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Restauro immobili - TAR Veneto, sez.II, sent. n.1532 del 18.12.2014

Pubblico
Venerdì, 19 Dicembre, 2014 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, (Sezione Seconda), sentenza n.1532 del 18 dicembre 2014, sul concetto di restauro
 
 
N. 01532/2014 REG.PROV.COLL.
 
N. 01080/2013 REG.RIC.
 
N. 00557/2014 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
 
(Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 1080 del 2013, proposto da: 
Associazione Italia Nostra Onlus, rappresentata e difesa dagli avv. Francesca Mantovan, Paolo Mantovan, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv.Paolo Mantovan in Venezia, San Polo, 1543; 
contro
Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv. Giulio Gidoni, Marzia Masetto, Antonio Iannotta, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091; 
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63; 
nei confronti di
La società Edizione Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Bruno Barel, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale ai sensi dell’art. 25 comma 2° del Codice del Processo Amministrativo; 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 557 del 2014, proposto da: 
Associazione Italia Nostra Onlus, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Mantovan, Francesca Mantovan, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. Paolo Mantovan in Venezia, San Polo, 1543; 
contro
Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv. Giulio Gidoni, Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, domiciliato in Venezia, S. Marco, 4091; 
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63; 
nei confronti di
La società Edizione S.r.l., rappresentata e difeso dall'avv. Bruno Barel, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278; 
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1080 del 2013:
- della deliberazione del Consiglio comunale di Venezia n. 18 dell’11 marzo 2013 con la quale: a) si è dichiarato che il “progetto di riqualificazione” del Fontego dei Tedeschi “riveste carattere di interesse pubblico”; b) si è “approvato” tale progetto “in deroga alla strumentazione urbanistica vigente” c) si è stabilito che la deroga viene concessa: a) per la modifica della destinazione d’uso ad attività commerciale, non ammessa dalla parte III^ della V.P.R.G. per la città antica; b) per gli ampliamenti di superficie e di volume, pari rispettivamente a 750 mq. e 2390 mc. in contrasto con la scheda 22 e con gli artt. 10 e 13 delle NTA della VPRG; d) si è dato mandato al competente dirigente “di esperire in attuazione del presente atto (delibera consiliare) tutte le procedure previste dalla legislazione vigente per la prosecuzione dell’iter amministrativo del permesso di costruire in deroga”, nonché della convenzione accessoria al detto permesso, nelle parti su specificate;
- dell’autorizzazione del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna prot. n. 17/02 del 06 Dicembre 2012 con la quale si è assentita, con prescrizioni, l’esecuzione degli interventi previsti nel progetto relativo al fabbricato di cui sub 1);
- del parere della Commissione edilizia integrata del 19 dicembre 2012 e della Soprintendenza BBAAPP, di cui al verbale della conferenza di servizi PG n. 2013/24222 dell’11 Gennaio 2013;
- della deliberazione della Giunta comunale n. 676 del 23/11/2011 con cui si è approvato lo schema di convenzione con Edizione Srl per la riqualificazione e rifunzionalizzazione del Fontego, nonché della convenzione medesima, sottoscritta il 28/12/2001 nelle parti che prevedono la deroga alle norme di attuazione della V. PRG e la immodificabilità del progetto;
- della deliberazione del Consiglio della Municipalità di Venezia – Murano – Burano n. 10 del 18/02/2013 con cui si esprime parere favorevole sulla proposta di approvazione del progetto in deroga.
