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Impugnazione PRG

Pubblico
Mercoledì, 2 Marzo, 2016 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, (Sezione Prima), sentenza n. 120 del 24 febbraio 2016, sulla impugnazione PRG 
 
N. 00120/2016 REG.PROV.COLL.
 
N. 01450/1997 REG.RIC.
 
N. 01505/1997 REG.RIC.
 
N. 00028/1998 REG.RIC.
 
N. 00265/1999 REG.RIC.
 
N. 00033/2015 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 1450 del 1997, proposto da: 
Ciaralli Aldo, Aurini Lavinia, Zamponi Dario, Renzetti Santina Giuliana, Luciani Antonio, Tilli Maria Grazia, Massi Maria Concettina, Caselli Egidio, Cicconi Maria Paola, Capriotti Giuseppe, Talamonti Giuseppe, Maranci Ersilia, Lisciani Maria Giuliana, Lisciani Liliana, D'Isidori Linda, D'Isidori Nicola, Veneranda Mario, Di Micco Quintilia, Silenzi Maurizio, Allevi Luigi, Romani Carlo, Fanesi Rosalba, originari ricorrenti; Rosati Giovanni e Ciaralli Luana intervenuti in qualità di acquirenti del lotto di proprietà Ciaralli Aldo e Aurini Lavinia; Pacifici Luca ed Eugenio intervenuti in qualità di acquirenti del lotto di proprietà Capriotti Giuseppe; Virgili Rosalba intervenuta in qualità di acquirente di un lotto di proprietà Maranci Ersilia; Silenzi Maria Gabriella, Roberto e Franca intervenuti in qualità di eredi del ricorrente Silenzi Maurizio, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5;
Allevi Luigi, Caselli Egidio, Cicconi Maria Paola, D'Isidori Linda, Lisciani Liliana, Lisciani Maria Giuliana, Luciani Antonio, Virgili Rosalba, Massi Maria Concettina, Renzetti Santina Giuliana, Silenzi Maria Gabriella, Roberto e Franca, Talamonti Giuseppe, Tilli Maria Grazia, Ersilia Maranci, rappresentati e difesi dall'avv. Rossana Ulissi in sostituzione dell’avv. Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5;
Frediani Annalisa, Marco Andrea, Stefania, Valentina, Vincenzo, intervenuti in qualità di eredi del ricorrente Zamponi Dario, rappresentati e difesi dall’avv. Rossana Ulissi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5; 
contro
Comune di Grottammare, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Ortenzi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24; 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 1505 del 1997, proposto da: 
D'Isidori Nicola, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Fabiani, Pierfrancesco Fabiani, con domicilio eletto presso Avv. Maurizio Fabiani in Ancona, Via San Martino, 23; 
contro
Comune di Grottammare, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Ortenzi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24; 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 28 del 1998, proposto da: 
Crescenti Francesco, Crescenti Annabella, Crescenti Giuseppe, Oddi Maddalena, Morelli in Sciabasi Franca, Rodante Lucia, Melchiorri Nicola, Domizi Quintilio, Virgili Tonino, D'Isidoro Gina, originari ricorrenti, rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5;
Lanni Elia, Virgili Odetta, Virgili Paola, intervenuti in qualità di eredi del ricorrente Virgili Tonino, rappresentati e difesi dall’avv. Mauro Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5;
Oddi Maddalena, Morelli in Sciabasi Franca, Rodante Lucia, Melchiorri Nicola, Domizi Quintilio, D'Isidoro Gina, Lanni Elia, Virgili Odetta, Virgili Paola rappresentati e difesi dall'avv. Rossana Ulissi in sostituzione dell’avv. Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5; 
 
