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Impianti telefonia - autorizzazione - TAR Lazio, sez. II quater, sent. 4304 del 18.03.2015

Pubblico
Lunedì, 30 Marzo, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Quater), sentenza n. 4304 del 18 marzo 2015, sull'autorizzazione installazione impianto telefonia mobile per silenzio assenso 
 
 
N. 04304/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 06559/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Seconda Quater)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 6559 del 2014, proposto da: 
Carlo Calvani, Giandomenico Stefania, Giandomenico Adriano, Rolli Roberta, Pragliola Ivan, Torrisi Maria Rita, Faelli Michele, Mancini Gianfranco, Cilona Marco, Maini Roberto, Lunetta Cinzia, Tocci Piergiovanni, Tonello Giuliano, Ruffin Paola, Nicolas Y Alvarez Eduardo Graciano, Natoli Stefania, Comitato No Antenne Infernetto, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Michele Guzzo, con domicilio eletto presso Michele Guzzo in Roma, Via G. Nicotera, 29; 
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall' avv. Angela Raimondo, dell’avvocatura comunale, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21; 
Agenzia Regionale Protezione Ambiente - Arpa Lazio; 
Soc Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Erica Deuringer, Martina Fasolino, con domicilio eletto presso l’avv. Erica Deuringer in Roma, Via Polibio, 45; 
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Angela Mariani, con domicilio eletto presso l’avv. Angela Mariani in Roma, Via Marcantonio Colonna,27; 
per l'annullamento
dell’ autorizzazione rilasciata mediante silenzio assenso in riferimento alla domanda di Vodafone Omnitel n. 27534 del 14.03.14 per l'installazione di una stazione radio base per telefonia mobile in via della Cacciuta/via Laces 6, Roma - Municipio X.
Del parere reso dall’ARPA Lazio Sezione provinciale di Roma, prot. 39027 del 12.4.2013;
della Valutazione Ambientale Preliminare (V.A.P.) di estremi ignoti di Roma Capitale;
della autorizzazione paesaggistica del 2.12.2013 della Regione Lazio, trasmessa con nota del 2.12.2013;
del provvedimento di cui alla nota del 12.3.2014 prot. n. 35516 di Roma Capitale;
ove occorra, del permesso di costruire o di altro titolo edilizio, non conosciuto, eventualmente assentito da Roma Capitale;
di ogni ulteriore atto presupposto, susseguente o comunque connesso.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Soc. Vodafone Omnitel N.V. e di Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2014 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, i ricorrenti impugnano l’ autorizzazione rilasciata mediante silenzio assenso per l'installazione da parte di Vodafone Omnitel di una stazione radio base per telefonia mobile in via della Cacciuta/via Laces 6, Roma - Municipio x, nonché tutti gli atti presupposti meglio indicati in epigrafe.
Essi sono tutti residenti in aree limitrofe al luogo di realizzazione della stazione radio base.
Espongono i ricorrenti, in punto di fatto, che in data 12.3.2014 la Vodafone aveva realizzato un palo alto circa 24 metri, sul quale sono state montate numerose parabole ed antenne che risultano già in funzione.
Successivamente, in data 27 marzo 2014, sul proprio sito web, il Municipio X comunicava alla cittadinanza la richiesta di Vodafone di installazione della stazione radio base, risalente a oltre un anno prima (14.3.2013) e chiedeva di far pervenire, entro i termini di formazione del silenzio – assenso, osservazioni e comunicazioni.
Tale avviso risulta essere stato pubblicato a seguito della nota del 12.3.2013, prot. 35516 del Comune di Roma con cui veniva chiesto al Municipio X di porre in essere tutti gli adempimenti istruttori di propria competenza di cui al Protocollo di intesa sottoscritto tra il Comune di Roma e i gestori di telefonia mobile in data 5.7.2004 e del successivo Addendum, nonostante la stazione radio base fosse già stata realizzata.
Il ricorso è articolato in varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, in particolare incentrate sulla violazione del Protocollo di intesa sottoscritto tra il Comune di Roma e i gestori di telefonia mobile in data 5.7.2004 e del successivo Addendum, laddove si prevede la previa informazione della cittadinanza in ordine all’avvio del procedimento di realizzazione di una stazione radio base.
