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Istanza permesso costruire in sanatoria

Pubblico
Domenica, 22 Gennaio, 2017 - 15:35

N. 00395/2017 REG.PROV.COLL.N. 01633/2013 REG.RIC.
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sez. terza, sentenza n.395 del 17 gennaio 2017, su rigetto istanza permesso costruire in sanatoria

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOIl Tribunale Amministrativo Regionale della Campania(Sezione Terza)ha pronunciato la presenteSENTENZAsul ricorso numero di registro generale 1633 del 2013, proposto da:

OMISSIS, rappresentata e difesa dall’Avv. Ciro Manfredonia ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli Avv. ti Ciro Sito ed Alfonso Capotorto in Napoli, Centro Direzionale, Isola E2, scala A;controComune di Pompei, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, dall’Avv. Gioacchino Abete, con domicilio fissato per legge presso la Segreteria del Tar Campania, Napoli;per l'annullamento:- del rigetto dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria ai sensi della legge n. 724 del 1994, prot. n. 233 del 9 gennaio 2013, notificato alla ricorrente il successivo 29;- della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza prot. 1180 del 4 febbraio 2010.

Visto il ricorso con i relativi allegati;Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’intimato Comune di Pompei;Viste le memorie delle parti;Visti gli atti tutti della causa;Relatore alla pubblica udienza dell’8 novembre 2016 il dott. Gianmario Palliggiano ed uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza;Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1.- Riferisce la ricorrente, ______a, di essere nuda proprietaria di un suolo sito in Pompei, alla Via ______o, n. 20, catalogato nel N.C.E.U. al foglio 4, particella 2457, ricevuto in donazione con atto notarile del 22 settembre 1975.Sul suolo in questione, nell’anno 1984, in assenza della prescritta concessione edilizia, iniziò a costruire un fabbricato per civile abitazione, ultimato nel 1988, il quale si compone di un piano seminterrato, adibito a garage, e di un piano rialzato, adibito a residenza.Successivamente, per il piano seminterrato presentò domanda di condono edilizio, ai sensi della legge 724 del 1994, iscritta al protocollo comunale n. 4660 del 28 febbraio 1995 (la domanda di condono per il piano rialzato, prot. n. 4659 di pari data, fu presentata dalla relativa proprietaria Anna Maria Tu.) .Il comune intimato, con nota prot. n. 1180 del 4 febbraio 2010, ha comunicato all’interessata i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria, ai sensi della legge 724 del 1994.Con nota prot. n. 233 del 9 gennaio 2013, il comune ha quindi rigettato in via definitiva l’istanza della ricorrente per le seguenti testuale ragioni:“1) l'opera realizzata abusivamente non risulta suscettibile di sanatoria: ai sensi della L.47/ 85, art. 33, e dell'art. 34 delle Norme di Attuazione del P.R.G. in quanto l'opera oggetto di richiesta di sanatoria ricade in zona territoriale sottoposta a vincolo cimiteriale con inedificabilità assoluta;2) ai sensi della L.47/ 85, art.33, comma 1, lettera a, in quanto le opere oggetto di condono sono state realizzate in ambito P.T.P. in zona R.U.A. (art.12 delle Norme di Attuazione del P.T.P.) sottoposta ad inedificabilità assoluta (L. 431/85) prima della realizzazione delle opere, entro la quale "è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti..." ”.2.- Vitiello Teresa ha impugnato la menzionata nota n. 233 del 2013 con l’odierno ricorso, notificato il 21 marzo 2013 e depositato il 12 aprile successivo. A sostegno delle proprie ragioni ha dedotto diversi profili di censura, in particolare: violazione degli artt. 32 e 33 della L. n. 47/1985; dell’art. 3 della L. n. 241/1990; dell’art. 39, comma 20, della L. 724/1994, nonché eccesso di potere per difetto di presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, mancato rispetto di autolimite, motivazione illogicità e contraddittoria, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta.Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Pompei che, con memoria formale, ha chiesto il rigetto del ricorso.Alla pubblica udienza dell’8 novembre 2016 la causa è passata in decisione

