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Fondi comuni di investimento immobiliare

Pubblico
Martedì, 12 Aprile, 2022 - 16:30

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Quinta), sentenza n. 3227 del 21 marzo 2022, su fondi comuni di investimento immobiliare

N. 03227/2022 REG.PROV.COLL.

N. 09852/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9852 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianfranco Passalacqua, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Vitelleschi n.26;

contro

- INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Fiorentino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

- INVIMIT SGR S.p.A. (Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Lirosi e Marco Martinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia dei suddetti difensori e con domicilio fisico eletto presso lo studio Gianni & Origoni, in Roma, Via delle Quattro Fontane, n.20;
- ROMEO GESTIONI S.p.A., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della Determinazione INPS n. 59 del 23 maggio 2018, avente ad oggetto “Fondo comune di investimento immobiliare chiuso i3- INPS istituito da INVIMIT SGR Spa ai sensi dell’art. 33, comma 8-ter, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 convertito dalla L. 15 luglio 2011, n. 111 – Sottoscrizione delle quote emesse con apporto di immobili – III apporto”.

- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale ancorché non conosciuto, per quanto di interesse della ricorrente;

Nonché per l’accertamento

- della illegittimità del mancato esercizio da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze dei poteri di vigilanza relativi alle operazioni di dismissione del patrimonio pubblico;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; del Ministero dell'Economia e delle Finanze; di Invimit Sgr S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2022 il dott. Sebastiano Zafarana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. L’odierno gravame risulta proposto dal conduttore di un immobile di pregio, posto nella titolarità dell’INPS, poi confluito nella S.C.I.P. S.p.A., e, successivamente, riacquisito al patrimonio INPS e conferito al Fondo Comune di Investimento immobiliare chiuso i3-INPS, istituito da INVIMIT S.G.R. S.p.A. (società a partecipazione pubblica costituita con d.m. del MEF del 19 marzo 2013, ai sensi dell’art. 33 del d.l. n. 98/2011).

Sulla scorta dell’art. 38, c. 2, del d.l. n. 50 del 24/4/2017, convertito con modificazioni dalla l. n. 96 del 21/6/2017, Invimit S.G.R. S.p.A. ha proceduto alla definitiva istituzione del Fondo Comune di Investimento Immobiliare di tipo chiuso, già denominato i3-Inps, in cui è confluito l’immobile oggetto di gravame.

La ricorrente impugna, infatti, la determinazione Inps n. 59 del 23 maggio 2018, concernente l’apporto dell’immobile condotto in locazione al suddetto Fondo comune di investimento immobiliare chiuso, in funzione dell’asserita portata lesiva del proprio diritto di prelazione al relativo acquisto.

Per l’effetto, articola un unico motivo di ricorso sotto distinti profili: Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 8 co. 2 della l. n. 135/2012. Violazione e/o falsa applicazione del d.l. n. 351/2001, conv. con modificazioni dalla l. n. 410/2001 e ss. mm.; violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6 d.lgs. 104/1996. Violazione e/o falsa applicazione dei regolamenti e provvedimenti di attuazione della l. n. 410/2001, con particolare riferimento alla Direttiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10 febbraio 2011. Violazione e/o falsa applicazione della l. n. 241/1990 e dei principi ivi previsti in materia di trasparenza e partecipazione al procedimento amministrativo. Eccesso di potere, disparità di trattamento, sviamento, carenza di motivazione.

La ricorrente deduce, in estrema sintesi:

a) l’illegittimità del conferimento, id est della procedura di dismissione, perché a suo avviso gli obiettivi di razionalizzazione della gestione del patrimonio immobiliare potevano essere egualmente perseguiti mediante la vendita diretta ai conduttori, e la carente motivazione per tale opzione;

b) la omessa comunicazione di avvio del procedimento di conferimento al fondo all’interessato;

c) l’elusione del diritto di prelazione e comunque la sua potenziale esclusione in funzione dell’assetto privatistico dei fondi d’investimento immobiliare.