Quanto al ricorso n. 557 del 2014:
- del permesso di costruire in deroga prot. n. 63161, rilasciato dal Dirigente del Settore Edilizia di Iniziativa Privata e Agibilità in data 10.2.2014, con cui si consente la ristrutturazione del Fontego dei Tedeschi, della istruttoria nelle date, rispettivamente, del 18.1.2013, 4.12.2013 e 10.2.2014; della deliberazione della Giunta Comunale n. 676 del 23.11.2011, con cui si approva lo schema di convenzione con Edizione S.r.l. per la riqualificazione e rifunzionalizzazione del Fontego, della convenzione medesima, sottoscritta il 28.12.2011, nelle parti che prevedono la deroga alle norme di attuazione della V. PRG e la immodificabilità del progetto;
- della deliberazione del Consiglio della Municipalità di Venezia-Murano-Burano n. 10 del 18.02.2013, con cui si esprime parere favorevole sulla proposta di approvazione del progetto in deroga;
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Venezia n. 18 dell'11 marzo 2013, con la quale: a) si dichiara che il "progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione" del Fontego dei Tedeschi "riveste carattere di interesse pubblico"; b) si "approva" tale progetto "in deroga alla strumentazione urbanistica vigente"; c) si stabilisce che la deroga viene concessa: a) per la modifica della destinazione d'uso ad attività commerciale, non ammessa dalla parte III^ della scheda 22 delle N.T.A. della V.P.R.G. per la città antica; b) per gli ampliamenti di superficie e di volume, pari rispettivamente a 750 mq. e 2390 mc., in contrasto con la scheda 22 e con gli artt. 10 e 13 delle N.T.A. della VPRG; d) si da mandato al competente dirigente "di esperire, in attuazione del presente atto (delibera consiliare, n.d.r.), tutte le procedure previste dalla legislazione vigente per la prosecuzione dell'iter amministrativo del permesso di costruire in deroga"; dell'autorizzazione del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna prot. n. 17/02 del 6.12.2012, con la quale si assente, con prescrizioni, l'esecuzione degli interventi de quibus e della autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Dirigente del Settore Edilizia di Iniziativa Privata e Agibilità Centro Storico e Isole prot. n. 74769 del 18.2.2014.
 
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Venezia e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Edizione Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Con il ricorso RG n. 1080/13 l’Associazione Italia Nostra Onlus ha chiesto a questo Tribunale una pronuncia di annullamento di una pluralità di atti, tra i quali, la delibera del Consiglio Comunale di Venezia n. 18 dell’11 Marzo 2013 di approvazione del progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione del Fontego dei Tedeschi in deroga alla strumentazione urbanistica vigente, l’autorizzazione del Soprintendente di Venezia e Laguna prot. n. 17/02 del 06 Dicembre 2012 con la quale si è assentita l’esecuzione degli interventi previsti nel progetto, i pareri della Commissione edilizia integrata del 19 Dicembre 2012 e della Soprintendenza di cui al verbale della conferenza di servizi PG n. 2013/24222 dell’11 Gennaio 2013 e, in ultimo, della deliberazione della Giunta Comunale n. 676 del 23/11/2011 con cui si era approvato lo schema di convenzione e, ciò, unitamente alla Convenzione medesima sottoscritta con la Società Edizione Srl.
A tal fine si era evidenziato come la società Edizione Srl, a seguito della sottoscrizione della sopracitata convenzione, aveva dichiarato di voler destinare lo stesso immobile ad uso commerciale per una superficie di vendita non inferiore a mq. 6.800, impegnandosi a riconoscere al Comune di Venezia l’utilizzo del “campiello” per eventi culturali per almeno 10 giorni all’anno e, nel contempo, a versare allo stesso Comune un contributo in denaro a titolo di beneficio pubblico di sei milioni di Euro, contributo omnicomprensivo anche agli effetti dell’art. 28 della L. reg. n. 15/2004.
Il progetto originario di riqualificazione veniva in seguito modificato sulla base del parere emesso, nel corso della seduta dell’08 Maggio 2012, dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Seguiva l’emanazione delle delibere di approvazione del progetto n. 18 dell’11 Marzo 2013 e n. 10 del 18/02/2013, rispettivamente del Comune di Venezia e del Consiglio della Municipalità di Venezia – Murano - Burano e, ancora, l’emanazione dei pareri della Commissione edilizia e della Soprintendenza, così come sopra citati, di autorizzazione all’esecuzione degli interventi in questione.
L’Associazione Italia Nostra Onlus provvedeva ad impugnare detti provvedimenti, precisando che la legittimazione a proporre il presente giudizio doveva essere individuata nell’art. 1 dello Statuto della stessa associazione nella parte in cui prevedeva lo scopo di concorrere “alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione…e che è stata individuata come associazione di protezione ambientale con decreto del Ministro dell’ambiente in data 20 Febbraio 1987”.
Nell’impugnare detti provvedimenti si sosteneva l’esistenza dei vizi riferiti, rispettivamente, alla deliberazione consiliare n. 18 dell’11 Marzo 2013, all’autorizzazione del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna prot. n. 17102 del 06 dicembre 2012 e, ancora, della valutazione di compatibilità paesaggistica dell’11/01/2013.