DIRITTO

1.- Il ricorso, nei sensi di seguito esposti, è fondato e dev’essere accolto.La questione è stata già affrontata da questa Sezione con la sentenza di accoglimento, salvi gli ulteriori provvedimenti, n. 1293 del 9 marzo 2016, le cui conclusioni vanno condivise e confermate, in relazione agli elementi di similitudine presenti tra il caso odierno e quello all’epoca esaminato.2.- Si premette che l'immobile di proprietà della ricorrente è posto ad una distanza di oltre duecento metri, precisamente 226, dal cimitero comunale, come risulta dalla relazione asseverata di parte (depositata il 28 settembre 2016), con rilievo avvenuto tramite stazione tacheometrica.2.1.- E’ di fondamentale importanza considerare che la distanza rilevata dalla ricorrente è misurata a partire dalla cinta muraria originaria del cimitero, mentre l’amministrazione comunale ha considerato la distanza a partire, non dalla predetta cinta, ma dal più avanzato confine nord corrispondente alla zona di ipotetico ampliamento del cimitero, in linea quindi con le previsioni, contenute nel vigente Piano Regolatore Generale (PRG) del comune di Pompei, comportanti una estensione della fascia di rispetto.2.2.- Per una migliore comprensione del punto controverso, appare opportuno ripercorrere brevemente l’iter degli atti programmatori urbanistici succedutisi nel comune di Pompei.Con decreto del Presidente della Giunta n. 14069 del 29 dicembre 1980, la Regione Campania approvò il PRG del comune di Pompei, entrato in vigore il 21 gennaio 1981, nel quale era previsto, ai fini che qui interessano, l’ampliamento del locale cimitero nelle aree ad esso limitrofe, poste a nord ed a sud, con conseguente determinazione di una nuova fascia di rispetto cimiteriale.Dall’esame della tavola grafica del PRG, tale fascia, di ampiezza sempre pari a metri 200, viene misurata radialmente, non più dalla cinta muraria originaria, bensì a partire dal perimetro esterno delle aree a nord e a sud, individuate, appunto come zone di ampliamento.Di fatto, tuttavia, chiarisce la ricorrente, il cimitero è stato ingrandito solo per la parte rivolta a sud, mentre per quella a nord, entro cui ricade l’immobile della ricorrente, il relativo progetto non è stato ancora realizzato né è comunque realizzabile, in considerazione del ritrovamento nella medesima area di antiche testimonianze della civiltà pompeiana, ante eruzione del 79 d.C., le quali hanno imposto l’apposizione del vincolo assoluto di inedificabilità a tutela del patrimonio storico-archeologico (ai sensi della L. n. 1089 del 1939, come sostituita prima dal d. lgs. n. 490 del 1999 ed, in seguito, dal vigente d. lgs. n. 42 del 2004), vincolo che, in considerazione della normativa legislativa di tutela, prevale sulle previsioni del PRG in tema di ampliamento del cimitero.2.3.- Per completezza, si segnala che, in seguito, con delibera del Consiglio n. 13 del 29 ottobre 1990, il comune di Pompei aveva adottato una variante parziale al vigente PRG, la quale riduceva a metri 100 la sopra indicata fascia di rispetto cimiteriale.Anche a seguito di richiesta di chiarimenti ed integrazioni, formulati con nota prot. 420433 del 20 novembre 1990 dal Co.Re.Co. - Regione Campania, il Consiglio comunale, con delibera n. 3 del 13 febbraio 1991, confermava la precedente delibera di adozione di variante parziale al PRG.Sul punto, la ricorrente, tuttavia, ammette di non sapere se la variante adottata sia stata approvata in via definitiva dalla Regione, ai sensi della Legge regionale Campania n. 14 del 1982, informazione che non è altrimenti reperibile dagli atti processuali.2.4.