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Nuovo strumento urbanistico

Pubblico
Domenica, 24 Gennaio, 2021 - 10:30

Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna, (Sezione Seconda), sentenza n. 13 del 12 gennaio 2021, nuovo strumento urbanistico

MASSIMA

Allorché nelle more del giudizio di impugnazione di una prescrizione urbanistica intervenga altro strumento, completamente sostitutivo del precedente, più nessun interesse a discutere sul precedente strumento urbanistico può residuare, e ciò anche quando il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata, palesandosi altrimenti un'eventuale pronuncia sul primo atto inutiliter data" (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7782; id., 3 giugno 2010, n. 3538; id., 26 settembre 2019, n. 6438; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 novembre 2019, n. 2307; id., 18 settembre 2018, n. 2097; id., 30 luglio 2018, n. 1877; id.,15 marzo 2018, n. 731)”.

SENTENZA

N. 00013/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00151/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 151 del 2015, proposto da
OMISSIS, rappresentati e difesi dall’avv.to Antonino Morello, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Bologna, Via San Vitale n. 55;

contro

Comune di Casalgrande, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Federico Gualandi, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Bologna, Via Altabella n. 3;

per l’ottemperanza

- DELLE SENTENZE DELLA SEZ. I DI QUESTO T.A.R. N. 1624/2007, 1625/2007 E 1626/2007, CONFERMATE IN APPELLO DALLA SEZ. IV DEL CONSIGLIO DI STATO CON PRONUNCE N. 2856/2014, 2857/2014 E 2858/2014;

previa declaratoria di nullità

- DEI PROVVEDIMENTI SINDACALI 16/12/2014 P.G. 20398, 20399 E 20404, DI RIGETTO DEGLI ATTI DI DIFFIDA ALL’ESECUZIONE DEL GIUDICATO.

e (in subordine) per l’annullamento

- DEI PREDETTI ATTI SINDACALI.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalgrande;

Visti tutti gli atti della causa;

Preso atto della sentenza non definitiva 13/5/2015 n. 453;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2020 il dott. Stefano Tenca e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del D.L. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. I ricorrenti sono proprietari di terreni ubicati in località Dinazzano nel Comune intimato, facenti parte di una lottizzazione (“Podere Saladino” o ex lottizzazione Valentini) approvata in base al PRG del 1978 e da questo destinata a “zona residenziale di completamento”.

B. Nell’ambito del procedimento di approvazione della variante generale al PRG del 1986, il Comitato consultivo regionale segnalava la necessità di svolgere ulteriori indagini idrogeologiche e geotecniche al fine di accertare la compatibilità tra tali siti e le opere previste nel PRG. In sede di controdeduzioni, con deliberazione 9/6/1986 n. 75 il Comune riteneva di non svolgere questi ulteriori approfondimenti e stralciava i terreni residenziali non ancora edificati classificando l’area come “zona agricola a vincolo idrogeologico”. La Regione approvava la variante generale con deliberazione giuntale 5/11/1986 n. 5351.

C. Avverso tale decisione del Comune veniva presentato ricorso a questo T.A.R. il quale, con le tre decisioni n. 1624, 1625 e 1626 del 2007, accoglieva la domanda impugnatoria della variante generale del PRG (a suo avviso l’Ente locale aveva escluso immotivatamente – ossia in carenza della doverosa istruttoria – l’edificabilità) e rigettava quella risarcitoria. Il Consiglio di Stato, sez. IV, con le sentenze 2856/2014, 2857/2014, 2858/2014, respingeva sia l’appello principale che l’appello incidentale del Comune, confermando in toto le tre citate decisioni del T.A.R. per l’Emilia-Romagna.

D. Ritenendo che, per effetto della decisione del giudice amministrativo, si fosse determinata la reviviscenza dell’originaria classificazione residenziale dell’area, gli interessati presentavano al Comune una proposta di edificazione secondo un determinato indice di fabbricabilità, affermando la non necessità di ulteriori indagini geologiche dopo l’acquisizione della relazione favorevole di un esperto in sede di approvazione dell’ultima variante. A sua volta, l’amministrazione avanzava una proposta di completamento urbano dell’ex lottizzazione “Podere Saladino”, promuovendo un accordo che tuttavia non si perfezionava per divergenze sulle clausole ivi contemplate.

E. A quel punto, gli odierni ricorrenti presentavano una diffida al fine di ottenere l’esecuzione del giudicato, nel frattempo maturato per effetto delle pronunce del Consiglio di Stato.

