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Acquisizione sanante: parametri indennitari e risarcitori

Privato
Martedì, 18 Gennaio, 2022 - 10:15

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Quinta), sentenza n. 339 del 17 gennaio 2022, sulla acquisizione sanante

MASSIMA

Con specifico riferimento al fatto illecito, come chiarito dalla giurisprudenza, anche della Sezione (ex multis, sent. n. 37256 del 6 giugno 2018), costituiscono principi acquisiti quelli per cui:

A) è oramai espunto dal nostro ordinamento giuridico l'istituto dell'occupazione acquisitiva - che, in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità o di una dichiarazione d'indifferibilità e urgenza esplicita o implicita, dell'occupazione dell'area e dell'irreversibile trasformazione del fondo, nonché della scadenza del termine di occupazione legittima senza adozione di un decreto di esproprio, ovvero in caso di annullamento giurisdizionale della procedura espropriativa, ipotizza un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all'Amministrazione occupante, legittimando il privato proprietario ad agire esclusivamente per il risarcimento del danno - in ragione dell'evidente contrasto con l'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU ("Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale."), al cui rispetto il legislatore è vincolato in forza dell'art. 117, primo comma, Cost.;

B) caduto il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l'acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene altrui su cui sia stata realizzata un'opera di pubblica utilità o di pubblico interesse in assenza di previa dichiarazione di pubblica utilità o in seguito all’inefficacia degli atti ablatori eventualmente emanati, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione, ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno (limitato al valore d'uso del bene), ancorato ai parametri dell'art. 2043 c.c.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa (ex plurimis, Cass. S.U. n. 735 del 19 gennaio 2015);

C) come di recente chiarito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2020, n. 2, per le fattispecie disciplinate dall'art. 42-bis t.u. espropriazioni (d.P.R. n. 327/2001) l'illecito permanente dell'Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l'acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva, e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata, neppure se formulata dal soggetto privato sotto forma di domanda di risarcimento per il danno subito, atteso che una rigorosa applicazione del principio di legalità, affermato in materia dall'art. 42 della Costituzione e rimarcato dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, richiede una base legale certa perché si determini l'acquisto della proprietà in capo all'espropriante, base legale che l'ordinamento individua esclusivamente nel provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ovvero in un contratto traslativo di natura transattiva.

SENTENZA

N. 00339/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01675/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1675 del 2018, proposto da
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avvocati Valerio Bonito, Francesco Ambrosino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Somma Vesuviana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Aniello Mele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento e/o per la declaratoria di inefficacia:

- dei decreti di occupazione temporanea e d'urgenza n. 34 del 22 marzo 1991 e n. 169 del 30 ottobre 1990, emessi dal Sindaco del Comune di Somma Vesuviana per l'esecuzione dei lavori di completamento della strada e fogne alla via Napoli nel piano di zona 167;

- nonché del decreto di occupazione e d'urgenza n. 81 del 17 giugno 1997, emesso dal Sindaco del medesimo ente comunale per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie, località Spirito Santo, lotto di completamento, nel Piano di zona 167;

per la declaratoria di illegittimità della procedura espropriativa;

per la condanna del Comune di Somma Vesuviana (NA) alla restituzione del fondo col ripristino dello status quo ante e al risarcimento dei danni per la durata dell'occupazione illegittima della parte del terreno occupata oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

in via subordinata, laddove non sia possibile la restitutio in integrum, per la condanna del Comune di Somma Vesuviana (NA) al risarcimento dei danni patrimoniali determinati dal valore venale del bene occupato e non patrimoniali oltre al risarcimento dei danni per la durata della occupazione illegittima; il tutto oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Somma Vesuviana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2021 per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in riassunzione all’esame, proposto a seguito della sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 2961/17, di declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario per essere munito di giurisdizione il giudice amministrativo, l’istante - premesso di essere proprietaria dell’appezzamento di terreno sito nel Comune di Somma Vesuviana, in via Napoli (partita n. 6483, foglio 15, particella 377, in catasto urbano), inciso dalla procedura espropriativa per la realizzazione delle opere di completamento di strade e fogne del Piano di zona 167- ha impugnato gli atti della predetta procedura, in epigrafe meglio precisati, chiedendone l’annullamento.

In via gradata, la ricorrente ha chiesto comunque accertarsi l’illegittimità della procedura espropriativa a causa della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di p.u., essendo scaduti i termini per l’adozione di formale decreto di esproprio, e la condanna del comune resistente al risarcimento di tutti i danni conseguenziali all’illecita occupazione del fondo, a far data dalla data di scadenza del termine triennale della disposta occupazione d’urgenza (ovvero a far data dal 21 marzo 1994).

