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Sul piano delle alienazioni immobiliari

Privato
Martedì, 17 Ottobre, 2023 - 08:30

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (Sezione Seconda), sentenza n.532 del 17 luglio 2023, sul piano delle alienazioni immobiliari

N. 00532/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00492/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 492 del 2022, proposto da
Monte Cresia Società Cooperativa Edilizia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Silvana Congiu, Gabriele Melis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sant'Antioco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Irene Madeddu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Dirigente dell'Ufficio Patrimonio e Demanio del Comune di Sant'Antioco, non costituito in giudizio;

nei confronti

Mele Giovanni Maria, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della Deliberazione del Consiglio Comunale di Sant'Antioco n.27 del 9.5.2022, avente ad oggetto “intervento ex art.51 della L.865/1971 di viale Trento, via Bologna, 5° biennio L.457/78 – ex Coop. Monte Cresia srl, convenzione rep.n.2045/1989 – riordino patrimoniale ex art.58 L.133/2008 – consolidamento diritto di superficie e trasformazione di proprietà – definizione parametri”;

oltre ogni altro atto inerente, presupposto e conseguente, ivi compresa la D.D. dell'Ufficio Patrimonio e Demanio- n.912 del 3.5.2022, con “proposta di deliberazione per il Consiglio Comunale”;

nonché contestuale domanda di rilascio e risarcitoria, in sede di giurisdizione esclusiva.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sant'Antioco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2023 il dott. Gabriele Serra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La Cooperativa Monte Cresia ha esposto di essere proprietaria dell'area posta in Comune di Sant’Antioco, distinta in Catasto al F.16, mappale 73, F.13 con i seguenti mappali: 228-229-65-222, di complessivi mq 25.700 circa, con accesso dalla via Bologna, classificata dallo strumento urbanistico vigente a zona “C4” – espansione residenziale.

Tale area veniva individuata dal Comune di Sant’Antioco, ai sensi dell’art. 51 della L.865/1971 e dell’art. 3 della L. 457/1978, per un intervento costruttivo PEEP di cui alla L. 457/1978 -denominato V Biennio- con Deliberazione del C.C. n. 1 del 10.2.1989, per una superficie di mq 10.600 lungo il proseguimento di viale Trento.

Il progetto PEEP veniva approvato definitivamente e reso esecutivo (con conseguente dichiarazione di pubblica utilità) con Deliberazione C.C. n.58 del 20.3.1990 e la sua realizzazione veniva affidata alla Cooperativa ricorrente.

Veniva quindi adottato il Decreto sindacale n.383 del 9.6.1989, notificato alla Cooperativa (quale proprietaria) in data 18.5.1989 unitamente all’avviso di immissione in possesso, eseguito in data 9.6.1989 come da relativo “verbale” redatto in pari data e, a seguire, il Comune procedeva ad assegnare alla Cooperativa il “diritto di superficie”, destinato poi agli assegnatari degli alloggi (convenzione rogito Segretario Comunale stipulata in data 26.4.1989 rep. 2045/1989, rettificata (per un errore di mappale) con atto rogito Notaio Maurizio Anni in data 20.7.1989 rep. 41815) e a rilasciare la concessione edilizia n. 69/1989, per la realizzazione di n.37 alloggi come da progetto esecutivo, che venivano integralmente realizzati come da attestazione di fine lavori del 30.6.1991.

2. Tuttavia, la ricorrente ha esposto che, nonostante la Cooperativa abbia realizzato l’intervento costruttivo PEEP, con conseguente successiva assegnazione di tutti gli alloggi, il Comune, per sua parte, non ha adempiuto al relativo onere di concludere (con la cessione volontaria o con il relativo decreto) il procedimento di esproprio dell’area, che è dunque rimasta in titolarità della ricorrente, pur essendo illecitamente occupata.