- Infine, è interessante rilevare che, con delibera di Consiglio Comunale n. 30 del 1° marzo 2010, il Comune di Pompei approvava il “Regolamento di Polizia Mortuaria e per i servizi funebri cimiteriali”, il cui art. 70, rubricato “Zone di rispetto”, dispone, al comma 1, che il cimitero deve essere isolato dall’abitato per un raggio non inferiore a 100 metri, nel quale sono vietati la costruzione di nuovi edifici e l’ampliamento di quelli esistenti. Precisa, altresì, ili comma 2 che per l’ampliamento del Cimitero esistente, la distanza non potrà essere inferiore a mt. 50 applicando quanto disposto dall’art. 28 della legge 1° agosto 2002 n. 166 che modifica l’art. 338 del TULS n. 1265 del 1934.Ne consegue che, anche alla luce della illustrata normativa regolamentare, l’immobile della ricorrente si troverebbe comunque al di fuori della fascia di rispetto cimiteriale.3.- Chiarito il quadro normativo regolamentare e programmatorio vigente nel comune di Pompei, può quindi passarsi all’esame delle questioni controverse.3.1.- Rilievo preminente ed assorbente, rispetto alle altre, riveste la quarta censura, con la quale la ricorrente si duole della violazione di legge (artt. 32 e 33, L. n. 47/1985; art. 39, co. 20, L. n. 724/1994; L. n. 431/1985; art. 3, L. n. 241/1990), del vigente PTP e dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, di fatto e di diritto, travisamento, motivazione illogica e contraddittoria.3.2.- La censura in esame inerisce al secondo motivo che supporta l’impugnato provvedimento di diniego, come sopra riportato in fatto.Secondo parte ricorrente il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto, nel caso di specie, non troverebbe applicazione il citato art. 33. Dovrebbe infatti considerarsi l’espressa deroga a quest’ultima disposizione individuabile nelle prescrizioni contenute al comma 20 dell’art. 39 della legge 724/1994 che, in tema di condono edilizio, consentirebbe l’applicazione della normativa eccezionale anche alle opere realizzate in costanza di “divieto temporaneo di edificabilità”, sancito dall’art. 1 della legge 431/1985; rimane comunque fermo il rispetto dell’art. 12 del D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. 13 marzo 1988, n. 68, in tema di aree soggette a vincolo paesistico.3.3.- La prospettazione di parte ricorrente merita condivisione.3.3.1.- Al riguardo l’art. 33 (“Opere non suscettibili di sanatoria”) della Legge n. 47/1985, sul quale l’amministrazione comunale fa perno per sostenere il proprio diniego, dispone che: “Le opere di cui all'articolo 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse:a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici (…….)”.Tuttavia, l’amministrazione resistente trascura di considerare che l’art. 39 (“Definizione agevolata delle violazioni edilizie”) della legge n. 724/1994, al menzionato comma 20, prevede che: “Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, i vincoli di inedificabilità richiamati dall’art. 33 della L. 28 agosto 1985, n. 47 non comprendono il divieto transitorio di edificare previsto dall’art. 1-quinquies del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, fermo restando il rispetto dell’art. 12 del D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. 13 marzo 1988, n. 68 (……)”.3.3.2.- A sua volta il comma 1 dell’art. 39 L. 724/1994 contempla un’ipotesi di condono che si concretizza in una sostanziale riapertura dei termini, imposti dalla L. n. 47 del 1985 per la presentazione delle relative domande, laddove precisa che: “Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi (……)”; il comma 4 precisa altresì che “la domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria, con la prova del pagamento dell'oblazione, deve essere presentata al comune competente, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 1995.”.3.3.3.- Riguardo alla disposizione di cui al comma 1, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che, ai fini del rilascio - ai sensi dell'art. 39, comma 20, L. n. 724/1994 - della concessione edilizia in sanatoria di opere abusive realizzate nella fascia di rispetto dal confine del demanio, i vincoli di inedificabilità di cui all’art. 33 L. n. 47/1985 non comprendono il divieto transitorio di edificazione previsto dall'art. 1-quinquies d.l. n. 312/1985; di conseguenza, non è preclusa la condonabilità dell'opera previo parere favorevole delle Autorità preposte alla tutela del vincolo se quest'ultimo, sebbene abbia carattere assoluto come quello di inedificabilità nella suddetta fascia di rispetto, sia però di natura temporanea (cfr., T.A.R. Lecce sez. I, 12 gennaio 2015, n. 82; T.A.R. Torino sez. II, 07/05/2013, n. 552).3.4.