Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

COSTI COSTRUZIONE - PRESCRIZIONE - CONSIGLIO DI STATO 5 LUGLIO 2018

Pubblico
Mercoledì, 11 Luglio, 2018 - 09:41

 
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 4123 del 5 luglio 2018, sul contributo di costruzione e sulla prescrizione 
 
Massima 
 
Il fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del titolare della concessione edilizia di versare il contributo previsto, è rappresentato dal rilascio della concessione edilizia, ed è a tale momento, quindi, che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo, divenendo il relativo credito certo, liquido o agevolmente liquidabile ed esigibile”.
Le controversie aventi ad oggetto un giudizio di accertamento negativo in ordine all’obbligazione pecuniaria relativa al pagamento del contributo di costruzione rientrino nell’ambito della giurisdizione esclusiva (cfr., tra le più recenti e nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato, Sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 425; 24 novembre 2016, n. 4937; 6 giugno 2016, n. 2394; 19 marzo 2015, n. 1504; per la giurisprudenza civile, Cass. civ., sez. un., 29 aprile 2015 n. 8619; ordinanza 26 maggio 2009 n. 12114).
Un atto, per avere efficacia interruttiva della prescrizione, debba contenere, al di là di formule solenni, l’esplicita indicazione del debitore, della pretesa e la manifestazione della volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto c.d. intimazione (cfr. Cass. civ., sez.VI, ordinanza 4 luglio 2017, n. 16465).
L’atto di costituzione in mora, come detto, non è soggetto a formule solenni, avendo invece lo scopo di portare a conoscenza del debitore, per iscritto, l’intenzione del creditore di ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2017, n. 5202).
 
Sentenza 
 
N. 04123/2018REG.PROV.COLL.
N. 08919/2010 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8919 del 2010, proposto dal 
Comune di Telese Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, 7; 
contro
Impresa A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Eliseo Laurenza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Lamberti in Roma, viale dei Parioli, 67; 
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione ottava, n. 7632 del 18 novembre 2009, resa tra le parti, concernente ingiunzione di pagamento del contributo di costruzione.
 
