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Adozione PGT - TAR Lombardia, sez. II, sent. n. 783 del 23.03.2015

Pubblico
Lunedì, 30 Marzo, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, (Sezione Seconda), sentenza n. 783 del 23 marzo 2015, su diversi profili relativi alla adozione di PGT 
 
 
N. 00783/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 01642/2010 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
(Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 1642 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Luciana Perucchini, rappresentata e difesa dall'avv. Bruno Bianchi, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, Via Settembrini, 35; 
contro
Comune di Leggiuno, rappresentato e difeso dall'avv. Emanuele Boscolo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Anna Arduino in Milano, viale Sabotino, 2; 
Autorità competente per la V.A.S. del P.G.T di Leggiuno, nella persona del dott. Giovanni Castelli, non costituito in giudizio; 
Provincia di Varese, non costituita in giudizio; 
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
- della delibera del Consiglio comunale di Leggiuno n. 8 del 29 marzo 2010, avente ad oggetto “Controdeduzioni alle osservazioni al Piano di Governo del Territorio (PGT) ai sensi della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 e s.m.i.. Approvazione definitiva del Piano di Governo del Territorio”;
- della delibera del Consiglio comunale n. 18 del 17 settembre 2009, avente ad oggetto “Adozione Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) ai sensi della legge regionale 11 marzo 2005, n.12”;
- della delibera della Giunta comunale n. 18 del 29 febbraio 2008, avente ad oggetto “Valutazione ambientale strategica (V.A.S.): designazione autorità competente e procedente per la V.A.S. di piani-programmi di nuova istituzione”;
- dell’atto tramite il quale l’autorità competente per la VAS ha espresso il parere motivato e della dichiarazione di sintesi della VAS;
- di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e/o consequenziale;
quanto ai motivi aggiunti depositati il 12 luglio 2012:
dei medesimi atti, in considerazione della documentazione depositata in adempimento dell’ordinanza presidenziale n. 748 del 27 marzo 2012.
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Leggiuno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2015 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
1. La ricorrente sig.ra Luciana Perucchini è proprietaria di terreni siti nel Comune di Leggiuno, identificati al catasto terreni al foglio 9, mappali nn. 96, 297 e 519.
Nel precedente Piano Regolatore Generale l’area di cui al mappale 96 era inclusa nelle zone “B1 – Residenziali di completamento”, mentre quelle corrispondenti ai mappali nn. 297 e 519 erano classificate come zone “E1 agricole”.
Il Piano di Governo del Territorio (PGT), adottato con delibera del Consiglio comunale n. 18 del 17 settembre 2009 e approvato con delibera del Consiglio comunale n. 8 del 29 marzo 2010, ha invece previsto la classificazione dei terreni della ricorrente come “Vu – Verde urbano”.
2. Con ricorso notificato il 29 giugno 2010 e depositato il 21 luglio 2010, la sig.ra Perucchini impugna le suddette delibere del Consiglio comunale di Leggiuno di adozione e di approvazione il Piano di Governo del Territorio (PGT); impugna altresì la delibera della Giunta comunale n. 18 del 29 febbraio 2008, di designazione dell’autorità competente e dell’autorità procedente della Valutazione Ambientale Strategica (VAS), nonché il parere motivato e la dichiarazione di sintesi della VAS.
4. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
I) violazione degli articoli 11 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dell’articolo 4 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, della delibera del Consiglio regionale della Lombardia n. VIII/531 del 13 marzo 2007 e della delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 8/6420 del 27 dicembre 2007; ciò in quanto la disciplina in materia di VAS imporrebbe di individuare l’autorità competente in un soggetto pubblico, mentre nella specie essa sarebbe stata individuata in un professionista esterno all’Amministrazione;
II) violazione dell’articolo 4 della legge regionale n. 12 del 2005, della direttiva 2001/42/CE, del decreto legislativo n. 152 del 2006, della delibera del Consiglio regionale n. VIII/531 del 2007 e della delibera della Giunta regionale n. 8/6420 del 2007, in quanto la procedura di VAS sarebbe stata avviata in un momento successivo rispetto all’avvio del procedimento di formazione del PGT;
III) violazione dell’articolo 10 della legge regionale n. 12 del 2005 ed eccesso di potere sotto plurimi profili, in quanto le determinazioni assunte dallo strumento pianificatorio con riferimento ai terreni della ricorrente sarebbero contraddittorie;
IV) eccesso di potere sotto plurimi profili, in quanto la scelta di non accogliere l’osservazione presentata dalla ricorrente al piano adottato avrebbe determinato una disparità di trattamento nei suoi confronti, e in quanto la modifica delle previsioni urbanistiche precedenti avrebbe richiesto l’assolvimento di un particolare onere motivatorio.
