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Impianti Biomasse ed autorizzazione unica - TAR Liguria, Genova, sez. I, sent. n.793 del 12.11.2014

Pubblico
Lunedì, 24 Novembre, 2014 - 01:00

 
Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo, (Sezione Prima), sentenza n.793 del 12 novembre 2014, sulle autorizzazioni uniche per impianti a biomasse
 
N. 00793/2014 REG.PROV.COLL.
 
N. 00697/2010 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 697 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Comitato Civico La Terra dei Figli, Associazione Culturale La Fiaccola, Centro Sociale Anziani, Asd Monticchio 88, Confraternita Maria Vergine Addolorata, Enrico Cocciolone, Evandro Aloisio, Massimo De Simone, Vincenzo Sacchetti, Vincenzo Masci, Serafino Nardecchia, Angelo Cocciolone, Giovanni Civisca, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Camerini, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, via Garibaldi,62; 
contro
Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; Comune di L'Aquila in Persona del Sindaco P.T., Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente in Persona del Legale Rappresentante P. T., Autorita' dei Bacini di Rilievo Regionale dell'Abruzzo e del Bacino Regionale del Fiume Sangro, Ministero dello Sviluppo Economico in Persona del Ministro P. T., Ministero dell'Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco in Persona del Ministro P. T.; Provincia di L'Aquila in Persona del Presidente P. T., Amministrazione Provinciale dell'Aquila, rappresentati e difesi dagli avv. Pierfranco De Nicola, Francesca Tempesta, con domicilio eletto presso Provincia Ufficio Legale in L'Aquila, via Monte Cagno, 3; Consorzio Per il Nucleo di Sviluppo Industriale dell'Aquila in Persona del Legale Rappresentante P. T., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso Roberto Avv. Colagrande in L'Aquila, via Ulisse Nurzia 26 - Pile; 
nei confronti di
Ma&D Power Engineering S P A, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Rencricca, Aldo Travi, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Rencricca in L'Aquila, via Ulisse Nurzia, 26; 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Pro Loco di Onna, rappresentato e difeso dagli avv. Marilena De Ciantis, Dario D'Alessandro, con domicilio eletto presso Avv. Marilena De Ciantis in L'Aquila, via Vado di Sole N. 12; 
ad opponendum:
Futuris Aquilana Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Travi, Maurizio Rencricca, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Rencricca in L'Aquila, via Ulisse Nurzia, 26; 
per l'annullamento
AUTORIZZAZIONE UNICA N 109 DEL 30/08/2010 DELLA DIREZIONE AFFARI DELLA PRESIDENZA, POLITICHE LEGISLATIVE E COMUNITARIE, PROGRAMMAZIONE PARCHI, TERRITORIO VALUTAZIONI AMBIENTALI, ENERGIA DELLA GIUNTA REGIONALE D'ABRUZZO PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO DI ENERGIA ELETTRICA ALIMENTATO DA BIOMASSE VEGETALI.
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T. e di Provincia di L'Aquila in Persona del Presidente P. T. e di Consorzio Per il Nucleo di Sviluppo Industriale dell'Aquila in Persona del Legale Rappresentante P. T. e di Ma&D Power Engineering S P A e di Amministrazione Provinciale dell'Aquila;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Il ricorso in epigrafe è stato proposto da varie rappresentanze del territorio specificate in epigrafe, avverso l’autorizzazione unica n. 109 del 30 agosto 2010 rilasciata alla soc. MA&D Power Engineering spa dai competenti servizi della Regione Abruzzo (direzione affari della Presidenza, Politiche legislative e comunitarie, programmazione parchi, territorio valutazioni ambientali, energia della Giunta regionale d’Abruzzo), per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomasse vegetali solide vergini, da ubicarsi nel comune dell’Aquila (con un progetto costituito da termovalorizzatore nella frazione di Bazzano, e da teleriscaldamento per la frazione di Onna).
Trattasi nella sostanza di un impianto inceneritore che –in luogo dei rifiuti solidi urbani- utilizza come combustibile le cd. biomasse, ossia la vegetazione ottenuta dai residui della pulizia urbana e dell’agricoltura, ricorrendo anche (ed è questo il caso di specie) alla produzione di legname mediante colture dedicate. Proprio l’utilizzo di questi termovalizzatori ha rappresentato fonte di preoccupazione fra la popolazione locale –organizzatasi nel territorio sotto varie forme di associazioni esponenziali- nel timore che la combustione possa rilasciare nell’aria sostanze pericolose per la salute della collettività di riferimento.
Con il gravame introduttivo è stato in particolare dedotto che:
-sarebbe mancato in capo al proponente il titolo di disponibilità delle aree di allocazione dell’impianto, titolo richiesto dall’art. 12 comma 2 della legge 378/03; né a tale carenza si sarebbe ovviato con la delibera di assegnazione (recte, di pre-assegnazione) adottata dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale aquilano nei confronti della soc. MA&D, perché ciò non presenterebbe alcuna equivalenza con la disponibilità titolata (proprietà od altro diritto reale) di cui parla la norma citata, tanto più all’interno di un regime di mera pre-assegnazione, nel quale difetterebbe finanche una compiuta assegnazione consortile delle aree di intervento;
-detta area ricadrebbe peraltro (come ammesso in atti dallo stesso Consorzio industriale, nella nota del 29.5.2009) in zona ricompresa nel Piano Stralcio per la difesa delle alluvioni, di cui alla delibera consiliare regionale n. 94/5 del 29.1.2008, senza tuttavia che l’Autorità di Bacino abbia manifestato alcun parere sul progetto in esame, e senza che la medesima Autorità sia stata comunque invitata a partecipare alla Conferenza (nonostante il carattere indispensabile del suo intervento, ai sensi dell’art. 1 comma 3 delle norme tecniche di attuazione; tra l’altro, anche se tale parere fosse stato acquisito, si tratterebbe di una zona a rischio idraulico di “pericolosità elevata” che, ai sensi degli artt. 17 e 18 delle NTA, inibirebbe in radice qualsiasi intervento di nuova costruzione (con specifico riguardo all’ambito territoriale di Onna, ove dovrebbe insistere l’impianto di teleriscaldamento, che fa parte integrante del progetto MM&D); ma quand’anche si trattasse di area classificata a pericolosità “media”, mancherebbero le due condizioni poste dal piano stralcio per la difesa dalle alluvioni (conformità ai piani di protezione civile, previo studio di compatibilità idraulica);
-sarebbe stata rilasciata dall’ARTA a favore dei MA&D una illegittima deroga ai limiti di emissione di composti di azoto (NOx) e di anidride carbonica (CO), con specifico riguardo alla prescrizione di delibera di giunta regionale n. 517/2007, che impone agli impianti che rilasciano emissioni nell’aria un livello di emissioni inferiore del 30% rispetto agli standard nazionali (la deroga consente un abbattimento limitato al 20%); secondo i ricorrenti, tali deroghe non potrebbero riguardare (come avvenuto nella specie) singoli impianti, ma solo “specifiche categorie di impianti”, secondo quanto prescritto dall’art. 272 del d.leg.vo 152/2006;
-l’autorizzazione unica impugnata nulla avrebbe disposto in ordine ad un rilevante elemento della struttura costituito dalla programmata coltivazione di pioppi per 500 ettari, che rappresenta una delle fonti di approvvigionamento dell’impianto; quanto sopra anche in violazione della DGR 12 aprile 2007 n. 351 e della L.R. del 27 agosto 2007, che impone al proponente di indicare nella sua domanda le modalità con cui prevede di approvvigionarsi di materie prime; né comunque il piano di approvvigionamento presentato da MA&D fornirebbe alcuna certezza in merito alla disponibilità dei quantitativi di biomasse da colture dedicate, affidata ad un costituendo consorzio che, al momento dell’esame da parte della conferenza dei servizi non esisteva ancora, senza poter garantire alcunché sulla propria attività; il piano indicherebbe poi solo in modo generico –senza dimostrarne la concreta disponibilità- le aree di approvvigionamento, all’interno delle quali dovrebbero venire insediate le colture dedicate (due ampie zone della Marsica, ed un’altra sulla costa teramana); si tratterebbe inoltre di territori protetti ricadenti all’interno di due parchi (parco regionale Velino Sirente e PNA), così che gli interventi de quibus avrebbero dovuto essere sottoposti a verifiche di compatibilità ambientale, e comunque avrebbero dovuto postulare un coinvolgimento dei Parchi nella valutazione del progetto, mediante rilascio di apposito nulla osta alla esecuzione delle forestazioni a pioppi; da qui la superficialità del via libera dato dalla conferenza di servizi in ordine al delineato profilo;
-la MA&D –in quanto società chiamata a procedere ad espropri per acquisire la disponibilità dei suoli ove effettuare l’intervento- non avrebbe fornito allo Sportello regionale per l’energia tutte le informazioni necessarie a dimostrare il possesso di un capitale sociale “pari al doppio della quota espropriativa stimata”, ai sensi dell’art. 5 dell’allegato A alla DGR 351/2007 recante criteri ed indirizzi per il rilascio dell’autorizzazione unica.
Con ordinanza n. 134 del 14.11.2011 il tar ha chiesto incombenti istruttori.
In data 12.3.13 i ricorrenti hanno proposto un primo atto di motivi aggiunti, una volta constatato che l’area oggetto di intervento risultava nello stato in cui trovavasi al momento del rilascio della predetta autorizzazione, senza nessuna attività compiuta medio tempore, e ciò nella dedotta violazione degli articoli 4 e 6 della autorizzazione unica n. 109 del 30.8.2010.
Dopo discussione nella pubblica udienza del 13.3.2013 (nella quale è stata annunciata la proposizione dei primi motivi aggiunti), il tar con sentenza parziale n. 316/13 ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva relativamente ai ricorrenti indicati in epigrafe, accogliendola invece nei confronti degli ulteriori ricorrenti Associazione culturale “la fiaccola”, Centro sociale Anziani, A.S. Monticchio 88, Confraternita Maria Vergine Addolorata, delle quali ha quindi disposto l’estromissione dal processo.