Per quanto concerne la delibera consiliare n. 18/2013 si sosteneva l’esistenza dei vizi relativi alla violazione dell’art. 14 del Dpr 380/2001, alla violazione dell’art. 7 e 8 del DM del 02/04/1968, nonché dell’art. 3 della L. n. 241/90; alla violazione dell’art. 14 del Dpr 380/2001 e dell’art. 13 delle NTA della variante al Prg; alla violazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 e l’eccesso di potere per difetto dei presupposti.
Con riferimento all’impugnazione dell’autorizzazione della Soprintendenza si sosteneva il venire in essere della violazione degli artt. 2 del Dpr n. 791/1973 nonché dell’art. 29 del D.Lgs. 42/2004 e, nel contempo, la violazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Nell’impugnare i provvedimenti diretti a sancire la compatibilità paesaggistica si rilevava, oltre ai vizi di invalidità derivata, l’esistenza dei profili di illegittimità riconducibili alla violazione dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 e all’eccesso di potere per illogicità e invalidità derivata e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Nel ricorso RG 1080/13 si costituiva il Comune di Venezia che eccepiva preliminarmente l’irricevibilità per tardività dell’impugnazione di tutti gli atti sopra citati in quanto in precedenza pubblicati o comunque conosciuti dalla ricorrente e, nel contempo, l’inammissibilità per carenza di legittimazione attiva dell’Associazione Italia Nostra.
In subordine all’accoglimento di dette eccezioni preliminari, e nel merito del ricorso, si contestavano le censure della ricorrente, chiedendo una pronuncia di rigetto.
Anche la Società Edizione Srl, in qualità di soggetto controinteressato al presente giudizio, rilevava in via preliminare, l’assenza di una legittimazione e di un interesse dell’Associazione Italia Nostra e, ciò, considerando come con il presente ricorso si sarebbe sostenuta la violazione della disciplina urbanistica ed edilizia, profili questi ultimi che sarebbero estranei alla tutela ambientale nell’ambito della quale la stessa Associazione sarebbe legittimata ad agire.
Si eccepiva, altresì, l’irricevibilità per tardività delle censure in quanto proposte avverso provvedimenti in relazione ai quali era già decorso il termine di 60 giorni per impugnare e, in ultimo e in subordine, si sosteneva l’infondatezza nel merito del ricorso.
Sempre detto controinteressato nella memoria di replica evidenziava l’ulteriore profilo di inammissibilità riconducibile alla circostanza che la pressochè totalità degli atti impugnati (con l’eccezione dell’impugnazione proposta avverso dell’autorizzazione della Soprintendenza ai beni culturali veneziani) dovevano considerarsi atti endoprocedimentali e propedeutici all’emanazione del permesso di costruire.
Si costituiva solo formalmente il Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia.
Venivano emanati successivamente il permesso di costruire in deroga (prot. 63161) e l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal dirigente comunale preposto (prot. n. 74769) del 18/02/2014,
Detti ultimi atti, unitamente a quelli in epigrafe citati, alcuni dei quali peraltro già oggetto del ricorso RG 1080/13, venivano impugnati con la presentazione del ricorso RG 557/14, nell’ambito del quale venivano proposti motivi di illegittimità sostanzialmente analoghi a quelli sopra citati.
Sempre nel ricorso RG 557/14 si costituiva il Ministero per i Beni e le Attività culturali che eccepiva, preliminarmente, l’esistenza di profili di inammissibilità riconducibili all’impossibilità di proporre nuovi motivi di censura avverso provvedimenti già impugnati con il ricorso RG 1080/13.
Ciò premesso il Ministero sopra citato concludeva per il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Si costituivano, altresì, sia il Comune di Venezia che la società Edizione Srl, quest’ultima in qualità di controinteressato.
Entrambe dette parti resistenti eccepivano preliminarmente l’inammissibilità del ricorso con riferimento ad una pluralità di motivi, riconducibili alla violazione del principio del ne bis in idem, alla tardività, alla carenza di interesse e alla carenza di legittimazione e concludevano, in subordine, per il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Nel corso dell’udienza del 05 maggio 2014 parte ricorrente rinunciava all’istanza cautelare.