5. Si è costituito in giudizio il Comune di Leggiuno, insistendo per il rigetto del ricorso.
6. A seguito di istanza istruttoria della parte ricorrente, depositata il 28 settembre 2011, è stata emessa l’ordinanza presidenziale n. 748 del 27 marzo 2012, con la quale è stato ordinato il deposito di tutta la documentazione di cui è costituito il PGT.
7. Il Comune ha adempiuto l’incombente istruttorio, depositando i documenti su supporto informatico il 16 aprile 2012 e in versione cartacea il 20 aprile 2012.
8. A seguito del deposito documentale, la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti, notificato il 14 giugno 2012 e depositato il 12 luglio 2012, con il quale ha articolato, avverso i medesimi atti già impugnati con il ricorso introduttivo, il seguente ulteriore motivo:
V) violazione dell’articolo 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, dell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, dell’articolo 1, commi 258 e 259 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dell’articolo 9 delle legge regionale n. 12 del 2005, in quanto il PGT di Leggiuno non avrebbe specificato il fabbisogno abitativo pubblico/sociale.
9. In prossimità dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie e repliche.
10. All’udienza pubblica del 21 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente allega l’illegittimità della procedura di VAS relativa al PGT di Leggiuno, in quanto l’autorità competente non avrebbe potuto essere individuata, come invece è avvenuto, in un professionista privato esterno all’Amministrazione, dovendo necessariamente trattarsi di un “soggetto pubblico”.
1.1 Può al riguardo prescindersi dall’eccezione comunale di inammissibilità della censura per difetto di interesse della ricorrente, in quanto il motivo è, nel merito, infondato.
1.2 La ricorrente evidenzia che la disciplina in materia di VAS non richiede soltanto che l’autorità competente sia dotata dei requisiti di autonomia rispetto all’autorità procedente e di competenza tecnica, ma impone altresì che essa sia individuata in un soggetto pubblico. Ciò si evincerebbe, in particolare, dall’articolo 5, comma 1, lett. p) del decreto legislativo n. 152 del 2006, ove si definisce l’autorità competente come “la pubblica amministrazione” cui competono le attività ivi indicate, nonché dalla delibera del Consiglio regionale della Lombardia n. 8/6420, punto 3.2, laddove vi si legge che l’autorità competente “è individuata all’interno dell’ente tra coloro che hanno compiti di tutela e valorizzazione ambientale”.
Sulla scorta di tali prescrizioni, sarebbe pertanto illegittima la scelta operata dal Comune di Leggiuno, che con delibera della Giunta comunale n. 18 del 29 febbraio 2008 ha designato quale l’autorità competente per la VAS un professionista privato, ossia il dott. Giovanni Castelli.
1.3 Ritiene il Collegio che le argomentazioni svolte dalla ricorrente non possano essere condivise.
La difesa comunale ha evidenziato che la scelta dell’Amministrazione comunale di avvalersi di un esperto esterno è da ricondurre all’assenza di idonee professionalità all’interno dell’Ente, dotato di un organico esiguo, e – inoltre – alla circostanza che il Comune di Leggiuno non avrebbe potuto ricorrere ad altre strutture pubbliche, non facendo parte di unioni di comuni o comunità montane.
In tali circostanze, ritiene il Collegio che la determinazione di avvalersi di una figura professionale esterna – da un lato – appaia del tutto ragionevole, in quanto volta ad assicurare il compimento della VAS da parte di un soggetto dotato della necessaria professionalità e – dall’altro – non incida in alcun modo sulla natura pubblica dell’amministrazione competente, poiché quest’ultima è rinvenibile nello stesso Comune di Leggiuno, cui vanno imputati gli atti del professionista incaricato.
E’ ben vero, infatti, che il riferimento normativo alla qualità di “pubblica amministrazione” sia dell’autorità procedente, che dell’autorità competente della VAS è indubitabilmente contenuto all’articolo 5, lettere p) e q) del decreto legislativo n. 152 del 2010. Tuttavia, le previsioni normative richiamate non implicano affatto un divieto per il Comune di avvalersi di esperti esterni, al fine dello svolgimento dei compiti propri dell’autorità competente della VAS, nel caso in cui non siano rinvenibili adeguate professionalità al proprio interno. Ciò in quanto, laddove l’Ente compia una tale scelta, il soggetto designato acquisisce necessariamente la veste di organo dell’Amministrazione, e a quest’ultima dovranno essere imputati gli atti compiuti dall’incaricato.