- Per comprendere la ratio dell’esclusione dai vincoli di inedificabilità richiamati dal più volte menzionato art. 33 della L. n. 47/1985 del divieto transitorio di edificare, previsto dall’appena citato art. 1-quinquies del d.l. n. 312/1985, appare opportuno riportare il testo di quest’ultima previsione normativa, secondo cui: “Le aree e i beni individuati ai sensi dell'art. 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 26 settembre 1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'art. 1-bis , ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici”.3.5.- L’illustrata previsione introduce dunque, all’evidenza, una misura di salvaguardia, “fino all’adozione dei piani di cui all’art. 1-bis (n.d.r., art.1-bis d.l. 312/1985)”. Il comma 1 di quest’ultima norma chiarisce, in particolare, che: “Con riferimento ai beni e alle aree elencati dal quinto comma dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dal precedente art. 1, le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico - territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, da approvarsi entro il 31 dicembre 1986.”.Il comma 2 aggiunge che: “Decorso inutilmente il termine di cui al precedente comma, il Ministro per i beni culturali e ambientali esercita i poteri di cui agli articoli 4 e 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616”.3.6.- Pertanto, nella fattispecie in esame - in linea con il citato art. 39, comma 20, l. n. 724/1994 - il divieto transitorio di edificare, previsto dall’art. 1-quinquies del D.L. n. 312/1985, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, non implica un vincolo di inedificabilità assoluta, ma unicamente il divieto transitorio di edificare.Unica condizione posta dal predetto art. 39, comma 20, va individuato nel rispetto dell’art. 12 del D.L. 12 gennaio 1988, n. 2 (“Modifiche alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, concernente nuove norme in materia di controllo dell'attività urbanistico - edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive”, convertito con modificazioni dalla L. 13 marzo 1988, n. 68). Il comma 1 precisa infatti che: “Per le aree soggette a vincolo paesistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, il parere prescritto dall'art. 32, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, è reso ai sensi del nono comma dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dall'art. 1 del citato decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.”.Il comma 2 aggiunge altresì che: “All'art. 32, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le parole: ‘si intende reso in senso negativo’ sono sostituite dalle seguenti: ‘il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto della relativa amministrazione. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte’ ”.3.7.- Ne consegue che, ai fini del rilascio dei titolo edilizio di condono, risulta applicabile la ben diversa previsione di cui all’art. 32 della legge 47/1985 che subordina (con esclusione delle fattispecie prevista dall’art. 33) la sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico ambientale al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla relativa tutela; qualora il parere non venga formulato entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto.3.8.- Queste conclusioni trovano autorevole conforto nella giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione.3.8.1.- In particolare, col parere n. 505/98 del 20 maggio 1998 la Sezione II del Consiglio di Stato ha precisato che: “…gli abusi edilizi nelle zone sottoposte alla misura di salvaguardia dell'art. 1-quinquies sono condonabili ai sensi dell'art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47”; nel suddetto parere, il Consiglio di Stato chiarisce altresì di fare riferimento agli abusi compiuti successivamente all’entrata in vigore della legge Galasso (nella specie l’abuso era stato realizzato dalla madre della ricorrente nel 1992), restano assorbiti nel regime comune quelli pregressi.3.8.2.