Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Dismissione immobili in locazione - Cons.Stato, sez. VI, sent. n.6593 del 07.02.2014

Pubblico
Lunedì, 3 Novembre, 2014 - 01:00

 

Cons. Stato, in sede giurisdizionale, sez. sesta, sentenza n. 6593 del7 febbraio 2014, sulla dismissione immobili in locazione
 
 
N. 00590/2014REG.PROV.COLL.
 
N. 06593/2009 REG.RIC.
 
logo
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 6593 del 2009, proposto da: 
Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica - I.N.P.D.A.P., in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Fiorentino, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, via Cesare Beccaria, 29; 
contro
Borgogno Ruggiero, rappresentato e difeso dall’avvocato Beatrice Belli, con domicilio eletto presso presso lo studio dell’avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 
nei confronti di
Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Agenzia del territorio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, Sede di Bologna, Sezione I, n. 611/2009, resa tra le parti e concernente: vendita unità immobiliare concessa in locazione;
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato Fiorentino e l’avvocato dello Stato Tito Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia - Romagna accoglieva il ricorso n. 1487 del 2002, proposto da Borgogno Ruggiero – in qualità di conduttore dell’appartamento, di proprietà dell’I.N.P.D.A.P., ubicato in Bologna via del Borgo di San Pietro 92 (unità n. 12) ed oggetto di procedura di dismissione – avverso la nota direttoriale I.N.P.D.A.P. n. 2442 del 10 ottobre 2002, di comunicazione del prezzo di vendita della menzionata unità immobiliare, e gli atti presupposti, in particolare il decreto 31 luglio 2002 del Ministero dell’economia e delle finanze e le delibere del 3 ottobre 2001, 27 febbraio 2002, 17 aprile 2002 e 24 luglio 2002, con le quali l’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali aveva stabilito i criteri per la definizione degli immobili di pregio ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione ed opzione dei conduttori, nelle parti in cui includevano tra gli immobili di pregio l’unità immobiliare occupata dal ricorrente con conseguente mancata applicazione dello sconto del 30% sul prezzo di mercato, determinato nell’importo di euro 304.315,23.
L’adito Tribunale amministrativo regionale rilevava che:
- in mancanza di altre disposizioni, continuava a trovare applicazione la circolare ministeriale del 30 aprile 1997 (interpretativa/attuativa dell’art. 15, comma 2, d. lgs. n. 104 del 1996), che indicava quali immobili di pregio, oltre ad altri, quelli situati nel centro storico come definito ai sensi della l. 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), mentre la nuova disciplina di cui all’art. 3, comma 13, d.-l. 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, avrebbe, sotto tale profilo, sottratto ogni discrezionalità alla fonte secondaria, potendo quest’ultima individuare solo le eccezioni al criterio del centro storico, ossia ipotesi di immobili ubicati al suo interno ma, ciò nonostante, non classificati di pregio (id est: immobili previsti nei piani di recupero, ovvero degradati);
- in mancanza di qualunque precisazione sul significato del termine ‘centro storico’ nella disciplina del 2001, il criterio di individuazione non poteva che coincidere con il perimetro definito ai sensi della legge n. 392 del 1978, il solo significato compatibile con il quadro normativo di settore in quel momento vigente;
- poiché non era contestato che l’unità immobiliare occupata dal ricorrenti era esterno a tale perimetro, doveva ritenersi illegittima la sua inclusione tra gli immobili di pregio, effettuata in applicazione del parametro costituito dal perimetro della zona A individuata dal Piano regolatore comunale, in luogo di quello definito ai sensi della l. n. 392 del 1978.