In data 30.7.2013 la Regione Abruzzo ha depositato in giudizio il progetto presentato da MA&D (la quale a sua volta ha depositato il 26.9.13 ulteriore documentazione), ed in seguito a tali sopravvenute cognizioni i ricorrenti hanno appreso:
-della delibera del Consorzio di Sviluppo Industriale di L’Aquila n. 331/2010 del 20.10.2010 di subentro della spa Futuris Aquilana alla srl Mad & Power (delibera peraltro non prodotta in giudizio dalle resistenti, ma conosciuta dai ricorrenti stessi, esaminando i contratti preliminari di compravendita prodotti dalla contro interessata);
-del provvedimento di variazione della titolarità in favore della srl Futuris Aquila dell’autorizzazione unica n. 109 del 30.8.2010 (e cioè del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo), rilasciato dalla regione Abruzzo con la determinazione dirigenziale dell’8.9.2011 (anche detto provvedimento non era stato prodotto in giudizio, ma menzionato nella premessa di altre documentazioni allegate);
-del provvedimento di modifica della anzidetta autorizzazione, adottato con la determinazione regionale del 30.7.13;
-dei pareri dell’ARTA Abruzzo del 12.7.2013 e del Comune dell’Aquila del 12.7.13;
-della determinazione regionale del 30.8.13, di proroga di 21 mesi del termine per la realizzazione dell’impianto;
Sono stati in particolare dedotti i seguenti, ulteriori profili censori:
-sarebbe stato superato il termine massimo di 12 mesi previsto dalla impugnata autorizzazione unica (art. 4 primo e secondo comma) per l’inizio-lavori, senza che entro la prescritta tempistica annuale la società autorizzata abbia comunicato e comunque mai dato corso all’avvio realizzativo dell’impianto; ed invero, detta tardività emergerebbe anche considerando quale prova di avvio lavori nella soggetta materia –come da combinato disposto dell’art. 2 comma 159 della legge 244/2007 e dell’art. 1 comma 75 della legge 239/2004-la dimostrazione “dell’acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto, nonché l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l’indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti di appalto o la stipulazione di contratti per l’acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all’impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell’iniziativa o l’ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato”. Infatti, secondo il patrono ricorrente, la stipulazione dei preliminari di acquisto dei terreni prodotti da MA&D sarebbe priva di data certa e quindi non dimostrerebbe affatto la tempestiva disponibilità delle aree (prima cioè del 30 agosto 2011, dies ad quem di scadenza annuale dell’autorizzazione unica), come confermato anche dalla registrazione, intervenuta solo nel settembre 2011 (per cause che la difesa di M&D riporta peraltro ad asseriti “ritardi” dell’Agenzia delle Entrate);
- parimenti, la formale dichiarazione di inizio lavori –che MA&D fa risalire al 25 agosto 2011 e che la stessa società sostiene di aver depositato presso gli uffici della Regione il giorno 29 agosto 2011- risulterebbe acquisita al protocollo regionale n. RA/183642 dell’8.9.2011, come emergerebbe nel preambolo della determinazione di proroga dell’autorizzazione unica “n. DA/13/172 del 30.8.2013” (sic); si sostiene pertanto che l’amministrazione avrebbe dovuto dichiarare la decadenza da tale autorizzazione, in luogo dell’illegittima proroga termini di 21 mesi del 30.8.13 e della parimenti illegittima voltura in pari data a favore della società subentrante (in presenza di un rapporto autorizzativo ormai decaduto);
- in ogni caso, i negozi preliminari in questione afferirebbero ad una società ora uscita di scena a seguito del subentro della srl Futuris aquilana, così come per l’accettazione del preventivo di connessione operato (anche in quel caso) da M&D, ormai disinteressata alla realizzazione dell’impianto; quanto alla gara per la realizzazione degli impianti, mancherebbe negli atti prodotti (anche in questo caso) la data certa e comunque tali atti sarebbero riferibili addirittura ad una terza società (spa FUTURIS) estranea alla vicenda;
-sarebbe stata avvalorata la decisiva fondatezza del primo motivo del ricorso introduttivo con il quale si è dedotta la mancata disponibilità del suolo ex art. 12 del d.leg.vo 387/2003, il cui comma 4 (aggiunto dall’art. 42 della legge 99/2009) prevede appunto che per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, “il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento e, comunque, prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”; come diffusamente argomentato nel precedente motivo, infatti, la Regione non si sarebbe accorta che gli atti preliminari di compravendita prodotti dalle controparti recano tutti la data apparente del luglio o agosto 2011 (mentre la registrazione è stata effettuata solo nel settembre 2011), con la conferma che alla data del 30.8.2010 (e cioè al momento del rilascio dell’autorizzazione) la M&D non avrebbe avuto le richieste disponibilità; in buona sostanza, anche a voler accedere alle tesi delle controparti secondo cui i preliminari dei contratti di compravendita sarebbero intervenuti tra luglio ed agosto 2011 (e non dopo il 30 agosto 2011, come sostenuto dai ricorrenti per desumere la tardività della dichiarazione di inizio lavori, rispetto al termine annuale dal rilascio dell’autorizzazione), i preliminari in questione sarebbero comunque irrimediabilmente tardivi, in relazione alla violata prescrizione di legge che avrebbe imposto alla ditta proponente di formalizzare tali disponibilità di suoli entro la data di rilascio dell’autorizzazione, senza che –per le ragioni illustrate nel ricorso introduttivo- possa essere valorizzata a detti fini la delibera di assegnazione del Consorzio industriale;
-nel progetto sarebbe previsto un piano interrato per il deposito delle biomasse -cd. ceppaie- (avente quota -5 m rispetto al piano di imposta del fabbricato), in contrasto con le NTA del Piano stralcio per la difesa dalle alluvioni, le quali vietano piani interrati per costruzioni che insistono (come nella specie) in zone caratterizzate da rischio idraulico;
-sempre dall’acquisito progetto M&D depositato il 2.8.13 dalla Regione, sarebbe emerso che la quasi totalità del lotto di intervento ricade all’interno della zona B1 del vigente piano regionale paesistico (zona a trasformabilità limitata), da ciò conseguendo che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto alla procedura di verifica ambientale, tenuto conto della vicinanza di due siti di interesse comunitario (fiume Vera e la dolina di Monticchio);
-sussisterebbe un difetto di motivazione nel rilascio dell’avversata proroga a favore della soc. Futuris Aquilana, visto che si fa appello alla “situazione post sisma” come causa dei ritardi, nonostante l’autorizzazione sia stata rilasciata ben dopo il sisma di aprile 2009 (30.8.2010);
-il progetto assentito prevede una alimentazione dell’impianto dal taglio di 500 ettari di piante di pioppo, ma tale essenza avrebbe acquisito medio tempore un regime di protezione ormai incompatibile con il predetto programma; eppure la proponente non avrebbe indicato alcuna biomassa vegetale alternativa e tantomeno ne avrebbe dimostrato provenienza e disponibilità; in ogni caso il bacino indicato nel progetto per l’approvvigionamento delle biomasse avrebbe un raggio di ben 70 Km dall’impianto, in concorrenza con una altra ventina di impianti a biomasse, con un vulnus evidente all’equilibrio ecologico ed ambientale del territorio di riferimento.
In data 5 ottobre 2013 ha proposto intervento ad adiuvandum l’Associazione Pro Loco di Onna, con cui sono stati enfatizzati e sviluppati alcuni rilievi censori proposti dai ricorrenti; quanto sopra, con particolare riguardo alla deroga concessa dall’ARTA alla MA&D, finalizzata a ridurre solo al 20% (anziché al 30%) l’abbattimento rispetto ai livelli nazionali dei limiti di emissioni nocive alla salute; in proposito si è sostenuto che la letteratura scientifica internazionale avrebbe documentato –nelle popolazioni soggette alle emissioni derivanti dalla combustione di biomasse- una maggiore esposizione a zinco, rame, piombo, manganese, benzene ed altri idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi potenti cancerogeni), con effetti sull’asma e sulla funzionalità respiratoria, dovuti in particolare ai fumi di legna; i pericoli per la salute risulterebbero poi potenziati dalle emissioni prodotte dal traffico pesante indotto nell’area interessata dall’entrata in funzione dell’impianto (ivi compresi gli automezzi necessari per i conferimenti di biomasse e per il ritiro e lo smaltimento delle ceneri).
Per la reiezione del gravame e dei suoi motivi aggiunti si sono invece costituiti in giudizio la Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall’avvocatura distrettuale dello Stato, la soc. Ma&D (alla quale si è affiancata in corso di causa la difesa tecnica della soc. Futuris Aquilana) ed il Consorzio di sviluppo industriale di L’Aquila; sono state al riguardo prodotte puntuali memorie a confutazione –punto per punto- delle doglianze sopra illustrate;
Con ordinanza istruttoria 504/14 del 3.6.14 (poi regolarmente adempiuta) sono stati disposti altri incombenti conseguenti al mancato deposito, da parte dei patroni resistenti, di alcuni atti e provvedimenti impugnati, ed in prossimità dell’odierna pubblica udienza del 22.10.14 –durante la quale la causa è stata trattenuta a sentenza- le parti hanno diffusamente argomentato le loro ragioni.
DIRITTO
Il ricorso trova assorbente accoglimento per la fondatezza di due rilievi censori. Il primo –già di per sé di carattere pregiudiziale e preclusivo - afferisce alla progettazione del contestato impianto a biomasse approvata dalla Regione mediante l’autorizzazione unica oggetto di impugnativa (con specifico riguardo alla presenza di un locale interrato, non consentito dal piano regionale per la difesa dalle alluvioni, in territorio soggetto a precauzione idrogeologica). Il secondo rilievo censorio (che il collegio esamina ad abundantiam, stante l’illegittimità in radice della progettazione autorizzata), riguarda l’illegittimità dell’atto di proroga dei termini rilasciato dalla Regione per la realizzazione dell’impianto, proroga intervenuta nonostante un tardivo adempimento della società autorizzata (meglio descritto in seguito, e comunque già illustrato in narrativa), che avrebbe dovuto piuttosto determinare la decadenza tout court dal rapporto autorizzatorio, per mancato inizio lavori entro il prescritto termine annuale.
Passando al primo punto, si è sopra anticipata la fondatezza del motivo aggiunto, con cui è stata dedotta la violazione delle norme tecniche di attuazione del Piano stralcio per la difesa delle alluvioni approvato dal consiglio regionale d’Abruzzo con la delibera n. 94/5 del 29.1.08. Tale normativa stabilisce che nelle zone caratterizzate da rischio idraulico (come nel caso di specie), le costruzioni non devono contenere piani interrati. Eppure nel progetto depositato dalla Regione in corso di causa, è emersa la presenza di un deposito per lo stoccaggio delle biomasse (cd. ceppaie) pacificamente posto sotto terra a quota -5 m rispetto al piano di campagna. Trattasi di una violazione frontale delle predette NTA, capace di esporre l’impianto ad un pericolo assoluto per la sicurezza della collettività, atteso che la presenza delle biomasse in locali interrati –in territori per l’appunto caratterizzati da forti rischi di esondazione del fiume Aterno (l’ultima è del dicembre 2010, ben nota alla popolazione aquilana)- comporterebbe, alla prossima non auspicata calamità alluvionale della zona, il probabile trascinamento incontrollato e devastante di tonnellate di materiale, veicolato in superficie dalla furia dell’acqua. La difesa delle controinteressate ha insistito, con apposita perizia e con dovizia di richiami tecnico/edilizi, sul fatto che si tratterebbe non già di un locale in senso stretto, bensì di un mero “volume tecnico” non accessibile alle persone (una benna sopra il piano di compagna provvederebbe volta per volta al prelievo del materiale). Tuttavia la esposta linea difensiva –di cui non si discute il pregio “estetico” e suggestivo del patrono che l’ha abilmente formulata- sembra ignorare l’effettiva ragione della misura precauzionale ed inibitoria voluta dalle NTA, ragione collegata alla rappresentata esigenza di evitare, almeno nei territori a rischio, l’accumulo di materiale sotto terra, idoneo ad essere spinto in superficie da masse d’acqua fuori controllo. Nel delineato contesto –nel quale non va escluso il riferimento di cronaca ai disastrosi eventi idrogeologici, che dall’ultimo decennio flagellano il territorio italiano con frequenze sempre più inquietanti e ravvicinate- resta trascurabile la discettazione se tale locale possa o non possa essere raggiunto dall’uomo mediante appositi ingressi che nella specie mancherebbero, visto che –quand’anche si trattasse di mero volume tecnico di stoccaggio di materiale, soggetto a prelievo mediante macchinari azionati dall’uomo sopra il piano di campagna- tale circostanza si paleserebbe del tutto irrilevante sull’esposto pericolo di tracimazione delle biomasse custodite sotto terra; ne consegue che –a tutto voler concedere- occorrerebbe postulare una interpretazione orientata ed estensiva del disposto delle NTA del Piano Stralcio per la difesa dalle alluvioni, laddove il divieto realizzativo viene riferito ai soli “locali interrati” in senso stretto e non anche ai volumi tecnici, che parimenti sono preordinati all’accumulo ed allo stoccaggio di materiali, altamente pericolosi in caso di loro fuoriuscita, a seguito di eventi calamitosi.