F Il Sindaco del Comune di Casalgrande, con i provvedimenti del 16/12/2014 in epigrafe indicati, non accoglieva detta istanza evidenziando in particolare:

- il passaggio delle sentenze di appello del Consiglio di Stato, secondo cui <<effettivamente, nell’area, è incontestabile si siano verificati movimenti franosi, come già colto dal Tar in riferimento alle asserzioni del Comune, rimaste – è bene evidenziarlo - incontestate nel corso del giudizio di primo grado … operando in materia il principio di cautela e prevenzione, che deve necessariamente accompagnare le valutazioni di un Ente pubblico, controvertere in ordine alla portata ed ampiezza del movimento franoso riscontrato è del tutto non condivisibile. Ciò per elementari ragioni di protezione della collettività, e per altrettanto chiare motivazioni facenti capo alle possibili responsabilità gravanti sull’Ente pubblico …>>;

- il contrasto con la disciplina urbanistica dettata dalla variante al PRG approvata con deliberazione della Giunta regionale n. 2191 del 5/12/2000, la quale – laddove esclude l’introduzione di lotti di completamento – è stata ritenuta da questo T.A.R. (nella pronuncia n. 46/2014) coerente “con gli obiettivi perseguiti dalla Variante, ricavabili dalla Relazione illustrativa (cfr. doc. 11 id.), consistenti nella qualificazione del sistema insediativo urbano, con particolare attenzione all’identità storica e contemporanea degli insediamenti, ivi compreso l’insediamento di Dinazzano, area precollinare in cui sorge il Castello, per il quale l’Amministrazione ha rilevato gli effetti deteriori dell’accrescimento insediativo …”;

- la non adottabilità di ulteriori varianti, trattandosi di una zona sottoposta a tutela dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) approvato con deliberazione del Consiglio provinciale n. 124 del 17/7/2014, in particolare quale zona agro-naturalistica ai sensi dell’art. 45, e zona caratterizzata da fenomeni di dissesto e instabilità (area frane quiescenti) ai sensi dell’art. 57;

- l’inibizione delle varianti ex art. 15 della L.r. 47/78 per le zone sottoposte a tutela ai sensi dell’art. 33 della medesima L.r..

G. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, i ricorrenti censurano i provvedimenti in epigrafe, deducendo in via principale la loro nullità per inottemperanza al giudicato formatosi e in subordine la loro illegittimità.

Espongono che:

a) l’annullamento della variante del 1986 comporta la reviviscenza della precedente classificazione e il ripristino della zonizzazione residenziale di completamento, restando irrilevante la variante generale del 2000 (che si è limitata a confermare la destinazione “peggiorativa” precedente, che aveva eliminato l’edificabilità);

b) l’invocato passaggio della sentenza del Consiglio di Stato investe la domanda risarcitoria (rigettata) e dunque non la parte che rileva ai fini della formazione del giudicato di annullamento;

c) le sopravvenute norme di tutela del PTCP non inseriscono vincoli di inedificabilità, come testimonia la deliberazione giuntale 14/9/2010 n. 117 recante la proposta di completamento urbano ex “lottizzazione Podere Saladino”, avanzata dal Comune per definire il contenzioso con un accordo quando il PTCP era già in vigore (cfr. pag. 11 della relazione illustrativa, ove si statuisce soltanto l’obbligo di preventiva sottoposizione a indagini geologiche e geognostiche);

d) la collina che ospita i lotti in questione è completamente edificata sul versante di Castellarano, mentre residuano pochi lotti di completamento a Casalgrande;

e) l’art. 45 del PTCP, approvato nel giugno 2010, fa salve le previsioni inserite negli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del Piano (e il giudicato è retroattivo); l’art. 57, per le zone caratterizzate da frane quiescenti, detta una disciplina che fa salve le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, e il comma 1 prescrive una verifica tecnica del lotto a rischio sismico da allegarsi al progetto.

H. Si è costituito in giudizio il Comune intimato, chiedendo il rigetto delle pretese avanzate.

I. Con sentenza non definitiva di questa Sezione 13/5/2015 n. 453 è stata rigettata la domanda di declaratoria di nullità dei provvedimenti sindacali gravati. Ha affermato il T.A.R. che “Le pronunce in questione non hanno mai affermato, nè avrebbero potuto affermare, che l’area fosse o meno edificabile in quanto hanno soltanto rilevato che il comune aveva escluso l’edificabilità immotivatamente per carenza della doverosa istruttoria diretta ad approfondire l’indagine geologica e geotecnica, come evidenziato dal comitato consultivo regionale prima di mutare la destinazione urbanistica dell’area. … Orbene, l’effetto conformativo delle pronunce in questione non si risolveva, quindi, nel riconoscimento di un affidamento al mantenimento della destinazione edificatoria dell’area stessa, come preteso dai ricorrenti, ma nella necessità di proseguire nell’iter procedimentale per giungere ad una scelta motivata e conforme ad un’adeguata istruttoria tecnica. … Non vi è, dunque, violazione del giudicato, e neppure è configurabile una forma di elusione in determinazioni che, attenendo ad una fase amministrativa estranea a quella oggetto del dictum giudiziale, si sottraggono al vaglio del giudice dell’ottemperanza per essere assoggettate al regime ordinario di impugnazione”.