Il comune di Roma si è costituito ed ha depositato una memoria difensiva, corredata da documenti, nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
Anche Vodafone Omnitel B.V. si è costituita ed ha depositato una memoria nella quale ha in primo luogo eccepito la carenza di legittimazione e di interesse ad agire dei ricorrenti e ha quindi comunque chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
Infine, si è costituita la Regione Lazio, insistendo anch’essa sulla legittimità del suo operato e sulla infondatezza del ricorso.
Tutte le parti costituite hanno depositato memorie per l’udienza di discussione, insistendo e ulteriormente argomentando le loro precedenti difese.
All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Vanno in primo luogo disattese le eccezioni di inammissibilità per carenza di legittimazione e di interesse prospettate da Vodafone s.p.a.
Il collegio ritiene infatti che nel caso di specie sussista la legittimazione attiva dei ricorrenti in quanto residenti nei dintorni dell’area in cui è stata realizzata la contestata stazione radio-base, in applicazione del noto criterio, elaborato dalla giurisprudenza amministrativa, della vicinitas ( cfr. tra le recenti Cons. St., VI sez. n. 2234 del 2012). Essi hanno documentato mediante la produzione di certificati di residenza tale circostanza.
Quanto all’interesse a ricorrere, non si ritiene di poter condividere quanto affermato da Vodafone nella sua memoria, secondo la quale non vi sarebbe interesse al ricorso in quanto l’ARPA ha dato il suo parere favorevole, così escludendo la sussistenza di rischi per la salute umana, in quanto la circostanza che un procedimento amministrativo sia stato connotato dall'intervento di tutti i pareri previsti dalla legge, non comporta necessariamente la legittimità del provvedimento finale e la sua incapacità di ledere posizioni giuridiche soggettive (cfr. sul punto T.A.R. sez. I Napoli , Campania 6/07/2014, n. 3976).
3. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione dei principi in materia di informazione e partecipazione al procedimento, l’art. 7 e 9 della l. 241/90, la violazione del Protocollo di intesa sottoscritto tra il Comune di Roma e i gestori di telefonia mobile il 5.7.2004 e il relativo Addendum del 22.7.2004, la violazione dell’art. 87 del d.lgs. 259/2003, l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, manifesta illogicità ed irragionevolezza, in quanto la procedura descritta dal citato art. 87 va integrata, secondo quanto affermato dal TAR Lazio, sez. II bis, 27 gennaio 2014 n. 1021, con quanto disposto dal Protocollo di Intesa, il quale prevede l’obbligo preventivo di informare i Municipi delle richieste di installazione di nuovi impianti, i quali poi informeranno i cittadini.
Nel caso di specie, invece, tale obbligo partecipativo non è stato assolto.
Con il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente al primo, i ricorrenti deducono ancora la violazione dei principi in materia di informazione e partecipazione al procedimento, l’art. 7 e 9 della l. 241/90, la violazione del Protocollo di intesa sottoscritto tra il Comune di Roma e i gestori di telefonia mobile il 5.7.2004 e il relativo Addendum del 22.7.2004, la violazione dell’art. 87 del d.lgs. 259/2003, eccesso di potere per carenza di istruttoria, manifesta illogicità ed irragionevolezza, in quanto l’avviso pubblicato sul proprio sito web in data 27.3.2014 dal Municipio X è irrimediabilmente tardivo e inidoneo ad assolvere agli obblighi partecipativi posti dal Protocollo, posto che esso è intervenuto quando la stazione radio base era già stata costruita e dunque ben oltre la scadenza dei termini procedimentali per la formazione del silenzio assenso.
Entrambi i motivi sono fondati e pertanto devono essere accolti.
Come affermato sul punto dalla sez. II bis, nella sentenza 27 gennaio 2014, n. 1021, “non vi è dubbio che le procedure applicabili per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione dell’impianto siano quelle di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, con l’obbligo per l’ufficio di istruire e concludere il procedimento entro il termine di 90 giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, ritenendo accolte per silenzio assenso le domande in caso di superamento di detto termine. Ma tale procedura, nel caso specifico, va completata con quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa e dall’Addendum, sottoscritti dalle parti, che “impegnano” le stesse con una serie di adempimenti procedimentali “per regolamentare gli impianti di SRB presenti sul territorio urbano al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione e l’impatto ambientale degli stessi”. Tra gli impegni del Comune previsti dal Protocollo vi è anche quello di “informare i Municipi delle richieste di installazione dei nuovi impianti” e in base a ciò “i Municipi provvederanno all’informazione ai cittadini”.