- Con riferimento alla condonabilità di abusi realizzati successivamente all’introduzione del vincolo di inedificabilità, la Sezione VI del Consiglio di Stato, con sentenza n. 5637 del 7 maggio 2012 ha osservato che: “Secondo consolidato orientamento di questo Consiglio (v., ex plurimis, Cons. Stato, VI, 5 aprile 2012, n. 2018; 9 marzo 2011, n. 1476; 7 gennaio 2008, n. 22), trovano applicazione i principi di cui alla l. n. 47 del 1985, cui fa rinvio l'art 39 l. n. 724 del 1994, secondo cui i vincoli assoluti di inedificabilità risultano preclusivi del condono, se apposti prima dell'esecuzione delle opere, fermo restando che - dovendo la funzione amministrativa essere esercitata secondo la normativa vigente alla data del relativo esercizio - detti vincoli sono comunque rilevanti, ma come vincoli a carattere relativo, richiedenti apposita e concreta valutazione, da parte dell'Autorità preposta, circa la compatibilità dell'opera realizzata con i valori tutelati (cfr. artt. 32 e 33 l. n. 47 del 1985 e, per il principio, Cons. Stato, VI, 9 marzo 2011, n. 1476; VI, 7 gennaio 2008, n. 22; 5 dicembre 2007, n. 6177, 2 novembre 2007, n. 5669; V, 4 novembre 1997, n. 1228)”.3.8.3.- La Corte di Cassazione (sez. III penale, 24 settembre 1996, n. 12298) ha osservato che, in tema di condono edilizio, non sussiste insanabilità assoluta della costruzione, ai sensi della L. n. 47 del 1985, qualora l’immobile abusivo sia stato eseguito in zona soggetta a vincolo paesaggistico, giacché vi è solo la necessità dell’autorizzazione relativa, a fronte della quale si versa in un’ipotesi disciplinata dall’art. 32 L. n. 47 del 1985; l’insanabilità è esclusa per gli immobili abusivamente edificati in zone individuate dai provvedimenti di cui all’art. 1-quinquies della L. n. 431/1985, in virtù dell’espresso riferimento contenuto nel comma dell’art. 39 della L. n. 724/1994.4.- Infine, resta da esaminare la prima parte della motivazione a corredo dell’impugnata nota/provvedimento laddove si rileva che:“1. ai sensi della L. 47/85, art. 33 e dell’art. 34 delle Norme di Attuazione del P.R.G. in quanto l’opera oggetto di richiesta di sanatoria ricade in zona territoriale sottoposta a vincolo cimiteriale con inedificabilità assoluta”.4.1.- Anche questo argomento addotto dalla resistente amministrazione non supera indenne le critiche mosse dalla ricorrente.In particolare, la ricorrente osserva che la zona a nord del cimitero, individuata e vincolata dal richiamato Piano regolatore generale come area di espansione dello stesso, aveva perduto tale peculiare destinazione urbanistica per effetto della sopravvenienza del vincolo archeologico di inedificabilità assoluta sulla zona in questione, a seguito del rinvenimento di reperti archeologici.Tale circostanza è documentata dalla ricorrente con l'allegazione delle delibere di Consiglio Comunale (cfr. allegati 1, 2 e 3 della produzione documentale depositata dalla ricorrente il 30 giugno 2016) con le quali l'amministrazione comunale, nel prendere atto del sopravvenuto vincolo archeologico, ha inteso procedere alla adozione di una apposita variante urbanistica, che, tuttavia, non risulta ancora mai approvata in via definitiva.Ebbene, la sopravvenienza del vincolo archeologico finisce per riservare i suoi effetti rilevanti sulla risalente previsione del Piano regolatore del 1981 in ordine alla fascia di rispetto cimiteriale lato nord.4.2.