In altri termini, la disposizione normativa richiamata dal ricorrente si limita ad affermare che l’autorità competente assume una veste pubblicistica, senza però influire sulle determinazioni organizzative che il Comune rimane libero di compiere. Sotto questo profilo, è infatti irrilevante che l’insieme dei compiti e delle prerogative pubblicistiche in cui si sostanzia il ruolo dell’autorità competente sia attribuito a un ufficio della stessa o di altra amministrazione, ovvero a un soggetto esterno, legato all’Ente da un rapporto di lavoro autonomo e non subordinato.
D’altra parte, la stessa giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133) ha bensì affermato che “ (...) dalle riferite definizioni risulta chiaro che entrambe le autorità de quibus sono sempre “amministrazioni” pubbliche (...)”. Ciò però ha fatto allo scopo di chiarire che l’autorità competente e quella procedente possono essere legittimamente afferenti alla stessa amministrazione pubblica, in quanto “in nessuna definizione del Testo Unico ambientale si trova affermato in maniera esplicita che debba necessariamente trattarsi di amministrazioni diverse o separate (e che, pertanto, sia precluso individuare l’autorità competente in diverso organo o articolazione della stessa amministrazione procedente)”.
Nel caso di specie, la scelta operata dal Comune di Leggiuno appare, quindi, del tutto in linea con tale insegnamento, poiché l’Ente ha designato l’autorità competente in un professionista non dipendente dal Comune, ma i cui atti – come sopra detto – sono comunque destinati a essere imputati al medesimo Ente, così come sarebbe avvenuto laddove gli stessi compiti fossero stati affidati a un diverso organo o articolazione già strutturalmente presente all’interno della stessa amministrazione procedente.
D’altra parte, non può ritenersi di ostacolo alla scelta organizzativa compiuta dal Comune neppure la previsione contenuta nella delibera del Consiglio regionale richiamata dalla ricorrente (v. il precedente punto 1.2). Tale disposizione, che ha previsto l’affidamento del ruolo di autorità competente ad articolazioni della stessa amministrazione procedente, non può essere infatti ragionevolmente intesa nel senso di aver altresì imposto necessariamente ai Comuni di ricercare i soggetti cui affidare la VAS esclusivamente tra i propri dipendenti, anche laddove le rispettive compagini organizzative non includano professionalità adeguate.
In definitiva, sulla scorta delle considerazioni fin qui svolte, va confermato il rigetto del primo motivo di ricorso.
2. Con il secondo motivo si evidenzia che l’avvio del procedimento di formazione del PGT di Leggiuno sarebbe riconducibile alla delibera della Giunta comunale del 2 febbraio 2007, mentre la designazione dell’autorità competente per la VAS è avvenuta solo con la richiamata delibera di Giunta n. 18 del 29 febbraio 2008. Secondo l’avviso della ricorrente, ciò dimostrerebbe che la VAS è stata avviata quando l’iter di formazione del PGT era già in corso. Sarebbe stata quindi violata la disciplina della VAS, la quale assegna alla procedura la funzione di valutazione preventiva, e richiede che essa si svolga sin dalla fase preparatoria dello strumento pianificatorio.
2.1 Anche con riferimento a tali doglianze la difesa comunale eccepisce il difetto di interesse della ricorrente.
Può tuttavia prescindersi dallo scrutinare l’eccezione, poiché il motivo è, nel merito, infondato.
2.2 Rileva il Collegio che, sulla base di quanto risulta agli atti del giudizio, la sequenza temporale del procedimento di formazione del PGT di Leggiuno può sintetizzarsi come segue:
- 2 febbraio 2007: avvio del procedimento;
- 29 febbraio 2008: designazione dell’autorità procedente e dell’autorità competente per la VAS;
- 17 settembre 2009: adozione del PGT;
- 29 marzo 2010: approvazione del PGT.
Sulla scorta di tali elementi, è possibile rilevare che l’avvio della VAS è avvenuto oltre un anno e mezzo prima rispetto al momento dell’adozione del piano e, quindi, in una fase che ragionevolmente potrebbe per ciò solo ritenersi ancora del tutto preliminare rispetto all’elaborazione dello strumento.