La progettazione dell’impianto a biomasse resta pertanto insanabilmente inficiata da tale previsione costruttiva, con conseguente illegittimità dell’avversata autorizzazione regionale.
Come parimenti esposto in apertura, va poi condivisa la doglianza circa la grave negligenza istruttoria in cui è incorsa la Regione nell’istruzione autorizzatoria di impianto a biomasse, per di più in un contesto sociale e territoriale di particolare delicatezza acuita dai postumi del sisma.
Resta evidente in particolare la superficialità con cui l’amministrazione procedente –prima di accordare la proroga per l’inizio lavori e di autorizzare il subentro alla nuova società Futuris aquilana- non ha verificato la data certa dei contratti preliminari di compravendita di beni immobili stipulati a titolo oneroso dalla soc. M&D, al fine della dovuta verifica del rispetto del termine massimo decadenziale di 12 mesi dal rilascio dell’autorizzazione (in scadenza il 30.8.2011) entro cui la medesima società M&D avrebbe dovuto dare prova dell’avvenuta acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto (quale “sintomo” prodromico di quell’inizio dei lavori da dimostrare entro l’anno dal rilascio dell’autorizzazione unica). Tali negozi riportano date “rassicuranti” che precedono il citato dies ad quem, ma la loro registrazione è intervenuta solamente nel corso di settembre 2011.
Come noto, i contratti preliminari di compravendita di beni immobili a titolo oneroso sono soggetti a registrazione obbligatoria, in virtù di quanto previsto dalla parte prima della tariffa allegata al DPR 131/1986, ed ai sensi dell’art. 18 della stessa normativa la registrazione è adempimento necessario per dare data certa ai contratti preliminari.
La difesa di M&D ha sostenuto che la Regione legittimamente avrebbe concesso la proroga senza chiedere elementi integrativi in ordine “ad una data precisa che francamente non è in discussione”, visto tra l’altro che la prova della effettiva conclusione dei preliminari nei tempi ivi indicati (lungi dal rivestire connotati di accertamento istruttorio) avrebbe dovuto rappresentare un onere di “prova essenziale” a carico di colui che sostiene la non veridicità delle risultanze temporali indicate negli atti in questione. In realtà, qui si verte non sul regime probatorio (processuale e/o procedimentale) della contestazione di un dato affermato da controparte, bensì –ben più a monte- proprio sul rispetto o meno dei dovuti adempimenti istruttori da parte dell’autorità procedente; quest’ultima era tenuta per l’appunto a garantire che il prerequisito della disponibilità dei terreni (benevolmente equiparato dal legislatore ad un inizio lavori, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2 comma 159 della legge 244/2007 e dell’art. 1 comma 75 della legge 239/2004) fosse –“quantomeno” verrebbe da dire- accertato mediante un rigoroso scrutinio di tempestività di tale prerequisito, senza fermarsi ad una sorta di presunzione di veridicità delle date di stipula dichiarate dalle parti; tale presunzione si manifesta infatti, non solo incompatibile con la citata normativa tributaria, ma anche del tutto illogica nel doveroso contesto di vigilanza e controllo (ovviamente ad impulso d’ufficio, senza attendere improbabili contestazioni altrui), che la Regione deve attivare sua sponte nel corso delle fasi procedimentali, esecutive e di gestione del delicato insediamento produttivo.
Né alcun rilievo sanante può riferirsi al fatto che i rogiti di acquisto abbiano poi riportato “fedelmente” le date di sottoscrizione dei preliminari (tutte precedenti il 25 agosto 2011), visto che il notaio non è chiamato a dare certezza ex post a tali date, né potrebbe in alcun modo arrivare a tanto, atteso che solo la registrazione del negozio può adempiere a tale funzione e comunque mai in modo retroattivo. E che le parti abbiano confermato davanti al notaio, con atto pubblico, di aver sottoscritto i preliminari nella data indicata nei rispettivi atti, ovviamente, rappresenta una circostanza neutra (oltre che in qualche modo prevedibile), che in nulla incide sullo scenario sopra rappresentato.
Quanto poi ai presunti e generici ritardi in cui sarebbe incorsa l’Agenzia delle Entrate nella registrazione dei preliminari (intervenuta solo a settembre 2011, oltre la scadenza del 30 agosto 2011), trattasi di affermazione del tutto apodittica e poco comprensibile, formulata dalla difesa delle controinteressate, nel tentativo di giustificare una data certa obiettivamente tardiva.
Va pertanto condivisa anche la doglianza mirata a ravvisare l’illegittimità della proroga accordata dalla Regione alla soc. MA&D ed il conseguente subingresso riconosciuto –all’interno di un rapporto autorizzatorio ormai minato da una causa decadenziale- alla soc. Futuris aquilana. Può inoltre così prescindersi dalla collegata questione –oggetto di un intenso e meticoloso dibattito processuale fra le parti- relativa alla tardività o meno della dichiarazione di avvio lavori resa alla Regione dalla società M&D, (dichiarazione da presentare entro un anno dal rilascio dell’autorizzazione, vale a dire entro il 30.8.2011), visto che quand’anche tale dichiarazione fosse stata resa nei termini indicati dalle controinteressate (vale a dire per l’appunto entro il 30.8.2011, nonostante le diverse indicazioni del protocollo regionale, che indicano l’8.9.2011), la dichiarazione stessa risulterebbe comunque non veridica ed irrilevante, proprio per l’acclarata tardività di un adempimento decisivo (quello appunto relativo al tempus di stipula dei preliminari di vendita), tardività che esclude in radice che possa essersi oggettivamente verificato un tempestivo inizio lavori, indipendentemente dal fatto che la società autorizzata l’abbia dichiarato alla Regione.
In conclusione, il ricorso e gli allegati motivi aggiunti trovano accoglimento –assorbito ogni altro motivo- in relazione ai due profili censori condivisi dal collegio, con conseguente caducazione giurisdizionale degli atti impugnati.
Sussistono ragioni che consigliano la compensazione delle spese lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione;
Compensa le spese.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Mollica,Presidente
Paolo Passoni,Consigliere, Estensore
Maria Abbruzzese,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo, (Sezione Prima), sentenza n.793 del 12 novembre 2014, sulle autorizzazioni uniche per impianti a biomasse
 
N. 00793/2014 REG.PROV.COLL.
 
N. 00697/2010 REG.RIC.
 
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REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 697 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Comitato Civico La Terra dei Figli, Associazione Culturale La Fiaccola, Centro Sociale Anziani, Asd Monticchio 88, Confraternita Maria Vergine Addolorata, Enrico Cocciolone, Evandro Aloisio, Massimo De Simone, Vincenzo Sacchetti, Vincenzo Masci, Serafino Nardecchia, Angelo Cocciolone, Giovanni Civisca, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Camerini, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, via Garibaldi,62; 
contro
Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; Comune di L'Aquila in Persona del Sindaco P.T., Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente in Persona del Legale Rappresentante P. T., Autorita' dei Bacini di Rilievo Regionale dell'Abruzzo e del Bacino Regionale del Fiume Sangro, Ministero dello Sviluppo Economico in Persona del Ministro P. T., Ministero dell'Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco in Persona del Ministro P. T.; Provincia di L'Aquila in Persona del Presidente P. T., Amministrazione Provinciale dell'Aquila, rappresentati e difesi dagli avv. Pierfranco De Nicola, Francesca Tempesta, con domicilio eletto presso Provincia Ufficio Legale in L'Aquila, via Monte Cagno, 3; Consorzio Per il Nucleo di Sviluppo Industriale dell'Aquila in Persona del Legale Rappresentante P. T., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso Roberto Avv. Colagrande in L'Aquila, via Ulisse Nurzia 26 - Pile; 
nei confronti di
Ma&D Power Engineering S P A, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Rencricca, Aldo Travi, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Rencricca in L'Aquila, via Ulisse Nurzia, 26; 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Pro Loco di Onna, rappresentato e difeso dagli avv. Marilena De Ciantis, Dario D'Alessandro, con domicilio eletto presso Avv. Marilena De Ciantis in L'Aquila, via Vado di Sole N. 12; 
ad opponendum:
Futuris Aquilana Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Travi, Maurizio Rencricca, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Rencricca in L'Aquila, via Ulisse Nurzia, 26; 
per l'annullamento
AUTORIZZAZIONE UNICA N 109 DEL 30/08/2010 DELLA DIREZIONE AFFARI DELLA PRESIDENZA, POLITICHE LEGISLATIVE E COMUNITARIE, PROGRAMMAZIONE PARCHI, TERRITORIO VALUTAZIONI AMBIENTALI, ENERGIA DELLA GIUNTA REGIONALE D'ABRUZZO PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO DI ENERGIA ELETTRICA ALIMENTATO DA BIOMASSE VEGETALI.
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T. e di Provincia di L'Aquila in Persona del Presidente P. T. e di Consorzio Per il Nucleo di Sviluppo Industriale dell'Aquila in Persona del Legale Rappresentante P. T. e di Ma&D Power Engineering S P A e di Amministrazione Provinciale dell'Aquila;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Il ricorso in epigrafe è stato proposto da varie rappresentanze del territorio specificate in epigrafe, avverso l’autorizzazione unica n. 109 del 30 agosto 2010 rilasciata alla soc. MA&D Power Engineering spa dai competenti servizi della Regione Abruzzo (direzione affari della Presidenza, Politiche legislative e comunitarie, programmazione parchi, territorio valutazioni ambientali, energia della Giunta regionale d’Abruzzo), per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomasse vegetali solide vergini, da ubicarsi nel comune dell’Aquila (con un progetto costituito da termovalorizzatore nella frazione di Bazzano, e da teleriscaldamento per la frazione di Onna).
