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AREE PIP: PAREGGIO ECONOMICO - IL TAR BRESCIA FA CHIAREZZA

Pubblico
Giovedì, 11 Maggio, 2017 - 16:38

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), sentenza n.151 del 2 febbraio 2017, sul necessario pareggio in tema di aree PEEP. Inderogabile, pieno ed effettivo il principio del pareggio per le questioni PEEP. 
 
Commento Breve : 
Il TAR Brescia, nella sentenza n. 151/2017, fa il punto, in maniera dettagliata e completa, sul c.d. principio del pareggio dei costi espropri e urbanizzazione rispetto alla cessione delle aree nei PEEP e nei PIP. 
 
N. 00151/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00077/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 77 del 2014, proposto da: 
Ditta Individuale Ballarini Fausto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Flavia Manerba, Monica Bertolini, con domicilio eletto presso lo studio Flavia Manerba in Brescia, via Solferino, 53; 
contro
Comune di Bozzolo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Arrigo Gianolio, domiciliato ex art. 25 cpa presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3; 
nei confronti di
Compagnoni Fiore Srl, non costituitosi in giudizio; 
per l'annullamento
- DEL PROVVEDIMENTO DEL RESPONSABILE DEL SETTORE TECNICO IN DATA 18/10/2013, RECANTE LA RICHIESTA ALLA RICORRENTE DEL PAGAMENTO DELLA SOMMA DI 69.142,99 € A TITOLO DI CONGUAGLIO DEGLI ONERI ESPROPRIATIVI CORRISPOSTI DAL COMUNE AI PROPRIETARI DELLE AREE INTERESSATE ALLA REALIZZAZIONE DEL P.I.P. DENOMINATO “LOMBARDIA 2”;
- DI OGNI ULTERIORE ATTO PREORDINATO, CONNESSO, COLLEGATO O CONSEGUENTE.
 
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bozzolo;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2017 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
La ricorrente riferisce di essere proprietaria, nel Comune di Bozzolo, di un lotto di terreno ricompreso nel P.I.P. denominato “Lombardia 2”, censito al Fg. 7 mappale 496. Il lotto è stato acquistato in un primo momento parte in proprietà e parte in superficie, e successivamente ceduto totalmente in proprietà con deliberazione consiliare 20/12/1996 n. 72 (per complessivi 2.195 mq). Dopo un’interlocuzione tra le parti, con deliberazione giuntale 8/2/2010 n. 23 l’amministrazione approvava una nuova offerta a saldo per il trasferimento del lotto su un prezzo concordato in 40.766,68 €. In data 29/6/2010 veniva stipulato l’atto di compravendita con l’assistenza del notaio Fabbi.
Sostiene la ricorrente che il Comune, con gli atti assunti appena citati, ha dato atto di considerare la somma indicata come definitiva, e non suscettibile di conguaglio alcuno.
Espone di seguito che il 3/7/2013 il Sindaco di Bozzolo informava dell’esito di una controversia giudiziaria che ha opposto l’amministrazione con i Sigg.ri Compagnoni, all’esito della quale sarebbe stato richiesto un conguaglio pro-quota agli assegnatari delle aree P.I.P. Dopo la nota 22/7/2013, con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica comunicava la rettifica dell’importo preteso per un ammontare di 69.127,66 €, con l’impugnato provvedimento determinava in via definitiva il conguaglio (69.142,99 €) e ne intimava il pagamento nel termine di 15 giorni.
Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ditta ricorrente impugna gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:
a) Falsa applicazione dell’art. 35 della L. 865/71, infondatezza della pretesa pecuniaria, posto che il Comune ha ripetutamente e formalmente manifestato l’intento di ritenere la somma di 40.766,68 € quale saldo del prezzo di vendita non soggetto a conguaglio;
b) In via subordinata, violazione dell’art. 35 della L. 865/71, visto che il maggiore importo è il frutto di una condotta illegittima imputabile all’amministrazione che ha determinato in modo erroneo la somma dovuta (comprendendo altresì gli interessi per ritardato pagamento e le spese di lite, non certo addebitabili agli acquirenti delle aree).