D’altra parte, nello stesso senso depongono le affermazioni della difesa comunale, non specificamente contestate dalla ricorrente, e quindi da ritenere provate, ai sensi dell’articolo 64, comma 2 cod. proc. amm. Il Comune ha, in particolare, dichiarato in giudizio che nella prima fase del procedimento “si era (...) unicamente consentito ai cittadini di far pervenire le rispettive osservazioni e contributi” e che la VAS è stata avviata, al sopravvenire delle note interpretative regionali, “con l’avvio dell’iter ricognitivo del territorio in seguito alla costituzione dell’ufficio di piano” (v. memoria del 18 dicembre 2014, p. 8). Elementi, questi, che ancora una volta depongono nel senso della tempestività dell’avvio della VAS.
Va poi evidenziato che la ricorrente si limita a rimarcare il mero dato cronologico del decorso di un lasso di tempo tra il formale avvio della procedura pianificatoria e il momento di designazione dell’autorità procedente e dell’autorità competente della VAS. La stessa però non allega – né tantomeno dimostra – che la procedura valutativa sia intervenuta in uno stadio del procedimento del PGT in cui erano già state operate attività influenti sulla selezione delle opzioni pianificatorie e che, quindi, sia stata pregiudicata la finalità della VAS.
Viceversa, la circostanza che la procedura di valutazione ambientale strategica si sia svolta con modalità idonee al raggiungimento dello scopo risulta comprovata dalle stesse allegazioni della ricorrente, la quale lamenta proprio il ruolo determinante assunto dal Rapporto ambientale nell’orientare la pianificazione (v. replica del 29 dicembre 2014, pp. 3 ss.).
In conclusione, deve quindi ribadirsi il rigetto del secondo motivo di ricorso.
3. Con il terzo motivo la ricorrente censura la ritenuta contraddittorietà delle determinazioni assunte dallo strumento pianificatorio con riferimento ai propri terreni.
In particolare, il Piano delle Regole, recante la previsione di inedificabilità dei fondi della ricorrente, pur collocati in contesti urbanizzati, si porrebbe in contraddizione con quanto previsto dal Documento di Piano, ove si afferma che le aree trasformabili vengono individuate proprio in quelle interstiziali o di completamento.
Non chiarirebbe, inoltre, le scelte comunali quanto riportato nella motivazione del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dalla ricorrente, ossia che “le aree a verde assolvono ad una funzione di riequilibrio territoriale concorrendo al mantenimento di una impronta di matrice semi intensiva ai tessuti consolidati” (v. p. 15 del ricorso introduttivo).
3.1 Rileva al riguardo il Collegio che il PGT del Comune di Leggiuno è ispirato alla scelta di fondo di operare un rigoroso contenimento del consumo di suolo inedificato.
La “filosofia” complessiva dello strumento urbanistico è ben evidenziata al paragrafo 3.1 del Documento di Piano (DdP), ove si legge che “Il primo di tali valori informatori è espresso dalla decisione, non neutra anche dal punto di vista ‘politico’ ed urbanistico-ambientale, di strutturare il piano in termini rigorosamente contenitivi. Dopo alcuni cicli espansivi che, a far data dagli anni Sessanta, hanno significativamente mutato il volto del paese in termini decisamente invasivi, anche nel confronto rispetto ad altre realtà contermini, il Comune di Leggiuno si è manifestato pienamente consapevole che il suolo, alla stessa stregua di altre risorse ambientali (acque, aria, etc.), costituisce una disponibilità scarsa, da sottoporre ad una rigida disciplina delle trasformazioni. Le trasformazioni edificatorie, peraltro, avendo il suolo scarsa resilienza (di fatto si tratta di una risorsa non rinnovabile), coincidono con la definitiva dispersione della risorsa stessa. Il suolo – come ricorda la legge regionale 12/2005 – va preservato alla stregua di una risorsa da tramandare alle generazioni future, secondo una aggiornata nozione di sostenibilità (che richiama da vicino gli insegnamento di H. Jonas)”.
In tale contesto si colloca l’affermazione – riportata dalla ricorrente – per cui “Ne è derivata una identificazione delle (pochissime) aree trasformabili retta da un principio di preferenza per aree aventi il carattere della interstizialità: aree la cui trasformazione non incide negativamente sulla qualità-continuità-estensione dei macro-sistemi naturali. In tal senso va letta la previsione che consente la ‘ricucitura’ sulla quasi totalità delle aree libere entro il perimetro dei tessuti consolidati.” (p. 127 del DdP).