Trattasi nella sostanza di un impianto inceneritore che –in luogo dei rifiuti solidi urbani- utilizza come combustibile le cd. biomasse, ossia la vegetazione ottenuta dai residui della pulizia urbana e dell’agricoltura, ricorrendo anche (ed è questo il caso di specie) alla produzione di legname mediante colture dedicate. Proprio l’utilizzo di questi termovalizzatori ha rappresentato fonte di preoccupazione fra la popolazione locale –organizzatasi nel territorio sotto varie forme di associazioni esponenziali- nel timore che la combustione possa rilasciare nell’aria sostanze pericolose per la salute della collettività di riferimento.
Con il gravame introduttivo è stato in particolare dedotto che:
-sarebbe mancato in capo al proponente il titolo di disponibilità delle aree di allocazione dell’impianto, titolo richiesto dall’art. 12 comma 2 della legge 378/03; né a tale carenza si sarebbe ovviato con la delibera di assegnazione (recte, di pre-assegnazione) adottata dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale aquilano nei confronti della soc. MA&D, perché ciò non presenterebbe alcuna equivalenza con la disponibilità titolata (proprietà od altro diritto reale) di cui parla la norma citata, tanto più all’interno di un regime di mera pre-assegnazione, nel quale difetterebbe finanche una compiuta assegnazione consortile delle aree di intervento;
-detta area ricadrebbe peraltro (come ammesso in atti dallo stesso Consorzio industriale, nella nota del 29.5.2009) in zona ricompresa nel Piano Stralcio per la difesa delle alluvioni, di cui alla delibera consiliare regionale n. 94/5 del 29.1.2008, senza tuttavia che l’Autorità di Bacino abbia manifestato alcun parere sul progetto in esame, e senza che la medesima Autorità sia stata comunque invitata a partecipare alla Conferenza (nonostante il carattere indispensabile del suo intervento, ai sensi dell’art. 1 comma 3 delle norme tecniche di attuazione; tra l’altro, anche se tale parere fosse stato acquisito, si tratterebbe di una zona a rischio idraulico di “pericolosità elevata” che, ai sensi degli artt. 17 e 18 delle NTA, inibirebbe in radice qualsiasi intervento di nuova costruzione (con specifico riguardo all’ambito territoriale di Onna, ove dovrebbe insistere l’impianto di teleriscaldamento, che fa parte integrante del progetto MM&D); ma quand’anche si trattasse di area classificata a pericolosità “media”, mancherebbero le due condizioni poste dal piano stralcio per la difesa dalle alluvioni (conformità ai piani di protezione civile, previo studio di compatibilità idraulica);
-sarebbe stata rilasciata dall’ARTA a favore dei MA&D una illegittima deroga ai limiti di emissione di composti di azoto (NOx) e di anidride carbonica (CO), con specifico riguardo alla prescrizione di delibera di giunta regionale n. 517/2007, che impone agli impianti che rilasciano emissioni nell’aria un livello di emissioni inferiore del 30% rispetto agli standard nazionali (la deroga consente un abbattimento limitato al 20%); secondo i ricorrenti, tali deroghe non potrebbero riguardare (come avvenuto nella specie) singoli impianti, ma solo “specifiche categorie di impianti”, secondo quanto prescritto dall’art. 272 del d.leg.vo 152/2006;
-l’autorizzazione unica impugnata nulla avrebbe disposto in ordine ad un rilevante elemento della struttura costituito dalla programmata coltivazione di pioppi per 500 ettari, che rappresenta una delle fonti di approvvigionamento dell’impianto; quanto sopra anche in violazione della DGR 12 aprile 2007 n. 351 e della L.R. del 27 agosto 2007, che impone al proponente di indicare nella sua domanda le modalità con cui prevede di approvvigionarsi di materie prime; né comunque il piano di approvvigionamento presentato da MA&D fornirebbe alcuna certezza in merito alla disponibilità dei quantitativi di biomasse da colture dedicate, affidata ad un costituendo consorzio che, al momento dell’esame da parte della conferenza dei servizi non esisteva ancora, senza poter garantire alcunché sulla propria attività; il piano indicherebbe poi solo in modo generico –senza dimostrarne la concreta disponibilità- le aree di approvvigionamento, all’interno delle quali dovrebbero venire insediate le colture dedicate (due ampie zone della Marsica, ed un’altra sulla costa teramana); si tratterebbe inoltre di territori protetti ricadenti all’interno di due parchi (parco regionale Velino Sirente e PNA), così che gli interventi de quibus avrebbero dovuto essere sottoposti a verifiche di compatibilità ambientale, e comunque avrebbero dovuto postulare un coinvolgimento dei Parchi nella valutazione del progetto, mediante rilascio di apposito nulla osta alla esecuzione delle forestazioni a pioppi; da qui la superficialità del via libera dato dalla conferenza di servizi in ordine al delineato profilo;
-la MA&D –in quanto società chiamata a procedere ad espropri per acquisire la disponibilità dei suoli ove effettuare l’intervento- non avrebbe fornito allo Sportello regionale per l’energia tutte le informazioni necessarie a dimostrare il possesso di un capitale sociale “pari al doppio della quota espropriativa stimata”, ai sensi dell’art. 5 dell’allegato A alla DGR 351/2007 recante criteri ed indirizzi per il rilascio dell’autorizzazione unica.
Con ordinanza n. 134 del 14.11.2011 il tar ha chiesto incombenti istruttori.
In data 12.3.13 i ricorrenti hanno proposto un primo atto di motivi aggiunti, una volta constatato che l’area oggetto di intervento risultava nello stato in cui trovavasi al momento del rilascio della predetta autorizzazione, senza nessuna attività compiuta medio tempore, e ciò nella dedotta violazione degli articoli 4 e 6 della autorizzazione unica n. 109 del 30.8.2010.
Dopo discussione nella pubblica udienza del 13.3.2013 (nella quale è stata annunciata la proposizione dei primi motivi aggiunti), il tar con sentenza parziale n. 316/13 ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva relativamente ai ricorrenti indicati in epigrafe, accogliendola invece nei confronti degli ulteriori ricorrenti Associazione culturale “la fiaccola”, Centro sociale Anziani, A.S. Monticchio 88, Confraternita Maria Vergine Addolorata, delle quali ha quindi disposto l’estromissione dal processo.
In data 30.7.2013 la Regione Abruzzo ha depositato in giudizio il progetto presentato da MA&D (la quale a sua volta ha depositato il 26.9.13 ulteriore documentazione), ed in seguito a tali sopravvenute cognizioni i ricorrenti hanno appreso:
-della delibera del Consorzio di Sviluppo Industriale di L’Aquila n. 331/2010 del 20.10.2010 di subentro della spa Futuris Aquilana alla srl Mad & Power (delibera peraltro non prodotta in giudizio dalle resistenti, ma conosciuta dai ricorrenti stessi, esaminando i contratti preliminari di compravendita prodotti dalla contro interessata);
-del provvedimento di variazione della titolarità in favore della srl Futuris Aquila dell’autorizzazione unica n. 109 del 30.8.2010 (e cioè del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo), rilasciato dalla regione Abruzzo con la determinazione dirigenziale dell’8.9.2011 (anche detto provvedimento non era stato prodotto in giudizio, ma menzionato nella premessa di altre documentazioni allegate);
-del provvedimento di modifica della anzidetta autorizzazione, adottato con la determinazione regionale del 30.7.13;
-dei pareri dell’ARTA Abruzzo del 12.7.2013 e del Comune dell’Aquila del 12.7.13;
-della determinazione regionale del 30.8.13, di proroga di 21 mesi del termine per la realizzazione dell’impianto;
Sono stati in particolare dedotti i seguenti, ulteriori profili censori:
-sarebbe stato superato il termine massimo di 12 mesi previsto dalla impugnata autorizzazione unica (art. 4 primo e secondo comma) per l’inizio-lavori, senza che entro la prescritta tempistica annuale la società autorizzata abbia comunicato e comunque mai dato corso all’avvio realizzativo dell’impianto; ed invero, detta tardività emergerebbe anche considerando quale prova di avvio lavori nella soggetta materia –come da combinato disposto dell’art. 2 comma 159 della legge 244/2007 e dell’art. 1 comma 75 della legge 239/2004-la dimostrazione “dell’acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto, nonché l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l’indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti di appalto o la stipulazione di contratti per l’acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all’impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell’iniziativa o l’ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato”. Infatti, secondo il patrono ricorrente, la stipulazione dei preliminari di acquisto dei terreni prodotti da MA&D sarebbe priva di data certa e quindi non dimostrerebbe affatto la tempestiva disponibilità delle aree (prima cioè del 30 agosto 2011, dies ad quem di scadenza annuale dell’autorizzazione unica), come confermato anche dalla registrazione, intervenuta solo nel settembre 2011 (per cause che la difesa di M&D riporta peraltro ad asseriti “ritardi” dell’Agenzia delle Entrate);
- parimenti, la formale dichiarazione di inizio lavori –che MA&D fa risalire al 25 agosto 2011 e che la stessa società sostiene di aver depositato presso gli uffici della Regione il giorno 29 agosto 2011- risulterebbe acquisita al protocollo regionale n. RA/183642 dell’8.9.2011, come emergerebbe nel preambolo della determinazione di proroga dell’autorizzazione unica “n. DA/13/172 del 30.8.2013” (sic); si sostiene pertanto che l’amministrazione avrebbe dovuto dichiarare la decadenza da tale autorizzazione, in luogo dell’illegittima proroga termini di 21 mesi del 30.8.13 e della parimenti illegittima voltura in pari data a favore della società subentrante (in presenza di un rapporto autorizzativo ormai decaduto);
- in ogni caso, i negozi preliminari in questione afferirebbero ad una società ora uscita di scena a seguito del subentro della srl Futuris aquilana, così come per l’accettazione del preventivo di connessione operato (anche in quel caso) da M&D, ormai disinteressata alla realizzazione dell’impianto; quanto alla gara per la realizzazione degli impianti, mancherebbe negli atti prodotti (anche in questo caso) la data certa e comunque tali atti sarebbero riferibili addirittura ad una terza società (spa FUTURIS) estranea alla vicenda;
-sarebbe stata avvalorata la decisiva fondatezza del primo motivo del ricorso introduttivo con il quale si è dedotta la mancata disponibilità del suolo ex art. 12 del d.leg.vo 387/2003, il cui comma 4 (aggiunto dall’art. 42 della legge 99/2009) prevede appunto che per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, “il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento e, comunque, prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”; come diffusamente argomentato nel precedente motivo, infatti, la Regione non si sarebbe accorta che gli atti preliminari di compravendita prodotti dalle controparti recano tutti la data apparente del luglio o agosto 2011 (mentre la registrazione è stata effettuata solo nel settembre 2011), con la conferma che alla data del 30.8.2010 (e cioè al momento del rilascio dell’autorizzazione) la M&D non avrebbe avuto le richieste disponibilità; in buona sostanza, anche a voler accedere alle tesi delle controparti secondo cui i preliminari dei contratti di compravendita sarebbero intervenuti tra luglio ed agosto 2011 (e non dopo il 30 agosto 2011, come sostenuto dai ricorrenti per desumere la tardività della dichiarazione di inizio lavori, rispetto al termine annuale dal rilascio dell’autorizzazione), i preliminari in questione sarebbero comunque irrimediabilmente tardivi, in relazione alla violata prescrizione di legge che avrebbe imposto alla ditta proponente di formalizzare tali disponibilità di suoli entro la data di rilascio dell’autorizzazione, senza che –per le ragioni illustrate nel ricorso introduttivo- possa essere valorizzata a detti fini la delibera di assegnazione del Consorzio industriale;
-nel progetto sarebbe previsto un piano interrato per il deposito delle biomasse -cd. ceppaie- (avente quota -5 m rispetto al piano di imposta del fabbricato), in contrasto con le NTA del Piano stralcio per la difesa dalle alluvioni, le quali vietano piani interrati per costruzioni che insistono (come nella specie) in zone caratterizzate da rischio idraulico;
-sempre dall’acquisito progetto M&D depositato il 2.8.13 dalla Regione, sarebbe emerso che la quasi totalità del lotto di intervento ricade all’interno della zona B1 del vigente piano regionale paesistico (zona a trasformabilità limitata), da ciò conseguendo che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto alla procedura di verifica ambientale, tenuto conto della vicinanza di due siti di interesse comunitario (fiume Vera e la dolina di Monticchio);
-sussisterebbe un difetto di motivazione nel rilascio dell’avversata proroga a favore della soc. Futuris Aquilana, visto che si fa appello alla “situazione post sisma” come causa dei ritardi, nonostante l’autorizzazione sia stata rilasciata ben dopo il sisma di aprile 2009 (30.8.2010);
-il progetto assentito prevede una alimentazione dell’impianto dal taglio di 500 ettari di piante di pioppo, ma tale essenza avrebbe acquisito medio tempore un regime di protezione ormai incompatibile con il predetto programma; eppure la proponente non avrebbe indicato alcuna biomassa vegetale alternativa e tantomeno ne avrebbe dimostrato provenienza e disponibilità; in ogni caso il bacino indicato nel progetto per l’approvvigionamento delle biomasse avrebbe un raggio di ben 70 Km dall’impianto, in concorrenza con una altra ventina di impianti a biomasse, con un vulnus evidente all’equilibrio ecologico ed ambientale del territorio di riferimento.
