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News: sanatoria edilizia

Pubblico
Sabato, 14 Maggio, 2016 - 02:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), sentenza n. 1950 del 13 maggio 2016, su sanatoria edilizia
 
N. 01950/2016REG.PROV.COLL.
 
N. 05841/2015 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 5841 del 2015, proposto da: 
Pat...., rappresentata e difesa dall'avvocato Elisabetta Carboni, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, Sezione sesta, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 
contro
Comune di Domus De Maria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Camilla Frau, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104; Responsabile Settore Urbanistica Edilizia Privata del Comune di Domus De Maria; 
per la riforma
della sentenza n. 1075 del 2014 del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, Cagliari, Sezione II.
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Domus De Maria;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e udito per l’appellante l’avvocato Caputo per delega dell’avvocato Carboni.
 
FATTO e DIRITTO
1.– Il 1° marzo 1995 l’allora proprietario, Pir...., di un immobile, sito nel Comune di Domusdemaria, ha presentato domanda di condono edilizio ex legge n. 724 del 1994 per le opere eseguite abusivamente consistenti in due corpi di fabbrica: i) un locale della superficie utile di mq. 19,50 per ricovero attrezzi agricoli; ii) un locale bagno della superficie utile di mq. 6.
In data 18 giugno 2004 la sig.ra Ritano ha presentato domanda di condono edilizio ex legge n. 326 del 2003 per altra parte ad uso residenziale del medesimo fabbricato.
In particolare, si dichiarava che l’abuso consisteva nella realizzazione di un fabbricato per civile abitazione e, separato dal resto dell’immobile, da un piccolo fabbricato ad uso ripostiglio.
Secondo la prospettazione della sig.ra R..o, la porzione di fabbricato oggetto della prima richiesta di condono del 1994 risultava in aderenza con parte del fabbricato oggetto dell’istanza di sanatoria del 2004, e le stesse erano state collegate tramite un accesso per consentire il completamento funzionale dell’immobile.
Il 13 dicembre 2005 la sig.ra R..o (unitamente al sig. Ales...i) ha acquistato dai signori Da.e e Ant. P..s la proprietà dell’immobile sopra indicato e il successivo 2 dicembre 2011 ha inviato al Comune una richiesta di sollecita definizione delle procedure di sanatoria.
2.– Il Comune, con provvedimento del 3 luglio 2013, n. 5766, richiamando nell’«oggetto» la seconda domanda di condono, l’ha rigettata, ravvisando una serie di illegittimità. Lo stesso Comune, con ordinanza 19 novembre 2013, n. 58, richiamando in premessa entrambe le domande di condono, ha disposto la demolizione di tutte le opere cui si riferivano le predette domande.
3.– La sig.ra Ritano ha impugnato tali provvedimenti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, deducendo, in particolare, che in relazione alla propria domanda, si era formato il silenzio assenso ed era mancata la comunicazione del preavviso di rigetto.
4.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 11 dicembre 2014, n. 1075, ha rigettato il ricorso.
5.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello.
6.– La Sezione, con ordinanza 31 agosto 2015, n. 3868, ha accolto l’appello cautelare, sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata.
7.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello.
7.1.– Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto dell’appello.
8.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 10 marzo 2016.
9.– L’appello è fondato.
10.– In via preliminare, deve rilevarsi che dall’analisi dei provvedimenti impugnati non emerge con chiarezza che le domande di condono sono state due e non una sola e che, conseguentemente, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto trattarle separatamente. Né varrebbe rilevare, come ha fatto il primo giudice, che la trattazione unitaria si imponeva in quanto parti delle opere relative alla prima domanda fossero state demolite e poi “confluite” nel secondo condono. Questo aspetto avrebbe dovuto comunque emergere con chiarezza dagli atti impugnati. In ogni caso, l’affermazione dell’appellante, secondo cui la demolizione di parte del ricovero attrezzi è avvenuta dopo il decorso del termine per la formazione del silenzio assenso, non è stata puntualmente contestata.
11.– Con un primo motivo, l’appellante ha dedtto che il primo giudice e l’amministrazione non avrebbero tenuto conto che, in relazione alla prima domanda di condono, si era formato il silenzio assenso.
Il motivo è fondato.
L’art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) dispone, al terzo, che alla domanda di condono devono essere allegati:
«a) una descrizione delle opere per le quali si chiede la concessione o l’autorizzazione in sanatoria;
b) una apposita dichiarazione, corredata di documentazione fotografica, dalla quale risulti lo stato dei lavori relativi (…);
c) un certificato di residenza, di data non anteriore a tre mesi nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'art. 34, nonché copia della dichiarazione dei redditi nell'ipotesi di cui al primo e al secondo comma dell'art. 36;
d) un certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, di data non anteriore a tre mesi, da cui risulti che la sede dell'impresa è situata nei locali per i quali si chiede la concessione in sanatoria, nelle ipotesi previste dal quinto comma dell'art. 34».
Il comma 17 dispone che «decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento».
Nella fattispecie in esame la prima domanda era stata presentata in data 1° marzo 1995, con la conseguenza che, al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati (circa diciotto anni dopo), si era formato il silenzio assenso.
Né per pervenire ad una diversa conclusione si può sostenere, come fatto dal primo giudice, che l’area in questa era vincolata e, pertanto, non si sarebbe potuto formare il silenzio assenso. La difesa dell’appellante ha dimostrato in giudizio, in modo puntuale e argomentato, che al momento della prima domanda di condono edilizio sull’area in questione non vi fosse alcun vincolo, in quanto, sino al 2004, il Comune era sprovvisto di piano paesaggistico, avendo il Consiglio di Stato, con sentenza 20 maggio 1998, n. 548, dichiarato illegittimi i piani territoriali paesaggistici.
La correttezza di tali affermazioni non è adeguatamente contrastata dalla seguenti deduzioni difensive del Comune:
- è stato lo stesso Piras a richiedere il rilascio del nulla osta paesaggistico;
- il nulla osta rilasciato dalla Regione (18 luglio 2012) riguarderebbe tutti gli abusi;
- alla domanda non sarebe stata allegata la dichiarazione Ici e Tarsu.
In relazione a questi aspetti, la Sezione rileva che:
- la domanda del sig. Pi..s è stata presentata in data 4 giugno 1997, prima della pronuncia della sentenza del Consiglio di Stato n. 548 del 1998, ed è per questo che lo stesso ha chiesto anche il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;
- dall’analisi del nulla osta rilasciato dalla Regione non emerge l’esistenza del vincolo al momento della presentazione della prima domanda, risolvendosi la deduzione difensiva del Comune in una presunzione priva dei caratteri che le attribuiscono valenza probatoria; in ogni caso, per le ragioni indicate, il vincolo non sussisteva;
- le dichiarazioni Ici e Tarsu non devono necessariamente essere presenti affinché possa formarsi il silenzio assenso.
10.– Con un secondo motivo si assume l’illegittimità degli atti impugnati per omesso preavviso di rigetto, con riferimento alla prima domanda di condono.
Il motivo è fondato.
L’autonomia delle domande di condono imponeva al Comune di comunicare il preavviso di rigetto. Ma è evidente che il silenzio su tutta la procedura da parte del Comune ha riguardato anche la fase procedimentale necessaria oggetto della censura in esame.
11.– L’accoglimento dei motivi in esame rende non necessario esaminare l’ulteriore censura.
12.– La fondatezza dell’appello per le ragioni esposte rende, inoltre, priva di rilevanza l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del Comune relativa alla mancata contestazione di tutte le plurime ragioni poste a base del rigetto della domanda di condono. A prescindere dalla circostanza se effettivamente tale contestazione sia mancata, in ogni caso, l’omessa considerazione separata delle due domande di condono e la formazione in ordine alla prima del silenzio assenso travolge tutti i provvedimenti impugnati basati sulla trattazione unitaria delle domande. In altri termini, il provvedimento di rigetto del condono impugnato è illegittimo per un vizio radicale che lo investe nella sua interezza, rappresentato dall’avere considerato unitariamente due domande di condono, senza considerare la specificità di ciascuna e soprattutto la circostanza che, in relazione alla prima, si era formato, per le ragioni esposte, il silenzio assenso.
12.– La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza 11 dicembre 2014, n. 1075 del Tribunale amministrativo regionale della Sardegna, accoglie il ricorso di primo grado;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro,Presidente
Bernhard Lageder,Consigliere
Dante D'Alessio,Consigliere
Andrea Pannone,Consigliere
Vincenzo Lopilato,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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