L. Il T.A.R. ha poi disposto che “Le restanti censure, ben possono essere qualificate come finalizzate all’annullamento dei suindicati provvedimenti in ragione di molteplici profili di illegittimità evidenziati e per questo riconducibili al rito ordinario. Le stesse andranno esaminate nella sede loro propria di legittimità, previa conversione dell’azione ex art. 32, comma 2, cod.proc.amm., a fronte della circostanza che risulta osservato il termine decadenziale di legge per l’instaurazione del giudizio impugnatorio, nell’udienza pubblica che sarà fissata in applicazione delle regole proprie del rito ordinario”.

M. All’udienza del 15/12/2020 il gravame è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

I ricorrenti censurano i provvedimenti del Sindaco di Casalgrande 16/12/2014 P.G. 20398, 20399 e 20404, recanti la reiezione delle diffide all’esecuzione del giudicato formulate dalla parte ricorrente.

0.1 Deve essere preliminarmente rigettata l’istanza della parte resistente affinché siano dichiarate non utilizzabili le note scritte depositate dai ricorrenti l’11/12/2020 alle ore 08:59.

0.1a La disposizione pertinente è l’art. 4 comma 1 del D.L. 28/2020 conv. in L. 70/2020 (richiamato dall’art. 25 comma 1 del D.L. 137/2020). Nella parte di interesse statuisce che “… può essere chiesta discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica …. mediante collegamento da remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei difensori all'udienza … In alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa o richiesta di passaggio in decisione e il difensore che deposita tali note o tale richiesta è considerato presente a ogni effetto in udienza. Il decreto di cui al comma 2 stabilisce i tempi massimi di discussione e replica”.

0.1b La citata disposizione consente alle parti di depositare, fino alle ore 12:00 del giorno antecedente a quello dell’udienza stessa, note di udienza o richiesta di passaggio in decisione esclusivamente “in alternativa alla discussione” (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III – 25/11/2020 n. 2506).

0.1c Posto che il deposito di note difensive in prossimità dell’udienza non può accompagnarsi alla discussione orale mediante collegamento telematico (per cui i contendenti sono chiamati a scegliere tra la produzione di scritti e la partecipazione in modalità “da remoto”), la norma di legge è suscettibile di un’interpretazione ampia nel senso che appare consentito in ogni caso – e dunque anche se le parti non hanno presentato istanza di trattazione orale da remoto – il deposito di scritti difensivi fino alle ore 12:00 antimeridiane del giorno antecedente a quello dell’udienza per esprimersi sulle questioni controverse e spiegare un pieno contraddittorio (T.A.R. Liguria, sez. II – 19/6/2020 n. 412).

Il gravame impugnatorio è infondato e deve essere rigettato.

1. La variante approvata con D.G.R. 5/12/2000 n. 2191 esclude l’introduzione di lotti di completamento. Questo T.A.R., con la sentenza 9/1/2014 n. 46, ha ritenuto le scelte di programmazione urbanistica immuni da vizi. In particolare, ha statuito che “Per quanto innanzi esposto non ha miglior sorte il quarto motivo con cui i ricorrenti lamentano il difetto di motivazione in ordine al non accoglimento delle osservazioni da essi presentate. Dalla lettura degli atti di causa risulta che l’Amministrazione ha evidenziato come la Variante adottata non prevedesse lotti di completamento in zona B al fine di dare applicazione all’art. 22 del PTCP che fissava l’obiettivo di conservazione delle componenti naturali e paesaggistiche e dei relativi equilibri (cfr. doc. 8 del fascicolo del Comune). Osserva il Collegio che le ragioni poste dal Comune a fondamento della reiezione delle osservazioni dei ricorrenti (n. 29 e n. 37), di per sé idonee a sorreggere il diniego, non appaiono né illogiche né irragionevoli, né possono ritenersi sintomatiche di un distorto esercizio del potere; viceversa esse risultano coerenti con gli obiettivi perseguiti dalla Variante, ricavabili dalla Relazione illustrativa (cfr. doc. 11 id.), consistenti nella qualificazione del sistema insediativo urbano, con particolare attenzione all’identità storica e contemporanea degli insediamenti, ivi compreso l’insediamento di Dinazzano, area precollinare in cui sorge il Castello, per il quale l’Amministrazione ha rilevato gli effetti deteriori dell’accrescimento insediativo (cfr. pagg. 3, 9, 23 e 39 id. doc. ult. cit.)”.