A fronte di numerose interlocuzioni tra le parti per concludere la vicenda, in data 20.5.2022 è stata notificata al Dott. Riccardo Diana, che aveva già dismesso la carica di legale rappresentante della Cooperativa, presso la sua residenza, la Deliberazione del C.C. n. 27 del 9.5.2022, di approvazione della proposta del Dirigente dell’Ufficio Patrimonio e Demanio con D.D. n. 912 del 3.5.2022, recante il “riordino patrimoniale ex art.58 L.133/2008 -consolidamento diritto di superficie e trasformazione in proprietà – definizione parametri”, ritenendo che “le aree oggetto di proposta di intervento furono acquisite dalla Coop. Monte Cresia successivamente alle comunicazioni RAS di ammissione a finanziamento e prima dell’ultima istanza al Comune del 09.12.1988 e, per la precisione, con atto in data 13.10.1988, rep.n. 39357, racc.n. 14058, a rogito Dott. Maurizio Anni (…) La superficie acquisita con tale atto era di circa m2 25.700 classificata da Programma di Fabbricazione parte in Zona “C4” e parte in Zona “E2”".

3. Avverso tale atto la ricorrente ha proposto i seguenti motivi in diritto:

- I In primo luogo, rileva come non risponda al vero che con rogito del Notaio Anni la Cooperativa ha trasferito la proprietà di tutta l’area pari a 26.700 mq, ma solo di mq. 10.600, così come non risponde al vero che parte dell’area oggetto del diritto di superficie fosse destinata a zona E2 agricola: oggetto di tale convenzione è il solo diritto di superficie su 10.600 mq, e non l’intera proprietà.

Ancora non risponde al vero che il trasferimento di tale proprietà “fu formalizzata con la stipulazione della convenzione ex art. 36 della L.865/191…” con il rogito del Segretario Comunale, in quanto in realtà la Cooperativa assumeva, da una parte, il ruolo di proprietario destinatario della procedura espropriativa, con tutte le conseguenze di legge, e dall’altro quello di concessionaria del Comune per l’attuazione dell’intervento pubblico; perciò, una volta realizzato l’intervento ed assegnati tutti gli alloggi, in capo al concessionario non resta alcuna proprietà, neppure pro quota del diritto di superficie, così come non resta neppure la proprietà delle opere di urbanizzazione, sia primaria che secondaria, realizzate per conto del Comune e destinate a rimanere in capo alla proprietà del Comune, sempre che la procedura espropriativa nei confronti del proprietario dell’area sia definita legalmente.

- II Illogicità manifesta ed errata interpretazione ed applicazione della normativa di riferimento (L.865/1971 e L.267/2000).

La Delibera impugnata si basa, nella sostanza, sull'assunto per cui non sussiste necessità di esproprio allorquando l’assegnatario del bene è lo stesso soggetto del titolare del diritto di proprietà.

Tale tesi è erronea perché in capo alla Cooperativa, in virtù della convenzione, è sorto l’obbligo di anticipare (per conto dei futuri assegnatari) al Comune il costo del diritto di superficie determinato in via provvisoria, rapportato alla potenzialità edificatoria (per standard di volumetria) dell’area di che sarebbe diventata di sua proprietà mediante lo strumento pubblicistico di esproprio; tutti i rapporti obbligatori scaturenti dalla convenzione in capo alla Cooperativa si debbono intendere trasferiti, per intero, ab origine, agli assegnatari degli alloggi; l’obbligazione in capo alla Cooperativa è solo quella di realizzare l’intervento pubblico e gestire le assegnazioni nel rispetto della normativa pubblicista e vincolistica degli interventi PEEP, facendosene parte garante con la assunzione dei relativi costi.

Pertanto, in difetto della definizione della procedura espropriativa in capo alla Cooperativa ricorrente il Comune non può aver acquistato, a proprio favore, alcuna proprietà contro la Cooperativa ricorrente, neppure il diritto di superficie.

Né la sentenza della Corte Costituzionale n. 135/1998, richiamata nel provvedimento, afferma che l’Amministrazione “acquisisce” in proprietà l’area impegnata dall’opera pubblica in virtù della convenzione, con cui costituisce il diritto di superficie, bensì proprio “il potere-dovere di acquisire le aree, mediante la procedura coattiva, ad un prezzo equo e in modo contestuale, così da permettere l’attuazione organica e programmata del piano, senza ritardi e discrasie”.