1.2. Si è costituito in giudizio l’Inps depositando memoria con la quale - dopo aver operato la ricostruzione del quadro normativo e regolamentare di riferimento - deduce l’infondatezza del ricorso e richiama la sentenza civile del Tribunale di Roma n. 22967/2018 (cui è estranea parte ricorrente ma pertinente alla vicenda qui in esame) nella parte in cui disconosce l’esistenza del diritto di prelazione e/o opzione per effetto della pretesa avanzata dall’istante, in sede civile, avente ad oggetto il trasferimento in proprietà dell’immobile locato, ai sensi dell’invocato art. 2932 del c.c..

1.3. La società Invimit S.G.R. S.p.A., costituitasi in giudizio, eccepisce nell’ordine:

a) il difetto di giurisdizione in relazione al petitum sostanziale, id est la tutela del diritto di prelazione, invocato in giudizio;

b) l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse sull’assunto che il conferimento dell’immobile al fondo immobiliare non escluderebbe affatto l’esercizio del diritto di prelazione, come, peraltro, già chiarito dall’INPS con nota inviata al ricorrente;

c) l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse in relazione alla persistente morosità nel pagamento dei canoni locativi, costituendo la regolarità del pagamento del canone condizione essenziale per l’esercizio del diritto di prelazione;

d) l’infondatezza del ricorso nel merito.

1.4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, costituitosi a sua volta in giudizio, ha depositato memoria con la quale ha eccepito:

a) l’inammissibilità del gravame per l’assoluta genericità delle censure proposte avverso gli atti di pertinenza del Ministero;

b) l’infondatezza nel merito.

1.5. A tali eccezioni ha controdedotto il ricorrente con memoria di replica.

1.6. All’udienza pubblica del giorno 11.02.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Preliminarmente deve essere esaminata la proposta eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo proposta da Invimit, il quale argomenta che la pretesa sostanziale azionata in giudizio da parte ricorrente avrebbe consistenza di diritto soggettivo spettando conseguentemente al G.O. la cognizione delle controversie relative all’esercizio del vantato diritto di opzione/prelazione, ivi compreso il disconoscimento, da parte del proprietario (Inps), della sua sussistenza in concreto.

2.1. L’eccezione è infondata.

Al riguardo, deve rammentarsi la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo la quale la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex plurimis, Cass. civ., SS.UU., 15 settembre 2017, n. 21522; id., 25 febbraio 2016, n. 3732; id., 9 febbraio 2015, n. 2360).

Ciò posto, con riferimento a fattispecie analoghe a quella qui in esame, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che la giurisdizione del giudice amministrativo si radica in relazione alla fase pubblicistica della dismissione, la quale attiene al momento della scelta in ordine all’utilizzo dello strumento del fondo e al procedimento di individuazione del gestore del fondo stesso, mentre gli atti compiuti successivamente dal gestore incaricato rientrano nell’ambito del diritto privato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1486)

Nel caso sottoposto all’esame del Collegio è impugnata la determinazione INPS n. 59 del 23 maggio 2018, concernente l’apporto dell’immobile condotto in locazione al sopra citato Fondo comune di investimento immobiliare chiuso, in quanto asseritamente lesiva del diritto di prelazione vantato dal conduttore ricorrente al relativo acquisto.

Si tratta, a ben vedere, di doglianze che concernono atti che sono funzionali alle attività di dismissione del bene immobile (ossia la scelta dello strumento del fondo e la correlata individuazione del gestore del fondo stesso) e che soltanto indirettamente impingono sulla pretesa violazione del diritto di prelazione asseritamente vantato dal ricorrente.

Per quanto precede deve pertanto affermarsi la giurisdizione di questo giudice a conoscere della causa, con conseguente infondatezza della proposta eccezione.

3. Sempre in via preliminare va delibata l’ulteriore eccezione proposta da Invimit la quale, in via gradata deduce l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, stante la mancata lesione delle prerogative d’acquisto dell’immobile reclamate dal ricorrente.