Si è costituito in giudizio il Comune di Bozzolo, chiedendo nel merito la reiezione del gravame.
Con ordinanza n. 71, adottata nella Camera di consiglio del 29/1/2014, la sez. II ha dato atto della rinuncia alla domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 18/1/2017 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
La Società ricorrente censura gli atti con i quali il Comune di Bozzolo ha rideterminato la somma dovuta per l’acquisto di un lotto rientrante nel P.I.P. “Lombardia 2”, indicando l’importo aggiuntivo da versare a conguaglio per effetto dell’esito sfavorevole di un contenzioso con i proprietari dei terreni espropriati.
0. Il Collegio ritiene di affermare la propria giurisdizione. Le convenzioni urbanistiche attuative di P.I.P. rientrano tra gli “accordi sostitutivi” del provvedimento, rispetto ai quali opera l’art. 11 comma 5 della L. 241/90, che prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione di detti accordi (Consiglio di Stato, sez. IV – 16/2/2011 n. 1014, che ha richiamato Corte di Cassazione, sez. unite civili – 17/4/2009 n. 9151). Ha aggiunto il Consiglio di Stato che anche <>. La devoluzione alla giurisdizione esclusiva del T.A.R. delle controversie in materia di “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni” è oggi ribadita dall’art. 133 comma 1 lett. a) n. 2 del Codice del processo amministrativo.
0.1 Con riguardo ad un ulteriore aspetto in rito, questo T.A.R. non ritiene che di dichiarare l’interruzione del processo per il fatto che la Società “Fiore Compagnoni Srl” – ritualmente evocata nel presente giudizio – sia stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Mantova, sez. fallimentare (cfr. pronuncia 13/12/2016 depositata in data odierna per conto del legale della ditta predetta, nell’ambito del ricorso r.g. 1202/2013). Ritiene infatti il Collegio che la Società in questione non rivesta, nella presente causa, il ruolo di controinteressata, dato che nell’ambito del P.I.P. ha assunto una posizione analoga a quella di parte ricorrente, risultando destinataria del provvedimento finalizzato al recupero delle somme. Non è dunque parte necessaria del presente giudizio.
Nel merito il gravame è infondato, per le ragioni di seguito precisate.
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la falsa applicazione dell’art. 35 della L. 865/71 e l’infondatezza della pretesa pecuniaria, posto che il Comune ha ripetutamente e formalmente manifestato l’intento di ritenere la somma di 40.766,68 € quale saldo del prezzo di vendita non soggetto a conguaglio; in particolare, la deliberazione giuntale n. 23/2010 ha dato atto che la predetta somma era stata precedentemente corrisposta in due soluzioni dall’odierno ricorrente e che “pertanto nulla deve essere più introitato per l’oggetto”, mentre nell’atto di compravendita 29/6/2010 il Comune ha dichiarato di ricevere detta somma dalla parte acquirente “alla quale pertanto rilascia ampia e definitiva quietanza a saldo”.
Detta prospettazione non è condivisibile.
1.1 L’art. 27 comma 1 della L. 865/1971 stabilisce che “I comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi”. L’ultimo comma, nel regolare il rapporto tra concedente e concessionario dell’area, dispone poi che “Contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.
1.2 La disposizione evocata assolve alla funzione di offrire ai soggetti assegnatari, ad un prezzo inferiore a quello di mercato, le aree necessarie per la realizzazione di attività imprenditoriali o di case di abitazione producendo, di fatto, un trasferimento di ricchezza dal proprietario espropriato all'assegnatario di aree a basso prezzo. Il quadro di riferimento è completato dall’art. 35 della medesima legge, il quale (riferito ai piani per l’edilizia economica e popolare ma ritenuto applicabile anche ai P.I.P.) esprime il principio generale del perfetto pareggio economico secondo cui “I corrispettivi della concessione in superficie … ed i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune o dal consorzio per l'acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato …”.
