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Vincolo di rispetto cimiteriale

Privato
Mercoledì, 6 Settembre, 2023 - 11:15

Cons. Stato, Sez. VI, Sent., (data ud. 23/01/2023) 10/03/2023, n. 2565, sul vincolo di rispetto cimiteriale

MASSIMA

La giurisprudenza del Consiglio di Stato è unanime nel ritenere che il limite alla formazione del silenzio assenso previsto dall'art. 35, comma 18, della L. n. 47 del 1985 operi anche in relazione alle istanze di condono presentate ai sensi della L. n. 724 del 1994 (Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 02/07/2018, n.4033: "In materia di condono di manufatti su aree soggette a vincoli, il silenzio formatosi per decorso dei termini sulla istanza di regolarizzazione edilizia non equivale mai ad assenso"). La presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta e la preesistenza dell'opera rispetto al vincolo impediscono dunque la formazione del silenzio assenso sulle istanze di condono, con assorbimento degli ulteriori motivi relativi a tale aspetto.

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 887 del 2019, proposto da M.G.F., M.M., rappresentate e difese dagli avvocati Stefano Vinti, Maria Teresa Grassi, Gian Paolo Dami, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Stefano Vinti in Roma, via Emilia, n. 88;

contro

Comune di Massa, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Panesi, Manuela Pellegrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Domenico Iaria in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

nei confronti

R.B., E.B., rappresentati e difesi dagli avvocati Daniele Calvani, Andrea Maggiari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 1416/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa e dei sigg. R. e E.B.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 gennaio 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Manuela Pellegrini, Andrea Maggiari e Gian Paolo Dami in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma Microsoft Teams;

Svolgimento del processo

1. F.M.G., M.M., B.R. e B.E. sono proprietari di quattro unità immobiliari costituenti porzioni di un fabbricato quadrifamiliare, sito in comune di Massa, via del P., 54, e situato in area destinata a vincolo di rispetto cimiteriale dal PRG approvato con D.M. n. 1807 del 31 marzo 1972.

2. Il fabbricato in questione veniva realizzato nel 1984 tramite demolizione del preesistente fabbricato e ricostruzione di un nuovo edificio, in assenza del titolo edilizio richiesto; pertanto, con ordinanza del 12/03/1984 il Sindaco ordinava la sospensione dei lavori e la demolizione di quanto già realizzato. Nonostante l'adozione dell'ordinanza in questione, in data 13/03/1984 i Vigili Urbani accertavano che i lavori erano stati ultimati.

3. I quattro proprietari presentavano istanza di condono relativamente a ciascuno dei manufatti di loro proprietà, ai sensi dell'art. 35 della L. n. 47 del 1985; le istanze, tuttavia, non avevano seguito, a causa del mancato rispetto del termine di cui al 2 comma della stessa disposizione.

4. Successivamente presentavano nuove istanze di condono ai sensi dell'art. 39 della L. n. 724 del 1994.

5. Il Comune di Massa respingeva tali domande con le Det. n. 3861 del 14 settembre 2011, Det. n. 3865 del 14 settembre 2011, Det. n. 3866 del 14 settembre 2011, Det. n. 3854 del 14 settembre 2011, ritenendo che le opere non potessero essere sanate a causa dell'esistenza del vincolo cimiteriale di cui all'art. 338 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265.

6. Tutti i provvedimenti di diniego venivano impugnati dai rispettivi interessati innanzi al TAR Toscana.

7. Nelle more dei giudizi il Comune di Massa avviava l'iter per il riesame delle istanze di condono, e con successive Det. del 12 ottobre 2017 il dirigente del settore Pianificazione del Territorio ed Edilizia Privata del Comune di Massa, sulla scorta della nuova istruttoria svolta, confermava il precedente rigetto dell'istanza di sanatoria e comunicava l'avvio del procedimento finalizzato all'adozione dei conseguenti provvedimenti sanzionatori.

8. Tutti i provvedimenti di conferma venivano impugnati innanzi al TAR con motivi aggiunti.

9. Con sentenza n. 1416/2018 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana - Sez. III, previa riunione dei quattro ricorsi, li respingeva e pertanto confermava i provvedimenti di diniego di condono.