Sostiene, infatti, il TAR che il Protocollo di intesa “costituisce, sul piano sostanziale, un atto regolamentare che, nel rispetto della normativa statale e regionale vigente, definisce la volontà oggettivamente consacrata negli specifici impegni delle società concessionarie e del Comune di Roma”.
Pertanto, conclude la citata sentenza, “il perfezionamento della fattispecie del silenzio assenso presuppone la presenza di elementi necessari all’esame della domanda e quindi il procedimento autorizzatorio per silentium non si forma quando manca un parere necessario o, come nella specie, una fase istruttoria propedeutica venga omessa (..).”
Le argomentazioni svolte dal Tar sono state sostanzialmente confermate dal Consiglio di Stato, sez. III, nella recente sentenza 23 gennaio 2015, n. 306, resa proprio in sede di appello sulla pronuncia della Sezione II bis.
Infatti, in quella occasione il Consiglio di Stato ha in primo luogo espressamente affermato la natura regolamentare del Protocollo di intesa e la sua attitudine a costituire un parametro per valutare la legittimità dei relativi atti autorizzativi.
Afferma infatti testualmente il Consiglio di Stato che: “Il Protocollo d’Intesa, fissando una disciplina generale per il rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti radio base di telefonia mobile e prevedendo regole generali (ed astratte) di regolamentazione dei (futuri) procedimenti in materia, costituisce, sul piano sostanziale, un atto regolamentare, la cui peculiarità consiste peraltro nel fatto che la volontà normativa si è espressa con l’adesione del Comune ad una procedura partecipata e mediante l’acquisizione del consenso, nel Protocollo d’intesa, dei gestori dei concessionari di telefonia mobile.”
Con riferimento alla specifica questione della mancata formazione del titolo per silentium in caso di mancata preventiva partecipazione del Municipio e informazione dei cittadini, il Consiglio di Stato ha ritenuto corretta la valutazione compiuta dal TAR, ma ha altresì rilevato, nel caso sottoposto al suo esame, la presenza di un atto autorizzatorio espresso, successivo al decorso dei termini per la formazione del silenzio assenso, da parte del comune di Roma, ritenendo così superata la questione della mancata formazione del silenzio assenso.
Il Consiglio di Stato infatti ha testualmente affermato che: “Se è vero, infatti, che, come affermato dal T.A.R., la mancata (tempestiva) partecipazione al procedimento del competente Municipio X (determinata dall’erroneo coinvolgimento nel procedimento di altro Municipio) non ha consentito la formazione del silenzio assenso, sulla domanda proposta dalla società Ericsson, allo spirare del termine, di cui all’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, di novanta giorni dalla presentazione della domanda, tuttavia, come risulta sempre dagli atti, a seguito del successivo coinvolgimento nel procedimento del Municipio X, il competente Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale ha deciso, con determinazione n. 9161 del 3 febbraio 2012, di non intervenire in autotutela sull’autorizzazione (che si riteneva già formata), perché non si ritenevano mancanti i requisiti di legge necessari ai fini del rilascio (in modo espresso o tacito) dell’autorizzazione. Con tale atto, che ha sicura natura provvedimentale, il competente dipartimento di Roma Capitale ha quindi ritenuto, a seguito di una rinnovata valutazione complessiva della questione (sollecitata proprio dal Municipio X), che la società Ericsson doveva ritenersi abilitata alla realizzazione dell’impianto per il quale aveva fatto richiesta, con ciò ritenendo esente da vizi l’autorizzazione rilasciata e, comunque, sanati gli eventuali vizi procedimentali.”
