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Cartolarizzazione immobili pubblici

Pubblico
Sabato, 13 Aprile, 2019 - 10:45

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n. 1236 del 30 gennaio 2019, sulla dismissione immobili pubblici 

 

N. 01236/2019 REG.PROV.COLL.

N. 11181/2005 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 11181 del 2005, proposto da 

OMISSIS tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato Massimo Togna, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 9; 

 

contro

il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Sovigest - Società di Valorizzazioni Immobiliari e Gestioni S.p.A, SCIP - Società per Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l., l’Osservatorio Patrimonio Immobiliare Enti Previdenziali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; 

l’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Pietro Collina, Gaetano De Ruvo, Francesca Ferrazzoli e Lidia Carcavallo, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Cesare Beccaria n. 29; 

 

per l’annullamento

- del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto col Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, del 16.9.2005, di individuazione di ulteriori immobili di pregio (Roma via del Vignola 111);

- delle proposte dell’Agenzia del Territorio del 22.3.2004 e del 14.4.2005, richiamate dal suindicato D.M.;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale e, in particolare, per quanto occorra, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 31.7.2002 e delle deliberazioni dell’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli Enti previdenziali, di concerto con l’Agenzia del Territorio, del 17.4.2002 e del 24.7.2002.

 

 

Visti il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2018 il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

 

FATTO

I ricorrenti, tutti conduttori di unità immobiliari ubicate nello stabile sito in Roma in OMISSIS, inizialmente di proprietà dell’INPDAI e poi passato all’INPS (stante la successione ex lege di tutti i rapporti a seguito di soppressione dell’INPDAI), hanno impugnato il decreto del 16.9.2005 del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nella parte in cui ha qualificato “di pregio” detto immobile, unitamente agli atti presupposti individuati in epigrafe, di cui si è fatta concreta applicazione.

Gli stessi hanno illustrato il quadro normativo che ha accompagnato il programma di dismissione degli Enti previdenziali, per poi concludere che l’immobile non sarebbe di pregio, sostenendo, secondo quanto desumibile dalla circolare del Ministero del lavoro del 27.1.2000, che rileverebbe il suo valore accertato, inferiore al valore soglia, nonostante la sua ubicazione in zona ad alto valore di mercato.

I ricorrenti in realtà hanno contestato anche che la zona in cui ricade lo stabile de quo sia ad alto valore di mercato, facendo riferimento ad assunti diversi valori medi di mercato nell’intero territorio comunale – e conseguenti valori soglia (con maggiorazione del 70% rispetto a quello medio).

Essi hanno sostenuto altresì che l’immobile in questione sarebbe degradato per le seguenti ragioni: la facciata del fabbricato ha perso l’originaria tinteggiatura e presenta cadute di intonaco; i balconi prospicienti OMISSIS sono protetti da rete metallica; il terrazzo di copertura necessita di idonea impermealizzazione; l’impianto di riscaldamento non è efficiente; gli ascensori sono quelli originari e sono malfunzionanti; i vani cantina sono impraticabili per l’eccessiva umidità; le scale interne abbisognano di tinteggiatura; i contatori della luce sono ubicati nei singoli appartamenti.

Hanno dedotto anche la disparità di trattamento e la manifesta ingiustizia, in quanto alcuni immobili nella medesima zona – situati in Lungotevere Flaminio nn. 78 e 80 - sarebbero stati ritenuti non di pregio.

In via subordinata gli stessi hanno chiesto l’applicazione dell’abbattimento del 30% previsto dall’art. 1 della legge n. 104 del 2004, avendo tutti manifestato la volontà di acquistare entro il 31.10.2001, e in via ulteriormente subordinata la riduzione del valore del 30%, essendo le unità immobiliari occupate, secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 109, lett. d), della legge n. 669 del 1996.

Infine i ricorrenti hanno prospettato la questione di costituzionalità dell’art. 3 del d.l. n. 351 del 2001, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, sull’assunto di una disparità di trattamento rispetto ai conduttori degli immobili non di pregio.

Si è costituito in giudizio l’intimato INPS, producendo documentazione ed una memoria difensiva.

Detto Istituto ha in via pregiudiziale eccepito la tardività del ricorso, sull’assunto che l’atto lesivo sarebbe il D.M. 31.7.2002, censurato solo in questa sede e di cui il D.M. 16.9.2005 costituirebbe pedissequa applicazione.

Esso ha inoltre resistito in modo puntuale alle doglianze di parte ricorrente e sostenuto la legittimità del citato D.M. 16.9.2005.