Ciò risulterebbe financo dalla nota prot. 11618 del 20/7/2018, con la quale l’Inps aveva già chiarito al ricorrente che non vi è alcuna lesione degli asseriti diritti riservati ai conduttori per i quali, ai sensi dell’art. 3, c. 20-bis, del D.L. 351/01, potranno trovare applicazione, “in caso di successiva vendita delle unità immobiliari”, le previsioni di cui ai precedenti commi da 3 a 20 del medesimo art. 3, al ricorrere, ovviamente, delle prescritte condizioni.

In definitiva – conclude Invimit, le prerogative d’acquisto reclamate dal ricorrente potranno essere esercitate, al ricorrere delle prescritte condizioni (come la regolarità nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori ai sensi del c. 6 dell’art. 3 del D.L. 351/01), quando il Fondo manifesterà la volontà di alienare l’Immobile mediante apposita proposta di vendita completa di tutti gli elementi essenziali del regolamento contrattuale, tra cui il prezzo.

3.1 Tale eccezione è fondata per le ragioni di seguito esposte.

3.1.1. Appare opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento in materia di dismissione degli immobili di proprietà degli enti previdenziali pubblici che trova fondamento nella legge finanziaria 8 agosto 1995 n. 335.

In attuazione della stessa è stato emanato il successivo d.lgs. n. 104/1996, il quale ha definito i programmi di dismissione, sia relativamente alle procedure di vendita che al diritto di prelazione e di opzione da parte dei conduttori, distinguendo l'uso (residenziale o diverso).

Il complesso degli immobili è stato, quindi, articolato in un piano ordinario di cessione che comprende le unità immobiliari ad uso abitativo o con contratti di locazione ad uso abitativo, ed in uno straordinario che è stato affidato dal d.l. 28 marzo 1997 n. 79 (convertito nella legge 28 maggio 1997 n. 140), direttamente al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con quello del Tesoro.

Di seguito, sono intervenute la legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 3, comma 109, il d.l. 28 marzo 1997 n. 79, convertito con legge 28 maggio 1997 n. 140, e la legge 23 dicembre 1999 n. 488, art. 2, tese a velocizzare le procedure di vendita, con l'introduzione della possibilità della vendita singola, di cessione degli immobili in blocchi a favore di organismi collettivi, sempre preservando il diritto di prelazione a favore dei conduttori.

Tale normativa è stata modificata dal d.l. 24 settembre 2001 n. 351 (convertito nella legge 23 novembre 2001 n. 410), con il quale il legislatore ha avviato la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti pubblici, da realizzarsi in più fasi mediante l'emissione di titoli e l'assunzione di finanziamenti.

Ai sensi dell'art. 1 della predetta legge, gli immobili appartenenti agli enti previdenziali vengono individuati con decreti dirigenziali dell'Agenzia del Demanio e, quindi, trasferiti, con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad una società veicolo.

È stata, perciò, costituita la Società di Cartolarizzazione Immobili Pubblici (SCIP) s.r.l., e sono anche stati emessi i decreti di trasferimento di una parte degli immobili alla predetta società di cartolarizzazione, che, ai sensi del terzo comma dell'art. 1 della legge 23.11.2001 n. 410, hanno "effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni [..]".

Successivamente, il complesso immobiliare, tra cui rientra anche l’immobile oggetto del presente giudizio, è stato riacquisito al patrimonio Inps e conferito al Fondo Comune di Investimento immobiliare chiuso i3-INPS, istituito da Invimit S.G.R. S.p.A. (società a partecipazione pubblica costituita con d.m. del MEF del 19 marzo 2013, ai sensi dell’art. 33 del d.l. n. 98/2011, convertito nella l. n. 111 del 2011).

In tale contesto normativo è stata introdotta una particolare disciplina per gli immobili collocati nella categoria cd. "di pregio".