Ora, ritenendo di dover fare applicazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza sul punto, osserva il collegio che nel caso in esame non si rinviene alcun atto successivo al decorso dei termini la formazione del silenzio assenso che possa far ritenere sanata la carenza procedimentale concernente la mancata tempestiva informativa del Municipio X e la conseguente informazione della cittadinanza.
Pertanto, non può che essere affermata, seguendo sul punto le indicazioni fornite dalla giurisprudenza sia di primo che di secondo grado (nei termini che si sono detti), la mancata formazione della autorizzazione per silentium.
Infatti, la tardiva effettuazione delle comunicazioni previste dal Protocollo, quando ormai la stazione radio base era ultimata ed entrata in funzione, non può valere a sanare la mancata preventiva partecipazione procedimentale, la quale ha un senso solo se avviene appunto preventivamente, in modo da consentire alla cittadinanza una adeguata informazione e al Municipio la possibilità di indicare nuovi siti più adeguati.
In questi termini si è espressa testualmente anche la sentenza n. 1021 del 27 gennaio 2014 di questo TAR, la quale ha ribadito che: “La comunicazione preventiva al Municipio competente, come disposto dal Protocollo d’Intesa, costituisce una fase propedeutica alla conclusione del procedimento, che consente una dialettica procedimentale, prima del rilascio del titolo autorizzativo, sull’individuazione da parte del Ufficio competente per territorio dei siti alternativi a quelli richiesti in domanda ed è disciplinata con una procedura che ha una tempistica (30 giorni) inferiore rispetto a quella della conclusione del procedimento, di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, rispettandone così le finalità acceleratorie e di procedimento unico dello stesso.”
Non può pertanto attribuirsi rilievo alla mancanza di formali osservazioni da parte del Municipio X, dopo l’avvenuta conoscenza della domanda, né è possibile considerare la successiva comunicazione come una sanatoria del vizio procedimentale.
Sostiene infine Vodafone nella sua memoria che dovrebbe comunque farsi applicazione dell’art. 21 octies della l. 241/90, il quale sarebbe applicabile anche in casi in cui il provvedimento presenti margini di discrezionalità.
La tesi della controinteressata non può qui trovare accoglimento.
L’art. 21 octies della l. 241/90 al comma 2, prima parte, prevede che: “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”
Ora, va in primo luogo rilevato che qui non si verte in un caso di annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo per la violazione di norme sul procedimento, bensì della formazione del silenzio assenso su di un’istanza, effetto che consegue solo quando l'istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità che risultino dalla documentazione allegata all'istanza (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, n. 63 del 13/01/2014).
La violazione di una norma procedimentale nell’ambito della procedura per la formazione del silenzio assenso, quando essa abbia valenza sostanziale in quanto finalizzata – come nel caso di specie – a rendere edotta il Municipio e la popolazione della prossima realizzazione di un sito potenzialmente dannoso per la salute e a trovare eventuali soluzioni alternative, comporta la mancata formazione del titolo per silentium. Detta omissione procedimentale, dunque, non rientra nel campo di applicazione dell’art. 21 octies, a meno di non dare di questo articolo una lettura amplissima, oltre il suo tenore letterale.
Comunque, anche qualora volesse accedersi alla tesi della applicabilità dell’art. 21 octies a questa ipotesi di silenzio assenso, considerandola come un provvedimento tacito, occorre ancora una volta sottolineare che nel caso di specie non ci troviamo di fronte ad una semplice mancata comunicazione di avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 241/90, ma alla violazione di una specifica procedura di partecipazione procedimentale, prevista dal più volte citato Protocollo, in un settore di rilevanza ambientale con implicazioni di salute pubblica, volta a coinvolgere il Municipio e la cittadinanza interessata dalla prossima realizzazione di un impianto potenzialmente inquinante per le emissioni eltrettromagnetiche. E’, in sostanza, la previsione di una forma di partecipazione pubblica in materia ambientale, latamente riconducibile all’ambito di applicazione della Convenzione di Aarhus, istituita al fine di ridurre, in via preventiva, le obiezioni della popolazione interessata e comunque di trovare, ove possibile, soluzioni concordate.