3. Avverso tale sentenza interponeva appello l’I.N.P.D.A.P., contestando la ricostruzione normativa operata nell’impugnata sentenza e sostenendo, con richiamo ad una serie di precedenti di questo Consiglio di Stato, che l’art. 3, comma 13, d.-l. n. 351 del 2001, convertito dalla legge n. 410 del 2001, rinviava proprio alla normativa secondaria, su proposta dell'Agenzia del territorio, l’individuazione degli immobili di pregio indipendentemente dalla loro collocazione, ed anzi tenendo conto dell’eventuale stato di degrado per escluderne alcuni, pur se situati nei centri storici. Secondo l’assunto dell’Istituto appellante, tale normativa primaria non conteneva alcun riferimento alla l. n. 392 del 1978 e non consentiva di ritenere che trattavasi di materia già compiutamente disciplinata dal legislatore. Né, nel caso di specie, si versava in ipotesi di immobile in stato di degrado, in tesi escludente la sua qualificazione come immobile di pregio. L’Istituto appellante chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
4. Si costituivano in giudizio il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e l’Agenzia del territorio, proponendo appello incidentale, con cui deducevano l’erroneità dell’appellata sentenza sotto profili di censura sostanzialmente coincidenti con quelli dedotti dall’appellante principale, e chiedendo, in riforma dell’appellata sentenza, il rigetto del ricorso di primo grado.
5. Si costituiva, altresì, in giudizio l’originario ricorrente, contestando la fondatezza degli avversari appelli e chiedendone la reiezione, con vittoria di spese.
6. All’udienza pubblica del 12 novembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Premesso in rito che la soppressione, nelle more del giudizio d’appello, dell’I.N.P.D.A.P. e l’attribuzione delle relative funzioni all’I.N.P.S., che succede in tutti i rapporti passivi attivi e passivi dell’ente soppresso (v. art. 21 d.-l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214), non incide sul presente rapporto processuale, attesa la mancata dichiarazione dell’evento interruttivo da parte dei difensori costituiti, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 79, comma 2, Cod. proc. amm. e 300 Cod. proc. civ., si osserva nel merito che l’appello principale proposto dall’ I.N.P.D.A.P. e l’appello incidentale proposto dai Ministeri, incentrati su motivi sostanzialmente identici e da esaminare congiuntamente, sono fondati.
7.1. La questione dell’individuazione della nozione di centro storico – se quella derivante dalla prescrizioni urbanistiche o quella di cui alla l. n. 392 del 1978 –, è stata già affrontata da questa Sezione con considerazioni che il Collegio condivide e in relazione alle quali non sono state prospettate ragioni valide per discostarsene.
È, al riguardo, stato precisato (v., ex plurimis, Cons. Stato, VI, 7 aprile 2010, n. 1953, e gli altri precedenti ivi richiamati) che il concetto di centro storico, di cui all’art. 3, comma 13, d.-l. n. 351 del 2001, convertito dalla l. n. 420 del 2001 e ss. mm. ii. – che testualmente recita: «Con i decreti di cui al comma 1, su proposta dell'Agenzia del territorio, sono individuati gli immobili di pregio. Si considerano comunque di pregio gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli individuati nei decreti di cui al comma 1, su proposta dell'Agenzia del territorio, che si trovano in stato di degrado e per i quali sono necessari interventi di restauro e di risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia» –, deve ricavarsi in base alla perimetrazione del Piano regolatore generale, come peraltro desumibile dallo stesso testo di legge, laddove esso fa riferimento al potere individuativo dell’Osservatorio di concerto con l'Agenzia del territorio.
Infatti, nel decreto interministeriale del 31 luglio 2002, l’unico criterio desumibile è quello suindicato, con esclusione di ogni riferimento alle previsioni di cui alla l. n. 392 del 1978.
Lo stesso d.m. del 2002, che costituisce la disposizione amministrativa di riferimento, al punto 4 dell’allegato 1 indica come uno dei criteri per la classificazione degli immobili di pregio l’ubicazione nel centro storico individuato proprio in base alle perimetrazioni dei piani regolatori, con esclusione delle zone degradate soggette a piani di recupero ai sensi dell’art. 27 l. 5 agosto 1978, n. 457.