All’udienza del 19 Novembre 2014, sia il ricorso RG 1080/13 che il ricorso di cui all’RG 557/14 - uditi i procuratori delle parti costituite -, venivano trattenuti per la decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo va rilevato come sia possibile disporre la riunione dei ricorsi RG 1080/13 e RG 557/2014 in considerazione di un’evidente connessione soggettiva e oggettiva e, quindi, avendo a riferimento sia la coincidenza delle parti costituite sia, ancora, la sostanziale identità dell’oggetto della controversia diretta, com’è, a censurare l’intervento di riqualificazione dell’”ex Fontego dei Tedeschi” autorizzato dall’Amministrazione comunale e dalla Soprintendenza.
1.1. Proprio l’identità dei ricorsi RG 1080/13 e RG 557/14 consente di procedere ad una trattazione unitaria delle censure in quanto riferite ad entrambi i giudizi in questione.
1.2 Sempre in via preliminare va evidenziato, come sia possibile prescindere dall’esame di tutte le eccezioni preliminari proposte in considerazione della manifesta infondatezza nel merito di entrambi i ricorsi.
2. Ciò premesso è possibile esaminare nello specifico le singole argomentazioni a fondamento dei motivi di illegittimità dedotti.
2.1 Per quanto concerne l’impugnazione della delibera consiliare n. 18 dell’11/03/2013 va rilevato che, con il primo motivo del ricorso RG 1080/13 e con il sesto e nono motivo del ricorso RG 557/14, si sostiene la violazione dell’art. 14 del Dpr 380/2001, in quanto nel caso di specie l’edificio non integrerebbe la fattispecie di un immobile di interesse pubblico, circostanza che determinerebbe il venir meno di un presupposto essenziale per applicare l’istituto del permesso di costruire di cui all’art. 14 sopra citato.
L’Associazione Italia Nostra ricorda come fosse stata la stessa delibera ora impugnata ad evidenziare che l’edificio in questione era inserito nella variante al Prg con destinazione ad “attrezzature collettive di interesse comune – ufficio Postale” e che, nel contempo, tale destinazione era cessata a seguito della dismissione e conseguente alienazione del bene da parte di Poste Italiane.
A parere della ricorrente, in considerazione della destinazione sopra citata, non solo non sarebbe stata necessaria l’emanazione di un permesso in deroga, ma nel contempo, la realizzazione di un’attività commerciale sarebbe in contrasto con la finalità dell’interesse pubblico presupposto per l’applicazione del disposto di cui all’art. 14 del Dpr 380/2001.
Dette argomentazioni non sono condivisibili e vanno rigettate.
2.1 Sul punto è dirimente constatare come, ad oggi ed al fine di applicare la deroga di cui all’art. 14 sopra citato, è necessario non tanto avere a riferimento la qualità pubblica o privata dei soggetti esecutori, quanto l’esistenza di un nesso tra la destinazione dell’edificio ed un interesse tipico e apprezzabile perseguito dall’Amministrazione.
Si è affermato, infatti, (T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 07-02-2014, n. 417) che l'art. 14, primo comma, del D.p.r. n. 380 del 2001 stabilisce che i permessi di costruire in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici generali possono essere rilasciati, fra l'altro, per la realizzazione di impianti di interesse pubblico e, ciò, con la conseguenza che “anche impianti ed edifici privati possono costituire oggetto di permesso di costruire in deroga”.
Si è sostenuto, inoltre, (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, 11-03-2011, n. 375) che “gli immobili di interesse pubblico possono anche essere di proprietà privata, purché la loro destinazione assolva finalità di interesse pubblico. Il permesso di costruire in deroga di cui all'art. 14 del d.p.r. n. 380/2001 non è un atto dovuto a fronte della realizzazione di opere di interesse pubblico, ma costituisce un provvedimento discrezionale, emanato all'esito di una comparazione dell'interesse alla realizzazione (o al mantenimento dell'opera) con ulteriori interessi, come quelli urbanistici, edilizi, paesistici e ambientali”.
Si è così affermata una nozione di interesse pubblico che prescinde dalla natura pubblica o privata del bene per avere a riferimento l’esistenza di una “fruibilità collettiva”, ritenuta meritevole di tutela che, a sua volta, può risultare compatibile anche con una destinazione commerciale degli edifici (Consiglio di Stato dell’11 Gennaio 2006 n. 46).
2.2 Nella delibera ora impugnata è possibile evincere l’esistenza proprio di detti presupposti e, ciò, nella parte in cui si rileva che con l’intervento in questione si recupera uno dei più antichi edifici storici della città e si consente la fruizione pubblica gratuita di ampi spazi.
