’area del comparto per il quale venne sottoscritta la convenzione urbanistica tra il comune e la società R.P.F. s.r.l.

14. Deve concludersi, pertanto, nel senso che correttamente il comune, in conformità alle fonti normative di riferimento, ha disposto il conguaglio del corrispettivo per l'acquisizione delle aree per l'edilizia economica e popolare, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865/1971, al momento in cui sono state stabilite in via definitiva le somme dovute agli espropriati a titolo d'indennità di esproprio, considerate nel loro complessivo ammontare, vale a dire nel momento in cui l'amministrazione ha avuto piena conoscenza della spesa effettiva derivante dall’acquisizione dell’area, ovvero dal piano di zona nella sua globalità e ripartita pro-quota tra i concessionari in proporzione alla effettiva quantità delle aree singolarmente assegnate.

15. Il comportamento dell’amministrazione comunale deve riscontrarsi, pertanto, legittimo.

16. La legittimità degli impugnati atti esclude ogni forma di responsabilità in capo all’ente per l’assenza sia di danno ingiusto che di imputabilità ex art. 1337 c.c.

17. Più in particolare, per quanto concerne la prospettata responsabilità precontrattuale, il collegio osserva che gli atti di liquidazione delle somme dovute a titolo di conguaglio del corrispettivo per l'acquisizione delle aree per l'edilizia economica e popolare, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865/1971, costituiscono determinazioni meramente ricognitivi e contabili, e non manifestazione di esercizio del potere, che derivano la propria giustificazione causale dalla medesima fonte (ex lege) dell’obbligazione, il cui recupero non trova, pertanto, nel principio dell’affidamento una ragione di inesigibilità del credito.

18. Né sovviene - in assenza di allegazioni probatorie idonee e tenuto in ogni caso conto della entità della somma chiesta a conguaglio - la presenza di “interferenze sproporzionate” rispetto all’affidamento legittimo ingenerato dalla convenzione.

19. Sotto quest’ultimo profilo, la clausola generale di buona fede oggettiva (artt. 1175 e 1337 c.c.), espressione del generale principio di solidarietà sociale (art. 2 Cost.), quale strumento idoneo a condizionare l’esecuzione dell’obbligazione, impone soltanto (con sufficiente approntamento di garanzie da parte del sistema ordinamentale interno) di tenere in debita considerazione i contrapposti interessi delle parti in relazione alle specifiche circostanze del caso, anche al fine di evitare possibili abusi del diritto.

20. Per quanto si qui argomentato, l’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

21. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e dei criteri di cui all’art. 26, comma 1, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società R.P.F. s.r.l. al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore del comune di Castel Morrone, in euro 10.000,00 (diecimila/00) oltre accessori di legge e spese generali al 15%.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore

Michele Conforti, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Giuseppe Rotondo

Vito Poli

IL SEGRETARIO

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.