10. La signora M.G.F., in qualità di proprietaria di due delle unità immobiliari, e la figlia, signora M.M.M., in qualità di utilizzatrice di una di esse, hanno proposto appello.

11. Si è costituito in giudizio il Comune di Massa eccependo l'irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità dell'appello, riproponendo l'eccezione di improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti promosso dalla sig.ra F. in quanto non tempestivamente depositato, ed in ogni caso insistendo per l'infondatezza dell'appello.

12. I signori B.R. e B.E. hanno proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza.

13. Il Comune di Massa si è costituito in giudizio per resistere anche all'appello incidentale, eccependone l'inammissibilità, irricevibilità e improcedibilità e comunque la sua infondatezza.

14. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell'udienza straordinaria del 23.01.2023, in occasione della quale è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

15. Preliminarmente occorre esaminare l'eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Massa relativamente ai motivi aggiunti presentati in primo grado da F.M.G., aventi ad oggetto gli atti con cui il Comune di Massa ha confermato il diniego alle quattro istanze di condono.

15.1 Il Comune sostiene che essi siano tardivi, in quanto notificati in data 12.12.2017 e depositati in data 25.01.2018.

15.2 L'appellante ritiene che l'eccezione sia inammissibile in quanto avrebbe dovuto essere sollevata mediante appello incidentale avverso il capo di sentenza che l'ha respinta, e sostiene che il deposito sia tempestivo come emerge dalla documentazione in atti. In ogni caso ad avviso dell'appellante il provvedimento impugnato con motivi aggiunti sarebbe meramente confermativo del diniego originario e pertanto l'eventuale tardività sarebbe irrilevante ai fini della decisione.

15.3 Quanto all'ammissibilità dell'eccezione sollevata con la memoria di costituzione si osserva che l'art. 101 co. 2 c.p.a. prevede espressamente la possibilità, per le parti diverse dall'appellante, di riproporre le eccezioni non esaminate dal giudice di primo grado, e ciò con memoria da depositarsi, a pena di decadenza, entro il termine per la costituzione in giudizio. La proposizione dell'appello incidentale, pertanto, è necessaria solo qualora il giudice di primo grado si sia espressamente pronunciato sull'eccezione sollevata in primo grado respingendola (sul punto si veda la pronuncia di cui alla sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. V, 24/01/2013, n.456: "La pura e semplice riproposizione nel giudizio di appello, mediante memoria, delle eccezioni in rito già espressamente disattese dal primo giudice è inammissibile, in difetto del necessario appello incidentale avverso i capi di sentenza che le hanno respinte, atteso che la facoltà di mera riproposizione dell'eccezione è accordata, dall'art. 101 comma 2 c. proc. amm., solo rispetto alle eccezioni "assorbite" o comunque "non esaminate", e non anche per quelle esplicitamente respinte, che possono essere sottoposte al giudice di secondo grado solo proponendo un formale atto di appello avverso la pronuncia reiettiva"). Nel caso di specie il giudice di primo grado non si è espressamente pronunciato sul punto, quindi l'eccezione è stata ritualmente riproposta dal Comune con la comparsa di costituzione in giudizio.

15.3.1 In ogni caso "Nel processo amministrativo, ai sensi dell'art. 35 c.p.a., la tardività della notifica e del deposito del ricorso è questione rilevabile d'ufficio; la tardività del ricorso di primo grado è rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di appello, atteso che il cit. art. 35 non pone limitazioni al rilievo d'ufficio in grado di appello, a differenza di quanto dispongono gli artt. 9 e 15, rispettivamente per la questione di giurisdizione e per la questione di competenza" (Consiglio di Stato sez. IV, 16/06/2015, n.2974); pertanto anche la mancanza di appello incidentale sul punto non preclude al giudice l'esame della relativa eccezione.

15.4 Nel merito l'eccezione non è fondata. Dalla documentazione depositata in giudizio dal Comune di Massa emerge infatti che la prima notifica dei motivi aggiunti è avvenuta, nei confronti degli Avv. Panesi e Iaria, in data 12.12.2017 alle ore 11.45 (cfr. doc. 15 del Comune di Massa), mentre il deposito è avvenuto solamente in data 25.01.2018. Tuttavia dalla documentazione prodotta da F.M.G. emerge che il deposito è avvenuto per la prima volta in data 09.01.2018 e non è stato registrato dal sistema a causa di un problema tecnico.