contro
Comune di Grottammare, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Ortenzi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24; 
 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 265 del 1999, proposto da: 
Silenzi Maurizio, Domizi Quintilio, D'Isidori Linda, Allevi Luigi, Angelini Natalino, Bigioni Ida, Di Micco Quintilia, Luciani Antonio, Tilli Maria Grazia, Renzetti Santina Giuliana, Caselli Egidio, Cicconi Maria Paola, Zamponi Dario, Lisciani Maria Giuliana, Lisciani Liliana, Capriotti Giuseppe, Massi Maria Concettina, Morelli Franca, Sciahbasi Gholamhossein, Oddi Maddalena, D'Isidoro Gina, Talamonti Giuseppe, originari ricorrenti; Pacifici Luca ed Eugenio intervenuti in qualità di acquirenti del lotto di proprietà Capriotti Giuseppe; Silenzi Maria Gabriella, Roberto e Franca intervenuti in qualità di eredi del ricorrente Silenzi Maurizio, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5;
Frediani Annalisa, Marco Andrea, Stefania, Valentina, Vincenzo, intervenuti in qualità di eredi del ricorrente Zamponi Dario, rappresentati e difesi dall’avv. Rossana Ulissi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5;
Domizi Quintilio, D'Isidori Linda, Allevi Luigi, Angelini Natalino, Luciani Antonio, Tilli Maria Grazia, Renzetti Santina Giuliana, Caselli Egidio, Cicconi Maria Paola, Lisciani Maria Giuliana, Lisciani Liliana, Massi Maria Concettina, Morelli Franca, Oddi Maddalena, D'Isidoro Gina, Talamonti Giuseppe, Silenzi Maria Gabriella, Silenzi Roberto, Silenzi Franca rappresentati e difesi dall’avv. Rossana Ulissi in sostituzione dell’avv. Calvaresi, con domicilio eletto presso Avv. Stefano Galeazzi in Ancona, piazza Diaz, 5; 
contro
Comune di Grottammare, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Ortenzi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24; 
Provincia di Ascoli Piceno, rappresentata e difesa dall'avv. Carla Cavaliere, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24; 
 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Nicola D'Isidori; D'Isidori Sheila, Moira e Nicola in qualità procuratori generali del padre D'Isidori Nicola, rappresentati e difesi dall'avv. Maurizio Fabiani, con domicilio eletto presso Avv. Maurizio Fabiani in Ancona, Via San Martino, 23; 
 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 33 del 2015, proposto da: 
D'Isidori Nicola; D'Isidori Sheila, Moira e Nicola, in proprio e quali procuratori generali del padre D'Isidori Nicola, rappresentati e difesi dall'avv. Maurizio Fabiani, con domicilio eletto presso Avv. Maurizio Fabiani in Ancona, Via San Martino, 23; 
 
contro
Comune di Grottammare, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Ortenzi, con domicilio eletto presso Avv. Maurizio Discepolo in Ancona, Via Matteotti, 99; 
 
nei confronti di
Provincia di Ascoli Piceno; 
 
per l'annullamento
quanto ai ricorsi nn. 1450/1997, 1505/1997 e 28/1998:
- della Delibera di Consiglio Comunale 19.6.1997 n. 56 recante revoca della precedente delibera CC 75/1995 di approvazione variante normativa al vigente PRG e adozione del nuovo PRG;
- degli atti connessi del procedimento;
quanto al ricorso n. 265 del 1999:
- della Delibera di Consiglio Comunale 19.6.1997 n. 56 recante revoca della precedente delibera CC 75/1995 di approvazione variante normativa al vigente PRG e adozione del nuovo PRG;
- della Delibera di Giunta Provinciale 9.11.1998 n. 537 recante approvazione del nuovo PRG del Comune di Grottammare;
- degli atti connessi del procedimento;
quanto al ricorso n. 33 del 2015:
- degli atti di approvazione del PRG di Grottamare, tra cui le delibere di Consiglio Comunale nn. 10/98, 99/98 e 100/98;
- della Delibera di Giunta Provinciale 9.11.1998 n. 537 recante approvazione del nuovo PRG del Comune di Grottammare;
- degli atti connessi del procedimento.
 