- III Errata interpretazione ed applicazione dell’art. 58 della L.133/2008, ove si afferma che “sia necessario procedere con la formale acquisizione delle aree al patrimonio comunale”.

L'art. 58 consente di consolidare solo una proprietà già acquisita in capo all’Amministrazione, e soltanto se non vi è la precedente trascrizione: nel caso di specie vi è la precedente trascrizione della Cooperativa, difettando la successiva costitutiva acquisizione della proprietà in capo al Comune.

Inoltre l’art.58 non ha natura “costitutiva” del diritto di proprietà, atta a determinarne il trasferimento in suo capo, bensì “dichiarativa”.

Sotto altro profilo non può comunque utilizzarsi l’istituto dell’art.58, in quanto rivolto all’inserimento di immobili nel piano di cui al comma 1 del medesimo articolo “con la conseguente classificazione come patrimonio disponibile”, mentre gli immobili destinati ad interventi PEEP, ai sensi dell’art.35 della L.865/1971, vanno a far parte del patrimonio indisponibile.

- IV Su tali basi, la ricorrente, ritenendo perciò di essere ancora proprietaria dell'area e che la stessa risulti illecitamente occupata dalla p.a., domanda la cessazione dell'illecita occupazione, anche mediante restituzione dell'area previa rimessione in pristino, oltre al risarcimento del danno per l'illecita occupazione, fino al rilascio.

4. Resiste in giudizio il Comune di Sant'Antioco, che ha richiesto il rigetto del ricorso siccome infondato, rilevando che:

- il Comune di Sant’Antioco mai ha sostenuto nell’atto impugnato che l’area interessata dall’intervento edilizio, ed inserita nell’elenco di cui all’art. 58 d.l. 132/2008, sia di 27.000 mq o 25.700 mq, bensì l’area interessata dal provvedimento è solo la superficie prevista in convenzione, pari a 10.600 mq e quella ulteriore, pari a circa 2.000 mq, accorpati in sede di concessione in sanatoria, per un totale di 13.119 mq, né il provvedimento afferma che l'area concessa in superficie fosse destinata a zona agricola E2. La ricorrente ha infatti confuso i richiami fatti nel provvedimento al titolo di acquisto della proprietà da parte della stessa ricorrente, rispetto all'atto notarile, a firma dello stesso Notaio rogante, di concessione del diritto di superficie (rectius: di rettifica della convenzione del Segretario comunale);

- non corrisponde al vero che la Cooperativa fosse obbligata a trasferire ai futuri assegnatari ossia ai soci della Cooperativa il diritto superficiario di cui la stessa era titolare (per cui sarebbe un mero intermediario), ben potendo, per esempio concedere gli immobili in locazione a prezzo calmierato, oppure rimanere titolare del diritto di superficie e concedere i beni in uso e godimento ai propri soci, così come di fatto ha fatto sino a quando non ha ottenuto dalla Regione l’autorizzazione alla vendita del proprio diritto di superficie in favore dei soci della Cooperativa stessa il 31.08.2005;

- dall'art. 35 L. n. 865/1971 emerge chiaramente il ben definito ruolo degli Enti attuatori, i quali, lungi dall’essere una longa manus della Amministrazione, sono i diretti destinatari del diritto di superficie, aventi l’obbligo di realizzare gli alloggi secondo le caratteristiche indicate nel provvedimento di ammissione a finanziamento e riportate nella convenzione ex art. 35 L. 865/71, senza che su di essi incomba obbligo alcuno di trasferirlo a terzi soggetti;