Sempre dall’esame della delibera è possibile evincere, e precisamente nel punto 3 della convenzione accessoria al permesso di costruire, come la società Edizione Srl si sia impegnata a garantire l’uso pubblico del “campiello” per ospitare eventi culturali per almeno 10 giorni l’anno, nonché a “consentire all’Amministrazione comunale la fruizione diretta e gratuita della sala eventi all’ultimo piano utile … che sarà fruibile direttamente e gratuitamente dall’Amministrazione comunale per proprie iniziative istituzionali”.
Ciò premesso deve ritenersi che l’Amministrazione comunale abbia dato conto della necessità e dei presupposti per applicare la deroga e, ciò, anche comparando l’interesse pubblico a quelli contrapposti, edilizi e urbanistici e comunque diretti al mantenimento dell’opera.
Ne consegue che le censure sopra citate sono infondate e vanno respinte.
2. Con il secondo e quarto motivo del ricorso RG 1080/13, e con il settimo motivo del ricorso RG 557/2014, si sostiene la violazione dell’art. 14 del Dpr 380/2001 e degli artt. 7 e 8 del DM n. 1444/1968, in quanto la delibera n. 8/2013 avrebbe concesso una deroga, oltre che per la modifica della destinazione d’uso ad attività commerciale, anche per gli ampliamenti di superficie pari a complessivi 750 mq e di volume pari a complessivi 2390 mc, limiti di densità e altezza previsti dal DM 1444/1968 e come tali ritenuti inderogabili.
2.2 La doglianza è priva di fondamento e va respinta.
Nel corso del giudizio è risultato possibile dimostrare come non risulti alterata né la densità edilizia né, ancora, l’altezza dell’edificio, risultando rispettate le prescrizioni di cui al connaturato disposto dell’art. 14 del Dpr 380/2001 e degli artt. 7 e 8 del DM 1444/1968.
L’Amministrazione comunale ha avuto cura di evidenziare che la densità edilizia riconducibile al progetto definitivo risulta essere pari, o addirittura inferiore, a quella originaria.
Deve ritenersi, inoltre, che l’incremento di volume di cui si fa menzione nella delibera n. 18/2013 sia da riferirsi alla realizzazione di un solaio di calpestio e alla trasformazione delle falde in copertura orizzontale (a terrazzo) che, come è possibile verificare dalla documentazione in atti, è interno alla sagoma del fabbricato, incremento che pertanto non è suscettibile di aumentare la densità edilizia.
2.3 Per quanto concerne l’incremento di altezza vanno condivise, anche qui, le argomentazioni dell’Amministrazione comunale laddove ha rilevato, nel supplemento istruttorio del 10/02/2014, che l’incremento di altezza sia da ricondurre ad una limitata modifica morfologica della copertura, nonché nello smontaggio e successivo rimontaggio ad una quota leggermente più alta (m. 1,60) del corpo aggiunto a carattere di superfetazione (lucernario-lanterna), spostamento che ha consentito di ricavare un ulteriore spazio di uso pubblico da utilizzare per eventi culturali.
2.4 Va, inoltre, evidenziato che le disposizioni di cui agli artt. 7 e 8 del DM 1444/1968 sono dirette a porre una limitazione per quanto riguarda gli edifici circostanti intesi come confinanti, ma non sono suscettibili di porre limitazioni all’edificio più alto, la cui minima variazione, diretta peraltro a consentire lo spostamento del lucernario, era stata acconsentita dal parere dalla Commissione Edilizia del 19/12/2012 .
Le doglianze in questione sono, pertanto, infondate e vanno respinte.
3. Nel terzo motivo del ricorso RG 1080/13 e dell’ottavo del ricorso RG 557/14, si sostiene la presunta violazione dell’art. 14 del Dpr 280/2001 e dell’art. 13 delle NTA della variante al Prg per la Città Antica.
A parere della ricorrente la deroga concessa dal Consiglio Comunale per la trasformazione delle falde di copertura in copertura orizzontale sarebbe illegittima in quanto contraria alle previsioni contenute nell’art. 13 delle NTA della Variante per la Città Antica, disposizione che prescriverebbe la conservazione delle coperture esistenti tradizionali e non ammetterebbe la realizzazione di coperture a terrazzo neppure parziali.