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Impresa A.Minieri s.p.a;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per il Comune appellante, l’avvocato Colalillo e, per la società appellata, l’avvocato Di Nezza, su delega dell’avvocato Laurenza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO e DIRITTO
1. La società A.. ha impugnato le ingiunzioni emesse dal comune di Telese Terme con le quali è stato richiesto il pagamento della complessiva somma di euro 310.789,84 a titolo di costo di costruzione, sanzioni amministrative ed interessi pecuniari per l’omesso pagamento degli oneri relativi alle concessioni n. 29 del 30 luglio 1986, n. 22 dell’11 agosto 1989, nn. 1 e 2 del 4 gennaio 1995, n.6 del 20 gennaio 1995, rilasciate per la realizzazione di un edificio da adibirsi a struttura termale.
2. Il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso ritenendo fondato ed assorbente il primo motivo (sui sette articolati dall’impresa) con cui si contestava l’intervenuta prescrizione del diritto di credito del comune.
3. Contro la stessa sentenza ha proposto appello il comune di Telese Terme, formulandomi i seguenti motivi di gravame.
3.1. Difetto di giurisdizione.
Il T.a.r. avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine ad una controversia relativa ad atti con i quali in Comune appellante ha richiesto il pagamento di somme di cui era creditore.
L’Impresa A. ha, infatti, contestato, con il ricorso di primo grado, la legittimità delle ingiunzioni di pagamento emesse dallo stesso Comune per le somme dovute a titolo di costo di costruzione e di relative sanzioni amministrative per cinque concessioni edilizie.
Il giudice di prime cure ha tuttavia ritenuto che non sussistevano: “ragioni valide per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (come sostituito dalla L. 21 luglio 2000 n. 205 ed in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204), nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto atti e provvedimenti dell’Amministrazione in materia urbanistica ed edilizia, comprende la totalità degli aspetti dell’uso del territorio, nessuno escluso (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 26 giugno 2008 n. 6283, T.A.R. Campania, Salerno, 4 aprile 2008 n. 475, T.A.R. Piemonte, 17 luglio 2008 n. 1646).
Sicché, come già previsto dall’art. 16 della L. 28 gennaio 1977 n. 10, rientrano in tale giurisdizione anche le controversie relative alla determinazione, liquidazione e corresponsione degli oneri concessori che risultano connessi al rilascio del titolo abilitativo e pertanto discendono dall’adozione di un provvedimento amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2006 n. 2258).
In altri termini, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie attinenti alla corresponsione de i suddetti oneri concessori discende dallo stretto collegamento funzionale tra il rilascio dei titoli abilitativi ed i contributi conseguenti a carico del privato, trattandosi appunto di pretesa del Comune fondata su provvedimenti amministrativi non gravati e divenuti inoppugnabili.
Tali argomentazioni sono state svolte anche dalla Corte di Cassazione, secondo cui “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sussiste anche a prescindere dall'instaurazione di una controversia in via di impugnazione diretta del provvedimento amministrativo, di concessione o di determinazione del contributo, purché fra la controversia ed il provvedimento vi sia uno stretto collegamento funzionale”, aggiungendo inoltre che “rientrano quindi nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in genere aventi ad oggetto l'inadempimento di obblighi nascenti da una concessione. Né rileva che il rapporto concessorio si sia esaurito per decorrenza del termine di durata di esso, poiché la riserva di giurisdizione operata dalla norma a favore del giudice amministrativo riguarda il rapporto di concessione indipendentemente dal fatto che esso sia ancora in vita o sia cessato, purché la controversia ponga in discussione il rapporto nel suo momento genetico o funzionale” (Cassazione civile, Sezioni Unite, 20 novembre 2007 n. 24009).”
L’Amministrazione appellante contesta, invece, tali conclusioni richiamando in particolare la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. SS.UU., n. 20317 del 2006) che ha affermato che spetterebbe al giudice ordinario la cognizione delle questioni inerenti la procedura coattiva di riscossione laddove il privato contesti la pretesa creditoria in ragione della illegittimità formale del titolo o del sopravvenuto venir meno del diritto di procedere esecutivamente.
3.2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 10 del 1977, nonché degli artt. 2935, 1219, 1184 e ss. del cod. civ. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Il T.a.r. ha accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla società Impresa A. la quale ha prospettato l’intervenuto decorso del termine ordinario di dieci anni dal rilascio dei titoli abilitativi avvenuto a partire dal 1986 fino al 1995 (la prima richiesta di pagamento del contributo concessorio avanzata dal Comune sarebbe stata avanzata con nota prot. n. 2734 del 1° marzo 2005 e poi reiterata con nota del 22 dicembre 2005 prot. 18282).
Lo stesso Tribunale ha quindi accolto l’eccezione sulla base delle seguenti considerazioni “Con riguardo al dies a quo, occorre prendere atto dell’insegnamento ribadito in più occasioni dal Consiglio di Stato secondo cui il fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del titolare della concessione edilizia di versare il contributo previsto, è rappresentato dal rilascio della concessione edilizia, ed è a tale momento, quindi, che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo, divenendo il relativo credito certo, liquido o agevolmente liquidabile ed esigibile”.