A ciò si aggiunge che, sebbene la disciplina previgente facesse riferimento alla l. n. 392 del 1978 per individuare il centro storico – peraltro, attribuendo pur sempre all’Osservatorio il compito di fornire indicazioni per l’individuazione degli immobili di pregio (v. art. 15, comma 2, d.lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, e circolare del 30 aprile 1997, pubblicata in G.U.R.I. 30 giugno 1997, n. 150) –, tale richiamo deve considerarsi superato dal d.-l. n. 351 del 2001, che ha attribuito sempre all’Osservatorio, di concerto con l’Agenzia del territorio, il compito di fornire indicazioni per l’individuazione degli immobili di pregio esclusi dalla riduzione del 30% del prezzo di vendita.
In seguito, l’art. 26, comma 5, d.-l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla l. n. 326 del 2003, ha introdotto nella disciplina delle dismissioni la previsione della esclusione dalla categoria degli immobili di pregio di quelli che si trovino in stato di degrado e per i quali sono necessari intervento di restauro e risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione, utilizzando termini propri della normativa urbanistica ed edilizia, certamente più aderente alle finalità della dismissione rispetto alla disciplina locatizia che rispondeva a tutt’altre finalità.
Deve pertanto considerarsi mutato il quadro normativo, con effetti anche sui rapporti ancora non esauriti, quale quello in esame.
Alla luce delle esposte considerazioni, s’impone la riforma dell’assorbente statuizione di accoglimento del Tribunale amministrativo regionale, basata su un’erronea ricostruzione del quadro normativo applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio e sulla conseguente erronea individuazione del parametro dell’ubicazione nel centro storico ai fini della qualificazione dell’immobile oggetto di dismissione come immobile di pregio.
7.2. Procedendo all’esame dei motivi di primo grado, dichiarati assorbiti in esito all’accoglimento del motivo relativo al parametro del centro storico, si osserva che, tra gli stessi, risulta espressamente riproposto, nella memoria del 10 ottobre 2013, il solo motivo relativo alla mancata considerazione della situazione di degrado dell’immobile in oggetto, escludente la sua natura di immobile di pregio (mentre manca ogni richiamo ai motivi assorbiti nella memoria di costituzione del 21 gennaio 2010).
7.2.1. Si precisa al riguardo, in via pregiudiziale di rito, che la fase introduttiva del presente giudizio d’appello si sottrae ratione temporis all’applicabilità del regime della riproposizione dei motivi assorbiti, entro il termine di decadenza stabilito dall’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. (v. art. 3 delle norme transitorie), sicché, secondo la giurisprudenza prevalente formatosi sulla disciplina previgente, la riproposizione poteva bensì avvenire mediante semplice memoria difensiva, non soggetta alle forme e ai termini dell’appello incidentale o ad altra forma di decadenza, ma l’assolvimento all’onere di riproposizione esigeva che la parte appellata indicasse specificamente le censure che intendeva fossero devolute alla cognizione del giudice di secondo grado, a pena di preclusione al riesame dei motivi non espressamente riproposti, ai sensi dell’art. 346 Cod. proc. civ. (v. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2007, n. 250; 22 dicembre 2007, n. 6604).
7.2.2. Orbene, l’unico motivo di primo grado (tra quelli dichiarati assorbiti), ritualmente riproposto dall’appellato nella memoria 10 ottobre 2013 e concernente l’omessa considerazione, negli impugnati provvedimenti, della situazione di degrado dell’immobile in questione, è destituito di fondamento.
Occorre premettere, in linea di diritto, che secondo consolidato orientamento di questa Sezione, da cui non v’è ragione di discostarsi, ai fini della qualificazione come immobili di pregio di immobili da dismettere secondo la procedura di cui al d.-l. n. 351 del 2001 (v., in particolare, il sopra citato comma 13 dell’art. 3), comportante l’inapplicabilità del beneficio dello sconto del 30% sul prezzo, la nozione di immobile degradato a cui non applicare detta qualifica deve essere interpretata relativisticamente, dovendosi far riferimento al complesso di beni cui essa si riferisce, e con riguardo allo stato di conservazione che è lecito attendersi, tenuto conto delle endemiche caratteristiche del bene da valutare. Ne consegue che la vetustà di un immobile, implicando giocoforza che il suo normale stato di conservazione possa determinare la necessità di procedere ad opere manutentive o di rifacimento, non per questo solo lo fa classificare come ‘degradato’, dovendosi desumere, in caso contrario, che la maggioranza dei beni insistenti nei centri storici italiani dovrebbero qualificarsi in tal modo, con la conseguenza che la disposizione di cui al citato art. 3, comma 13, verrebbe ad essere svuotata di ogni pratico significato (v. in tal senso, per tutte, Cons. Stato, VI, 10 settembre 2008, n. 4320).