1.3 Da ciò “… consegue che la disciplina pubblicistica di cui all’art. 27 l. n. 865 cit. non si esaurisce alla fase di delimitazione, individuazione ed espropriazione delle aree ma caratterizza anche il trasferimento ai privati, da parte del Comune, delle aree suddette, riflettendosi necessariamente sugli oneri e le sanzioni previste a carico dei privati nella convenzione relativa alla cessione di cui si palesa evidente la preordinazione alla tutela dell'interesse pubblico (Cass. civile, sez. I, 27 settembre 1997, n. 9508). Sulla scorta di tale premessa deve ritenersi che, nonostante l’espressa quantificazione del costo delle aree e delle spese di urbanizzazione, come contenuta nella convenzione-contratto stipulata tra le parti, il Comune abbia diritto a ripetere dai singoli acquirenti l’importo pro quota di quanto effettivamente speso per l’acquisizione delle aree e per le spese di urbanizzazione. Ciò anche nell’ipotesi in cui nessuna riserva in tal senso fosse contenuta nel contratto stesso (ipotesi peraltro non realizzatasi nella fattispecie), dovendosi ritenere operante il meccanismo di inserzione automatica di clausole per l’integrazione del contenuto del contratto prevista dall’art. 1339 del codice civile, in relazione alla natura inderogabile della disposizione legislativa sopra richiamata in tema di copertura delle spese sostenute dall’Ente pubblico per gli scopi questione” (T.A.R. Toscana, sez. I – 22/4/2016 n. 693 e l’ampia giurisprudenza richiamata).
1.4 L’univoco orientamento giurisprudenziale riconosce, dunque, la sussistenza del potere dell’amministrazione di ricostruire l’equilibrio economico imposto dal citato art. 35 attraverso la rideterminazione del prezzo di cessione delle aree che sia variato a seguito della variazione del costo di acquisizione delle stesse: in aggiunta T.A.R. Piemonte, sez. I – 21/2/2014 n. 318 ha sottolineato come “l’art. 35, riferito ai piani per l’edilizia economica e popolare, è inteso, si ribadisce, come espressivo di un principio generale, estendibile anche ai piani di insediamenti produttivi” e che “L’applicabilità alle aree P.I.P. del principio di pareggio dei costi di acquisizione trova ulteriore conferma nell’art. 16 del D.L. 22 dicembre 1981 n. 786 (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 51), secondo il quale “i comuni sono tenuti ad evidenziare con particolari annotazioni gli stanziamenti di bilancio relativi all'acquisizione, urbanizzazione, alienazione e concessione di diritto di superficie di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie ai sensi delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, 22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto 1978, n. 457. Il prezzo di alienazione o di concessione in diritto di superficie delle aree e dei fabbricati, di cui al comma precedente, deve essere determinato in misura tale da coprire le spese di acquisto, gli oneri finanziari, gli oneri per le opere di urbanizzazione eseguite o da eseguire ad eccezione di quelli che la legislazione vigente pone a carico delle amministrazioni comunali”.
1.5 La norma di cui all’art. 35 è stata dunque qualificata come <> (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II – 4/7/2016 n. 1430 e l’ampia giurisprudenza citata).
1.6 Anche il Consiglio di Stato (cfr. sez. IV – 14/3/2016 n. 1018) ha riconosciuto che l’art. 35, in quanto disposizione orientata a assicurare il pareggio sul piano economico tra la spesa relativa all’acquisizione delle aree e il prezzo di cessione delle medesime, e a evitare che l’operazione si risolva in un indebito esborso di risorse finanziarie pubbliche, è inderogabile, e come tale integra la convenzione ai sensi dell’art. 1339 cod. civ., anche in assenza di specifiche clausole: quand'anche quest’ultima non prevedesse l’adeguamento dei costi, dovrebbe comunque ritenersi operante il meccanismo dell’eterointegrazione, alla luce della natura vincolante della richiamata disposizione legislativa che esige la completa copertura delle spese sostenute dal Comune per l'acquisizione delle aree e per la relativa urbanizzazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 17/7/2014 n. 3809).