Il PGT muove quindi dalla scelta di fondo di limitare la trasformabilità delle aree e, in questa prospettiva, prevede la possibilità di utilizzazione edificatoria solo di un numero limitato di suoli, individuati preferibilmente tra le aree interstiziali.
Ciò però non equivale ad affermare – come vorrebbe la ricorrente – che tutte le aree interstiziali dovessero essere necessariamente qualificate come trasformabili, in base ai criteri risultanti dal DdP, e che quindi sia contraddittoria la scelta del Piano delle Regole di classificare i terreni della ricorrente come “Vu - Verde urbano”.
E invero, la tesi prospettata inverte i termini del sillogismo, poiché se è vero che il DdP afferma che le aree trasformabili sono (di regola) aree interstiziali, ciò tuttavia non implica, sul piano logico, la validità dell’affermazione reciproca, ossia che tutte le aree interstiziali debbano essere qualificate come trasformabili.
Al contrario, il DdP evidenzia chiaramente che lo strumento urbanistico ha operato una severa selezione tra le aree, consentendo l’edificabilità solo di alcune tra le aree interstiziali.
A ciò deve aggiungersi che, secondo quanto affermato dalla difesa comunale, e non specificamente contestato dalla ricorrente, i terreni di proprietà della sig.ra Perucchini si pongono ai margini di un quadrante boschivo che si trova nei pressi delle ultime propaggini dell’abitato, per cui la scelta di escluderne la trasformabilità appare in linea con la “filosofia” informatrice dello strumento pianificatorio, come sopra riportata.
Quanto, poi, alla motivazione del mancato accoglimento dell'osservazione presentata dalla ricorrente, si richiama la costante giurisprudenza secondo cui le osservazioni dei privati agli strumenti urbanistici adottati danno luogo a meri apporti collaborativi, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che le osservazioni siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3358; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 22 luglio 2014, n. 1972).
3.2 In conclusione, anche il terzo motivo di ricorso deve essere respinto.
4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta una disparità di trattamento nei propri confronti, poiché sarebbe stata consentita la trasformabilità di terreni aventi caratteristiche analoghe rispetto a quelli della sig.ra Perucchini, classificati invece come “verde urbano”.
Al riguardo, viene posto in evidenza in particolare che, nel corso della seduta consiliare che ha condotto all’approvazione del PGT, un consigliere aveva espresso l’avviso per cui accogliendo – come poi avvenuto – l’osservazione n. 6 (Costantini), si sarebbe determinata una disparità di trattamento rispetto ad altri casi analoghi, tra i quali, ad avviso della ricorrente, rientrerebbe anche quello dei propri terreni.
4.1 Deve, al riguardo, evidenziarsi come, in conformità ai principi, “il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento è configurabile soltanto nel caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità di trattamento riservato alle stesse” (così ex multis, tra le più recenti, Cons. giust. amm. Sicilia, 14 marzo 2014, n. 133).
Nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato l’identità di situazione tra i propri terreni e quelli resi trasformabili in accoglimento di altre osservazioni.
D’altra parte – come evidenziato dalla difesa comunale – l’intervento in Consiglio comunale cui si riferisce la sig.ra Perucchini aveva fatto riferimento ai terreni “situati al centro del paese” e precedentemente edificabili, mentre le aree della ricorrente non risultano collocate in posizione centrale (e, peraltro, solo una di esse era edificabile in base al precedente strumento urbanistico).
Non emerge, pertanto, il denunciato vizio di ingiustificata disparità di trattamento, tenuto conto dell’ampia discrezionalità di cui l’Amministrazione dispone nel compimento delle scelte pianificatorie, le quali comportano necessariamente, per loro stessa natura, la differenziazione del trattamento dei suoli. Gli apprezzamenti compiuti in tale sede sono, per costante giurisprudenza, da ritenere sindacabili solo laddove risultino inficiati da arbitrarietà od irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare (così, ex multis, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 15 maggio 2014, n. 1281); ciò che però non risulta dimostrato nel caso di specie.
Sotto altro profilo, neppure può condividersi l’affermazione della difesa della ricorrente, secondo la quale il mutamento della disciplina dei propri suoli rispetto al precedente strumento pianificatorio avrebbe determinato un particolare onere di motivazione da parte dell’Amministrazione.