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Grottammare e Provincia di Ascoli Piceno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2016 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Con i ricorsi in epigrafe vengono impugnati gli atti di approvazione del nuovo PRG di Grottammare, nella parte in cui l’area di proprietà dei ricorrenti, già soggetta al Piano Particolareggiato S. Francesco (Collevalle) - Zona C5 di espansione turistico residenziale adottato con delibera consiliare n. 307/1990 e oggetto di convenzione parziale sottoscritta in data 20.1.1992, viene classificata Zona agricola per le motivazioni contenute nella Relazione generale al nuovo strumento urbanistico (pagg. 15/16), sintetizzabili come segue:
- nonostante siano trascorsi diversi anni dalla sottoscrizione della convenzione attuativa, non risultano essere stati iniziati i lavori di urbanizzazione e, tantomeno, quelli di nuova costruzione;
- l’insediamento ha un’estensione elevatissima (110 ha) rispetto al territorio comunale (copre circa il 7% dello stesso) e comporterà la realizzazione di circa 50.000 mc. di costruzioni;
- l’area è di rilevante valore paesaggistico, ambientale ed archeologico;
- si tratta di un nuovo insediamento isolato dal tessuto urbano più vicino (distante circa 3 km) con viabilità inadeguata, il cui adeguamento comporterebbe rilevanti oneri per l’amministrazione;
- l’operazione comporta un investimento privato molto elevato con il rischio che rimanga parzialmente irrealizzata;
- emergono problemi nel sistema di depurazione delle acque reflue per difficoltà di allaccio all’impianto di depurazione comunale (notevole distanza, difficoltà di tipo orografico, necessita di espropri);
- le urbanizzazioni comporteranno elevati costi di manutenzione a carico della collettività dopo il loro trasferimento al Comune, oltre ad elevati costi per l’erogazione dei servizi trattandosi di zona isolata (raccolta rifiuti, scuolabus, consegna posta).
Detto piano era originariamente sorto come lottizzazione di iniziativa privata adottata però d’ufficio ai sensi degli ultimi due commi dell’art. 28 della Legge n. 1150/1942, stante i rilievi allora formulati dal Co.Re.Co. riguardo alla mancata adesione di tutti i proprietari coinvolti nel comparto. Dopo l’adozione provvisoria venne tuttavia trasformato, di fatto, in lottizzazione convenzionata che prevedeva la realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte dei privati.
Con Relazione integrativa di analisi urbanistica, datata novembre 1997, vengono inoltre prospettati dubbi sulla regolarità tecnica del Piano Particolareggiato, che vengono così sintetizzati al punto n. 9 della stessa:
- carenza di motivazioni in ordine all’interesse pubblico, necessarie per l’intervento d’ufficio;
- carenza di adesione alla Lottizzazione convenzionata da parte di tutti i proprietari;
- mancanza dell’impegno a cedere gratuitamente al Comune tutte le aree per opere di urbanizzazione secondaria previste in progetto;
- adozione del Piano attuativo in contrasto con le prescrizioni del PPAR;
- contrasto con le norme del PRG in quanto: l’intervento non risulta unitario ed esteso all’intera area; le destinazioni d’uso previste per gli edifici sono in contrasto con quelle prescritte dal PRG; gli spazi a parcheggio e a servizi sono previsti in quantità inferiore a quanto prescritto dal PRG.
Gli stessi dubbi di regolarità tecnica vengono sintetizzati anche nella Scheda di analisi del piano attuativo richiamata dalla Relazione generale al nuovo strumento urbanistico.
Il Comune di Grottammare si è costituito in tutti i ricorsi per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto. Per alcuni di essi deduce anche eccezioni in rito.
La Provincia di Ascoli Piceno si è costituita nel solo ricorso n. 265/1999 per chiedere la declaratoria di irricevibilità o inammissibilità del ricorso e comunque la sua reiezione anche nel merito. In tale ricorso sono inoltre intervenuti, ad adiuvandum, i soggetti che hanno anche proposto ricorso autonomo n. 33/2015 avverso gli atti della procedura non impugnati con il precedente ricorso n. 1505/1997 proposto dal solo ricorrente Sig. D’Isidori Nicola.
2. Va preliminarmente confermata la riunione dei ricorsi nn. 1450/1997, 1505/1997, 28/1998 e 265/1999, già disposta con precedente ordinanza 5.2.2015 n. 97, cui va ulteriormente riunito il ricorso n. 33/2015 per ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.