1.1 La ricorrente ha dedotto a sostegno del ricorso vizi di violazione di legge ed eccesso di potere per più profili, articolando due motivi in diritto così rubricati:

I) Violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento, eccesso di potere per carenza di istruttoria, irregolarità del procedimento: il Comune di Somma Vesuviana avrebbe del tutto obliterato le disposizioni in tema di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, di talché la ricorrente non sarebbe mai stata posta in condizione di poter interloquire consapevolmente con l’amministrazione procedente;

II) Violazione dell’art. 42 della Costituzione. Violazione dell’art. 13, comma 3, della legge 2359/1865 non modificato dall’art. 13, comma 6, del D.P.R. 327/2001 (T.U. espropriazione per pubblica utilità), carenza di potere espropriativo o, in subordine, eccesso di potere per cattivo uso del potere espropriativo; violazione del giusto procedimento. In tesi di parte, la procedura espropriativa sarebbe comunque divenuta illegittima essendo scaduto il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, in assenza dell’adozione del decreto di esproprio, con la conseguenza che il potere ablatorio risulterebbe certamente eliso, avuto riguardo alla circostanza che l’esistenza di una efficace dichiarazione di pubblica utilità, esplicita o implicita, costituisce presupposto indefettibile per l’emanazione del decreto d’espropriazione, ai sensi dell’art. 8, del D.P.R. n. 327 del 2001.

1.2 L’istante ha dunque insistito per la condanna del Comune di Somma Vesuviana alla restituzione del fondo di proprietà e al risarcimento dei danni per la durata dell’occupazione illegittima oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

1.3 In via subordinata, per l’ipotesi di impossibilità della restitutio in integrum, parte ricorrente ha chiesto condannarsi il Comune di Somma Vesuviana al risarcimento dei danni patrimoniali determinati dal valore venale del bene occupato e non patrimoniali oltre al risarcimento dei danni per la durata della occupazione illegittima.

2. Si è costituito in resistenza il Comune di Somma Vesuviana, eccependo l’inammissibilità in rito, sotto plurimi profili, del ricorso in riassunzione proposto dalla ricorrente e chiedendone comunque la reiezione nel merito, stante l’infondatezza dei motivi in diritto.

3. Sulle conclusioni delle parti che hanno insistito nelle rispettive pretese, all’udienza del 30 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Occorre in limine esaminare le eccezioni in rito spiegate dal comune resistente, a partire dall’eccezione di estinzione del giudizio per tardività della notifica del ricorso introduttivo.

Secondo l’Amministrazione comunale, infatti, l’unica notifica valida del ricorso introduttivo sarebbe quella effettuata il 23 maggio 2018, dunque, oltre il termine perentorio di legge, di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di difetto di giurisdizione, per la riassunzione del giudizio ai sensi dell’art. 59 della L. 69/2009.

L’eccezione è infondata.

E invero, il ricorrente ha provveduto alla tempestiva riproposizione delle domande innanzi a questo giudice amministrativo, con riassunzione del giudizio a mezzo predisposizione del ricorso in doppio originale, digitale e cartaceo, seguita dalla notificazione di quest’ultimo, con richiesta e consegna dell’atto all’Ufficiale Giudiziario in data 13 aprile 2018, e dal successivo deposito della relata di notifica (avvenuta il 16 - 19 aprile 2018), munita di firma digitale e attestazione di conformità all’originale analogico, al momento dell’iscrizione a ruolo del ricorso (27 aprile 2018).

L’atto digitale del ricorso in riassunzione, in pdf nativo, già munito della attestazione di conformità al ricorso cartaceo notificato, una volta sottoscritto digitalmente è stato depositato telematicamente al momento dell’iscrizione a ruolo. Tuttavia, non essendo stata apposta tempestivamente la firma digitale a quest’ultimo atto, bensì soltanto in un momento successivo alla notificazione del ricorso cartaceo - in ogni caso, prima sia dell’iscrizione a ruolo e sia della scadenza del termine di riassunzione del processo (scadenza del 30 aprile 2018) - parte ricorrente, onde procedere alla regolarizzazione dell’atto, provvedeva a richiedere l’autorizzazione alla rinotificazione del ricorso in riassunzione, che veniva accordata con ordinanza Collegiale n. 3246/2018.

5. E’ invece fondata l’eccezione di inammissibilità in parte del ricorso, avuto riguardo alla tardiva impugnativa degli atti della procedura espropriativa, e, segnatamente dei decreti di esproprio.