In data 5 ottobre 2013 ha proposto intervento ad adiuvandum l’Associazione Pro Loco di Onna, con cui sono stati enfatizzati e sviluppati alcuni rilievi censori proposti dai ricorrenti; quanto sopra, con particolare riguardo alla deroga concessa dall’ARTA alla MA&D, finalizzata a ridurre solo al 20% (anziché al 30%) l’abbattimento rispetto ai livelli nazionali dei limiti di emissioni nocive alla salute; in proposito si è sostenuto che la letteratura scientifica internazionale avrebbe documentato –nelle popolazioni soggette alle emissioni derivanti dalla combustione di biomasse- una maggiore esposizione a zinco, rame, piombo, manganese, benzene ed altri idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi potenti cancerogeni), con effetti sull’asma e sulla funzionalità respiratoria, dovuti in particolare ai fumi di legna; i pericoli per la salute risulterebbero poi potenziati dalle emissioni prodotte dal traffico pesante indotto nell’area interessata dall’entrata in funzione dell’impianto (ivi compresi gli automezzi necessari per i conferimenti di biomasse e per il ritiro e lo smaltimento delle ceneri).
Per la reiezione del gravame e dei suoi motivi aggiunti si sono invece costituiti in giudizio la Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall’avvocatura distrettuale dello Stato, la soc. Ma&D (alla quale si è affiancata in corso di causa la difesa tecnica della soc. Futuris Aquilana) ed il Consorzio di sviluppo industriale di L’Aquila; sono state al riguardo prodotte puntuali memorie a confutazione –punto per punto- delle doglianze sopra illustrate;
Con ordinanza istruttoria 504/14 del 3.6.14 (poi regolarmente adempiuta) sono stati disposti altri incombenti conseguenti al mancato deposito, da parte dei patroni resistenti, di alcuni atti e provvedimenti impugnati, ed in prossimità dell’odierna pubblica udienza del 22.10.14 –durante la quale la causa è stata trattenuta a sentenza- le parti hanno diffusamente argomentato le loro ragioni.
DIRITTO
Il ricorso trova assorbente accoglimento per la fondatezza di due rilievi censori. Il primo –già di per sé di carattere pregiudiziale e preclusivo - afferisce alla progettazione del contestato impianto a biomasse approvata dalla Regione mediante l’autorizzazione unica oggetto di impugnativa (con specifico riguardo alla presenza di un locale interrato, non consentito dal piano regionale per la difesa dalle alluvioni, in territorio soggetto a precauzione idrogeologica). Il secondo rilievo censorio (che il collegio esamina ad abundantiam, stante l’illegittimità in radice della progettazione autorizzata), riguarda l’illegittimità dell’atto di proroga dei termini rilasciato dalla Regione per la realizzazione dell’impianto, proroga intervenuta nonostante un tardivo adempimento della società autorizzata (meglio descritto in seguito, e comunque già illustrato in narrativa), che avrebbe dovuto piuttosto determinare la decadenza tout court dal rapporto autorizzatorio, per mancato inizio lavori entro il prescritto termine annuale.
Passando al primo punto, si è sopra anticipata la fondatezza del motivo aggiunto, con cui è stata dedotta la violazione delle norme tecniche di attuazione del Piano stralcio per la difesa delle alluvioni approvato dal consiglio regionale d’Abruzzo con la delibera n. 94/5 del 29.1.08. Tale normativa stabilisce che nelle zone caratterizzate da rischio idraulico (come nel caso di specie), le costruzioni non devono contenere piani interrati. Eppure nel progetto depositato dalla Regione in corso di causa, è emersa la presenza di un deposito per lo stoccaggio delle biomasse (cd. ceppaie) pacificamente posto sotto terra a quota -5 m rispetto al piano di campagna. Trattasi di una violazione frontale delle predette NTA, capace di esporre l’impianto ad un pericolo assoluto per la sicurezza della collettività, atteso che la presenza delle biomasse in locali interrati –in territori per l’appunto caratterizzati da forti rischi di esondazione del fiume Aterno (l’ultima è del dicembre 2010, ben nota alla popolazione aquilana)- comporterebbe, alla prossima non auspicata calamità alluvionale della zona, il probabile trascinamento incontrollato e devastante di tonnellate di materiale, veicolato in superficie dalla furia dell’acqua. La difesa delle controinteressate ha insistito, con apposita perizia e con dovizia di richiami tecnico/edilizi, sul fatto che si tratterebbe non già di un locale in senso stretto, bensì di un mero “volume tecnico” non accessibile alle persone (una benna sopra il piano di compagna provvederebbe volta per volta al prelievo del materiale). Tuttavia la esposta linea difensiva –di cui non si discute il pregio “estetico” e suggestivo del patrono che l’ha abilmente formulata- sembra ignorare l’effettiva ragione della misura precauzionale ed inibitoria voluta dalle NTA, ragione collegata alla rappresentata esigenza di evitare, almeno nei territori a rischio, l’accumulo di materiale sotto terra, idoneo ad essere spinto in superficie da masse d’acqua fuori controllo. Nel delineato contesto –nel quale non va escluso il riferimento di cronaca ai disastrosi eventi idrogeologici, che dall’ultimo decennio flagellano il territorio italiano con frequenze sempre più inquietanti e ravvicinate- resta trascurabile la discettazione se tale locale possa o non possa essere raggiunto dall’uomo mediante appositi ingressi che nella specie mancherebbero, visto che –quand’anche si trattasse di mero volume tecnico di stoccaggio di materiale, soggetto a prelievo mediante macchinari azionati dall’uomo sopra il piano di campagna- tale circostanza si paleserebbe del tutto irrilevante sull’esposto pericolo di tracimazione delle biomasse custodite sotto terra; ne consegue che –a tutto voler concedere- occorrerebbe postulare una interpretazione orientata ed estensiva del disposto delle NTA del Piano Stralcio per la difesa dalle alluvioni, laddove il divieto realizzativo viene riferito ai soli “locali interrati” in senso stretto e non anche ai volumi tecnici, che parimenti sono preordinati all’accumulo ed allo stoccaggio di materiali, altamente pericolosi in caso di loro fuoriuscita, a seguito di eventi calamitosi.
La progettazione dell’impianto a biomasse resta pertanto insanabilmente inficiata da tale previsione costruttiva, con conseguente illegittimità dell’avversata autorizzazione regionale.
Come parimenti esposto in apertura, va poi condivisa la doglianza circa la grave negligenza istruttoria in cui è incorsa la Regione nell’istruzione autorizzatoria di impianto a biomasse, per di più in un contesto sociale e territoriale di particolare delicatezza acuita dai postumi del sisma.
Resta evidente in particolare la superficialità con cui l’amministrazione procedente –prima di accordare la proroga per l’inizio lavori e di autorizzare il subentro alla nuova società Futuris aquilana- non ha verificato la data certa dei contratti preliminari di compravendita di beni immobili stipulati a titolo oneroso dalla soc. M&D, al fine della dovuta verifica del rispetto del termine massimo decadenziale di 12 mesi dal rilascio dell’autorizzazione (in scadenza il 30.8.2011) entro cui la medesima società M&D avrebbe dovuto dare prova dell’avvenuta acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto (quale “sintomo” prodromico di quell’inizio dei lavori da dimostrare entro l’anno dal rilascio dell’autorizzazione unica). Tali negozi riportano date “rassicuranti” che precedono il citato dies ad quem, ma la loro registrazione è intervenuta solamente nel corso di settembre 2011.
Come noto, i contratti preliminari di compravendita di beni immobili a titolo oneroso sono soggetti a registrazione obbligatoria, in virtù di quanto previsto dalla parte prima della tariffa allegata al DPR 131/1986, ed ai sensi dell’art. 18 della stessa normativa la registrazione è adempimento necessario per dare data certa ai contratti preliminari.