3.1 Sul punto va rilevato come non sia possibile estrapolare taluni elementi costruttivi per sostenere come questi ultimi non possano essere oggetto di deroga e, ciò, considerando come gli interventi relativi alla copertura sono strettamente connessi alla costruzione del nuovo solaio di calpestio all’ultimo piano, destinato all’uso pubblico e per il quale è stata concessa la deroga in questione.
Risulta, altresì, dimostrato che la trasformazione delle falde di copertura dal punto di vista dell’inclinazione, divenuta ora orizzontale, è finalizzata a creare un’area di passaggio calpestabile per poter arrivare al solaio di calpestio sopra il cortile.
Ne consegue che la violazione dedotta dalla ricorrente si traduce nel mancato ottemperamento a parametri tecnici e progettuali di dettaglio che, in quanto tali, non possono essere valutati a sé stanti e a prescindere dal complesso dell’intervento in relazione al quale l’Amministrazione comunale ha ritenuto di applicare l’istituto del permesso in deroga di cui all’art. 14.
Le censure sono, pertanto, infondate e vanno respinte.
4. Per quanto concerne l’impugnazione dell’autorizzazione della Soprintendenza prot. n.17102 del 06 Dicembre 2012 e dell’autorizzazione n. 676/2011 va evidenziato come nel quinto e nel sesto motivo del ricorso RG 1080/13 e nel primo e secondo motivo del ricorso RG 557/14 si sostiene la violazione degli artt. 2 del Dpr 791 e 29 del D.Lgs. 42/2004 e 3 della L. n. 241/90.
A parere dell’Associazione Italia Nostra l’atto della Soprintendenza sopra citato sarebbe illegittimo in quanto avrebbe autorizzato, non un intervento di restauro, quanto una vera e propria ristrutturazione in violazione delle disposizioni sopra citate.
Detta affermazione sarebbe dimostrata dalla circostanza che nell’immobile in questione sarebbe prevista la realizzazione di nuovi ingressi verticali e soprattutto, l’apertura di un grande “foro circolare” nella muratura cinquecentesca tra il primo e il secondo piano.
4.1 Sul punto è dirimente constatare come proprio dal parere in questione sia possibile evincere che l’immobile era stato oggetto di un’importante ristrutturazione nel corso degli anni trenta, intervento che era finalizzato a ospitare la sede delle Poste e, a seguito del quale, erano stati conservati “solo in minima partei materiali originari”.
4.2 Si consideri, peraltro, come la valutazione di compatibilità dell’intervento con le esigenze di tutela monumentale dell’edificio era stata posta in essere dalla Soprintendenza nell’espressione di un potere di discrezionalità tecnica nell’ambito del quale il sindacato di questo Tribunale è circoscritto all’esistenza dei noti profili di eccesso di potere, peraltro insussistenti nel caso di specie.
4.3 Non colgono nel segno nemmeno le argomentazioni dirette a rilevare l’esistenza di un presunto difetto di motivazione dell’autorizzazione in questione.
Sul punto va rilevato come un costante orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Veneto Sez. II, 12-02-2008, n. 339) ha affermato che il parere della Soprintendenza, nell’ipotesi di una valutazione di compatibilità con delle opere con le esigenza di tutela monumentale del vincolo non richiede una particolare motivazione, essendo al riguardo sufficiente l'affermazione che l'intervento è compatibile con la normativa di tutela della città di Venezia e della sua laguna.
4.4 Non solo la valutazione di compatibilità non necessitava di argomentazioni più cogenti, ma è necessario rilevare come dal parere del 06 Dicembre 2012 sia possibile evincere che la Soprintendenza aveva previamente svolto un’attività istruttoria alla quale era seguita una valutazione di “compatibilità” strettamente ancorata al contesto monumentale in questione.
La Soprintendenza, infatti, nel parere in questione menziona espressamente la ristrutturazione operata nel corso degli anni 30 e, proprio in ragione delle caratteristiche dell’immobile conseguenti a detto intervento, precisa la necessità che la realizzazione del nuovo progetto sia accompagnata dalla necessità di rispettare particolari prescrizioni.
L’esame della relazione storico artistica predisposta dal Ministero dei Beni culturali e Ambientale - alla base del decreto di apposizione del vincolo -, dimostra l’invasività dei lavori conclusi nel Luglio del 1939, lavori che avevano portato, tra l’altro, alla realizzazione di un ascensore, all’innalzamento del tetto e all’adeguamento di pareti e muri interni.