16. Nel merito, il primo motivo dell'appello principale si articola in diverse censure in parte coincidenti con quelle sollevate con il secondo ed il terzo motivo dell'appello incidentale dei signori B.. Similmente il secondo ed il terzo motivo dell'appello principale hanno tenore analogo al primo motivo dell'appello incidentale e pertanto devono essere esaminati congiuntamente.

17. Preliminare dal punto di vista logico è l'esame della prima censura sollevata con il primo motivo dell'appello principale, relativo all'illegittimità della riunione disposta dal TAR.

17.1 Il TAR ha disposto la riunione dei ricorsi sulla base della "evidente connessione soggettiva e oggettiva" fra gli stessi.

17.2 Le appellanti principali sostengono che tale riunione sia stata illegittima in quanto i ricorsi, oltre ad essere distinti dal punto di vista soggettivo - in quanto presentati da soggetti diversi -, hanno ad oggetto diverse porzioni immobiliari, la cui sanabilità avrebbe dovuto essere esaminata singolarmente dal giudice di primo grado. Ed invero, l'esame unitario dell'intero fabbricato avrebbe impedito al TAR di rendersi conto della legittimità delle opere eseguite dalle appellanti F.M.G. e M.M., dal punto di vista della volumetria realizzata.

17.3 Il motivo non è fondato.

17.3.1. L'intervento è consistito nella demolizione di un fabbricato preesistente e nella sua ricostruzione, pertanto deve essere considerato, ai fini della applicazione della normativa edilizia e urbanistica, quale intervento unitario, che in tale unitarietà non viene alterato per il solo fatto che all'interno dell'immobile di nuova costruzione siano state ricavate quattro unità abitative. La natura unitaria dell'intervento è inoltre confermata dai verbali di sopralluogo dei vigili del fuoco del 1984.

17.3.2. Le norme urbanistiche ed edilizie applicabili al fondo devono quindi essere applicate fabbricato, che del resto, per quanto si evince dalla documentazione depositata in corso di causa, ha natura condominiale, per il fatto che tutte le quattro unità immobiliari di proprietà esclusiva hanno le medesime parti comuni, escludendosi anche un regime di super-condominio. Non v'è, quindi, alcun ragione perché le unità immobiliari di proprietà della signora F. debbano essere considerate separatamente dalle altre due, ai fini dell'applicazione della normativa urbanistica ed edilizia.

17.3.3. Erronea è anche l'affermazione di parte appellante secondo cui " i condoni devono essere rilasciati per i singoli abusi". La Sezione ha più volte avuto modo di precisare che "la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. L'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 novembre 2022 n. 10358).

18. Il secondo ed il terzo motivo d'appello principale ed il primo motivo d'appello incidentale possono essere esaminati unitamente in quanto tutti relativi all'eventuale formazione del silenzio assenso sull'istanza di condono.

18.1 Il TAR ha ritenuto che l'esistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta (vincolo di rispetto cimiteriale) fosse ostativa alla formazione del silenzio assenso ai sensi della L. n. 47 del 1985. Ad avviso del giudice di primo grado, inoltre, anche il mancato pagamento delle "somme eventualmente dovute a conguaglio" impedirebbe la formazione di un silenzio significativo sulle istanze presentate dagli appellanti.

18.2 Gli appellanti sostengono che il limite alla formazione del silenzio assenso in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, previsto dall'art. 35, comma 18, della L. n. 47 del 1985, non sussista in relazione alle istanze presentate ai sensi della L. n. 724 del 1994. L'art. 39, comma 4, della L. n. 724 del 1994 ammetterebbe infatti la possibilità della formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono anche in presenza dei predetti vincoli di inedificabilità.