3. Tutti i ricorsi sono infondati nel merito, per cui il Collegio ritiene di soprassedere dall’esame delle eccezioni preliminari variamente dedotte.
4. Le censure analoghe, contenute nei vari ricorsi, vengono raggruppate e trattate unitariamente per ragioni di economia processuale.
5. Con un primo ordine di censure viene dedotto eccesso di potere per mancanza di motivazione circa le ragioni di pubblico interesse ritenute prevalenti sull’affidamento del privato all’attuazione del piano convenzionato.
Le censure non possono trovare condivisione.
Occorre innanzitutto premettere che, da parte dei ricorrenti, non viene negata, in radice, l’esistenza astratta dello ius variandi esercitato dall’Amministrazione Comunale, ma solo il suo concreto esercizio.
Va poi ricordato che questo Tribunale ha già esaminato una vicenda analoga riguardante lo stesso Comune e lo stesso strumento urbanistico, qui impugnato, con cui non veniva confermato un precedente piano particolareggiato che, per quanto fosse assistito da una convenzione attuativa, era stata tuttavia sottoscritta solo da una parte dei proprietari dei terreni compresi nel piano stesso ed era rimasta sostanzialmente priva di esecuzione dopo cinque anni dalla sua stipula avvenuta in data 10.2.1992 (cfr. TAR Marche, 30.6.2010 n. 2816).
Nel caso in esame non si intravedono ragioni per giungere ad una diversa conclusione.
In particolare va osservato che l’Amministrazione ha fornito un’ampia e circostanziata motivazione della propria scelta (come sintetizzata in premessa), anche con riferimento a molteplici profili di irregolarità tecnica in relazione ai quali non vengono dedotte altrettante analitiche confutazioni.
Va poi osservato che, in realtà, l’iniziativa privata era stata avviata molti prima della sottoscrizione della convenzione attuativa del 1992, con istanze e delibere a partire dall’anno 1977 per giungere alla delibera consiliare 27.11.1982 n. 90 di adozione del piano di lottizzazione privata che non superava, tuttavia, il controllo del Co.Re.Co. (per le ragioni già dette in precedenza) ma che proseguiva il suo iter di approvazione attraverso il ricorso all’adozione d’ufficio, anch’essa soggetta, nell’anno 1987, a rilievi del Co.Re.Co. per carenza di interesse pubblico e dei presupposti di cui agli ultimi due commi dell’art. 28 della Legge n. 1150/1942, ma infine disposta con delibera consiliare 31.3.1988 n. 236 e, in via definitiva, con delibera consiliare 20.12.1990 n. 307.
Di conseguenza, dopo un iter amministrativo durato circa 15 anni, il Comune prende atto che sono trascorsi altri 5 anni senza che l’iniziativa privata si fosse tradotta in opere concrete, come accertato attraverso l’istruttoria disposta da questo Tribunale con la richiamata ordinanza n. 97/2015, per cui legittimamente e motivatamente si riappropria del potere di pianificazione dell’area secondo il nuovo disegno urbanistico di sviluppo territoriale, obiettivamente mutato rispetto al progetto urbanistico di oltre 20 anni prima rimasto senza esito materiale.
6. Con ulteriore censura viene dedotto eccesso di potere per omessa valutazione della possibilità di salvaguardare, quantomeno, le aspettative dei privati che avevano aderito alla convenzione (cercando una soluzione condivisa), come il Comune aveva stabilito con precedente atto di CC n. 75/1995 di adozione della variante normativa in bozza preliminare del nuovo PRG.
Anche tale censura va disattesa.
La motivazione affronta, nella sostanza, anche tale profilo poiché contiene il riferimento ad elementi, come il valore paesaggistico, ambientale ed archeologico dell’area o la distanza del nuovo insediamento dal tessuto urbano più vicino e i problemi che ne derivano, incompatibili con l’eventuale riprogettazione del piano nel medesimo luogo, ancorché circoscritto ai soli proprietari che avevano aderito alla convenzione e che rappresentano, comunque, una quota rilevante (circa il 66%, che si riverbera poi sulla sostenibilità dei servizi che l’amministrazione dovrà fornire), e che avrebbe dovuto trovare nuovi accordi sia privato-privato che pubblico-privato (ammesso che fosse possibile), anche su come ripartire il peso delle aree a standard, in buona parte di proprietà di coloro che non avevano aderito alla convenzione come emerge dagli atti istruttori.
In pratica si sarebbe dovuto ripartire sostanzialmente da capo, con un nuovo progetto di piano attuativo e un nuovo iter di approvazione, congelando ulteriormente una capacità edificatoria, già ferma da oltre un ventennio, che si sarebbe invece potuta impiegare in altra parte del territorio.