In secondo luogo, va rilevato che l’esito del procedimento di formazione del silenzio assenso (ovvero il provvedimento autorizzatorio tacito) nel caso in esame, non può ritenersi come vincolato posto che esso è subordinato alla valutazione della compatibilità paesaggistica (valutazione di carattere squisitamente discrezionale) dell’impianto oltre che all’accertamento di condizioni di fatto e di diritto che appunto nella controversia in esame sono contestate, quali l’esatta rappresentazione dello stato dei luoghi ai fini della verifica del rispetto delle distanze e dei valori di emissioni elettromagnetiche, l’esistenza di ulteriori profili di rilevanza archeologica da apprezzare da parte degli organi preposti, ecc.
In conclusione, dunque, il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno accolti.
Con il terzo morivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la mancanza del permesso di costruire, richiesto dall’art. 3, comma1, lett. e.4) del DPR 6.6.2001, n. 380.
Sul punto osserva il collegio che, come di recente affermato anche da questa sezione (T.A.R. sez. II quater Roma , Lazio, 9.1.2015, n. 282), per giurisprudenza costante per la realizzazione di impianti per telecomunicazioni non occorre alcun permesso di costruire, ma è prescritta solo l'autorizzazione da rilasciarsi secondo il procedimento di cui all'art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003. Infatti, la disciplina dettata dal d.lgs. n. 259 del 2003 costituisce normativa speciale e compiuta, per cui prevale sulla disciplina generale dettata dal T.u. dell'edilizia; la compiutezza della disciplina di cui al d.lgs n. 259 del 2003, fa ritenere, dunque, che i titoli abilitativi da esso previsti, malgrado la identità del nomen con gli istituti previsti dal T.U dell'edilizia siano provvedimenti del tutto autonomi che assolvono integralmente le esigenze proprie delle telecomunicazioni e le esigenze territoriali alla cura degli enti locali; il che è desumibile, d'altronde, dalla singolarità del procedimento, dalla qualificazione di opere di urbanizzazione primaria, nonché dalla necessità cui è finalizzata la disciplina del d.lgs. n. 259 del 2003, di semplificare l'attività edilizia relativa alle infrastrutture di comunicazione elettronica. (cfr. Consiglio di Stato n. 4557 del 2010; n. 3412 del 2010; n. 100 del 2005).
Nel caso di specie, tuttavia, la mancata formazione per silenzio assenso della autorizzazione fa sì che anche il titolo abilitativo edilizio non risulti essersi formato.
Il motivo, in questi termini, dunque va accolto.
Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 146, del d.lgs. 42/2004 nonché dell’art. 16 delle NTA del PRG di Roma Capitale, eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di presupposti in fatto ed in diritto per la mancata acquisizione del parere della Soprintendenza archeologica, nonostante per l’installazione della piattaforma in cemento armato su cui poggia l’antenna siano stati effettuati lavori di scavo e rinterri.
I ricorrenti hanno, a sostegno delle loro argomentazioni, prodotto una nota della Sovrintendenza speciale per i beni archeologici di Roma dell’8 aprile 2014, nella quale si afferma che l’area in questione è sottoposta a tutela ai sensi della parte III del D.lgs. 42/2004 e che pertanto l’intervento di essa per la tutela del sottosuolo archeologico è endoprocedimentale, nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/2004. La Soprintendenza archeologica, tuttavia, non ha ricevuto alcuna richiesta in merito e pertanto non è stato rilasciato alcun parere (v. allegato 7 della produzione dei ricorrenti).
La regione Lazio, nella sua memoria, ha contestato che sull’area in questione vi fosse alcun vincolo archeologico (circostanza invero non affermata nemmeno dai ricorrenti) ma solo un vincolo paesaggistico ed ha quindi ritenuto che fosse sufficiente la richiesta di parere alla Soprintendenza per i beni architettonici ed artistici, avvenuta in data 11 settembre 2013. Trascorsi 45 giorni dalla ricezione della relazione tecnica e proposta di provvedimento, la Soprintendenza non ha espresso alcun parere e la Regione ha pertanto provveduto ai sensi dell’art. 146, comma 9 d.lgs. 42/04.
Il motivo è fondato nei termini che si diranno.