18.2.1 Sul punto le appellanti principali aggiungono che il vincolo di rispetto cimiteriale nell'area in questione è di fatto inesistente, trattandosi di una delle vie principali del centro abitato ove sorgono diverse costruzioni. Il vincolo, inoltre, sarebbe stato di recente modificato con l'atto del Consiglio del Comune di Massa del 25.4.2018 n. 39 che avrebbe ridotto la fascia di rispetto cimiteriale. Anche per tale motivo il Comune avrebbe dovuto effettuare un contemperamento degli interessi in gioco, alla luce del considerevole lasso di tempo trascorso tra la realizzazione delle opere ed il provvedimento di diniego.

18.2.2 Quanto al mancato pagamento delle somme dovute a conguaglio, tutti gli appellanti ritengono che il provvedimento amministrativo sia contraddittorio in quanto non indica a che titolo tali somme sarebbero state dovute dai richiedenti; sotto tale profilo, dunque, i provvedimenti impugnati sarebbero viziati per difetto di motivazione. Il provvedimento, inoltre, sarebbe illegittimo in parte qua in quanto l'amministrazione non ha mai richiesto agli istanti di versare somme di denaro a titolo di conguaglio.

18.3 Il motivo non è fondato.

18.3.1. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è unanime nel ritenere che il limite alla formazione del silenzio assenso previsto dall'art. 35, comma 18, della L. n. 47 del 1985 operi anche in relazione alle istanze di condono presentate ai sensi della L. n. 724 del 1994 (Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 02/07/2018, n.4033: "In materia di condono di manufatti su aree soggette a vincoli, il silenzio formatosi per decorso dei termini sulla istanza di regolarizzazione edilizia non equivale mai ad assenso"). La presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta e la preesistenza dell'opera rispetto al vincolo impediscono dunque la formazione del silenzio assenso sulle istanze di condono, con assorbimento degli ulteriori motivi relativi a tale aspetto.

18.3.2 Le affermazioni delle appellanti principali, secondo le quali il vincolo sarebbe "di fatto inesistente" non hanno alcun rilievo: se ed in quanto il vincolo esiste, esso deve essere rispettato. L'eventuale presenza, nell'area vincolata, di altri immobili non ha alcuna rilevanza al fine di determinare la non opponibilità del vincolo: infatti, o si tratta di immobili legittimamente realizzati, in epoca anteriore al vincolo, o in epoca posteriore in presenza di una situazione legittimante; oppure si tratta di immobili realizzati abusivamente o sulla base di titoli illegittimi, che dovranno essere come tali sanzionati e la cui esistenza, in ogni caso, non giustifica affatto la tolleranza e la reiterazione di abusi della medesima natura: si rammenta, a tale proposito, che in generale il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà nell'agire dell'amministrazione non può essere invocato utilmente quando la situazione o l'atto assunti a termine di paragone siano illegittimi, e si pretenda di farne discendere il mantenimento di una identica situazione, ugualmente illegittima.

18.3.3. Il fatto, poi, che con deliberazione del 2019 il Consiglio Comunale abbia determinato la modificazione dell'area soggetta al vincolo cimiteriale, riducendola, non ha alcuna rilevanza, posto che si tratta di decisione assunta in epoca ben posteriore alla realizzazione dell'immobile, nonché alla adozione dei dinieghi di condono oggetto del giudizio, il che preclude di tenerne conto, in ossequio al principio tempus regit actum.

18.3.3 Infine il decorso del tempo non è sufficiente a far sorgere un affidamento alla conservazione delle opere che sia meritevole di tutela. In primo luogo va rilevato che il Comune ha più che tempestivamente rilevato l'abusività dell'intervento, sospendendo i lavori e ordinando la demolizione con ordinanza del 12/03/1984, ragione per cui non può essersi formato alcun affidamento legittimo circa la legittimità dell'intervento e circa la possibilità di mantenere il fabbricato; in ogni caso, poi, in presenza di un vincolo di inedificabilità, qual è il vincolo cimiteriale, l'attività dell'amministrazione assume natura vincolata, non lasciando un tale vincolo alcun margine di discrezionalità, sicché non v'è spazio per valutazioni espressive di un contemperamento delle esigenze pubblicistiche con quelle del proprietario dell'immobile abusivo.