Ed ancora: “contrariamente a quanto dedotto dalla difesa dell’Amministrazione, non hanno alcuna efficacia interruttiva le note n. 11422 del 26 novembre 1996 e n. 1254 del 3 febbraio 1997, dal momento che tali comunicazioni non contengono una specifica richiesta di pagamento ma un invito rivolto alla società ricorrente affinché procedesse al relativo computo alla luce dei criteri (non specificati) previsti dal D.M. 10 maggio 1977 e dalla Delibera di Giunta Regionale n. 475 del 23 novembre 1995”,
L’Amministrazione appellante evidenzia invece che le somme oggetto di causa sono state richieste con atto prot. 11422 del 26 novembre 1996 (notificato il 4 dicembre 1996). Tali somme sono state specificamente indicate a partire dalla concessione edilizia n. 29 del 1986 con riferimento alle successive varianti nella misura calcolata ai sensi della delibera della Giunta comunale n. 475 del 23 novembre 1995.
La richiesta quindi, unitamente ad altri tre provvedimenti analoghi riguardanti le varianti (prot. 1254 del 3 febbraio 1997), è pervenuta alla società appellata prima della decorrenza dei dieci anni.
Né sul punto, sostiene il Comune, può essere ritenuta corretta la tesi del T.a.r. che, pur prendendo atto dell’esistenza delle predette note, non ha configurato nelle stesse una formale richiesta di messa in mora ai sensi dell’art. 1291 cod. civ.
Inoltre, secondo parte appellante, anche la quantificazione della somma non era incerta in quanto avvenuta sulla base delle tabelle approvate dalla Giunta comunale con la citata deliberazione n. 475/1995.
Per il Comune, infine, il termine di prescrizione, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, avrebbe dovuto decorrere non dal rilascio della concessione, ma dal sessantesimo giorno successivo all’ultimazione dei lavori.
4. La società Impresa A si è costituita in giudizio il 5 luglio 2011, chiedendo il rigetto del ricorso. Ha poi depositato ulteriori scritti difensivi, per ultimo una memoria in data 29 marzo 2018 in replica ad una memoria del Comune depositata il 23 gennaio 2018.
5 La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 19 aprile 2018.
6. Il Collegio esamina il primo motivo di appello incentrato sull’eccepito difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Il comune di Telese Terme ha riproposto tale eccezione, già vagliata negativamente dal giudice di primo grado, sostenendo che gli atti impugnati, in quanto relativi alla richiesta di pagamento di somme dovute a titolo di costo di costruzione per cinque concessioni edilizie, avrebbero dovuto essere sindacati dinanzi al giudice ordinario.
7. La tesi del Comune non può essere condivisa.
Oltre a quanto già correttamente rilevato dal T.a.r., va evidenziato come anche la recente giurisprudenza abbia ritenuto scontata la circostanza che le controversie aventi ad oggetto un giudizio di accertamento negativo in ordine all’obbligazione pecuniaria relativa al pagamento del contributo di costruzione rientrino nell’ambito della giurisdizione esclusiva (cfr., tra le più recenti e nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato, Sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 425; 24 novembre 2016, n. 4937; 6 giugno 2016, n. 2394; 19 marzo 2015, n. 1504; per la giurisprudenza civile, Cass. civ., sez. un., 29 aprile 2015 n. 8619; ordinanza 26 maggio 2009 n. 12114).
8. Scendendo all’esame del merito della causa, il Collegio rileva, preliminarmente, che la società A. non ha riproposto in appello i restanti sei motivi dedotti in primo grado ed assorbiti dal T.a.r. nella sentenza impugnata.
Gli stessi motivi devono dunque ritenersi rinunciati, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del c.p.a. (ratione temporis applicabile in quanto il ricorso è stato proposto dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo e pertanto non si applica l’art. 3 delle sue disposizioni transitorie).
9. Ciò premesso, l’appello è fondato con riferimento alla dedotta insussistenza della prescrizione.
10. Secondo il giudice di primo grado, la prescrizione dei crediti vantati dal Comune per il rilascio delle concessioni sarebbe intervenuta per decorso del termine decennale non essendo rilevanti, ai fini dell’interruzione della stessa, le citate note dell’Amministrazione del 1996 e del 1997.
In particolare, la vicenda nasce dal rilascio di due concessioni edilizie alla società Impresa A. , la n. 29 del 1986 e la n. 22 del 1989, per la realizzazione di un edificio termale.
A tali concessioni sono poi seguite due licenze in sanatoria, la n. 1 e la n. 2 del 1995, e una concessione in variante (la n. 6 del 1995) con contestuale cambio di destinazione d’uso per la realizzazione di un immobile da adibirsi ad istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.
Con note prot. 11422 del 26 novembre 1996 e prot. 1254 del 3 febbraio 1997 il comune di Telese Terme ha chiesto alla stessa società il pagamento degli oneri concessori, facendo riferimento, ai fini della loro determinazione, ai criteri contenuti nelle tabelle di cui alla deliberazione della Giunta comunale n. n. 475 del 23 novembre 1995.
Con successiva nota prot. n. 2734 del 1° marzo 2005 (reiterata con quella del 22 dicembre 2005 prot. 18282 cui sono seguite le ordinanze ingiunzioni del 27 aprile 2006 e dell’8 febbraio 2007), il Comune appellante ha sollecitato il predetto pagamento, irrogando anche le sanzioni previste per l’inadempimento con l’aggiunta degli interessi.
Il T.a.r, come sopra detto, non ha considerato sufficiente la prima richiesta del 1997 ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione, ritenendola non suscettibile di configurare una messa in mora dell’appellata in assenza di una precisa quantificazione delle somme dovute.