4.5 Non solo risulta accertato che l’immobile era stato oggetto di una ristrutturazione che ne aveva modificato gli aspetti sostanziali, per altro con l’utilizzo di cemento armato diretto a rinforzare gli elementi strutturali dell’edificio, ma va rilevato come l’intervento ora contestato possa comunque essere ricondotto alla nozione di restauro che, in quanto tale, è oggi connotata da caratteristiche parzialmente differenti rispetto al passato, circostanza quest’ultima che fa ritenere insussistente la presunta violazione dell’art. 29 del D. Lgs. 42/2004.
Per un recente orientamento giurisprudenziale (per tutti si veda Consiglio di Stato Sez. V, 29-10-2014, n. 5337) gli interventi di restauro e risanamento hanno una finalità di conservazione e di valorizzazione dell'organismo edilizio, attraverso la sostituzione anche di elementi costitutivi di quest'ultimo, che tuttavia non può estendersi sino alla realizzazione di superfici e volumetrie (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania - Salerno, sez. II, n. 1594/2002).
Si è, altresì, sostenuto (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 20-10-2011, n. 1694) che dall’'art. 3 del D.Lgs. n. 380/2001 emerge che il restauro “è teso alla conservazione (e non alla trasformazione) dell'edificio con conseguente mantenimento dei preesistenti elementi tipologici, formali e strutturali e, quindi, della "identità fisica" dello stesso, e che sono, essenzialmente, riconducibili a siffatta figura i lavori di mero ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi del fabbricato consentendosi la realizzazione di impianti connessi alle esigenze d'uso e quindi alla "funzionalità" dell'immobile ed all'eliminazione, per la medesima ragione di funzionalità degli elementi che si prefigurano come estranei all'unità immobiliare”.
4.6 L’esame del progetto da ultimo approvato consente di evincere come risultassero tutelati e conservati, non solo tutti gli elementi caratteristici e costitutivi del fabbricato (muri esterni e frontespizio), ma anche che l’intervento era stato diretto a modificare le opere realizzate a seguito della ristrutturazione conclusasi nel Luglio del 1939 che aveva fatto venir meno l’originaria destinazione commerciale.
Lo scopo prioritario del progetto va, allora, ricondotto al ripristino di detta destinazione originaria, e, ciò, anche mediante la valorizzazione di una superficie esistente sotto il lucernario riqualificandola da pavimentazione di transito per la manutenzione della copertura a soppalco di vetro aperto sui lati, funzionale all’accesso all’altana e fruibile come sala eventi aperta, gratuitamente, per le iniziative del Comune.
4.7 L’autorizzazione del 06 Dicembre 2014, pertanto, legittimamente poteva essere diretta a conservare le strutture originarie, realizzando interventi più impegnativi solo in quelle parti dell’edificio che più intensamente erano state modificate dagli interventi precedenti e, ciò, peraltro ponendo una serie di prescrizioni volte a garantire il valore storico-artistico proprio del Fondaco.
4.8 Per quanto riguarda la realizzazione del contestato foro circolare, tra il primo e il secondo piano, va rilevato come la Soprintendenza si sia riservata un successivo approfondimento, riserva peraltro estesa alla possibilità di stabilire comunque ulteriori prescrizioni ai fini della tutela archeologica “che potrebbero condizionare la realizzabilità delle opere di progetto”.
4.9 Anche il riferimento alla Legge n. 791/1973 posto in essere dalla ricorrente non appare decisivo in quanto dall’esame dell’art. 2 comma 10 della stessa disciplina, nella parte in cui attribuisce proprio alla Soprintendenza un potere discrezionale di valutazione nel concreto degli interventi da realizzare,è possibile evincere che anche quest’ultima ammette interventi che esulano da una nozione di restauro intesa in senso restrittivo.
Le censure sopra citate sono, pertanto, infondate e vanno respinte.
5. Da ultimo, parte ricorrente, sia nel ricorso RG 1080/13 che nel ricorso RG 557/14, ha impugnato le valutazioni di compatibilità paesaggistica contenute nel parere della Commissione Edilizia integrata del 19/12/2012 e nella valutazione espressa dalla Soprintendenza di cui al verbale della conferenza di servizi n. 2013/24222 dell’11 Gennaio 2013.