19. Con il primo motivo dell'appello principale e con il secondo, terzo e quarto motivo dell'appello incidentale si denuncia la violazione dell'art. 338 co. 5 e 7 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 così come modificato dall'articolo 28 della L. n. 166 del 2002; si denuncia, inoltre, omessa pronuncia, da parte del TAR, sul punto in questione.

19.1 Il TAR ha ritenuto inapplicabile il co. 7 dell'art. 338 della R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 citata disposizione, che dispone che "All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457.". Ad avviso del giudice di primo grado, infatti, le opere realizzate dagli appellanti hanno comportato un ampliamento del precedente fabbricato superiore al 10%, ed in ogni caso le parti non hanno assolto all'onere della prova sulle stesse gravante di dimostrare la precedente consistenza delle opere edilizie. Al contrario, l'amministrazione ha dimostrato, tramite la documentazione prodotta, che l'incremento di volume è stato superiore al 10%.

La norma, inoltre, sarebbe inapplicabile ratione temporis in quanto "nel caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, l'Amministrazione competente ad esaminare l'istanza di condono deve tenere conto di tale vincolo a prescindere dall'epoca d'introduzione dello stesso" (cfr. sentenza impugnata, penultimo capoverso).

19.2 Gli appellanti ritengono che l'abuso realizzato sia ammissibile in zona di rispetto cimiteriale in quanto si sarebbe compendiato in un intervento di recupero del precedente manufatto con ampliamento di volume in misura inferiore al 10%. Rispetto alla volumetria del precedente fabbricato. Il TAR avrebbe operato una lettura parziale ed erronea della documentazione in atti, non rilevando che le dimensioni dell'immobile demolito e poi ricostruito si evincerebbero dai rilievi effettuati nel 1937, e non già dalle cartografie risalenti al 1910. Ciò emergerebbe dai documenti n. 5 e 6 depositati nel ricorso presentato dalla sig. F. e n. 3 dei motivi aggiunti nonché dai documenti n. 3 e 6 del ricorso B., dalla relazione tecnica in atti e dal documento n. 17 del Comune. In definitiva, ad avviso degli appellanti, l'aumento di volumetria rispetto al fabbricato preesistente sarebbe pari al 2,54%.

19.2.1 L'art. 338 co. 7, come modificato, sarebbe inoltre pacificamente applicabile ratione temporis in applicazione del principio tempus regit actum.

19.2.2 Gli abusi realizzati, inoltre, sarebbero ammessi anche dal co. 5 dell'art. 338 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, che così dispone: "Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purche' non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale puo' consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre".

19.2.3 Ad avviso delle appellanti principali, inoltre, parte delle opere non rientrerebbe nella zona di rispetto cimiteriale.

19.3. Per quanto riguarda la possibilità di ritenere il vincolo cimiteriale non opponibile, il Collegio osserva quanto segue.

19.3.1. L'art. 338 del R.D. n. 1265 del 1934 stabilisce, al comma 1, il divieto "di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge". All'ultimo comma, come sostituito dall'art. 28 della L. n. 166 del 2002, in vigore dal 3 agosto 2002, la norma prosegue affermando che "All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457".

19.3.2. Questa ultima norma, come noto, definiva gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistenti: nessuno, tra gli interventi edilizi previsti dall'art. 31 della L. n. 457 del 1978, contemplava esplicitamente la demolizione e ricostruzione. Va rilevato, in particolare, che l'art. 31, lett. d), definitiva interventi di "ristrutturazione edilizia "quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti": tale norma è stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che "la nozione di ristrutturazione edilizia, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia fedele, cioè dia luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi, dovendo essere altrimenti l'intervento qualificato come di nuova costruzione (Consiglio di Stato; Sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4462; Sez. IV, 5 ottobre 2010 n. 7310; Sez. IV, sentenza 10 agosto 2011, n. 4765, Sez. IV, sentenza 4 giugno 2013, n. 3056; di recente, con riferimento sempre al periodo di vigenza della L. n. 457 del 1978, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3153)." (Cons. Stato, Sez. II, n. 721 del 2 febbraio 2022).

19.3.3. Con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001 l'art. 3, comma 1, lett. d) ha sostanzialmente recepito tale principio, includendo tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica", in tal modo facendo rientrare nella categoria della ristrutturazione edilizia anche la ricostruzione del fabbricato "fedele" nella volumetria e nella sagoma, non necessariamente anche nella tipologia.