1.7 Infine la Corte di Cassazione, nella recente sentenza citata dal Comune nella seconda memoria conclusiva (cfr. sez. I – 8/4/2016 n. 6928), ha statuito sull’art. 35 della L. 865/71 che <>.
1.8 Alla luce di quanto diffusamente riportato, la convenzione urbanistica 29/6/2010 subisce un’integrazione ex lege alla luce del principio di pareggio economico, per cui il Comune di Bozzolo ha agito correttamente nel ricalcolo delle somme dovute dalle imprese assegnatarie.
2. Con la seconda doglianza, proposta in via subordinata, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 35 della L. 865/71, visto che il maggiore importo è il frutto di una condotta illegittima imputabile all’amministrazione che ha determinato in modo erroneo la somma dovuta (comprendendo altresì gli interessi per ritardato pagamento e le spese di lite, non certo addebitabili agli acquirenti delle aree); nel calcolo del corrispettivo dovuto dall’assegnatario di un P.I.P. devono essere computati il costo di acquisizione delle aree e delle opere di urbanizzazione in proporzione al volume edificabile, mentre l’importo spettante ai Sigg.ri Compagnoni all’esito della vertenza giudiziale (917.120,28 €) trae origine dall’omesso versamento agli espropriati delle indennità previste dall’art. 5-bis del D.L. 11/7/1992 n. 333 conv. in L. 8/8/1992 n. 359 (nelle more detto articolo è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, con successivo ancoraggio dell’indennizzo al valore venale del bene).
Anche detta impostazione non è condivisibile.
2.1 Come ha correttamente evidenziato il Comune di Bozzolo nelle proprie difese, la sentenza del Tribunale di Mantova 16/1/2004 n. 35 ha rigettato le domande degli attori Compagnoni/Azzini tese a ottenere la retrocessione delle aree e il risarcimento dei danni, riconoscendo che la procedura ablativa era stata conclusa secundum legem con l’emanazione del decreto di esproprio entro il termine di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità (cfr. pagine 9-11 della pronuncia in atti). La sentenza della Corte d’Appello sull’opposizione alla stima ha invece investito il quantum dell’indennità di esproprio e di occupazione legittima, nell’ambito della fisiologia dell’iter ablativo concluso secondo i dettami introdotti dalla legge per tempo vigente. Peraltro la rilevante differenza tra la misura stabilita dall’organo giurisdizionale e la precedente stima della Commissione provinciale espropri di Mantova risiede nella declaratoria di illegittimità medio tempore dell’art. 5-bis del D.L. 333/92 conv. in L. 359/92 (cfr. sentenza Corte costituzionale 24/10/2007 n. 348): gli effetti di tale ultima pronuncia e del decorso del tempo (con conseguente computo degli interessi legali sul quantum dovuto) non sono imputabili a negligenza del Comune di Bozzolo.
2.2 Il Comune ha escluso che le spese di lite della causa Compagnoni/Azzini siano state computate nel quadro economico del PIP così come rideterminato. Resta salva la potestà degli interessati di verificare tale adempimento (trattandosi di somme effettivamente non assoggettabili a obbligo di rimborso). Diversa è la sorte per gli interessi, i quali sono dovuti per legge e vanno aggiunti al capitale secondo il principio di piena copertura della spesa sostenuta (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II – 1430/2016 cit.; T.A.R Veneto, sez. II – 13/10/2011 n. 1561; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 16/4/2013 n. 964). E’ stato sul punto affermato il principio per cui il recupero dei costi di acquisizione deve essere effettivo, deve cioè comprendere tutte le voci di spesa sopportate dall'Ente per l'acquisizione giuridica definitiva delle aree PEEP per immobili successivamente destinati alla cessione agli assegnatari (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV – 19/3/2015 n. 1492).
3. In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto.
Le spese di giudizio possono essere tuttavia compensate, alla luce della condotta non pienamente trasparente e lineare assunta dal Comune.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Tenca Giorgio Calderoni
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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