A seguito del deposito documentale da parte dell’INPS, i ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti.

Essi hanno con gli stessi contestato la circostanza che l’immobile in parola sia stato qualificato di pregio solo perché ubicato in zona ad alto valore di mercato e la stessa qualificazione di tale zona quale ad alto valore di mercato, asserendo che nel 2004 e nel 2005 il valore medio di mercato degli immobili ivi ubicati non avrebbe superato del 70% quello medio di mercato del territorio comunale.

Hanno nuovamente richiamato la circolare del 27.1.2000, che attribuisce rilievo al valore del singolo immobile, determinante la sua non qualificazione di pregio, se inferiore al valore soglia, indipendentemente del valore dell’area in cui è sito, affermando che detta circolare avrebbe ingenerato un affidamento nei suoi destinatari.

Hanno poi richiamato altri immobili della stessa zona, oltre a quello indicato nel ricorso introduttivo, non classificati di pregio.

Con decreto decisorio n. 1813 del 12.4.2017, il ricorso in esame è stato dichiarato perento ai sensi dell’art. 82, comma 1, c.p.a.,.

Molti dei ricorrenti hanno proposto opposizione al suddetto decreto decisorio, costituendosi con l’attuale procuratore.

Con ordinanza collegiale n. 7845 del 13.7.2018, detta opposizione è stata accolta e, per l’effetto, il decreto di perenzione è stato revocato ed il ricorso è stato reiscritto sul ruolo ordinario rispetto a tali ricorrenti, mentre la perenzione è stata confermata in relazione ai ricorrenti OMISSIS

La parte ricorrente e il resistente INPS hanno prodotto memorie in vista della pubblica udienza del 19.12.2018, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.

 

 

DIRITTO

I - I ricorrenti, tutti conduttori di unità immobiliari ubicate nello stabile sito in Roma in Viale del Vignola n. 111, di proprietà dapprima dell’INPDAI e poi dell’INPS, censurano il D.M. 16.9.2005 del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nella parte in cui ha qualificato detto immobile come di pregio, e insieme gli atti presupposti, indicati in epigrafe.

I.1 - La questione che viene qui in rilievo è la qualificazione di immobile di pregio attribuita con tale decreto allo stabile comprendente le unità immobiliari condotte dai ricorrenti, ai fini della determinazione del prezzo di cessione.

II - In via preliminare, deve essere respinta l’eccezione di tardività sollevata dall’INPS, sul presupposto che la lesione della sfera giuridica dei ricorrenti non sarebbe stata determinata dal D.M. del 16.9.2005, con il quale lo stabile di Viale del Vignola è stato qualificato come immobile di pregio, bensì dal D.M. del 31.7.2002, con il quale sono stati stabiliti i criteri in base ai quali sarebbero stati individuati gli immobili di pregio.

Infatti la lesione della sfera giuridica di costoro si è concretizzata solo nel momento in cui è stato pubblicato il decreto del 16.9.2005, con il quale l’Amministrazione, facendo applicazione del precedente decreto del 31.7.2002, ha classificato il predetto stabile come immobile di pregio, sicché prima di tale momento non esisteva un interesse attuale e concreto ad impugnare quest’ultimo decreto.

III - Passando al merito del ricorso, esso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

III.1 - Il Collegio osserva che la vendita degli immobili in questione va inquadrata nell’ambito del progetto finalizzato al recupero di liquidità, imposto dalla normativa statale in rapporto ad obiettivi di finanza pubblica.

IV - In particolare, con il d.l. 25.9.2001, n. 351 (convertito con la legge 23.11.2001, n. 410), con il d.l. 30.9.2003, n. 269 (convertito con legge 24.11.2003, n. 326) e con il d.l. 23.2.2004, n. 41 (convertito con legge 24.4.2004, n. 104), è stata attuata la c.d. cartolarizzazione.

IV.1 - In tale contesto normativo, una particolare disciplina è stata riservata agli immobili cosiddetti di pregio, che, per le loro caratteristiche, non possono fruire delle agevolazioni altrimenti concesse ai conduttori.

IV.2 - Nell’ambito della disciplina relativa alla dismissione del patrimonio immobiliare delle amministrazioni pubbliche (in specie, degli enti previdenziali), erano state previste condizioni di alienazione meno favorevoli per i conduttori degli immobili “di pregio”, rispetto ai conduttori degli altri immobili, già in base all’art. 2, comma 2, della legge n. 488/1999 (legge finanziaria del 2000), che ha inserito la lettera “f-bis” al comma 109 dell’art. 3 della legge n. 662/1996.