In particolare, per escludere la caratteristica del pregio connesso alla collocazione in centro storico degli immobili da dismettere, è richiesta la compresenza di due elementi, costituiti dallo stato di degrado e dalla necessità di interventi di restauro, risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, con la conseguenza che non vale ad integrare il presupposto per la riduzione del prezzo la sola situazione di vetustà o anche di fatiscenza in cui può versare l'immobile, che, secondo l’id quod plerumque accidit, può richiedere più o meno urgenti interventi di adeguamento degli impianti, di rifacimento degli intonaci interni e delle facciate ecc., non riconducibili alla tipologia più radicale degli interventi edilizi suddetti e che non precludono una sicura e dignitosa abitazione (v. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, VI, 4 marzo 2013, n. 1261; 10 maggio 2010, n. 2808; 29 maggio 2008, n. 2553; con riferimento alla nozione di degrado come implicante una situazione oggettiva del bene che lo renda inidoneo all’originaria destinazione ad uso abitativo per condizioni di igiene, sicurezza e assetto strutturale, v. Cons. Stato, VI, 5 giugno 2006, n. 3340).
Applicando le enunciate coordinate normative e giurisprudenziale alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, sulla base di una valutazione globale ed onnicomprensiva della documentazione acquisita al giudizio, in particolare alla luce delle risultanze della stessa perizia di parte prodotta dall’originario ricorrente, deve escludersi la presenza di elementi che indichino la configurabilità del duplice presupposto del degrado e della necessità di interventi riconducibili alla tipologia di cui all’art. 3, lett. c) e d), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Infatti, le ivi emergenti condizioni dell’immobile appaiono riconducibili a fenomeni di normale usura immanenti alla vetustà dell’edificio (di ca. trent’anni, all’epoca di redazione della perizia), ed il rilevato stato di conservazione dell’immobile appare imporre semplici interventi edilizi riconducibili nelle categorie della manutenzione ordinaria e straordinaria (adeguamento impianti, opere manutentive senza alterazione di volumi, superfici o destinazioni d’uso).
Le risultanze peritali e documentali acquisite al giudizio consentono dunque di escludere, in modo certo ed univoco, la configurabilità di una situazione di degrado ai sensi della disciplina che qui viene in rilievo, con conseguente superfluità di disporre la consulenza tecnica d’ufficio richiesta dall’odierno appellato.
7.3. Per le esposte ragioni, in accoglimento degli appelli (principale e incidentale) ed in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere respinto.
8. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del doppio grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, vanno poste a carico dell’originario ricorrente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 6593 del 2009), accoglie sia l’appello principale che l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado; condanna l’appellato Borgogno Ruggiero a rifondere alle controparti le spese del doppio grado di giudizo, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 2.000,00 (duemila/00), da dividersi tra le parti vittoriose in ragione della metà per ciascuna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2013, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini,Presidente
Maurizio Meschino,Consigliere
Vito Carella,Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg,Consigliere
Bernhard Lageder,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
 

 

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.