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Piano di recupero

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Lunedì, 18 Settembre, 2017 - 15:53

Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, (Sezione Prima), sentenza n. 392 del 25 maggio 2017, sui piani recupero 
 
N. 00392/2017 REG.PROV.COLL.
 
N. 00493/2008 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 493 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
omissis, rappresentata e difesa dagli avvocati Barbara Schiadà e Maurizio Discepolo, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Maurizio Discepolo in Ancona, via Matteotti, 99; 
contro
Comune di Ancona, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianni Fraticelli, con domicilio eletto presso la residenza comunale - Ufficio Legale, in Ancona, piazza XXIV Maggio 1; 
per l'annullamento
- del provvedimento n. 35529 del 9.4.2008, con il quale il Dirigente del Servizio Logistica e Patrimonio del Comune di Ancona ha comunicato l'approvazione definitiva della variante urbanistica al PPE Guasco San Pietro;
- delle delibere consiliari nn. 80/2004 e 98/2004 recanti adozione e approvazione della variante urbanistica al PPE Guasco San Pietro;
- della delibera di Giunta Comunale n. 81/2005 recante approvazione del progetto definitivo di ampliamento e rifunzionalizzazione della pinacoteca civica;
- del decreto di esproprio adottato in data 6.4.2009 e dei conseguenti verbali di immissione in possesso,
e per
il risarcimento del danno.
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ancona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2017 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente allega di essere proprietaria di un appartamento di civile abitazione ubicato in Ancona, al piano secondo di via Pizzecolli n. 21, distinto al NCEU, F. 7, mappale 97, sub 9, dichiarato inagibile a seguito del sisma del 1972 e oggetto di ordinanza di sgombero adottata nell’anno 1983.
Allega, inoltre, che nell’anno 1997 tale immobile, insieme ai restanti appartamenti del civico n. 21, veniva inserito nel progetto di realizzazione della quarta ala della Pinacoteca comunale e oggetto di occupazione temporanea d’urgenza, preordinata all’esproprio, disposta nell’anno 1999; occupazione poi revocata dal Comune per decadenza del vincolo, stante la mancata esecuzione dei lavori nel termine stabilito.
Allega, infine, che erano state avviate trattative con l’Amministrazione Comunale per la permuta, dell’appartamento in questione, con altro appartamento in corso di realizzazione al civico n. 25 della stessa via Pizzecolli; permuta tuttavia mai conclusa per cause imputabili esclusivamente al Comune.
Con il ricorso introduttivo del giudizio impugna gli atti in oggetto con cui il Comune ha adottato e approvato la variante urbanistica al PPE Guasco San Pietro reiterando il vincolo preordinato all’esproprio e avviando il procedimento di dichiarazione di pubblica utilità dei lavori di ampliamento della Pinacoteca; lavori che presuppongono l’esproprio dell’appartamento al civico n. 21.
Con ricorso per motivi aggiunti viene impugnato il decreto di esproprio adottato in data 6.4.2009 e i conseguenti verbali di immissione in possesso.
Viene infine avanzata istanza di risarcimento del danno sotto distinti profili.
Si è costituito il Comune di Ancona per contestare le deduzioni di parte ricorrente chiedendo il rigetto del gravame.
2. Il ricorso introduttivo del giudizio è affidato ad un’unica ed articolata censura di violazione del DPR n. 327/2001 nonché di eccesso di potere sotto svariati profili. Viene dedotto, in primo luogo, che la variante urbanistica, definitivamente approvata nel 2005, reitera il precedente vincolo preordinato all’esproprio senza fornire adeguata motivazione, poiché l’unica dissimulata ragione deve considerarsi imputabile all’ingiustificata inerzia del Comune nel realizzare i lavori già approvati nel 1997, cui seguiva l’occupazione d’urgenza del 1999.
La doglianza è infondata.
Al riguardo va osservato che la delibera consigliare n. 184/2003, di adozione preliminare della variante urbanistica al PPE Guasco San Pietro, spiega le ragioni per le quali si è resa necessaria detta variante.
In particolare evidenzia l’insufficienza degli standard di parcheggio, per residenze e attività economiche, emersa con il completamento del recupero edilizio della zona.
Evidenzia, inoltre, che tale carenza risulterà aggravata dall’esigenza di interdire definitivamente alla sosta spazi architettonicamente e storicamente significativi, come l’asse di via Pizzecolli e le piazze storiche prospicienti, la cui sistemazione è in fase di completamento.
Evidenzia, infine, il prossimo esaurimento dei finanziamenti connessi al sisma del 1972, ottenuti per il recupero del centro storico e per la realizzazione delle relative attrezzature di quartiere, tra cui il recupero dell’unità edilizia limitrofa alla Pinacoteca Comunale.
Appare quindi evidente che la variante non è stata adottata con riguardo ai soli lavori di ampliamento di quest’ultima struttura pubblica, ma nell’ambito di un più ampio complesso di interventi di recupero di questa parte del centro storico e realizzabili anche con risorse aggiuntive parzialmente ancora da reperire.
Sarebbe pertanto stato onere della ricorrente contestare nel merito tali argomentazioni, anziché limitarsi a dedurre generiche censure di difetto di motivazione nella decisione di reiterare il vincolo preordinato all’esproprio dell’appartamento di cui era proprietaria.