19.3.4. E' stato solo con le modifiche introdotte dal D.L. n. 69 del 2013 che è venuto meno l'obbligo di conservare la sagoma dell'edificio preesistente, negli interventi di ristrutturazione edilizia attuati attraverso la demolizione di un fabbricato preesistente e la ricostruzione.

19.3.5. Si deve ancora precisare che l'art. 338 , u.c., del R.D. n. 1265 del 1934, laddove allude a interventi di "ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento", evidentemente si riferisce agli interventi di ampliamento all'esterno della sagoma di un fabbricato che viene conservato, interventi che l'art. 3, comma 1, lett. e.1.) del D.P.R. n. 3807 del 2001 classifica quali interventi di nuova costruzione: questa tipologia di ampliamento suppone che il fabbricato oggetto di ampliamento non venga demolito. In presenza di un intervento di demolizione seguito da ricostruzione occorre valutare se sussistano le ulteriori condizioni necessarie per poterlo qualificare quale ristrutturazione edilizia: diversamente l'intervento deve qualificarsi quale nuova costruzione, che impegna una volumetria pari a quella dell'intero nuovo edificio, e non solo quella dell'eventuale volumetria maggiore rispetto a quella dell'edificio preesistente.

19.3.6. La modifica introdotta dalla L. n. 166 del 2002 nel corpo dell'art. 338 del R.D. n. 1265 del 1934 deve essere letta tenendo conto delle considerazioni che precedono nonché della lettera della nuova previsione, che riferisce gli interventi consentiti solo agli "edifici esistenti", per consentirne il recupero o il miglior godimento (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 03/03/2022, n.1510): è dunque evidente che gli interventi di nuova costruzione consentiti dalla norma in esame sono solo quelli attuati per ampliamento di fabbricati che vengano mantenuti e modificati nella sagoma, e comunque con un incremento volumetrico massimo del 10%. Nessuna altra ipotesi di nuova costruzione è consentita dalla norma in esame, ragione per cui la demolizione totale seguita da ricostruzione risulta consentita solo nella misura in cui sussistano le condizioni per qualificarla quale intervento di recupero sub specie di "ristrutturazione edilizia".

19.3.7. L'intervento abusivo realizzato nel caso di specie si è compendiato nella demolizione totale di un fabbricato risalente ai primi decenni del XX secolo seguita dalla ricostruzione di un edificio di tipo moderno, che nulla a che vedere, dal punto di vista architettonico e della sagoma, con quello preesistente. Ne consegue che il suddetto intervento, sia al momento in cui veniva posto in essere, sia nel momento in cui venivano presentate le domande di condono, sia, nel momento in cui venivano adottati i dinieghi di condono impugnati (2011) non poteva qualificarsi quale intervento di ristrutturazione edilizia, non essendo l'edificio ricostruito "fedele" né simile nella sagoma a quello preesistente: basta prendere visione delle fotografie in atti per rendersi conto di ciò.

19.3.8. Peraltro non può sottacersi il fatto che la L. n. 166 del 2002, benché promulgata in epoca successiva alla emanazione del D.P.R. n. 380 del 2001, nel modificare l'art. 338 u.c. del R.D. n. 1265 del 1934, ha fatto rinvio alle definizioni degli interventi di recupero edilizio di cui all'art. 31 della L. n. 457 del 1978, e non già alle analoghe definizioni contenute all'art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001. Ne consegue che ai fini specifici dell'applicazione del citato art. 338 il rinvio alle definizioni degli interventi di recupero edilizio non è un rinvio "dinamico" alle varie definizioni degli interventi edilizi succedutesi nel tempo, ma è un rinvio "statico" alle definizioni contenute nell'art. 31 della L. n. 457 del 1978, secondo cui - come si è visto - la demolizione totale di un edificio seguita da ricostruzione poteva qualificarsi come ristrutturazione edilizia solo se l'edificio ricostruito fosse "fedele" a quello demolito.