Infatti in tale ultima disposizione si faceva rinvio ad una circolare del Ministro del Lavoro per la definizione appunto degli “alloggi in edifici di pregio”, interessati dalla procedura di dismissione, con riferimento alle zone in cui il valore unitario medio di mercato degli immobili fosse superiore del 70% rispetto al valore di mercato medio rilevato nell’intero territorio comunale.

IV.3 - Con circolare del 27.1.2000, il Ministro del Lavoro ha stabilito i criteri di individuazione di tali immobili, sostanzialmente richiamandosi ai parametri già individuati con la precedente circolare del 30.4.1997.

In base a tali criteri, sono da considerare di pregio: gli immobili vincolati; quelli costituiti per oltre 2/3 da abitazioni di lusso; quelli situati nel centro storico così come definito ai sensi dell’art. 18 della 1egge n. 392/1978; quelli ubicati in aree con valori unitari medi superiori del 70% rispetto al prezzo di mercato medio del Comune.

IV.4 - Con successiva circolare del 7.8.2000, con particolare riferimento agli immobili di pregio, si è nuovamente evidenziato che l’individuazione è definita con riguardo alle zone il cui valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 70% rispetto al valore di mercato medio rilevato nell’intero territorio comunale, precisando che “tale criterio deve ricomprendere, in quanto assorbente, anche i centri storici”.

V - Tale disciplina è stata poi integrata dall’art. 3 del d.l. n. 351/2001, convertito dalla legge n. 410/2001.

V.1 - In particolare, l’art. 3, comma 8, ha previsto che il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale offerte in opzione ai conduttori che acquistano in forma individuale è pari al prezzo di mercato delle stesse unità immobiliari libere, decurtato del 30%, ed inoltre un ulteriore abbattimento, fino ad un massimo del 15%, in ipotesi di acquisto a mezzo di mandato collettivo, ove vengano acquistate unità immobiliari ad uso residenziale che rappresentano almeno l’80% delle unità residenziali complessive dell’immobile.

V.2 - L’art. 3, comma 20, prima soppresso dall’art. 26 della l. n. 326/2003, ma successivamente reintrodotto ad opera dell’art. 3, comma 4, della legge finanziaria per il 2004, ha riconosce ai conduttori che abbiano manifestato la propria volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, a mezzo di raccomandata a.r., il diritto di acquistare al prezzo ed alle condizioni determinate in base alla normativa vigente alla data di manifestazione della volontà di acquisto.

V.3 - Le richiamate disposizioni di cui all’art. 3, commi 8 e 20, non trovano, tuttavia, applicazione in ipotesi di immobili qualificati di pregio.

V.4 - Con riguardo a questi ultimi, l’art. 3, al comma 13, ha previsto che essi siano individuati con decreti ministeriali, stabilendo comunque che tali devono essere considerati gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli individuati con appositi decreti ministeriali.

V.5 - Il D.M. del 31.7.2002 ha fatto espresso rinvio all’Allegato n. 1, recante la delibera dell’Osservatorio sul Patrimonio immobiliare degli Enti previdenziali, di concerto con l’Agenzia del Territorio del 17.4.2002, come modificata in data 24.7.2002, per la fissazione dei criteri per l’individuazione degli immobili di pregio.

Si indicano di seguito tali criteri:

1. esistenza, per l’intero immobile, di vincoli paesaggistici ai sensi della legge n. 1089 del 1939 o della legge n. 1497 del 1939;

2. immobili costituiti per oltre 2/3 da abitazioni di lusso, con la precisazione che in ogni caso le singole unità abitative con superficie superiore a 240 mq sono da considerarsi di pregio;

3. ubicazione in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore al 70% rispetto al valore di mercato medio rilevato nell’intero territorio comunale, secondo i valori pubblicati dall’OMI dell’Agenzia del Territorio, con la precisazione che gli immobili con un valore di mercato a metro quadro superiore a 3.750,00 euro sono da considerarsi comunque di pregio e che quelli con un valore a metro quadro inferiore a 1.431,00 euro sono da considerarsi comunque non di pregio;

4. ubicazione nel centro storico, individuato in base alle perimetrazioni dei piani regolatori (zona omogenea A), con esclusione delle zone degradate soggette a piani di recupero individuate negli stessi piani regolatori;

5. esclusione dalla categoria degli immobili di pregio degli immobili degradati il cui valore di riproduzione a nuovo, equivalente al valore di mercato attuale e incrementato dai costi di ristrutturazione, sia nel complesso inferiore alla soglia di valore per la classificazione di pregio.