Nel caso di specie non è infatti ravvisabile nessuna delle situazioni che – in coerenza con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza – comportano in capo al Comune un obbligo di motivazione più incisivo delle scelte urbanistiche, le quali, di regola, non necessitano di apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 24 del 1999). Tali evenienze comportanti un onere di motivazione più incisivo sono state ravvisate: nel superamento degli standards minimi di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; nella lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, da accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, da aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su domanda di concessione edilizia etc.; nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1972 del 2014, cit.).
Nella specie, la ricorrente non ha allegato di versare in alcuna di tali situazioni e, pertanto, non sussisteva alcun particolare onere di motivazione delle scelte operate con riferimento ai suoli di sua proprietà; scelte che possono quindi ritenersi sufficientemente giustificate alla luce dei criteri generali di impostazione del piano.
4.2 In definitiva, il motivo va respinto.
5. Con il quinto motivo, introdotto mediante ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente lamenta la mancata previsione, nel PGT di Leggiuno, delle quote di edilizia c.d. sociale.
5.1 Al riguardo, prescindendo dall’eccezione di tardività del motivo sollevata dalla difesa comunale, deve convenirsi con quest’ultima in ordine alla carenza di interesse della ricorrente nei confronti della censura.
E invero, nel ricorso per motivi aggiunti si afferma che la mancata previsione delle quote di edilizia sociale inciderebbe sulle previsioni relative all’edilizia privata (non sociale), e che la ricorrente avrebbe interesse alla censura perché uno dei propri terreni era classificato come edificabile dal precedente strumento urbanistico (v. p. 10 del ricorso per motivi aggiunti).
Al riguardo deve osservarsi che le previsioni edificatorie contenute nello strumento urbanistico sono fondate su di una determinata previsione di crescita della popolazione. A fronte di tale dato, l’individuazione di quote di edilizia sociale dovrebbe pur sempre rientrare nei limiti del complessivo fabbisogno abitativo previsto dallo strumento, e delle conseguenti trasformazioni consentite dallo stesso piano, che sono rapportate a tale fabbisogno.
Conseguentemente, l’eventuale previsione di quote di edilizia sociale potrebbe solo incidere – in diminuzione – sulle previsioni relative alle edificazioni private, ma non determinare un incremento delle aree trasformabili.
Tale circostanza è, del resto, affermata dalla stessa ricorrente, la quale evidenzia che “a seconda della quota “riservata” all’E.R.P., calcolata – naturalmente – alla luce del complessivo fabbisogno abitativo, l’insieme delle aree da destinare all’edificazione privata (non sociale) muta, aumentando o diminuendo a seconda, rispettivamente, della minore o maggiore percentuale rivolta al soddisfacimento del fabbisogno dell’edilizia residenziale pubblico/sociale” (v. p. 8 del ricorso per motivi aggiunti).
Ciò posto, il ricorso non consente di stabilire in che modo l’eventuale vizio attinente alla mancata previsione, nell’ambito del fabbisogno complessivo di abitazioni, di quote di edilizia sociale abbia leso l’interesse della sig.ra Perucchini, la quale agisce nel presente giudizio al solo fine di ottenere la possibilità di trasformazione edificatoria dei propri terreni, qualificati come aree a “verde urbano”.
In proposito, occorre tenere presente che la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire quali siano i limiti alla configurabilità dell’interesse c.d. strumentale all’impugnazione di uno strumento urbanistico. In particolare, si è affermato che “tale impugnazione deve pur sempre ancorarsi a specifici vizi ravvisati con riferimento alle determinazioni adottate dall’Amministrazione in ordine al regime dei suoli in proprietà del ricorrente, e non può fondarsi sul generico interesse a una migliore pianificazione del proprio suolo, che in quanto tale non si differenzia dall’eguale interesse che quisque de populo potrebbe nutrire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2010, nr. 4546). In altri termini, l’utilità comunque rappresentata dal possibile vantaggio che astrattamente il ricorrente potrebbe ottenere per effetto della riedizione dell’attività amministrativa non è ex se indicativa della titolarità di una posizione di interesse giuridicamente qualificata e differenziata, idonea a legittimare la tutela giurisdizionale.” (Cons. Stato, n. 133 del 2011, cit.).
5.2 Ne deriva che, alla luce di tutto quanto fin qui esposto, il quinto motivo è inammissibile per difetto di interesse.
6. In conclusione, l’intero ricorso va rigettato.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel complessivo importo di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Leggiuno, delle spese del giudizio, che liquida nel complessivo importo di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giovanni Zucchini,Presidente FF
Stefano Celeste Cozzi,Primo Referendario
Floriana Venera Di Mauro,Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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