Risulta inequivocabilmente dalla documentazione depositata in atti che tra i vincoli insistenti sull’area in questione vi sono i seguenti vincoli, previsti dal PRPR tavola B 29- Beni paesaggistici:
“- lettere c) e d) beni d’insieme: vaste località con valore estetico tradizionale, bellezze panoramiche;
- aree di interesse archeologico già individuate – beni lineari con fascia di rispetto”. (cfr. relazione tecnico urbanistica prodotta dalla Vodafone (allevato V1))
Per quanto riguarda il vincolo per le “aree di interesse archeologico già individuate” si tratta di una dizione usata dall’art. 41, comma 3, del PTPR, il quale così indica le zone di interesse archeologico sottoposte a vincolo: “aree, ambiti e beni puntuali e lineari nonché le relative fasce di rispetto già individuati dai PTP vigenti come adeguati dal PTPR (..)”
Si tratta dunque di un’ipotesi di vincolo paesaggistico ex lege, originariamente previsto dalla legge Galasso ed ora inserito alla lettera m) dell’art. 142 del D.lgs. 42/2004 per le “zone di interesse archeologico”.
Come ha affermato la giurisprudenza amministrativa, “la dichiarazione di vincolo paesaggistico di zone di interesse archeologico a norma della l. n. 1497 del 1939 costituisce uno dei diversi casi di c.d. tutela del paesaggio per categorie legali che si differenzia da quella di cui alla l. n. 1089 del 1939 in quanto ha ad oggetto non già, direttamente o indirettamente, i beni riconosciuti di interesse archeologico ma piuttosto il loro territorio.” (Consiglio di Stato, sez. IV, 10/12/2003, n. 8145)
Si tratta dunque sì di un vincolo paesaggistico, come sostiene la Regione Lazio, ma di una particolare tipologia di vincolo paesaggistico, per il quale la legge regionale 6.7.1998 n. 24 prevede all’art. 13, come modificato dall'art. 9, comma 2, della L.R. n. 18 del 9.12.2004, che " ogni modifica dello stato dei luoghi è subordinata all'autorizzazione paesistica ai sensi dell'articolo 25, integrata, per le nuove costruzioni, dal preventivo parere della competente soprintendenza archeologica".
Analoga previsione per la protezione di aree di interesse archeologico è previsto dall’art. 41, comma 5, del PTPR vigente, il quale prevede l’intervento infraprocedimentale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici per gli interventi di nuova costruzione o aumento di volumetria fuori sagoma e di demolizione e ricostruzione.
E’ dunque per questa ragione che nella nota dell’8 aprile 2014, depositata dai ricorrenti, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici ha affermato che la sua competenza sull’area è di natura endoprocedimentale, nell’ambito appunto della procedura per il rilascio della autorizzazione paesaggistica.
Ora è indiscusso che tale parere endoprocedimentale non sia mai stato chiesto alla Soprintendenza per i beni archeologici e pertanto l’autorizzazione paesaggistica di cui alla determinazione prot. n. 03330 del 2.12.2013 della Regione Lazio, pure impugnata nel presente ricorso come atto presupposto, deve ritenersi illegittima per la mancata acquisizione del prescritto parere.
Risulta inoltre violato il comma 8 dell’art. 16 delle NTA del PRG di Roma Capitale.
Occorre premettere, anche al fine di disattendere l’obiezione svolta sul punto dalla Vodafone nella sua memoria, che l’area in questione, appunto in quanto soggetta al vincolo paesaggistico per le zone di interesse archeologico (art. 142, lett. m) d.lgs. 42/2004), rientra di diritto, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 16 delle NTA, nella Carta della Qualità.
Nella relazione circa la dichiarazione di esistenza o inesistenza di vincolo sull’immobile ai sensi dell’art. d.lgs. n. 42/2004, prodotta in allegato all’istanza di autorizzazione ex art. 87 (v. documentazione prodotta tanto da Roma Capitale che da Vodafone), il tecnico ha invero affermato che nella Carta della Qualità l’immobile non è soggetto a vincoli specifici. Tale affermazione va tuttavia corretta alla luce di quanto disposto dall’art. 16, comma 2, delle NTA circa l’inserimento di diritto anche delle zone di interesse archeologico vincolate ex lege, le quali si aggiungono alle aree oggetto di vincoli specifici dettati dalla Carta della Qualità.