Si è altresì puntualizzato che per l’inserimento dell’immobile nella categoria del pregio sia sufficiente la presenza di uno solo dei suindicati criteri, salvo quanto precisato sub 5).

V.6 - In seguito, per effetto dell’art. 26, commi 5 e 6, del d.l. n. 269 del 2003 (convertito in legge 24.11.2003, n. 326), all’art. 3, comma 13, del d.l. n. 351/2001 è stata apportata la seguente aggiunta: “su proposta dell’Agenzia del territorio, che si trovano in stato di degrado e per i quali sono necessari interventi di restauro e di risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia”.

Le modifiche introdotte all’art. 3 del d.l. n. 351/2001 dall’art. 26 del d.l. n. 269/2003, sono solo parzialmente innovative, in quanto tendono a precisare quali sono gli elementi in base ai quali cui può essere esclusa la qualificazione di pregio degli immobili siti nei centri storici urbani.

VI - Occorre fare una precisazione.

L’art. 26 citato deve essere applicato, in base al principio “tempus regit actum”, a tutti i procedimenti non ancora conclusi alla data dell'entrata in vigore della nuova disciplina; è poi pacifico che i procedimenti di dismissione di immobili pubblici devono ritenersi conclusi soltanto al momento della vendita dell’immobile e non certo al termine delle fasi interlocutorie relative alla qualificazione degli edifici.

VII - Proprio in applicazione di tale principio, ai fini dell’individuazione dei criteri per la qualificazione di un immobile quale di pregio, i ricorrenti non possono che fare riferimento al richiamato D.M. in data 31.7.2002.

VII.1 - Ciò comporta che non possono invocare l’applicazione, rispetto all’immobile ubicato in Viale del Vignola n. 111, dagli stessi locato ed oggetto di dismissione, del criterio stabilito dalla circolare del Ministero del Lavoro del 27.1.2000, il quale, rispetto agli immobili ubicati in zone ad alto valore di mercato, perciò il cui valore medio unitario è superiore del 70% rispetto a quello medio unitario del territorio comunale, attribuisce rilievo anche al valore singolarmente riconosciuto, che, se inferiore a tale valore soglia, comporta la loro non qualificazione come non di pregio.

Tale circolare non è applicabile alla specie, proprio in forza del principio “tempus regit actum”, essendo i criteri ivi stabiliti, per dare applicazione alla legge n. 488/1999, superati da quelli previsti dal D.M. in data 31.7.2002, cui rinvia l’art. 3 del d.l. n. 351 del 2001, nonché dall’art. 26 del d.l. n. 269/2003, modificativo del comma 13 del citato art. 3.

VIII - Va poi considerato che i nuovi criteri sono espressione di discrezionalità pubblicistica, che può essere censurata solo se affetta da manifesta illogicità.

VIII.1 - È stato, in particolare, introdotto il criterio in base al quale sono esclusi dalla categoria degli immobili di pregio quegli immobili degradati il cui valore di riproduzione a nuovo, equivalente al valore di mercato attuale e incrementato dai costi di ristrutturazione, sia nel complesso inferiore alla soglia di valore per la classificazione di pregio.

VIII.2 - Inoltre, come si è visto, si è stabilito che gli immobili con un valore di mercato a metro quadro superiore a 3.750,00 euro sono da considerarsi comunque di pregio e quelli con un valore a metro quadro inferiore a 1.431,00 euro sono da considerarsi comunque non di pregio.

VIII.3 - Si tratta di criteri assolutamente logici e ragionevoli, la cui legittimità emerge chiaramente.

IX - Nella specie l’immobile de quo è stato inserito negli immobili di pregio, in quanto rientrante in zona ad alto valore di mercato, vale a dire con un valore non inferiore a 3.750,00 euro al metro quadro.

IX.1 - In proposito deve precisarsi che la parte ricorrente non può certamente contestare la circostanza che la zona in questione debba considerarsi come ad alto valore di mercato, trattandosi di stima che compete all’Agenzia del Territorio.

Si tratta del quartiere Flaminio, zona “centrale, posta sul lungotevere a breve distanza dallo stadio Olimpico, dotata di tutte le infrastrutture primarie e secondarie, ben collegata tramite rete di trasporto pubblica,” che “gode di ottima appetibilità sia per il residenziale che per i locali commerciali”.