- la Cooperativa si è contrattualmente obbligata a versare al Comune, a titolo di corrispettivo per la concessione del diritto di superficie l’importo calcolato provvisoriamente, non già per la temporaneità della titolarità del diritto di superficie, ma per la provvisorietà del calcolo del corrispettivo, per cui non è vero che in capo alla Cooperativa non sussiste più alcuna obbligazione, posto che la stessa ha ceduto la proprietà degli alloggi a terzi, bensì essa si è contrattualmente e personalmente obbligata nei confronti della Amministrazione al pagamento dell’importo provvisorio di £ 148.400.000, al pagamento degli oneri di urbanizzazione, nonché all’equivalente monetario delle opere di urbanizzazione primaria, posto che non le ha mai realizzate;

- l’Amministrazione non ha sostenuto di aver acquisito la proprietà “sostanziale” delle aree sulle quali è stato realizzato l’intervento edilizio, in virtù della convenzione con la quale è stato concesso il diritto di superficie sulla base della sentenza Corte Cost. n. 135/1998, bensì che da tale sentenza emerge l'ammissibilità di moduli semplificati per l’acquisizione delle aree, ogni volta in cui vi sia coincidenza tra proprietario delle stesse e assegnatario del diritto di superficie;

- nel caso di specie, l’Amministrazione ha adempiuto al proprio obbligo concedendo alla Cooperativa Monte Cresia il diritto di superficie su quelle aree; tale ultima, però, pur non avendo provveduto al pagamento del corrispettivo in favore del Comune, pretende di subordinare il formale trasferimento delle aree al pagamento di un importo, inconfutabilmente pari a quello che lei dovrebbe corrispondere al Comune;

- l’art. 58 e l’efficacia dichiarativa della proprietà degli elenchi così composti, è volta a dare uno strumento per quelle situazioni, quale quella in esame, ove dai documenti in possesso della amministrazione, “presso i propri archivi ed uffici”, emerge la proprietà sostanziale della stessa, ma manchi il documento formale per la trascrizione. Tanto è avvenuto nel caso di specie, ove tutto il carteggio, a partire dalla convenzione per la concessione del diritto di superficie, alla trascrizione della stessa presso la Conservatoria immobiliare, alle comunicazioni tra Cooperativa e Comune, alla dichiarazione espressa di rinuncia della proprietà da parte della Cooperativa, al pagamento delle aree da parte della Amministrazione, depongono nel senso della proprietà sostanziale ed integrano il requisito di cui all’art. 58 per l’inserimento dell’area nell’elenco;

- peraltro, in merito alla natura di patrimonio disponibile, nel momento in cui l’intervento edilizio è stato realizzato (come nel caso di specie), ed il fine pubblico raggiunto, è irrilevante che quelle aree passino al patrimonio disponibile. Anzi, una volta realizzato l’intervento edilizio, a mente del comma 48 dell’art 31 l.448/1988, le aree, a seguito di delibera di consiglio, devono passare al patrimonio disponibile per poter essere cedute in favore degli assegnatari del diritto di superficie, al fine di consentirgli di liberare il bene da qualsivoglia vincolo e poterlo vendere al libero mercato;

- in sostanza, da un lato, la Cooperativa Monte Cresia, in virtù del rapporto concessorio in essere, aveva l’obbligo di pagare al Comune di Sant’Antioco la somma di £ 148.400.000, a titolo di corrispettivo per la concessione del diritto di superficie, sulle aree sulle quali realizzare l’intervento edilizio finanziato con contributi pubblici e queste somme non sono mai state corrisposte; dall'altro lato, è vero che il Comune ha occupato “fittiziamente”, con un decreto di urgenza, le aree della Cooperativa, al fine di poterle concedere il diritto di superfice, e realizzare lo schema di cui all’art. 35 L. 865/1971, ed è altrettanto vero che il Comune non ha materialmente provveduto alla corresponsione della uguale somma di £ 148.400.000, pari al valore delle aree: così, è logico e coerente che le due poste, limitatamente a tale voce di credito, si elidano per compensazione, essendo lo stesso legislatore a prevedere che il corrispettivo per la concessione del diritto di superficie, e urbanizzazione delle aree, debba essere pari al costo sopportato dalla Amministrazione per l’acquisizione al proprio patrimonio delle stesse (art. 35, comma 12, L. 865/1971).