L’art. 16, comma 8 delle NTA prevede:
“8. La definizione progettuale degli interventi di categoria NC e NIU, o di qualsiasi intervento che comporti escavazioni, perforazioni o rinterri, è subordinata all’effettuazione di indagini archeologiche preventive, a cura e spese del soggetto attuatore, indirizzate e sorvegliate dalla Soprintendenza statale competente.”
Tale prescrizione non risulta essere stata ottemperata, né può sostenersi che essa non si applichi al caso di specie per le caratteristiche dell’intervento in questione.
Infatti, anche se – come si è detto – per gli impianti di telefonia mobile non occorre uno specifico titolo edilizio, essendo esso ricompreso nell’autorizzazione ex art. 87 del codice delle telecomunicazioni, le considerazioni che precedono non giustificano la sottrazione degli impianti di telefonia mobile alle norme di tutela paesaggistica e dei valori archeologici, come nel caso di specie.
Peraltro, va rilevato che anche i recenti interventi legislativi, i quali non si applicano ratione . . temporis al caso in esame, laddove hanno fatto venir meno la necessità della previa autorizzazione paesaggistica per gli impianti di telefonia mobile, lo hanno fatto solo per le ipotesi marginali di “installazione o modifica di impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati.” E facendo salva l’applicazione delle norme di tutela dei beni culturali (Decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, art. 6, comma 3, che ha introdotto l’art. 87 ter del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 recante "Codice delle comunicazioni elettroniche").
Anche sotto questo profilo dunque il quarto motivo di impugnazione va accolto.
Le censure di cui al quinto e sesto motivo, concernenti il difetto di istruttoria e l’erroneità dei presupposti di fatto e di diritto circa l’esistenza di abitazioni poste a distanza inferiore rispetto a quella prevista nonché concernenti la mancata considerazione di immobili abusivi insistenti nell’area, possono essere assorbite in quanto in sede di eventuale riedizione del procedimento l’istruttoria dovrà essere nuovamente effettuata ed in quella sede essi potranno far presente le criticità allegate nel ricorso.
Va disatteso invece il settimo motivo di ricorso, concernente l’asserita mancanza del parere tecnico del Genio civile, in quanto – come ha rilevato la difesa di Vodafone – la regione Lazio – Area Genio civile di Latina – ha rilasciato il proprio nulla osta favorevole con nota del 5.11.2013 (doc. 6 della produzione della controinteressata).
Infondato è infine anche l’ottavo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti lamentano ancora il difetto di istruttoria in relazione alla indeterminatezza e contraddittorietà dell’istanza di Vodafone che farebbe riferimento ad un altro sito ubicato a Ponte Galeria.
Come rilevato dalla difesa di Vodafone, infatti, quello sottolineato dai ricorrenti è un mero errore materiale che non inficia la corretta identificazione del sito in tutti gli atti del procedimento.
In conclusione, per le ragioni che si sono dette il ricorso va accolto.
La domanda è stata formulata come domanda di annullamento della autorizzazione rilasciata mediante silenzio assenso sulla domanda presentata da Vodafone per l’installazione di una stazione radio base in via della Cacciuta/via Leces nonché degli atti presupposti e preliminari nominativamente indicati in epigrafe.
Essa può essere considerata, previa conversione della domanda sussistendo tutti i requisiti di forma e di sostanza, come domanda di accertamento della mancata formazione del silenzio assenso sull’istanza di Vodafone, presentata il 14.3.2013, e come tale va accolta.
Va disposto inoltre l’annullamento della autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla regione Lazio con determinazione prot. n. 03330 del 2.12.2013 nonché di tutti gli atti impugnati.
Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità e complessità della controversia, per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto dichiara non formatosi il silenzio assenso sull’istanza presentata da Vodafone il 14.3.2013 per l’installazione di una stazione radio base in via della Cacciuta/via Leces e annulla l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Lazio con determinazione prot. n. 03330 del 2.12.2013 e i restanti atti impugnati.
Compensa le spese tra tutte le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 27 novembre, 16 dicembre 2014 e 12 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese,Presidente
Stefano Toschei,Consigliere
Maria Laura Maddalena,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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