X - Per quanto concerne, in particolare l’immobile di che trattasi, secondo la stima dell’Agenzia del Territorio, esso ha un valore di mercato pari a 3.400,00 euro al metro quadro, quindi un valore prossimo a quello soglia, in presenza del quale la classificazione di immobile di pregio è automatica.

XI - Né esso può escludersi dalla categoria degli immobili di pregio in quanto degradato, come invece sostengono i ricorrenti.

XI.1 - Al riguardo deve considerarsi che il legislatore ha emanato la normativa sulle alienazioni del patrimonio pubblico con la piena consapevolezza che gli edifici siano stati realizzati o acquisiti anche in epoca risalente e abbiano il carattere di vetustà, per cui il beneficio della riduzione del corrispettivo, sul piano logico giuridico, può essere riconosciuto solo in presenza di una grave situazione di degrado, rapportata all’assoluta ed indiscutibile necessità di interventi volti al consolidamento statico, al ripristino o al rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, in ragione della sua precaria situazione strutturale, con indebolimento delle strutture portanti.

XI.2 - In particolare, è stato chiarito in via generale che:

- il degrado riferito al piano cantine non è di per sé elemento che può determinare il riconoscimento del degrado dell’intero immobile (cfr., in analogia, Cons. Stato, Sez. VI, 28.4.2010, n. 2428);

- non possono essere definiti degradati, ai fini che qui interessano, gli immobili che necessitano di interventi di riparazione, rinnovamento o sostituzione delle finiture esterne, che rientrano nel concetto di manutenzione ordinaria, ovvero che abbisognano di modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali dell’edificio o realizzare o integrare i servizi igienici e tecnologici, che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità abitative, da far rientrare nel concetto di manutenzione straordinaria (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30.9.2008, n. 4696);

- al fine di escludere la qualifica di pregio, deve emergere la necessità di interventi volti al consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio o alla necessità di impianti richiesti dalle esigenze dell’uso abitativo, quali l’impianto elettrico fatiscente, l’assenza nelle abitazioni di acqua diretta, l’assenza di un impianto fisso di riscaldamento, lesioni diffuse e passanti nelle pareti e nei soffitti in oltre il 60% dei vani, evidenti difetti strutturali nei due terzi degli infissi di chiusura delle aperture esterne, lesioni diffuse e passanti in misura superiore al 50% della superficie complessiva della facciata dell’edificio, precaria situazione strutturale con indebolimento delle strutture portanti a causa di aperture di varchi e quadro fessurativo alquanto diffuso con diverse lesioni, carenze strutturali e funzionali negli orizzontamenti e indebolimenti delle strutture delle scale, accresciuta vulnerabilità sismica (Cons. di Stato, VI, 7.8.2008, n. 3899, e n. 5961 del 2005).

XI.3 - Deve ritenersi, infatti, un corretto parametro alla stregua del quale valutare se un immobile possa considerarsi o meno degradato, quello indicato dal citato art. 26 del d.l. n. 269/2003, modificativo del comma 13 dell’art. 3 del d.l. n. 351/2001, per escludere immobili ubicati nel centro storico dal novero di quelli di pregio. Si tratta di immobili per i quali sono necessari interventi di restauro e di risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia.

Detti interventi, già precedentemente individuati all’art. 31 della legge 5.8.1978, n. 457, risultano ora indicati all’art. 3 del T.U. Edilizia di cui al d.P.R. 6.6.2001, n. 380.

XI.4 - Osserva il Collegio che dalla documentazione di causa non emergono elementi idonei a configurare la situazione di degrado, come sopra richiesta.

XI.5 - Nella relazione dell’Agenzia del Territorio, in atti, si legge: “…Il compendio immobiliare è fornito della comune dotazione degli impianti di acqua, luce, gas. Nel complesso tutte le opere e le finiture esterne appaiono in buono stato di conservazione e manutenzione sul lato di Viale del Vignola e di Via Vasari, mentre si presentano in cattivo stato sul lato del cortile interno…L’androne con pavimentazione e rivestimento in marmo e le scale si presentano in buono stato…”.

XI.6 - Anche a voler considerare tutti gli elementi rappresentati dalla parte ricorrente, riportati in narrativa, essi sono, tuttavia, tali da richiedere i ben più mitigati interventi di manutenzione ordinaria o al più straordinaria.