5. All'udienza pubblica del 12 aprile 2023, in vista della quale le parti hanno depositato rispettive memorie e repliche, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La complessa vicenda per cui è causa, come sopra esposta negli atti difensivi delle parti, può essere ricondotta a maggiore semplicità nel rilevare che la controversia attiene alla valutazione in ordine alla necessità o meno che il Comune di Sant’Antioco, per l’area per cui è causa, adotti o meno un provvedimento ulteriore per l’acquisto della proprietà della stessa (cessione volontaria o decreto d’esproprio) con la corresponsione della relativa indennità, ovvero se sia legittima la scelta di procedere all’inclusione dell’area nel patrimonio comunale.

O, ancor meglio, se l’attuale situazione del Comune, a seguito della realizzazione degli alloggi di edilizia popolare sul terreno della Cooperativa – da parte della stessa Cooperativa – sia quella di una illecita occupazione di area privata in assenza di titolo, a cui deve essere posta fine da parte dell’ente locale.

In tal senso, il Comune ha adottato l’impugnata la Delibera del Consiglio Comunale num. 27 del 09.05.2022 “INTERVENTO EX ART.51 DELLA L. 865/71 DI VIALE TRENTO_VIA BOLOGNA, 5° BIENNIO L. 457/78 - EX COOP. MONTE CRESIA S.R.L., CONVENZIONE REP. N. 2045/1989 – RIORDINO PATRIMONIALE EX ART. 58 L. 133/2008 – CONSOLIDAMENTO DIRITTO DI SUPERFICIE E TRASFORMAZIONE IN PROPRIETA - DEFINIZIONE PARAMETRI”.

Nel ridetto provvedimento è descritta la vicenda che ha interessato l’area in questione e, sulla base anche di quanto rappresentato dalle parti, è pacifico in causa che l’area su cui è stato realizzato l’intervento di edilizia popolare fosse originariamente in proprietà della ricorrente e che, a seguito di individuazione della stessa da parte del Comune ex art. 51 della L. n. 865/1971, fu effettivamente emesso un decreto sindacale di occupazione d’urgenza, cui è seguita l’immissione in possesso nell’area da parte del Comune.

Tuttavia, stante la circostanza per cui l’attuatore era già stata individuato nella stessa Cooperativa già proprietaria dell’area, pur in assenza di un formale atto di trasferimento di proprietà al Comune, le parti procedevano direttamente alla stipula della convenzione ex art. 35 della L. n. 865/1971, con cui il Comune ha concesso alla Cooperativa il diritto di superficie ivi disciplinato al fine di realizzare il progetto costruttivo, poi portato a termine e in relazione al quale la Cooperativa ha provveduto anche ad assegnare la proprietà superficiaria di tutti gli alloggi costruiti ai propri soci.

Tale è, in sostanza, la situazione fattuale verificatasi, in relazione alla quale la Cooperativa ritiene che l’area in questione sia perciò rimasta in sua proprietà, ma illecitamente occupata dal Comune, che dovrebbe perciò restituire l’area alla ricorrente, previa rimessione in pristino, o acquisirla con atto autonomo al suo patrimonio, previa indennità e risarcimento del danno da illecita occupazione.

7. Si coglie, ad avviso del Collegio, l’irragionevolezza della tesi proposta dalla parte ricorrente, a prescindere dalle questioni giuridiche prospettate in ordine all’attivazione dello strumento ex art. 58 della L. n. 133/2008.

Invero, è altresì pacifico in causa, come dedotto dal Comune e non contestato, che la Cooperativa non abbia corrisposto al Comune la somma di £ 148.400.000 a titolo di corrispettivo per la costituzione del diritto di superficie, così come è senz’altro pacifico che il Comune non abbia corrisposto alla ricorrente la medesima somma per l’acquisizione in proprietà dell’area.