- In realtà, pur non essendo variata, per i profili formali la classificazione urbanistica dell'area in questione, non può trascurarsi la circostanza che la predetta fascia di rispetto cimiteriale sia venuta meno proprio per il profilo sostanziale, in quanto diviene inattuabile e, quindi, priva di efficacia.A tale proposito, appare utile richiamare la relazione di accompagnamento alla proposta di variante al P.R.G. allegata al verbale di deliberazione di Consiglio Comunale n.3 del 13 febbraio 1991 (allegato n.2), nella quale, testualmente, si chiarisce che: “Nella tav. 6 di P.R.G. - zonizzazione 1:5000 è riportata la nuova Zona di vincolo cimiteriale, la cui delimitazione perimetrale è stata fissata a partire dal perimetro del Cimitero ampliato come nelle previsioni di P.R.G., anche se in effetti l’ampliamento sul lato Nord non potrà più essere realizzata a causa di recenti reperimenti archeologici in tale Zona; e, pertanto, di fatto su tale versante l’area di rispetto risulta di circa 150 metri.” Nelle premesse della delibera si legge altresì che “La destinazione di zona, come si rileva dall’allegata relazione, resta quella agricola con la variazione da ‘agricola di rispetto cimiteriale E4 ad ‘agricola normale E1’ ”.4.3.- Appare quindi non più ragionevole l’orientamento seguito dall’amministrazione resistente secondo cui, nel caso di specie, va comunque considerato applicabile il vincolo cimiteriale di rispetto sul lato nord, atteso che le previsioni del PRG, per le ragioni sopra illustrate, sono nella sostanza inattuabili.Nei fatti, il programmato ampliamento del cimitero non è stato più realizzato e non potrà più esserlo, con la logica conseguenza che la fascia di rispetto, individuata ai sensi dell'art. 338 del r.d. 1265/1934, non ha più alcuna verosimile praticabilità.4.4.- Va altresì rilevato che il sopravvenuto vincolo archeologico, ai sensi del d. lgs. 42/2004, essendo sovraordinato e prevalente rispetto alle prescrizioni dello strumento urbanistico, non richiede alcuna variante urbanistica per essere efficace ma opera per effetto delle previsioni di legge (in questo senso, TAR Firenze, Sez. III; 7 gennaio 2015, n. 11).Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la previsione dei vincoli di inedificabilità assoluta di cui all'art. 33 della legge n. 47/1985 comprende quelli posti da leggi statali o regionali a tutela di specifici interessi pubblici, nonché dallo strumento urbanistico in funzione della tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesaggistici, ambientali e idrogeologici, ricognitivi di qualità intrinseche dell'area. Esulano da tale previsione i vincoli posti dallo strumento urbanistico ai fini della futura localizzazione di opere pubbliche. Pertanto, ad esempio, il vincolo cimiteriale preclude la sanabilità dell'opera solo nella misura in cui derivi immediatamente dalla legge, in relazione alla presenza di cimitero già esistente, mentre la stessa efficacia non va riconosciuta al vincolo urbanistico di inedificabilità esteso alla futura fascia di rispetto, connessa alla localizzazione di un nuovo cimitero o al previsto ampliamento di uno preesistente (Tar Firenze, Sez. III, 14 maggio 2014, n. 800; T.A.R. Bari Puglia sez. I 23 maggio 2000 n. 2173; T.A.R. Latina Lazio, 17 febbraio 2000 n. 103; Idem, 17 dicembre 1999 n. 1014).5.- In conclusione, il ricorso è fondato e, nei limiti dell’inapplicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 33 della L. n. 47 del 1985, anziché del precedente art. 32, nonché della non attuabilità delle prescrizioni in materia del PRG, dev’essere accolto, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, dell’impugnato provvedimento e con salvezza di quelli ulteriori.La determinazione sulle spese del giudizio segue il criterio della soccombenza; le stesse sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla per quanto di ragione il diniego impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti.Condanna il comune di Pompei al pagamento, in favore di parte ricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:Fabio Donadono, PresidenteGianmario Palliggiano, Consigliere, EstensoreGiuseppe Esposito, Consigliere         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Gianmario Palliggiano        Fabio Donadono
         
         
         
         
         IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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