19.3.9. Alla luce delle considerazioni che precedono è priva di rilevanza l'indagine finalizzata a stabilire se la volumetria del nuovo edificio, oggetto dei dinieghi di condono, sia, o meno, superiore del 10% rispetto alla volumetria dell'edificio preesistente. La verifica di tale parametro sarebbe stata rilevante, se l'edificio preesistente fosse stato conservato, ristrutturato e ampliato verso l'esterno della sagoma originale; la totale demolizione dell'edificio preesistente, seguita dalla ricostruzione di un edificio che nulla ha a che vedere, dal punto di vista della sagoma e dello stile architettonico, con quello demolito, impedisce di qualificare l'intervento in parola quale ristrutturazione edilizia, conseguendo da ciò che l'intervento abusivo si qualifica come nuova costruzione tout court, vietata come tale in zona soggetta a vincolo cimiteriale, e certamente non inclusa nelle deroghe al divieto previste dall'art. 338 , u.c., del R.D. n. 1265 del 1934.

19.3.10. Né le appellanti possono giovarsi della previsione di cui all'art. 338, comma 5, del R.D. n. 1265 del 1934, posto che tale norma contempla la possibilità, per l'amministrazione comunale, di deliberare la riduzione della zona di rispetto solo per dare corso alla realizzazione di un'opera pubblica o di un "intervento urbanistico", cioè un intervento in grado di incidere sull'assetto urbanistico del territorio comunale: non è dunque consentita la riduzione della zona di rispetto per consentire di dare corso a singoli interventi edilizi In ogni caso la riduzione della zona di rispetto deve essere assistita dal parere favorevole dell'autorità sanitaria e deve essere preventivamente approvata dal consiglio comunale.

19.3.11. E' possibile che la riduzione della fascia di rispetto che le appellanti riferiscono essere stata deliberata nel 2019 si fondi sulla previsione testé esaminata; si tratta però, come già precisato, di circostanza irrilevante, in quanto pacificamente sopravvenuta a tutti i fatti e a tutti gli atti rilevanti per il presente giudizio.

19.3.12. In conclusione, sul punto della applicabilità al caso di specie dell'art. 338, u.c., del R.D. n. 1265 del 1934, la sentenza di primo grado va confermata, con motivazione sostitutiva: all'intervento abusivo, oggetto delle domande di condono, deve essere opposto il vincolo cimiteriale, non essendo compreso tra gli interventi consentiti in deroga al generale divieto di costruire nella zona di rispetto cimiteriale. Trattandosi, in tal caso, di diniego che comporta inedificabilità assoluta, il Comune non era tenuto ad effettuare alcuna valutazione particolare, circa la compatibilità della costruzione con il vincolo, risultando il diniego di condono atto, in tal senso, necessitato.

19.4. Per quanto riguarda la circostanza che le opere abusive in parte non sarebbero incluse nella zona di vincolo cimiteriale, il Collegio osserva trattarsi di circostanza non veritiera.

19.4.1. Premesso e ricordato che il fabbricato oggetto di causa è stato realizzato sul fondo censito catastalmente al Foglio (...), mapp. (...) e (...), si evince chiaramente, confrontando la mappa catastale con la cartografia del vincolo di cui alla tavola 2 allegata alla delibera di c.c. n. 39/2018 (prodotta in appello dalle appellanti), che esso era interamente, e abbondantemente, compreso nella fascia di rispetto di 100 metri, e che anche a seguito della riduzione della fascia di rispetto a 50 metri esso fabbricato ci risulta compreso per 4/5, circa.

19.4.2. Tenuto conto che la citata delibera di C.C. n. 39/2018 è sopravvenuta ai fatti di causa, la censura va respinta in quanto il fabbricato, all'epoca in cui il Comune di Massa si determinava sulle istanze di condono, era interamente incluso nella fascia di rispetto.

20. Le considerazioni che precedono esauriscono la trattazione di tutti i motivi di appello principale e incidentale e ne giustificano il respingimento.

21. La peculiarità e parziale novità delle questioni trattate giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello principale e sull'appello incidentale, proposto da B.E. e B.R., li respinge.

Compensa tra tutte le parti le spese del presente giudizio d'appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2023, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall'art. 17, comma 7, D.L. 9 giugno 2021, n. 80, recante "Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia", convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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