La difesa di M&D ha sostenuto che la Regione legittimamente avrebbe concesso la proroga senza chiedere elementi integrativi in ordine “ad una data precisa che francamente non è in discussione”, visto tra l’altro che la prova della effettiva conclusione dei preliminari nei tempi ivi indicati (lungi dal rivestire connotati di accertamento istruttorio) avrebbe dovuto rappresentare un onere di “prova essenziale” a carico di colui che sostiene la non veridicità delle risultanze temporali indicate negli atti in questione. In realtà, qui si verte non sul regime probatorio (processuale e/o procedimentale) della contestazione di un dato affermato da controparte, bensì –ben più a monte- proprio sul rispetto o meno dei dovuti adempimenti istruttori da parte dell’autorità procedente; quest’ultima era tenuta per l’appunto a garantire che il prerequisito della disponibilità dei terreni (benevolmente equiparato dal legislatore ad un inizio lavori, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2 comma 159 della legge 244/2007 e dell’art. 1 comma 75 della legge 239/2004) fosse –“quantomeno” verrebbe da dire- accertato mediante un rigoroso scrutinio di tempestività di tale prerequisito, senza fermarsi ad una sorta di presunzione di veridicità delle date di stipula dichiarate dalle parti; tale presunzione si manifesta infatti, non solo incompatibile con la citata normativa tributaria, ma anche del tutto illogica nel doveroso contesto di vigilanza e controllo (ovviamente ad impulso d’ufficio, senza attendere improbabili contestazioni altrui), che la Regione deve attivare sua sponte nel corso delle fasi procedimentali, esecutive e di gestione del delicato insediamento produttivo.
Né alcun rilievo sanante può riferirsi al fatto che i rogiti di acquisto abbiano poi riportato “fedelmente” le date di sottoscrizione dei preliminari (tutte precedenti il 25 agosto 2011), visto che il notaio non è chiamato a dare certezza ex post a tali date, né potrebbe in alcun modo arrivare a tanto, atteso che solo la registrazione del negozio può adempiere a tale funzione e comunque mai in modo retroattivo. E che le parti abbiano confermato davanti al notaio, con atto pubblico, di aver sottoscritto i preliminari nella data indicata nei rispettivi atti, ovviamente, rappresenta una circostanza neutra (oltre che in qualche modo prevedibile), che in nulla incide sullo scenario sopra rappresentato.
Quanto poi ai presunti e generici ritardi in cui sarebbe incorsa l’Agenzia delle Entrate nella registrazione dei preliminari (intervenuta solo a settembre 2011, oltre la scadenza del 30 agosto 2011), trattasi di affermazione del tutto apodittica e poco comprensibile, formulata dalla difesa delle controinteressate, nel tentativo di giustificare una data certa obiettivamente tardiva.
Va pertanto condivisa anche la doglianza mirata a ravvisare l’illegittimità della proroga accordata dalla Regione alla soc. MA&D ed il conseguente subingresso riconosciuto –all’interno di un rapporto autorizzatorio ormai minato da una causa decadenziale- alla soc. Futuris aquilana. Può inoltre così prescindersi dalla collegata questione –oggetto di un intenso e meticoloso dibattito processuale fra le parti- relativa alla tardività o meno della dichiarazione di avvio lavori resa alla Regione dalla società M&D, (dichiarazione da presentare entro un anno dal rilascio dell’autorizzazione, vale a dire entro il 30.8.2011), visto che quand’anche tale dichiarazione fosse stata resa nei termini indicati dalle controinteressate (vale a dire per l’appunto entro il 30.8.2011, nonostante le diverse indicazioni del protocollo regionale, che indicano l’8.9.2011), la dichiarazione stessa risulterebbe comunque non veridica ed irrilevante, proprio per l’acclarata tardività di un adempimento decisivo (quello appunto relativo al tempus di stipula dei preliminari di vendita), tardività che esclude in radice che possa essersi oggettivamente verificato un tempestivo inizio lavori, indipendentemente dal fatto che la società autorizzata l’abbia dichiarato alla Regione.
In conclusione, il ricorso e gli allegati motivi aggiunti trovano accoglimento –assorbito ogni altro motivo- in relazione ai due profili censori condivisi dal collegio, con conseguente caducazione giurisdizionale degli atti impugnati.
Sussistono ragioni che consigliano la compensazione delle spese lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione;
Compensa le spese.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Mollica,Presidente
Paolo Passoni,Consigliere, Estensore
Maria Abbruzzese,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo, (Sezione Prima), sentenza n.793 del 12 novembre 2014, sulle autorizzazioni uniche per impianti a biomasse
 
N. 00793/2014 REG.PROV.COLL.
 
N. 00697/2010 REG.RIC.
 
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REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 697 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Comitato Civico La Terra dei Figli, Associazione Culturale La Fiaccola, Centro Sociale Anziani, Asd Monticchio 88, Confraternita Maria Vergine Addolorata, Enrico Cocciolone, Evandro Aloisio, Massimo De Simone, Vincenzo Sacchetti, Vincenzo Masci, Serafino Nardecchia, Angelo Cocciolone, Giovanni Civisca, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Camerini, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, via Garibaldi,62; 
contro
Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; Comune di L'Aquila in Persona del Sindaco P.T., Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente in Persona del Legale Rappresentante P. T., Autorita' dei Bacini di Rilievo Regionale dell'Abruzzo e del Bacino Regionale del Fiume Sangro, Ministero dello Sviluppo Economico in Persona del Ministro P. T., Ministero dell'Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco in Persona del Ministro P. T.; Provincia di L'Aquila in Persona del Presidente P. T., Amministrazione Provinciale dell'Aquila, rappresentati e difesi dagli avv. Pierfranco De Nicola, Francesca Tempesta, con domicilio eletto presso Provincia Ufficio Legale in L'Aquila, via Monte Cagno, 3; Consorzio Per il Nucleo di Sviluppo Industriale dell'Aquila in Persona del Legale Rappresentante P. T., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso Roberto Avv. Colagrande in L'Aquila, via Ulisse Nurzia 26 - Pile; 
nei confronti di
Ma&D Power Engineering S P A, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Rencricca, Aldo Travi, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Rencricca in L'Aquila, via Ulisse Nurzia, 26; 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Pro Loco di Onna, rappresentato e difeso dagli avv. Marilena De Ciantis, Dario D'Alessandro, con domicilio eletto presso Avv. Marilena De Ciantis in L'Aquila, via Vado di Sole N. 12; 
ad opponendum:
Futuris Aquilana Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Travi, Maurizio Rencricca, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Rencricca in L'Aquila, via Ulisse Nurzia, 26; 
per l'annullamento
AUTORIZZAZIONE UNICA N 109 DEL 30/08/2010 DELLA DIREZIONE AFFARI DELLA PRESIDENZA, POLITICHE LEGISLATIVE E COMUNITARIE, PROGRAMMAZIONE PARCHI, TERRITORIO VALUTAZIONI AMBIENTALI, ENERGIA DELLA GIUNTA REGIONALE D'ABRUZZO PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO DI ENERGIA ELETTRICA ALIMENTATO DA BIOMASSE VEGETALI.
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T. e di Provincia di L'Aquila in Persona del Presidente P. T. e di Consorzio Per il Nucleo di Sviluppo Industriale dell'Aquila in Persona del Legale Rappresentante P. T. e di Ma&D Power Engineering S P A e di Amministrazione Provinciale dell'Aquila;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Il ricorso in epigrafe è stato proposto da varie rappresentanze del territorio specificate in epigrafe, avverso l’autorizzazione unica n. 109 del 30 agosto 2010 rilasciata alla soc. MA&D Power Engineering spa dai competenti servizi della Regione Abruzzo (direzione affari della Presidenza, Politiche legislative e comunitarie, programmazione parchi, territorio valutazioni ambientali, energia della Giunta regionale d’Abruzzo), per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomasse vegetali solide vergini, da ubicarsi nel comune dell’Aquila (con un progetto costituito da termovalorizzatore nella frazione di Bazzano, e da teleriscaldamento per la frazione di Onna).
Trattasi nella sostanza di un impianto inceneritore che –in luogo dei rifiuti solidi urbani- utilizza come combustibile le cd. biomasse, ossia la vegetazione ottenuta dai residui della pulizia urbana e dell’agricoltura, ricorrendo anche (ed è questo il caso di specie) alla produzione di legname mediante colture dedicate. Proprio l’utilizzo di questi termovalizzatori ha rappresentato fonte di preoccupazione fra la popolazione locale –organizzatasi nel territorio sotto varie forme di associazioni esponenziali- nel timore che la combustione possa rilasciare nell’aria sostanze pericolose per la salute della collettività di riferimento.
Con il gravame introduttivo è stato in particolare dedotto che:
-sarebbe mancato in capo al proponente il titolo di disponibilità delle aree di allocazione dell’impianto, titolo richiesto dall’art. 12 comma 2 della legge 378/03; né a tale carenza si sarebbe ovviato con la delibera di assegnazione (recte, di pre-assegnazione) adottata dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale aquilano nei confronti della soc. MA&D, perché ciò non presenterebbe alcuna equivalenza con la disponibilità titolata (proprietà od altro diritto reale) di cui parla la norma citata, tanto più all’interno di un regime di mera pre-assegnazione, nel quale difetterebbe finanche una compiuta assegnazione consortile delle aree di intervento;
-detta area ricadrebbe peraltro (come ammesso in atti dallo stesso Consorzio industriale, nella nota del 29.5.2009) in zona ricompresa nel Piano Stralcio per la difesa delle alluvioni, di cui alla delibera consiliare regionale n. 94/5 del 29.1.2008, senza tuttavia che l’Autorità di Bacino abbia manifestato alcun parere sul progetto in esame, e senza che la medesima Autorità sia stata comunque invitata a partecipare alla Conferenza (nonostante il carattere indispensabile del suo intervento, ai sensi dell’art. 1 comma 3 delle norme tecniche di attuazione; tra l’altro, anche se tale parere fosse stato acquisito, si tratterebbe di una zona a rischio idraulico di “pericolosità elevata” che, ai sensi degli artt. 17 e 18 delle NTA, inibirebbe in radice qualsiasi intervento di nuova costruzione (con specifico riguardo all’ambito territoriale di Onna, ove dovrebbe insistere l’impianto di teleriscaldamento, che fa parte integrante del progetto MM&D); ma quand’anche si trattasse di area classificata a pericolosità “media”, mancherebbero le due condizioni poste dal piano stralcio per la difesa dalle alluvioni (conformità ai piani di protezione civile, previo studio di compatibilità idraulica);
-sarebbe stata rilasciata dall’ARTA a favore dei MA&D una illegittima deroga ai limiti di emissione di composti di azoto (NOx) e di anidride carbonica (CO), con specifico riguardo alla prescrizione di delibera di giunta regionale n. 517/2007, che impone agli impianti che rilasciano emissioni nell’aria un livello di emissioni inferiore del 30% rispetto agli standard nazionali (la deroga consente un abbattimento limitato al 20%); secondo i ricorrenti, tali deroghe non potrebbero riguardare (come avvenuto nella specie) singoli impianti, ma solo “specifiche categorie di impianti”, secondo quanto prescritto dall’art. 272 del d.leg.vo 152/2006;
-l’autorizzazione unica impugnata nulla avrebbe disposto in ordine ad un rilevante elemento della struttura costituito dalla programmata coltivazione di pioppi per 500 ettari, che rappresenta una delle fonti di approvvigionamento dell’impianto; quanto sopra anche in violazione della DGR 12 aprile 2007 n. 351 e della L.R. del 27 agosto 2007, che impone al proponente di indicare nella sua domanda le modalità con cui prevede di approvvigionarsi di materie prime; né comunque il piano di approvvigionamento presentato da MA&D fornirebbe alcuna certezza in merito alla disponibilità dei quantitativi di biomasse da colture dedicate, affidata ad un costituendo consorzio che, al momento dell’esame da parte della conferenza dei servizi non esisteva ancora, senza poter garantire alcunché sulla propria attività; il piano indicherebbe poi solo in modo generico –senza dimostrarne la concreta disponibilità- le aree di approvvigionamento, all’interno delle quali dovrebbero venire insediate le colture dedicate (due ampie zone della Marsica, ed un’altra sulla costa teramana); si tratterebbe inoltre di territori protetti ricadenti all’interno di due parchi (parco regionale Velino Sirente e PNA), così che gli interventi de quibus avrebbero dovuto essere sottoposti a verifiche di compatibilità ambientale, e comunque avrebbero dovuto postulare un coinvolgimento dei Parchi nella valutazione del progetto, mediante rilascio di apposito nulla osta alla esecuzione delle forestazioni a pioppi; da qui la superficialità del via libera dato dalla conferenza di servizi in ordine al delineato profilo;
-la MA&D –in quanto società chiamata a procedere ad espropri per acquisire la disponibilità dei suoli ove effettuare l’intervento- non avrebbe fornito allo Sportello regionale per l’energia tutte le informazioni necessarie a dimostrare il possesso di un capitale sociale “pari al doppio della quota espropriativa stimata”, ai sensi dell’art. 5 dell’allegato A alla DGR 351/2007 recante criteri ed indirizzi per il rilascio dell’autorizzazione unica.