Per individuare tale categoria è, però, necessario risalire ai criteri contenuti nel comma 109 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 che, alla lettera f bis (introdotta con l'art. 2 comma 2 della legge n. 488/1999) ha stabilito che "gli alloggi in edifici di pregio sono definiti con circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Si considerano comunque di pregio gli immobili che sorgono in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 70% rispetto al valore di mercato medio rilevato nell'intero territorio comunale...".

Sulla base di tale norma è intervenuta una prima circolare, del 27 gennaio 2000, del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale che esplicitava detti criteri riferendosi ai parametri già individuati con precedente circolare del 30 aprile 1997 (pubblicata sulla GU del 30.6.1997 n. 150), quindi una seconda, in data 7 agosto 2000, con la quale è stato evidenziato che il criterio dettato dal comma 2 dell'art. 2 della legge 488/99 doveva comunque considerarsi assorbente rispetto agli altri già enucleati nella precedente circolare del 27 gennaio 2000, e quindi ricomprendere anche i centri storici.

L'art. 3 del d.l. 25 settembre 2001 n. 351 (convertito nella legge 23 novembre n. 410), stabilisce espressamente:

- al comma 8 che "il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, escluse quelle di pregio ai sensi del comma 13, offerte in opzione ai conduttori che acquistano in forma individuale è pari al prezzo di mercato delle stesse unità immobiliari libere diminuito del 30%. Per i medesimi immobili è altresì confermato l'ulteriore abbattimento di prezzo, secondo i coefficienti in vigore, in favore esclusivamente dei conduttori che acquistano a mezzo di mandato collettivo unità immobiliari ad uso residenziale che rappresentano almeno l'80% delle unità residenziali complessive dell'immobile, al netto di quelle libere”.

- al comma 13 che "con i decreti di cui al comma 1, su proposta dell'Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, di concerto con l'Agenzia del Territorio, sono individuati gli immobili di pregio. Si considerano comunque di pregio gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli individuati nei decreti di cui al comma 1, su proposta dell'Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, di concerto con l'Agenzia del Territorio".

Con decreto del 31 luglio 2002 il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha recepito i criteri delle delibere assunte dall'Osservatorio di concerto con l'Agenzia del Territorio in data 17 aprile 2002 e 24 luglio 2002, e, con vari decreti, ha, quindi, individuato diversi immobili da considerare di pregio in quanto rientranti nei requisiti previsti nella predetta delibera.

3.1.2. Così ricostruito il quadro normativo che regola anche la fattispecie in esame può in sintesi rilevarsi, in linea con quanto affermato dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 2778 del 4 giugno 2015) che:

a) nella materia in esame l'autonomia negoziale dell'Ente non è piena, in quanto limitata dalla legge n.335/1995, articolo 3, comma 27, che impone agli enti previdenziali di procedere alla dismissione del patrimonio immobiliare non adibito ad usi strumentali "entro cinque anni dall'emanazione delle norme delegate" (emanate, in effetti, con il decreto legislativo n. 104/1996), utilizzando criteri e modalità che sono imposte anch'esse dalla fonte primaria; il che si traduce nell'obbligo funzionale, persistente in capo all'INPS di portare a compimento tutte le procedure di cessione immobiliare avviate, in funzione della tutela dell'interesse pubblico finanziario (perseguito dalla legislazione in materia) alla conveniente liquidazione di una parte del patrimonio immobiliare dell'ente, al fine di portare congrue entrate e liquidità nelle sue casse ed evitare, per quanto possibile, fenomeni di degrado manutentivo e di svalutazione dei cespiti di proprietà a causa del trascorrere degli anni;

b) a prescindere dal carattere cogente ovvero ordinatorio di tale termine, la legge obbliga comunque l’Inps alla dismissione del cespite, sicché l'interesse del privato coinvolto nel programma di dismissione immobiliare avviato dall'Ente non sembra configurarsi come mero interesse "di fatto", trattandosi, invece, di un'aspettativa giuridicamente tutelata (interesse legittimo pretensivo) "a che l'appartamento sia posto in vendita e così divenga esercitabile il diritto di prelazione"; sicché deve riconoscersi in capo ai conduttori degli immobili inseriti in un programma di dismissioni un interesse legittimo alla corretta gestione delle procedure di cessione (sotto i profili della tempistica, della corretta valutazione di stima, della corretta informazione nei loro confronti ecc.) che debbono condurre alla determinazione di un’offerta di compravendita.