Di ciò si dà atto anche nel provvedimento impugnato, da cui emerge come si fosse ritenuto di evitare la moltiplicazione degli adempimenti procedimentali, i.e. il trasferimento con atto espropriativo della proprietà dell’area dalla Cooperativa al Comune e il pagamento della ridetta somma a favore della prima di £ 148.400.000 e la successiva concessione del diritto di superficie dal Comune alla medesima Cooperativa, con il pagamento, a titolo di onere concessorio, da parte della Cooperativa a favore del Comune della medesima somma di £ 148.400.000.

La scelta di evitare siffatto articolato, ma a ben vedere non utile, meccanismo procedimentale, ha d’altronde consentito di realizzare integralmente e comunque quanto prescritto dall’art. 35, comma 12 della L. n. 865/1971, per cui “i corrispettivi della concessione in superficie, di cui all'ottavo comma, lettera a), ed i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal Comune o dal consorzio per l'acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167”, garantendo così l’invarianza finanziaria per il Comune nella realizzazione dell’intervento.

In altre parole, nel caso di specie, stante l’identità tra originario proprietario dell’area e soggetto attuatore, il meccanismo è stato “semplificato” dalle parti, ma da tale attività, risalente nel tempo, non può oggi trarsi la conseguenza che il Comune avrebbe illecitamente occupato l’area in questione e continui a perpetrare tale illecita occupazione e debba porvi termine mediante restituzione della stessa alla ricorrente o acquisizione previo risarcimento del danno.

Una tale tesi giuridica si scontra con la realtà fattuale verificatasi su tale area, oltre che con il profilo giuridico per cui detta area è stata comunque oggetto di una convenzione di concessione del diritto di superficie dal Comune alla Cooperativa, che ne postula la proprietà in capo al primo.

Il profilo fattuale, in particolare, che determina l’irragionevolezza della tesi della ricorrente, è ben riscontrabile nella circostanza dedotta dal Comune per cui “nel corso dell’anno 2005 la Cooperativa procedeva alla vendita della proprietà superficiaria degli alloggi in favore dei soci-assegnatari della stessa. (doc. 15) In tali atti, intervenuti solo tra la Cooperativa e gli assegnatari, tutti identici, si legge, art. 5, che il corrispettivo della assegnazione è pari al costo di realizzazione dell’immobile, così come risultante dal QTE, pari ad € 50.380,37. Orbene, dall’esame del QTE emerge che la Cooperativa ha addebitato agli assegnatari, anche, il costo che la stessa, a mente dell’art. 5 della convenzione stipulata con il Comune di Sant’Antioco, avrebbe dovuto corrispondergli a titolo di corrispettivo per la concessione del diritto di superficie. In sostanza, la Cooperativa ha già incamerato dagli assegnatari le somme che avrebbe dovuto corrispondere al Comune di Sant’Antioco, ma ad oggi non ha corrisposto. Pertanto, essa ha già incamerato il valore corrispondente al costo area. Come emerge, infatti, dal quadro del QTE “incidenza percentuale degli elementi che costituiscono l’ammontare dell’investimento riscontrato dall’operatore a lavori ultimati”, il costo di costruzione, pagato dagli assegnatari degli alloggi, comprende, anche, il costo acquisizione area e urbanizzazione, che di fatto la Cooperativa non ha mai sostenuto; (doc. 6)” (p. 8 memoria).

Tale articolata deduzione fattuale è rimasta priva di contestazione e non può che considerarsi provata ex art. 64, comma 2 cod. proc. amm., neppure sussistendo profili emersi in corso di causa tale da considerarla priva di fondamento.

Se così è, in fatto, ad avviso del Collegio appare logica la conseguenza, giuridica, per cui la ricorrente non possa oggi pretendere la restituzione dell’area, su cui è stato realizzato l’intervento pubblico, o comunque una nuova apprensione al patrimonio pubblico, ma previo risarcimento del danno e, in sostanza, pagamento del valore dell’area stessa; ciò poiché tale compensazione economica per la perdita della proprietà è già stata realizzata, poiché la ricorrente non ha corrisposto alcun onere concessorio per la costituzione del diritto di superficie volto alla realizzazione degli immobili, che peraltro la legge impone essere idoneo a coprire il costo dell’area sostenuto dal Comune, e ha peraltro ottenuto il pagamento dagli assegnatari degli alloggi di una somma pari a quanto avrebbe dovuto versare come canone di concessione al Comune, che, pacificamente, non è stato versato.