Con ordinanza n. 134 del 14.11.2011 il tar ha chiesto incombenti istruttori.
In data 12.3.13 i ricorrenti hanno proposto un primo atto di motivi aggiunti, una volta constatato che l’area oggetto di intervento risultava nello stato in cui trovavasi al momento del rilascio della predetta autorizzazione, senza nessuna attività compiuta medio tempore, e ciò nella dedotta violazione degli articoli 4 e 6 della autorizzazione unica n. 109 del 30.8.2010.
Dopo discussione nella pubblica udienza del 13.3.2013 (nella quale è stata annunciata la proposizione dei primi motivi aggiunti), il tar con sentenza parziale n. 316/13 ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva relativamente ai ricorrenti indicati in epigrafe, accogliendola invece nei confronti degli ulteriori ricorrenti Associazione culturale “la fiaccola”, Centro sociale Anziani, A.S. Monticchio 88, Confraternita Maria Vergine Addolorata, delle quali ha quindi disposto l’estromissione dal processo.
In data 30.7.2013 la Regione Abruzzo ha depositato in giudizio il progetto presentato da MA&D (la quale a sua volta ha depositato il 26.9.13 ulteriore documentazione), ed in seguito a tali sopravvenute cognizioni i ricorrenti hanno appreso:
-della delibera del Consorzio di Sviluppo Industriale di L’Aquila n. 331/2010 del 20.10.2010 di subentro della spa Futuris Aquilana alla srl Mad & Power (delibera peraltro non prodotta in giudizio dalle resistenti, ma conosciuta dai ricorrenti stessi, esaminando i contratti preliminari di compravendita prodotti dalla contro interessata);
-del provvedimento di variazione della titolarità in favore della srl Futuris Aquila dell’autorizzazione unica n. 109 del 30.8.2010 (e cioè del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo), rilasciato dalla regione Abruzzo con la determinazione dirigenziale dell’8.9.2011 (anche detto provvedimento non era stato prodotto in giudizio, ma menzionato nella premessa di altre documentazioni allegate);
-del provvedimento di modifica della anzidetta autorizzazione, adottato con la determinazione regionale del 30.7.13;
-dei pareri dell’ARTA Abruzzo del 12.7.2013 e del Comune dell’Aquila del 12.7.13;
-della determinazione regionale del 30.8.13, di proroga di 21 mesi del termine per la realizzazione dell’impianto;
Sono stati in particolare dedotti i seguenti, ulteriori profili censori:
-sarebbe stato superato il termine massimo di 12 mesi previsto dalla impugnata autorizzazione unica (art. 4 primo e secondo comma) per l’inizio-lavori, senza che entro la prescritta tempistica annuale la società autorizzata abbia comunicato e comunque mai dato corso all’avvio realizzativo dell’impianto; ed invero, detta tardività emergerebbe anche considerando quale prova di avvio lavori nella soggetta materia –come da combinato disposto dell’art. 2 comma 159 della legge 244/2007 e dell’art. 1 comma 75 della legge 239/2004-la dimostrazione “dell’acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto, nonché l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l’indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti di appalto o la stipulazione di contratti per l’acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all’impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell’iniziativa o l’ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato”. Infatti, secondo il patrono ricorrente, la stipulazione dei preliminari di acquisto dei terreni prodotti da MA&D sarebbe priva di data certa e quindi non dimostrerebbe affatto la tempestiva disponibilità delle aree (prima cioè del 30 agosto 2011, dies ad quem di scadenza annuale dell’autorizzazione unica), come confermato anche dalla registrazione, intervenuta solo nel settembre 2011 (per cause che la difesa di M&D riporta peraltro ad asseriti “ritardi” dell’Agenzia delle Entrate);
- parimenti, la formale dichiarazione di inizio lavori –che MA&D fa risalire al 25 agosto 2011 e che la stessa società sostiene di aver depositato presso gli uffici della Regione il giorno 29 agosto 2011- risulterebbe acquisita al protocollo regionale n. RA/183642 dell’8.9.2011, come emergerebbe nel preambolo della determinazione di proroga dell’autorizzazione unica “n. DA/13/172 del 30.8.2013” (sic); si sostiene pertanto che l’amministrazione avrebbe dovuto dichiarare la decadenza da tale autorizzazione, in luogo dell’illegittima proroga termini di 21 mesi del 30.8.13 e della parimenti illegittima voltura in pari data a favore della società subentrante (in presenza di un rapporto autorizzativo ormai decaduto);
- in ogni caso, i negozi preliminari in questione afferirebbero ad una società ora uscita di scena a seguito del subentro della srl Futuris aquilana, così come per l’accettazione del preventivo di connessione operato (anche in quel caso) da M&D, ormai disinteressata alla realizzazione dell’impianto; quanto alla gara per la realizzazione degli impianti, mancherebbe negli atti prodotti (anche in questo caso) la data certa e comunque tali atti sarebbero riferibili addirittura ad una terza società (spa FUTURIS) estranea alla vicenda;
-sarebbe stata avvalorata la decisiva fondatezza del primo motivo del ricorso introduttivo con il quale si è dedotta la mancata disponibilità del suolo ex art. 12 del d.leg.vo 387/2003, il cui comma 4 (aggiunto dall’art. 42 della legge 99/2009) prevede appunto che per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, “il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento e, comunque, prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”; come diffusamente argomentato nel precedente motivo, infatti, la Regione non si sarebbe accorta che gli atti preliminari di compravendita prodotti dalle controparti recano tutti la data apparente del luglio o agosto 2011 (mentre la registrazione è stata effettuata solo nel settembre 2011), con la conferma che alla data del 30.8.2010 (e cioè al momento del rilascio dell’autorizzazione) la M&D non avrebbe avuto le richieste disponibilità; in buona sostanza, anche a voler accedere alle tesi delle controparti secondo cui i preliminari dei contratti di compravendita sarebbero intervenuti tra luglio ed agosto 2011 (e non dopo il 30 agosto 2011, come sostenuto dai ricorrenti per desumere la tardività della dichiarazione di inizio lavori, rispetto al termine annuale dal rilascio dell’autorizzazione), i preliminari in questione sarebbero comunque irrimediabilmente tardivi, in relazione alla violata prescrizione di legge che avrebbe imposto alla ditta proponente di formalizzare tali disponibilità di suoli entro la data di rilascio dell’autorizzazione, senza che –per le ragioni illustrate nel ricorso introduttivo- possa essere valorizzata a detti fini la delibera di assegnazione del Consorzio industriale;
-nel progetto sarebbe previsto un piano interrato per il deposito delle biomasse -cd. ceppaie- (avente quota -5 m rispetto al piano di imposta del fabbricato), in contrasto con le NTA del Piano stralcio per la difesa dalle alluvioni, le quali vietano piani interrati per costruzioni che insistono (come nella specie) in zone caratterizzate da rischio idraulico;
-sempre dall’acquisito progetto M&D depositato il 2.8.13 dalla Regione, sarebbe emerso che la quasi totalità del lotto di intervento ricade all’interno della zona B1 del vigente piano regionale paesistico (zona a trasformabilità limitata), da ciò conseguendo che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto alla procedura di verifica ambientale, tenuto conto della vicinanza di due siti di interesse comunitario (fiume Vera e la dolina di Monticchio);
-sussisterebbe un difetto di motivazione nel rilascio dell’avversata proroga a favore della soc. Futuris Aquilana, visto che si fa appello alla “situazione post sisma” come causa dei ritardi, nonostante l’autorizzazione sia stata rilasciata ben dopo il sisma di aprile 2009 (30.8.2010);
-il progetto assentito prevede una alimentazione dell’impianto dal taglio di 500 ettari di piante di pioppo, ma tale essenza avrebbe acquisito medio tempore un regime di protezione ormai incompatibile con il predetto programma; eppure la proponente non avrebbe indicato alcuna biomassa vegetale alternativa e tantomeno ne avrebbe dimostrato provenienza e disponibilità; in ogni caso il bacino indicato nel progetto per l’approvvigionamento delle biomasse avrebbe un raggio di ben 70 Km dall’impianto, in concorrenza con una altra ventina di impianti a biomasse, con un vulnus evidente all’equilibrio ecologico ed ambientale del territorio di riferimento.
In data 5 ottobre 2013 ha proposto intervento ad adiuvandum l’Associazione Pro Loco di Onna, con cui sono stati enfatizzati e sviluppati alcuni rilievi censori proposti dai ricorrenti; quanto sopra, con particolare riguardo alla deroga concessa dall’ARTA alla MA&D, finalizzata a ridurre solo al 20% (anziché al 30%) l’abbattimento rispetto ai livelli nazionali dei limiti di emissioni nocive alla salute; in proposito si è sostenuto che la letteratura scientifica internazionale avrebbe documentato –nelle popolazioni soggette alle emissioni derivanti dalla combustione di biomasse- una maggiore esposizione a zinco, rame, piombo, manganese, benzene ed altri idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi potenti cancerogeni), con effetti sull’asma e sulla funzionalità respiratoria, dovuti in particolare ai fumi di legna; i pericoli per la salute risulterebbero poi potenziati dalle emissioni prodotte dal traffico pesante indotto nell’area interessata dall’entrata in funzione dell’impianto (ivi compresi gli automezzi necessari per i conferimenti di biomasse e per il ritiro e lo smaltimento delle ceneri).