Per questa ragione, assorbendo tutti gli altri motivi proposti, ha accolto il ricorso della società appellata.
11. Ricostruita sinteticamente la vicenda, va in primo luogo rilevata l’infondatezza della tesi del Comune circa l’individuazione del dies a quo da cui far partire il decorso del termine di prescrizione.
È pacifico, infatti, che il fatto costitutivo dell’obbligo giuridico avente ad oggetto il contributo di costruzione è il rilascio della concessione e dalla stessa data decorre il termine di prescrizione del diritto (cfr. Cons. Stato, sez. IV: 26 febbraio 2013, n. 1188; 3 ottobre 2012, n. 5201; 19 gennaio 2009, n. 216).
Il termine di sessanta giorni dalla ultimazione delle opere, indicato dal Comune, rileva invece solo ai fini della prescrizione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5818).
12. Deve invece ritenersi fondato il motivo di appello nella parte in cui sostiene che le note del Comune del 1996 e del 1997 (prot. 11422 del 26 novembre 1996 e prot. 1254 del 3 febbraio 1997) sono veri e propri atti interruttivi della prescrizione.
Il T.a.r. ha ritenuto che le stesse non potessero configurare una costituzione in mora della società appellata in quanto non avrebbero integrato i requisiti previsti dall’art. 1219 cod. civ.
13. La tesi del T.a.r. non è condivisibile.
Non vi è dubbio che un atto, per avere efficacia interruttiva della prescrizione, debba contenere, al di là di formule solenni, l’esplicita indicazione del debitore, della pretesa e la manifestazione della volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto c.d. intimazione (cfr. Cass. civ., sez.VI, ordinanza 4 luglio 2017, n. 16465).
Nel caso di specie, tali requisiti sono riscontrabili sia nella nota prot n. 11422 del 26 novembre 1996, sia nelle note prot. 1254 del 3 febbraio 1997, con cui il Comune ha chiesto alla società appellata il pagamento dell’importo relativo al contributo del costo di costruzione facendo riferimento per la loro determinazione alle tabelle approvare con la richiamata delibera della Giunta comunale n. 475 del 23 novembre 1995.
14. Non convince, in senso contrario, la tesi secondo cui tali note consistessero semplicemente in un invito rivolto alla società a pagare i relativi oneri.
Seguendo, infatti, le considerazioni sviluppate da questa Sezione in analoghi casi (inerenti al pagamento di contributi di costruzione), si può ragionevolmente affermare che l’atto di costituzione in mora, come detto, non è soggetto a formule solenni, avendo invece lo scopo di portare a conoscenza del debitore, per iscritto, l’intenzione del creditore di ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2017, n. 5202).
15. Ciò detto, non può che rilevarsi come, nel caso di specie, le note comunali del 1996 e del 1997 contenessero un esplicito invito al pagamento di quanto richiesto: “è necessario che la S.V proceda al pagamento dell’importo relativo al contributo commisurato all’incidenza del costo di costruzione di cui agli artt3 e 6 della L. n. 10/77, in applicazione della Delibera di giunta n. 475 del 23.11.1995.”
Per questa ragione, il Comune ha anche inviato in allegato le tabelle di cui alla predetta deliberazione comunale, nonché richiesto, unitamente al versamento del costo di costruzione, la ritrasmissione dell’allegato 1 debitamente compilato e sottoscritto.
16. Va anche evidenziato che le predette note sono state notificate alla società appellata, rispettando, anche sotto questo profilo, la natura di atto recettizio della messa in mora (a partire dalla prima notificata il 4 dicembre 1996).
17. Le richieste inviate dal Comune nel 2005 sono state, invece, delle diffide al pagamento di quanto già chiesto con le precedenti note (a cui si fa espresso riferimento) con l’aggiunta della cifra da versare sempre calcolata sulla base delle tabelle parametriche comunali approvate con la delibera di Giunta n. 474 del 1995.
18. Non può peraltro ravvisarsi una incertezza sulla quantificazione degli stessi oneri di concessione alla data delle note del 1996 e del 1997.
Non solo per il preciso richiamo alle tabelle comunali che, come detto, chiariva il criterio di calcolo, ma anche per quanto disposto dalla convenzione stipulata dalla società con il Comune il 13 gennaio 1995 per il rilascio della concessione in variante (n. 6 del 1995) che individuava cosa dovesse intendersi per oneri di concessione (cfr. art. 5 della convenzione).
19. In sostanza, sussistevano le indicazioni affinchè la società potesse adempiere l’onere di quantificare il costo di costruzione, tanto più in quanto destinataria di rilevanti provvedimenti abilitativi ed a fronte di una chiara intenzione del Comune di vedersi corrispondere lo stesso.
20. D’altra parte, vertendosi in sede di giurisdizione esclusiva, il tema dell’interpretazione di un atto di costituzione in mora, vista la sua natura di atto giuridico in senso stretto, legittima il ricorso, in via analogica, alle regole di ermeneutica, in quanto compatibili, degli atti negoziali stessi, con la conseguenza che tale attività interpretativa si traduce in un'indagine di fatto istituzionalmente affidata al giudice di merito (cfr. Cass. civ., sez. lav., 11 maggio 2018, n. 11416).
21. Per le suddette ragioni, l’appello va accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza impugnata e di conseguenza va respinto il ricorso di primo grado.
22. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014 n. 55.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la società Impesa A.Minieri s.p.a. al pagamento, in favore del Comune di Telese Terme, delle spese del doppio grado di giudizio che si liquidano in complessivi in euro 6.000,00(seimila/00), oltre agli altri oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Vito Poli
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.