2. Contrariamente a quanto opina parte ricorrente, non si registra la reviviscenza di precedenti previsioni urbanistiche ma l’assoggettamento dell’area alla successiva variante, senza che rilevi il suo contenuto di conferma della precedente variante annullata: la rinnovata pianificazione costituisce infatti esercizio dell’ampia discrezionalità nella ri-determinazione dell’assetto del territorio. La sentenza pronunciata tra le stesse parti, avente per oggetto la variante approvata nel 2000, è passata in giudicato, per cui si è consolidata e la sua legittimità non può essere messa in discussione.

3. Secondo un indirizzo giurisprudenziale l’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento di approvazione della variante implica la reviviscenza della disciplina introdotta da quella precedente, sicché permane l'interesse di parte ricorrente a coltivare l'impugnazione (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 7/5/2020 n. 751, che ha richiamato tra l’altro T.A.R. Liguria - sez. I – 30/8/2018 n. 683; T.A.R. Puglia Bari, sez. II – 20/3/2012 n. 580 e ha puntualizzato che <<Dello stesso avviso si mostra parte della giurisprudenza del Giudice d'Appello a partire dalla decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 2 aprile 1984 secondo cui "l'annullamento di una previsione contenuta in una variante ad un piano regolatore generale comporta la reviviscenza della destinazione preesistente" (cfr., nella giurisprudenza successiva, Consiglio di Stato, sez. IV, 20 febbraio 1998, n. 312; Id., sez. IV, 6 maggio 2004, n. 2800, con ivi ulteriori citazioni; Consiglio di Stato, Sez. V, 22 febbraio 2007, n. 954)>>.

4. Nella fattispecie, tuttavia, come ha messo in evidenza anche il Consiglio di Stato nella sentenza di appello, il gravame è stato accolto unicamente per difetto di motivazione, con la conseguenza che l’annullamento ha fatto contestualmente sorgere in capo all’amministrazione l’obbligo di rideterminarsi, rinnovando il segmento procedimentale annullato e quindi riesercitando la propria potestà programmatoria. Come hanno osservato i giudici d’appello nella pronuncia della sez. IV – 20/3/2019 n. 1831, la ri-pianificazione dell’assetto del territorio non è un atto meramente confermativo delle previsioni dello strumento urbanistico previgente, trattandosi di una nuova manifestazione di volontà provvedimentale scaturita all’esito del complesso procedimento di formazione di una variante generale.

5. Anche la difesa comunale ha evidenziato che, successivamente all’approvazione dell’impugnata variante al PGT del 1986, l’amministrazione comunale ha adottato un’ulteriore variante che ha disciplinato anche l’area di interesse della parte ricorrente. L’atto è stato ritualmente impugnato, ma il ricorso è stato rigettato, per cui nessun vantaggio potrebbe derivare in capo alla Società ricorrente dall’annullamento dei provvedimenti impugnati in questa sede, allo stato non più attuali poiché superati dalla successiva attività amministrativa. Si ribadisce in proposito che a nulla rileva che nel nuovo assetto l’area dei ricorrenti abbia mantenuto destinazione agricola: Infatti, la rielaborazione integrale di uno strumento urbanistico – come nel caso della variante generale in esame – non può mai, per sua natura, considerarsi meramente confermativa delle precedenti disposizioni urbanistiche, neppure in quelle parti che effettivamente risultino riproduttive degli strumenti anteriori (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 8/5/2020 n. 770, secondo il quale “Allorché dunque "nelle more del giudizio di impugnazione di una prescrizione urbanistica intervenga altro strumento, completamente sostitutivo del precedente, più nessun interesse a discutere sul precedente strumento urbanistico può residuare, e ciò anche quando il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata, palesandosi altrimenti un'eventuale pronuncia sul primo atto inutiliter data" (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7782; id., 3 giugno 2010, n. 3538; id., 26 settembre 2019, n. 6438; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 novembre 2019, n. 2307; id., 18 settembre 2018, n. 2097; id., 30 luglio 2018, n. 1877; id.,15 marzo 2018, n. 731)”.

6. In conclusione, l’introdotta domanda caducatoria deve essere rigettata.

7. La complessità e la peculiarità della vicenda inducono il Collegio a compensare integralmente le spese di lite tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando respinge la domanda di annullamento in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata con le modalità previste dal processo telematico, e la Segreteria della Sezione provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in video-conferenza, con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Mozzarelli, Presidente

Maria Ada Russo, Consigliere

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Stefano Tenca

Giancarlo Mozzarelli

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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