Per la reiezione del gravame e dei suoi motivi aggiunti si sono invece costituiti in giudizio la Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall’avvocatura distrettuale dello Stato, la soc. Ma&D (alla quale si è affiancata in corso di causa la difesa tecnica della soc. Futuris Aquilana) ed il Consorzio di sviluppo industriale di L’Aquila; sono state al riguardo prodotte puntuali memorie a confutazione –punto per punto- delle doglianze sopra illustrate;
Con ordinanza istruttoria 504/14 del 3.6.14 (poi regolarmente adempiuta) sono stati disposti altri incombenti conseguenti al mancato deposito, da parte dei patroni resistenti, di alcuni atti e provvedimenti impugnati, ed in prossimità dell’odierna pubblica udienza del 22.10.14 –durante la quale la causa è stata trattenuta a sentenza- le parti hanno diffusamente argomentato le loro ragioni.
DIRITTO
Il ricorso trova assorbente accoglimento per la fondatezza di due rilievi censori. Il primo –già di per sé di carattere pregiudiziale e preclusivo - afferisce alla progettazione del contestato impianto a biomasse approvata dalla Regione mediante l’autorizzazione unica oggetto di impugnativa (con specifico riguardo alla presenza di un locale interrato, non consentito dal piano regionale per la difesa dalle alluvioni, in territorio soggetto a precauzione idrogeologica). Il secondo rilievo censorio (che il collegio esamina ad abundantiam, stante l’illegittimità in radice della progettazione autorizzata), riguarda l’illegittimità dell’atto di proroga dei termini rilasciato dalla Regione per la realizzazione dell’impianto, proroga intervenuta nonostante un tardivo adempimento della società autorizzata (meglio descritto in seguito, e comunque già illustrato in narrativa), che avrebbe dovuto piuttosto determinare la decadenza tout court dal rapporto autorizzatorio, per mancato inizio lavori entro il prescritto termine annuale.
Passando al primo punto, si è sopra anticipata la fondatezza del motivo aggiunto, con cui è stata dedotta la violazione delle norme tecniche di attuazione del Piano stralcio per la difesa delle alluvioni approvato dal consiglio regionale d’Abruzzo con la delibera n. 94/5 del 29.1.08. Tale normativa stabilisce che nelle zone caratterizzate da rischio idraulico (come nel caso di specie), le costruzioni non devono contenere piani interrati. Eppure nel progetto depositato dalla Regione in corso di causa, è emersa la presenza di un deposito per lo stoccaggio delle biomasse (cd. ceppaie) pacificamente posto sotto terra a quota -5 m rispetto al piano di campagna. Trattasi di una violazione frontale delle predette NTA, capace di esporre l’impianto ad un pericolo assoluto per la sicurezza della collettività, atteso che la presenza delle biomasse in locali interrati –in territori per l’appunto caratterizzati da forti rischi di esondazione del fiume Aterno (l’ultima è del dicembre 2010, ben nota alla popolazione aquilana)- comporterebbe, alla prossima non auspicata calamità alluvionale della zona, il probabile trascinamento incontrollato e devastante di tonnellate di materiale, veicolato in superficie dalla furia dell’acqua. La difesa delle controinteressate ha insistito, con apposita perizia e con dovizia di richiami tecnico/edilizi, sul fatto che si tratterebbe non già di un locale in senso stretto, bensì di un mero “volume tecnico” non accessibile alle persone (una benna sopra il piano di compagna provvederebbe volta per volta al prelievo del materiale). Tuttavia la esposta linea difensiva –di cui non si discute il pregio “estetico” e suggestivo del patrono che l’ha abilmente formulata- sembra ignorare l’effettiva ragione della misura precauzionale ed inibitoria voluta dalle NTA, ragione collegata alla rappresentata esigenza di evitare, almeno nei territori a rischio, l’accumulo di materiale sotto terra, idoneo ad essere spinto in superficie da masse d’acqua fuori controllo. Nel delineato contesto –nel quale non va escluso il riferimento di cronaca ai disastrosi eventi idrogeologici, che dall’ultimo decennio flagellano il territorio italiano con frequenze sempre più inquietanti e ravvicinate- resta trascurabile la discettazione se tale locale possa o non possa essere raggiunto dall’uomo mediante appositi ingressi che nella specie mancherebbero, visto che –quand’anche si trattasse di mero volume tecnico di stoccaggio di materiale, soggetto a prelievo mediante macchinari azionati dall’uomo sopra il piano di campagna- tale circostanza si paleserebbe del tutto irrilevante sull’esposto pericolo di tracimazione delle biomasse custodite sotto terra; ne consegue che –a tutto voler concedere- occorrerebbe postulare una interpretazione orientata ed estensiva del disposto delle NTA del Piano Stralcio per la difesa dalle alluvioni, laddove il divieto realizzativo viene riferito ai soli “locali interrati” in senso stretto e non anche ai volumi tecnici, che parimenti sono preordinati all’accumulo ed allo stoccaggio di materiali, altamente pericolosi in caso di loro fuoriuscita, a seguito di eventi calamitosi.
La progettazione dell’impianto a biomasse resta pertanto insanabilmente inficiata da tale previsione costruttiva, con conseguente illegittimità dell’avversata autorizzazione regionale.
Come parimenti esposto in apertura, va poi condivisa la doglianza circa la grave negligenza istruttoria in cui è incorsa la Regione nell’istruzione autorizzatoria di impianto a biomasse, per di più in un contesto sociale e territoriale di particolare delicatezza acuita dai postumi del sisma.
Resta evidente in particolare la superficialità con cui l’amministrazione procedente –prima di accordare la proroga per l’inizio lavori e di autorizzare il subentro alla nuova società Futuris aquilana- non ha verificato la data certa dei contratti preliminari di compravendita di beni immobili stipulati a titolo oneroso dalla soc. M&D, al fine della dovuta verifica del rispetto del termine massimo decadenziale di 12 mesi dal rilascio dell’autorizzazione (in scadenza il 30.8.2011) entro cui la medesima società M&D avrebbe dovuto dare prova dell’avvenuta acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto (quale “sintomo” prodromico di quell’inizio dei lavori da dimostrare entro l’anno dal rilascio dell’autorizzazione unica). Tali negozi riportano date “rassicuranti” che precedono il citato dies ad quem, ma la loro registrazione è intervenuta solamente nel corso di settembre 2011.
Come noto, i contratti preliminari di compravendita di beni immobili a titolo oneroso sono soggetti a registrazione obbligatoria, in virtù di quanto previsto dalla parte prima della tariffa allegata al DPR 131/1986, ed ai sensi dell’art. 18 della stessa normativa la registrazione è adempimento necessario per dare data certa ai contratti preliminari.
La difesa di M&D ha sostenuto che la Regione legittimamente avrebbe concesso la proroga senza chiedere elementi integrativi in ordine “ad una data precisa che francamente non è in discussione”, visto tra l’altro che la prova della effettiva conclusione dei preliminari nei tempi ivi indicati (lungi dal rivestire connotati di accertamento istruttorio) avrebbe dovuto rappresentare un onere di “prova essenziale” a carico di colui che sostiene la non veridicità delle risultanze temporali indicate negli atti in questione. In realtà, qui si verte non sul regime probatorio (processuale e/o procedimentale) della contestazione di un dato affermato da controparte, bensì –ben più a monte- proprio sul rispetto o meno dei dovuti adempimenti istruttori da parte dell’autorità procedente; quest’ultima era tenuta per l’appunto a garantire che il prerequisito della disponibilità dei terreni (benevolmente equiparato dal legislatore ad un inizio lavori, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2 comma 159 della legge 244/2007 e dell’art. 1 comma 75 della legge 239/2004) fosse –“quantomeno” verrebbe da dire- accertato mediante un rigoroso scrutinio di tempestività di tale prerequisito, senza fermarsi ad una sorta di presunzione di veridicità delle date di stipula dichiarate dalle parti; tale presunzione si manifesta infatti, non solo incompatibile con la citata normativa tributaria, ma anche del tutto illogica nel doveroso contesto di vigilanza e controllo (ovviamente ad impulso d’ufficio, senza attendere improbabili contestazioni altrui), che la Regione deve attivare sua sponte nel corso delle fasi procedimentali, esecutive e di gestione del delicato insediamento produttivo.
Né alcun rilievo sanante può riferirsi al fatto che i rogiti di acquisto abbiano poi riportato “fedelmente” le date di sottoscrizione dei preliminari (tutte precedenti il 25 agosto 2011), visto che il notaio non è chiamato a dare certezza ex post a tali date, né potrebbe in alcun modo arrivare a tanto, atteso che solo la registrazione del negozio può adempiere a tale funzione e comunque mai in modo retroattivo. E che le parti abbiano confermato davanti al notaio, con atto pubblico, di aver sottoscritto i preliminari nella data indicata nei rispettivi atti, ovviamente, rappresenta una circostanza neutra (oltre che in qualche modo prevedibile), che in nulla incide sullo scenario sopra rappresentato.
Quanto poi ai presunti e generici ritardi in cui sarebbe incorsa l’Agenzia delle Entrate nella registrazione dei preliminari (intervenuta solo a settembre 2011, oltre la scadenza del 30 agosto 2011), trattasi di affermazione del tutto apodittica e poco comprensibile, formulata dalla difesa delle controinteressate, nel tentativo di giustificare una data certa obiettivamente tardiva.
Va pertanto condivisa anche la doglianza mirata a ravvisare l’illegittimità della proroga accordata dalla Regione alla soc. MA&D ed il conseguente subingresso riconosciuto –all’interno di un rapporto autorizzatorio ormai minato da una causa decadenziale- alla soc. Futuris aquilana. Può inoltre così prescindersi dalla collegata questione –oggetto di un intenso e meticoloso dibattito processuale fra le parti- relativa alla tardività o meno della dichiarazione di avvio lavori resa alla Regione dalla società M&D, (dichiarazione da presentare entro un anno dal rilascio dell’autorizzazione, vale a dire entro il 30.8.2011), visto che quand’anche tale dichiarazione fosse stata resa nei termini indicati dalle controinteressate (vale a dire per l’appunto entro il 30.8.2011, nonostante le diverse indicazioni del protocollo regionale, che indicano l’8.9.2011), la dichiarazione stessa risulterebbe comunque non veridica ed irrilevante, proprio per l’acclarata tardività di un adempimento decisivo (quello appunto relativo al tempus di stipula dei preliminari di vendita), tardività che esclude in radice che possa essersi oggettivamente verificato un tempestivo inizio lavori, indipendentemente dal fatto che la società autorizzata l’abbia dichiarato alla Regione.
In conclusione, il ricorso e gli allegati motivi aggiunti trovano accoglimento –assorbito ogni altro motivo- in relazione ai due profili censori condivisi dal collegio, con conseguente caducazione giurisdizionale degli atti impugnati.
Sussistono ragioni che consigliano la compensazione delle spese lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione;
Compensa le spese.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Mollica,Presidente
Paolo Passoni,Consigliere, Estensore
Maria Abbruzzese,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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