6. Con il settimo motivo del ricorso RG 1080/13 e con il terzo e quarto motivo del ricorso RG 557/14 si è sostenuta, infatti, la violazione dell’art. 146 del D. Lgs. 42/2004, in quanto nello stesso parere che ha assentito l’opera si sarebbe affermata la compatibilità paesaggistica della stessa avendo a riferimento la valutazione di compatibilità monumentale espressa con il parere del 06 Dicembre 2012, parere quest’ultimo che, come è noto, attiene ad una valutazione differente rispetto a quella oggetto dei provvedimenti ora in questione.
Sul punto va evidenziato, che è proprio l’art. 29 comma 3 del regolamento edilizio a prevedere che il parere della Commissione edilizia doveva essere reso sotto il profilo paesaggistico e che, ancora, detto parere doveva essere trasmesso alla Soprintendenza.
La Soprintendenza, nel momento in cui ha ritenuto di esprimere il parere positivo sulla compatibilità paesaggistica aveva come presupposto l’avvenuto svolgimento dell’attività istruttoria da parte della Commissione Edilizia integrata che si era, peraltro, sul punto pronunciata.
6.1 Ne consegue che la valutazione di compatibilità paesaggistica non è stata assunta, come sostiene la ricorrente, avendo a riferimento la valutazione di compatibilità monumentale, ma al contrario sulla base dell’istruttoria dell’autorità preposta alla tutela del paesaggio che aveva rilevato come il modesto innalzamento del lucernario era suscettibile di far ritenere inalterata la prospettiva dello skyline percepibile dall’esterno anche a distanze notevoli.
Non sussiste nemmeno l’asserito travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la Commissione Edilizia sopra citata e, ciò, considerando come la terrazza – di cui parte ricorrente asserisce l’esistenza – è stata sostituita da una diversa struttura nell’ambito della quale figura un’altana da collocarsi sopra la copertura a falde.
Quanto sopra deve ritenersi sufficiente a disporre il rigetto delle relative censure.
7. E’ da respingere anche l’ottavo motivo del ricorso RG 1080/13 laddove si contesta che il parere della Commissione edilizia Integrata del 19/12/2012 sarebbe stato espresso su un travisamento dei fatti, in quanto il tetto e le murature non rimarrebbero inalterati come al contrario affermato dalla stessa Commissione Edilizia.
7.1 La lettura del parere del 19/12/2012 della Commissione Edilizia, al contrario di quanto affermato, consente di rilevare che la valutazione di compatibilità era stata posta in essere avendo a riferimento i luoghi e le caratteristiche dell’intervento e, ciò, nella parte in cui si era sancito la sostanziale non alterazione dello skyline percepibile dall’esterno anche da notevoli distanze.
Nello stesso parere si afferma, infatti, che le modifiche sono compatibili con il paesaggio “visto l’impiego di materiali e forme tradizionali e vista l’Autorizzazione con prescrizioni rilasciata dalla Soprintendenza per il beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia con nota prot. 17102 del 06/12/2012, anche se espressa sotto il profilo monumentale”.
8. Non possono essere condivise nemmeno le argomentazioni contenute nel decimo motivo del ricorso RG 557/14.
8.1 Sul punto va evidenziato che non sussiste la circostanza relativa all’asserito aumento di un piano, considerando come sia dimostrato che le murature e i tetti restino sostanzialmente invariati e, ciò, con le eccezione delle opere relative allo spostamento del lucernario e di consolidamento della parte alta con strutture reticolari, con la realizzazione di una pavimentazione di transito per la manutenzione della copertura a soppalco di vetro sui lati, opere queste ultime oggetto del permesso di deroga di cui all’art. 14 del Dpr 380/2001.
9. L’infondatezza delle censure sopra citate consente di rigettare tutti i vizi di invalidità derivata, contenuti, tra l’altro, anche nel quinto motivo del ricorso RG 557/14.
In definitiva, sia il ricorso RG 1080/13 sia il ricorso RG 557/14, sono infondati e vanno respinti.
La complessità della fattispecie esaminata consente di compensare le spese di giudizio in entrambi i ricorsi e tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi RG 1080/13 e RG 557/14, previa riunione degli stessi, li respinge così come precisato in parte motiva.
Compensa le spese e gli onorari di giudizio in entrambi i giudizi e tra tutte le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi,Presidente
Alessandra Farina,Consigliere
Giovanni Ricchiuto,Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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