XI.7 - Conseguentemente legittimamente l’immobile di cui si discute è stato inserito tra quelli di pregio.

XII - È poi da rimarcare che il fatto, sul quale i ricorrenti pongono l’accento, che alcuni immobili siti nella medesima zona sono stati ritenuti non di pregio, non prova alcunché in loro favore né denota una disparità di trattamento.

XII.1 - Gli istanti si sono limitati a denunciare il suindicato dato, senza preoccuparsi di descrivere lo stato di tali immobili.

Infatti, nella medesima zona potrebbe comunque trattarsi di immobili degradati e che quindi potrebbero avere un valore inferiore a quello soglia, al di sotto del quale gli immobilinon sono mai di pregio, indicato nel D.M. del 31.7.2002 in 1.431,00 euro.

XIII - In via subordinata i ricorrenti hanno chiesto l’applicazione dell’abbattimento del 30% previsto dall’art. 1 della legge n. 104 del 2004, avendo tutti manifestato la volontà di acquistare entro il 31.10.2001.

XIII.1 - In proposito occorre rilevare che l’art. 1 del d.l. 23.2.2004, n. 41, convertito con legge 23.4.2004, n. 104, fa espresso rinvio all’art. 3, comma 20, del d.l. n. 351 del 2001, la cui applicazione è expressis verbis esclusa dal comma 13 del medesimo art. 3 con riferimento proprio agli immobili di pregio.

Ne deriva che la previsione di legge invocata non può trovare applicazione nei loro riguardi.

XIV - Neppure gli stessi possono fondatamente pretendere la riduzione del valore del 30%, per essere le unità immobiliari occupate, secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 109, lett. d), della legge n. 669 del 1996.

XIV.1 - Occorre, infatti, evidenziare al riguardo che tale sconto è previsto per il terzo acquirente, in ragione dell’occupazione dell’immobile da parte di altro soggetto e della mancata possibilità di utilizzarlo direttamente, mentre in questo caso “l’opzionario diventa proprietario di ciò che già detiene”, per cui “la situazione è quindi del tutto inassimilabile” (Cons. St., sez. VI, 23.7.2008, n. 3638).

XV - Infine è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 3 del d.l. n. 351 del 2001, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, prospettata sull’assunto di una disparità di trattamento rispetto ai conduttori degli immobili non di pregio.

Come già affermato nella sentenza n. 6803/2017 (sentenza 8.6.2017, n. 6803) di questa Sezione, “le cessioni degli immobili di proprietà degli enti pubblici costituiscono operazioni finanziarie finalizzate al reperimento di risorse, da destinare agli interessi della collettività, non anche forme di promozione del c.d. “diritto alla casa” di singoli individui, eventualmente già conduttori delle unità abitative da dismettere. Lo sconto del 30% sul prezzo di vendita, in caso di acquisto da parte dei conduttori delle unità abitative stesse (titolari di diritto di opzione), può dunque costituire incentivo per una più rapida e consensuale dismissione dei beni pubblici coinvolti, ma, allo stesso tempo, escludere tale sconto per i conduttori degli immobili di pregio, normalmente più appetibili e di più facile collocazione sul mercato, può rappresentare un’operazione finanziariamente valida ed ispirata al principio di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., per la realizzazione di proventi non inferiori a quelli di mercato. Analoghe considerazioni valgono evidentemente anche per l’ulteriore sconto del 15% del prezzo di vendita già scontato del 30% nel caso di acquisto con mandato collettivo, perché anche con riferimento a tale agevolazione è possibile sostenere che la mancata applicazione della stessa ai conduttori di immobili di pregio è dipesa dalla volontà del legislatore di realizzare proventi non inferiori a quelli di mercato, trattandosi di immobili più appetibili e di più facile collocazione sul mercato (TAR Lazio, sez. II, sentenza n. 11168 del 6.11.2014; Cons. St., sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4447; id., Sez. VI 9 febbraio 2011, n. 875)”.

XVI - In conclusione il ricorso è infondato e deve, perciò, essere respinto.

XVII - Le spese di giudizio seguono la soccombenza, ponendosi a carico della parte ricorrente, e vanno liquidate come in dispositivo.

 

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- lo respinge;

- condanna in solido i ricorrenti alla rifusione delle spese di giudizio, che liquida forfetariamente in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri di legge, in favore del resistente INPS.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2018, con l’intervento dei Magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere, Estensore

Floriana Venera Di Mauro, Primo Referendario

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Rita Tricarico Antonino Savo Amodio

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

 

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