7. Viene anche dedotta carenza di motivazione circa l’attitudine dell’area alla destinazione agricola, poiché l’obiettivo del Comune non è l’utilizzo agricolo-produttivo della zona ma l’eliminazione della sua capacità edificabile. Viene in particolare dedotto che l’area è stata frazionata in piccoli lotti, appartenenti a diversi proprietari, che non garantiscono una proficua utilizzazione agricola, essendo state anche eliminate le culture precedenti.
La censura è infondata.
Al riguardo l’odierno Collegio non intravede ragioni per discostarsi da quanto già affermato con il precedente analogo sopra richiamato (cfr. TAR Marche n. 2816/2010), secondo cui la destinazione a zona agricola di un’area non postula necessariamente l’esistenza dell'effettiva vocazione agricola della stessa, dato che siffatta classificazione ha una più generale finalità di provvedere – mediante il divieto di edificazione ovvero la possibilità di edificazione in termini estremamente limitati – ad orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 23.3.2004 n. 244). Peraltro i terreni in questione risultano del tutto inedificati, lontani dai centri abitati e di interesse paesaggistico-ambientale con vincoli vari, onde non può sostenersi che la valutazione effettuata dal Comune (diretta a scongiurare una massiccia edificazione del luogo) sia inficiata da travisamento dei presupposti di fatto ed illogicità.
8. Attraverso un articolato gruppo di censure vengono contestati alcuni aspetti della motivazione contenuta nella Relazione generale al nuovo strumento urbanistico (pagg. 15/16). In particolare viene dedotto:
- che la notevole estensione del piano particolareggiato (110 ha corrispondenti al 7% del territorio comunale) non costituisce una motivazione adeguata;
- che il valore paesaggistico dell’area non giustifica la scelta e non viene indicato il contrasto con il PPAR (altrimenti non si sarebbe potuto approvare il Piano Particolareggiato). L’interesse archeologico viene solo ipotizzato attraverso la presunta esistenza dell’antico castello di Ischia, ma non esistono formali provvedimenti che introducono vincoli archeologici;
- che, per il collegamento viario del nuovo insediamento, il PRG dell’epoca prevedeva una strada di larghezza di 14 ml. Il Comune aveva inoltre approvato i progetti e avviato la procedura di scelta del contraente per la sistemazione della strada esistente di collegamento tra l’area del Piano Particolareggiato e la SS 16;
- che non è dimostrato che l’elevato investimento privato possa determinare una sua attuazione parziale;
- che con il Piano Particolareggiato veniva approvato anche il progetto degli impianti incluso quello di depurazione (Tavv. 16 e 17) con relativi pareri favorevoli. Non ci sarebbero quindi ragioni per cambiare opinione riguardo alla fattibilità degli stessi;
- che non viene fornita alcuna analisi dei costi a carico della collettività per la presa in carico e la manutenzione delle urbanizzazioni. Approvando il piano il Comune aveva ritenuto tale onere sostenibile. Nell’area esistono già edifici per circa mc. 6.500, per i quali il Comune deve comunque provvedere.
Anche quest’ulteriori censure vanno disattese.
Va innanzitutto osservato che la motivazione della scelta operata dal Comune va esaminata e considerata nel suo complesso, anche se alcuni profili potrebbero risultare oggetto di fondata critica.
In particolare si potrebbe condividere la doglianza dei ricorrenti riguardo la sostenibilità privata dell’onere a proprio carico, anche se può sembrare verosimile che la sua rilevanza abbia impedito il tempestivo avvio della lottizzazione dopo la stipula della convenzione, rimasta praticamente inattuata anche dopo cinque anni.
Altri aspetti, come la questione dell’impianto di depurazione o il dubbio sull’effettiva presenza di reperti archeologici, anche se non sono in grado, singolarmente, di sostenere la decisione amministrativa a fronte di una convenzione urbanistica ormai sottoscritta, vanno comunque considerati insieme agli altri elementi che non sono obiettivamente contestabili, come l’impatto sul territorio dovuto alla notevole estensione del comparto e il rilevante peso urbanistico che ne consegue, bisognevole anche del potenziamento della viabilità attraverso la costruzione di una nuova strada a carico del Comune.