8. D’altronde, come dedotto dal Comune, la ricorrente, nella nota del 2.8.2012 aveva proprio richiesto al Comune il pagamento dell’indennità di occupazione temporanea dell’area e dell’indennità di esproprio (doc. 16 Comune), così emergendo chiaramente però la locupletazione che verrebbe a verificarsi in capo alla Cooperativa, che otterrebbe il corrispettivo per la perdita della proprietà dell’area, ma non avrebbe versato al Comune quanto previsto nella convenzione per la costituzione del diritto di superficie a favore del Comune, pur avendo peraltro conseguito la relativa parte dagli assegnatari degli alloggi; somma che, ai sensi dell’art. 35 della L. n. 865/1971, deve essere pari al costo sostenuto dal Comune per l’acquisto dell’area.

9. Su tali basi, può allora essere escluso che l’occupazione dell’area da parte del Comune per il tramite degli alloggi di edilizia popolare, realizzati dalla Cooperativa ricorrente e in relazione ai quali ne ha conseguito i relativi utili, possa essere considerata illecita sol per la circostanza che, in un caso peculiare quale quello che occupa, non sia stato adottato un provvedimento formale di esproprio, stante l’insussistenza di alcun pregiudizio sofferto dalla Cooperativa per la perdita del diritto di proprietà, poiché, pur non avendo percepito una somma a titolo di indennità di esproprio, la Cooperativa non ha neppure corrisposto al Comune la – medesima, ex art. 35, comma 12 L. n. 865/1971 – somma a titolo di corrispettivo per la costituzione in suo favore del diritto di superficie.

Ma, se così è, può ritenersi, in sostanza, compiutamente realizzatosi il trasferimento del diritto di proprietà dalla ricorrente al Comune, il quale ha poi ceduto il diritto di superficie alla ricorrente stessa – con integrale compensazione delle somme reciprocamente dovute – per la realizzazione degli alloggi di edilizia popolare, effettivamente costruiti e la cui proprietà superficiaria è stata poi direttamente trasferita, dietro corrispettivo, dalla ricorrente a terzi.

Appare illogica dunque la tesi della ricorrente che pretende di rientrare, oggi, nella piena proprietà del bene o di ottenere una nuova indennità di esproprio da parte del Comune.

10. La deliberazione impugnata appare quindi legittima, potendosi prescindere dalle questioni giuridiche prospettate in ordine alla legittimità della scelta comunale di provvedere ai sensi dell’art. 58 della L. 133/2008, che prevede che “per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, nonché di società o Enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell'organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione”.

Ciò in quanto, sulla base delle superiori argomentazioni, può ritenersi effettivamente rientrante nel patrimonio comunale l’area in questione, che peraltro è limitata all’estensione di 13.119 mq, pari a quella oggetto della convenzione oltre varianti, e non pari a 26.700 mq, come dedotto dalla ricorrente nel primo motivo di ricorso, poiché acquisita ai sensi dell’art. 35 della L. n. 865/1971 e, soprattutto, poiché non può considerarsi illecita l’occupazione della stessa da parte del Comune per il tramite degli alloggi di edilizia popolare realizzati.

11. Su tali basi, il ricorso deve allora considerarsi complessivamente infondato e deve essere rigettato.

Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’articolo 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una diversa conclusione.

12. Le spese del giudizio, stante la assoluta complessità e particolarità fattuale e giuridica della controversia, debbono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lensi, Presidente

Antonio Plaisant, Consigliere

Gabriele Serra, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Gabriele Serra

Marco Lensi

IL SEGRETARIO

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