3.1.3. Nel caso di specie, però, le censure proposte dal ricorrente non sono volte a contestare il valore di stima dell’immobile, ovvero a sollecitare il rispetto della tempistica di dismissione del cespite condotto in locazione (al fine, dunque, di rendere concretamente esercitabile il “diritto di prelazione”) quanto, invece, a porre in discussione la scelta stessa dello strumento del fondo quale presunto limite all’esercizio del diritto di prelazione.

Tale limite è però insussistente dovendosi al riguardo rilevare che ai sensi dell’art. 3, c. 20-bis, del D.L. 351/01, continuano ad applicarsi agli immobili del patrimonio abitativo dell’INPS oggetto di conferimenti o trasferimenti a uno o più fondi comuni di investimento immobiliare di cui al decreto del MEF del 5/2/2014 commi da 3 a 20 del medesimo articolo, ivi incluso l’eventuale diritto di opzione/prelazione riservato ai conduttori in caso di successiva vendita delle unità immobiliari.

Inoltre, ai sensi del c. 17 del medesimo art. 3, è previsto che “Il diritto di prelazione, eventualmente spettante a terzi sui beni immobili trasferiti ai sensi del comma 1, non si applica al trasferimento ivi previsto e può essere esercitato all'atto della successiva rivendita dei beni da parte delle società”.

Peraltro tali previsioni normative sono state riportate anche nell’Atto di Apporto (punti 20 e 21 delle premesse).

3.1.4. In tal senso risultano condivisibili i rilievi svolti nella sentenza del Tribunale Civile di Roma n. 22967 del 2018, che nel respingere la domanda proposta in quella sede ha osservato che:

- l'insorgenza in capo all'ente pubblico dell'obbligo di vendere l'immobile non scaturisce dal semplice fatto della sua appartenenza all'ente stesso al momento dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 1996; - a tale fine, devono, infatti, ricorrere due presupposti:

1) l'immobile deve essere stato specificamente inserito nel piano di dismissione;

2) l'appartamento deve essere stato specificamente offerto in vendita al conduttore;

- nel caso in esame non risulta avverata la seconda condizione in quanto non risulta in atti alcuna manifestazione di volontà dell'Istituto resistente di alienare l'immobile.

3.1.4. In definitiva il ricorrente può riconoscersi titolare di un diritto soggettivo di prelazione concretamente esercitabile ed azionabile soltanto se, e soltanto quando, l'ente proprietario gli avrà offerto in vendita l'appartamento, stabilendone il prezzo e le altre condizioni.

Ne consegue che il ricorso è inammissibile per difetto di interesse, posto che in estrema sintesi parte ricorrente si duole del fatto che “La scelta operata da INPS risulta illegittima, irragionevole e del tutto priva di giustificazione, posto che gli obiettivi per la valorizzazione e dismissione del patrimonio, possono essere perseguiti mediante la – più efficiente ed efficace – vendita diretta dell'immobile in questione alla parte conduttrice”; la lamentata condotta tenuta dall'Amministrazione, in altre parole, è immune da censure, non risultando in alcun modo pregiudicato il diritto di prelazione riconosciuto dalla legge al conduttore, il cui contenuto certamente non gli attribuisce alcun il sindacato sulla scelta del soggetto con il quale contrattare.