Le doglianze in esame, come già rilevato, si limitano poi a contestare gli aspetti motivazionali contenuti nella Relazione generale al nuovo strumento urbanistico, ma non affrontano le ancora più analitiche argomentazioni contenute nella Relazione integrativa di analisi urbanistica e nella Scheda di analisi del piano, dove vengono prospettati anche dubbi sulla regolarità tecnica del Piano Particolareggiato S. Francesco (sinteticamente ricordati in premessa).
9. Sotto il profilo procedurale viene dedotta l’illegittimità della delibera di Consiglio Comunale n. 56/1997 per violazione del dovere di astensione da parte dei seguenti consiglieri: Rossi Massimo (Sindaco), Menicozzi Matilde, Costanzo Maria Cristina, Fabbioni Stefano.
La censura è infondata
Al riguardo il Collegio non intravede ragioni per discostarsi da quanto già deciso, sulla medesima questione, con le precedenti sentenze di questo Tribunale nn. 173/2004 e 2816/2010 secondo le quali l’obbligo dell’astensione sussiste solo quando l’interesse proprio dei consiglieri o dei loro parenti o affini sino al quarto grado si pone in relazione diretta ed immediata con l’oggetto da deliberare, mentre la doglianza in esame richiama solo ragioni di astensione di carattere generale o per connessione con altre zone.
10. Con il ricorso n. 265/1998 vengono dedotte ulteriori due censure di carattere procedurale, ovvero:
- l’illegittima convocazione del consiglio comunale in seconda convocazione (delibere nn. 56/1997, 10/1998 e 100/1998) perché non sono stati avvisati i consiglieri assenti al momento dello scioglimento della precedente seduta (prima convocazione);
- l’omessa revoca della delibera di Consiglio Comunale 20.12.1990 n. 307 di approvazione del Piano Particolareggiato S. Francesco.
10.1 Entrambe le censure vanno disattese per le ragioni già indicate da questo Tribunale nella precedente sentenza n. 2816/2010 ai punti nn. 3 e 5 (che richiama anche la precedente sentenza n. 173/2004 emessa sulla medesima vicenda).
10.2 In particolare, sulla prima questione, va osservato che è necessario distinguere l’ipotesi in cui l’avviso di convocazione del consiglio comunale, con l’ordine del giorno degli argomenti sottoposti al suo esame, sia stato effettuato solo in prima convocazione da quello in cui (come nella fattispecie in esame) sia contestualmente disposta anche la seconda convocazione: nel primo caso, qualora nella prima seduta manchi o venga a mancare il numero legale, è senz’altro necessario un ulteriore avviso in prima convocazione esteso a tutti i componenti, nel secondo caso poiché la seduta in seconda convocazione, con il relativo ordine del giorno, è stata già prevista e, quindi disposta sull’implicito, ma evidente presupposto dell’impossibilità di esaminare tutti o alcuni degli argomenti all’ordine del giorno per iniziale o sopravvenuta mancanza del numero legale, ben può procedersi alla data stabilita per la seconda convocazione all’esame degli argomenti non trattati in precedenza.
Del resto, la possibilità di convocare il consiglio comunale con unico avviso sia in prima che in seconda convocazione non solo non è vietata dall’art. 127 del R.D. 4.2.1915, n. 148, ma era espressamente consentita dall’ultimo comma dell’art. 50 del regolamento approvato con il R.D. 12.2.1911 n. 297.
10.3 Riguardo alla seconda questione, risulta invece evidente che, a seguito dell’approvazione ed entrata in vigore di un nuovo strumento urbanistico generale, vengono meno tutte le previgenti destinazioni incompatibili con la nuova disciplina, senza che sia necessaria una revoca esplicita di esse. In questo senso si è espressa la giurisprudenza, affermando che il contrasto fra la destinazione urbanistica dell'area previgente alla modifica del piano regolatore generale e quella impressa da quest'ultimo non determina alcun vizio di illegittimità, costituendo espressione del legittimo esercizio dello ius variandi in sede pianificatoria, il quale comporta il potere di mutare il regime giuridico - urbanistico dell'area e quindi cambiare la sua vocazione in senso giuridico, sussistendone le ragioni giustificative (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21.4.2009 n. 2418).
11. In conclusione tutti i ricorsi vanno respinti.
12. Le spese di giudizio possono essere compensate considerata la particolarità e per certi versi complessità della vicenda in esame.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, respinge, previa loro riunione, i ricorsi in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi,Presidente
Gianluca Morri,Consigliere, Estensore
Simona De Mattia,Primo Referendario
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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