Con memoria difensiva, il Comune di Ancona spiega, inoltre, che nove delle dieci unità immobiliari del civico n. 21, necessarie per l’ampliamento della Pinacoteca, sono state acquisite bonariamente, fatta eccezione di quella della ricorrente, la quale, nel corso delle trattative, avanzava pretese sempre maggiori e insostenibili; pretese che, se accettate, avrebbero esposto l’Amministrazione Comunale a responsabilità per danno erariale, non potendo giustificare la differenza di prezzo rispetto a quanto corrisposto per l’acquisto degli altri immobili dello stesso palazzo.
A giudizio del Collegio, l’intervenuto accordo bonario di cessione con i proprietari di nove appartamenti su dieci, rende verosimile che la mancata cessione bonaria dell’ultimo appartamento di cui si discute, sia dipeso anche dall’indisponibilità del proprietario a concludere una trattativa seria e basata su ragionevoli pretese.
Di conseguenza, l’unica possibilità di realizzazione del progetto, era quella di procedere con l’acquisizione coatta, previa reiterazione del vincolo medio tempore scaduto.
3. Viene infine dedotta l’illegittimità dell’azione amministrativa nelle trattative che avrebbero dovuto concludersi con la permuta dell’appartamento al civico n. 21 (di proprietà della ricorrente e oggetto di procedura espropriativa) con l’appartamento al civico n. 25 (di proprietà del Comune e in corso di realizzazione). Al riguardo viene dedotto che tali trattative non si sono concluse per cause imputabili esclusivamente all’Amministrazione Comunale che aveva proposto condizioni di cessione economicamente inaccettabili, avendo stimato in € 350.000 (circa) il valore dell’appartamento al civico n. 25, contro € 113.000 di valore stimato per l’appartamento al civico n. 21. Con ulteriore bozza di preliminare, predisposta dal Comune, quest’ultimo immobile veniva ulteriormente svalutato in €/mq 1.050, rendendo ancora più inaccettabili le condizioni di permuta.
La censura va disattesa per le ragioni già spiegate in precedenza e anche perché introduce questioni di carattere esclusivamente indennitario, ovvero la soddisfazione del sacrificio privato in termini reali anziché per equivalente monetario; questioni che esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo e che, sotto il profilo procedimentale, non riguardano la legittimità del vincolo preordinato all’esproprio e della successiva procedura di acquisizione coatta del bene in caso di mancata cessione bonaria dello stesso.
Peraltro va osservato che, a seguito del fallimento delle trattative tra le parti, l’indennità di esproprio, per equivalente monetario, è stata definitivamente determinata dalla Corte d’Appello di Ancona con sentenza n. 1189/2015, nella misura di € 146.622 a titolo di indennità di esproprio, oltre ad € 17.463,94 quale indennità per l’occupazione temporanea nel periodo in cui è stata legittima.
4. Con il ricorso per motivi aggiunti vengono dedotte solo censure di illegittimità derivata. Di conseguenza la parte impugnatoria del gravame va conclusivamente respinta.
5. Resta da esaminare l’istanza risarcitoria.
Con il ricorso introduttivo viene prospettato un danno derivante dall’ingiustificata privazione dell’appartamento in oggetto per 36 anni. Tale circostanza viene riproposta con il ricorso per motivi aggiunti.
Con memoria depositata in data 10.4.2017 vengono avanzate le seguenti richieste risarcitorie:
a. restituzione dell’appartamento oltre al risarcimento del danno relativo al periodo di occupazione senza titolo dello stesso (dal 14.1.2004 alla data dell’emananda sentenza);
b. in subordine alla restituzione, risarcimento del danno pari al valore venale dell’immobile, oltre al controvalore dei beni ivi esistenti ed esportati o distrutti, oltre interessi e rivalutazione monetaria;
c. in ogni caso, condanna dell’amministrazione al pagamento dei danni conseguenti alla mancata attuazione degli interventi, di relativa competenza, ai sensi della Legge n. 734/1972 e di quelli conseguenti all’approvazione del PP del Guasco San Pietro, oltre interessi e rivalutazione.
L’istanza risarcitoria va respinta nel merito, e ciò consente di prescindere dalla sua parziale inammissibilità, essendo evidente che le deduzioni di cui alla memoria del 10.4.2017 (non introdotte in giudizio attraverso rituali motivi aggiunti) ampliano sia il petitum che la causa petendi dell’azione risarcitoria.
L’infondatezza della parte impugnatoria del ricorso esclude la sussistenza dei presupposti per la restituzione dell’immobile, poiché il decreto di esproprio, adottato il giorno 6.4.2009, resiste alle censure di parte ricorrente.
Dalla data in cui è divenuto efficace detto provvedimento ablativo, il bene è pertanto transitato nella legittima disponibilità del Comune.
Nel periodo 2004-2009, ovvero dalla scadenza dell’occupazione legittima all’efficacia dell’acquisizione coatta, non vi è stata alcuna ulteriore occupazione da parte del Comune, poiché il bene era ritornato nella disponibilità della ricorrente, come già rilevato in sede cautelare (cfr. TAR Marche, ord. 10.7.2008 n. 358).
L’ulteriore profilo di danno (sub. c) non è sostenuto da alcun elemento probatorio, sia con riguardo all’an che al quantum debeatur, sia in ordine al nesso causale tra il preteso illecito e il danno subito.
6. Le spese di giudizio possono essere compensate considerata la particolarità e per certi versi complessità della vicenda in esame.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi,Presidente
Gianluca Morri,Consigliere, Estensore
Francesca Aprile,Primo Referendario
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gianluca Morri Maddalena Filippi
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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