Del resto, successivamente all’instaurazione del presente giudizio, nel riscontrare le istanze del ricorrente, anche Invimit non ha mancato di rilevare che le prerogative da egli reclamate potranno trovare applicazione al ricorrere delle prescritte condizioni (come la regolarità nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori ai sensi del c. 6 dell’art. 3 del D.L. 351/01), qualora il Fondo dovesse manifestare la volontà di alienare l’immobile mediante apposita proposta di vendita completa di tutti gli elementi essenziali del regolamento contrattuale, tra cui il prezzo.

3.1.5. Resta ovviamente fermo e impregiudicato l'obbligo dell'Ente previdenziale di portare a termine i programmi di dismissione immobiliare avviati ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 104 del 1996, ivi compreso, ovviamente, quello afferente l'immobile condotto dall'odierno ricorrente, programmi che, in linea di principio, dovevano concludersi entro l'anno 2001 (cfr. legge n. 335/1995, articolo 3, comma 27), senza però che esso possa configurarsi come obbligazione privatistica nei confronti dell'odierno ricorrente o di ogni altro soggetto già conduttore degli immobili da dismettere, sebbene di obbligo funzionale al soddisfacimento del pubblico interesse a portare a termine i programmi di cessione nel rispetto dei vincoli legali vigenti in materia ed entro un tempo congruo, tenuto conto che nessuno degli interventi normativi successivi, pur avutisi in materia (si veda in particolare il d.l. n. 351 del 2001 in materia di cartolarizzazione) ha mai modificato od abrogato tale obbligo.

3.1.6. Conclusivamente, assorbita ogni altra eccezione in rito, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

4. Nondimeno, e per completezza si osserva che il ricorso risulta infondato nel merito.

Infatti – sulla base del sopra ricostruito quadro normativo di riferimento – l’operazione di conferimento costituisce pedissequa applicazione della normativa regolante la materia. L’apporto dell’Immobile al Fondo istituito e gestito da Invimit, è infatti avvenuto in applicazione dell’art. 8, c.

2, lett. c, del D.L. 95/12 (come modificato dall’art. 38 c. 2 del D.L. 50/17) ed in attuazione del Piano (non impugnato).

Già con l’inserimento (tramite l’art. 20, c. 4, c-bis, del D.L. n. 133/2014) del c. 20-bis all’interno dell’art. 3 del D.L. 351/01 è stato previsto che gli immobili del patrimonio abitativo dell’Inps fossero “oggetto di conferimenti o trasferimenti a uno o più fondi comuni di investimento immobiliare” di cui al Decreto del MEF del 5/2/2014, cioè a fondi costituiti tramite Invimit.

Ancora più incisiva è stata la successiva modifica normativa introdotta in relazione all’art. 8, c. 2,

lett. c), del D.L. 95/12 con cui è stato testualmente prescritto all’INPS di ricorrere, per la dismissione del proprio patrimonio immobiliare da reddito, al conferimento di parte dello stesso “a fondi di investimento immobiliare costituiti dalla società di gestione del risparmio di cui all'articolo 33 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98”, vale a dire proprio ai fondi di Invimit.

È pacifico, quindi, che il conferimento ai fondi istituiti da Invimit rappresenti una modalità di dismissione del patrimonio dell’Inps prevista ex lege.

Ne consegue che nessun particolare onere motivazionale incombeva sull’Inps se non il richiamo alla normativa di settore, ed inoltre che in tale fase, non può essere riconosciuto alcun apporto partecipativo al privato, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, atteso che il decreto legge n. 351/2001 si limita a stabilire che i conduttori devono essere preferiti, mediante il riconoscimento dei diritti di opzione e di prelazione, solo allorché siano stabilite le condizioni di vendita, circostanza che nel caso di specie non risulta ancora essersi verificata.

5. La particolare complessità della vicenda e la novità di alcune delle questioni trattate giustificano la compensazione integrale delle spese di causa tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Leonardo Spagnoletti, Presidente

Sebastiano Zafarana, Consigliere, Estensore

Ida Tascone, Referendario

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Sebastiano Zafarana

Leonardo Spagnoletti

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

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