Pur a voler considerare, infatti, la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda in ragione dell’intervenuta traslatio iudicii, in ogni caso deve rilevarsi che la prosecuzione del giudizio davanti al giudice munito di giurisdizione avviene “ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute”, come, appunto, accaduto nel caso all’esame.

E invero, l’atto di citazione è stato notificato dalla ricorrente solo in data 22 giugno 2006, a fronte di atti incontestatamente conosciuti sicuramente al momento dell’immissione in possesso del bene da parte del comune resistente (cfr. verbale di accertamento dello stato di consistenza e presa di possesso del 25 luglio 1991 sottoscritto dalla ricorrente, in atti), di talché risulta ampiamente superato il termine decadenziale di cui all’art. 29 del c.p.c., con conseguente inammissibilità della domanda di annullamento degli atti avversati.

6. Resta, dunque, da esaminare la domanda di accertamento della illegittimità della procedura espropriativa per sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

6.1 In parte qua il ricorso è fondato e va accolto, nei limiti ed alla stregua delle seguenti precisazioni.

Al fine di meglio chiarire la vicenda all’esame, gioverà precisare in fatto, alla luce della narrazione svolta in ricorso dalla ricorrente e non oggetto di specifica contestazione, che:

- con delibera consiliare del Comune di Somma Vesuviana (NA) n.°71 del 28 giugno 1973 veniva adottato il piano di zona per l’acquisizione delle aree per l’edilizia economica e popolare ai sensi della L.18/04/1962 n.°167;

- con successiva delibera del Commissario Straordinario n. 392 del 24 marzo 1988 veniva approvato il progetto per il completamento di strade e fogne del piano di zona 167 e, dunque, dichiarata la pubblica utilità delle opere da realizzare, mentre con successive deliberazioni nn. 686 del 7 novembre 1989 e n. 263 del 4 giugno 1990 veniva approvata la variante di via Napoli;

- con decreti sindacali nn. 169 del 30 ottobre 1990, 34 del 22 marzo 1991, e 81 del 17 giugno 1997, sulla base della dichiarazione di pubblica utilità delle opere da eseguire, si procedeva alla occupazione temporanea d’urgenza degli immobili da espropriare, tra cui quello di proprietà della ricorrente (con decreto n. 34/91 cit.), per la durata massima di 3 anni;

- ultimati da tempo i lavori per l’esecuzione delle predette opere, la parte del fondo della ricorrente occupata risulta completamente trasformata, senza che sia stato mai emanato il decreto di esproprio né completata la procedura espropriativa.

Dunque, alla luce della documentazione depositata in atti e delle incontestate dichiarazioni attoree, nel caso all’esame non risulta concluso il procedimento ablativo nel termine di validità della dichiarazione di pubblica utilità, ovvero, nel caso all’esame, diciotto anni dall'approvazione del piano di zona per l'edilizia economica e popolare ai sensi della disposizione speciale e derogatoria di cui all’art. 9 l. n. 167 del 1962, nel testo modificato dall'art. 51 L. n. 457 del 1978, non essendo stato adottato entro il predetto termine il decreto di esproprio o altro atto equiparato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 5 settembre 2013, n. 4463).

6.2 Ne consegue che, all’esito della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, quindi, in ragione del venir meno del potere ablatorio, stante l'assenza di un titolo, valido ed efficace, idoneo al trasferimento della proprietà (decreto di esproprio, contratto, provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 - bis del d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.), l’apprensione del bene di proprietà della ricorrente da parte del Comune di Somma Vesuviana si connota, pertanto, come comportamento materiale di natura illecita, non sussistendo alcun valido titolo giuridico, legittimante il potere di fatto esercitato dall’Amministrazione sull’immobile per cui vi è causa.

Il Collegio rinviene nel predetto comportamento tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto, ravvisando sia il compimento di un atto illecito, derivante dalla perdurante occupazione "sine titulo" dei terreni in proprietà della parte ricorrente, già a partire dalla scadenza dell’occupazione d’urgenza (disposta con decreto sindacale n. 34 del 22 marzo 1991 per la durata massima di tre anni) sia l'elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione della procedura espropriativa, sia il nesso causale tra l'azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene e la trasformazione dei luoghi.

6.3 In particolare, con specifico riferimento al fatto illecito, come chiarito dalla giurisprudenza, anche della Sezione (ex multis, sent. n. 37256 del 6 giugno 2018), costituiscono principi acquisiti quelli per cui:

A) è oramai espunto dal nostro ordinamento giuridico l'istituto dell'occupazione acquisitiva - che, in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità o di una dichiarazione d'indifferibilità e urgenza esplicita o implicita, dell'occupazione dell'area e dell'irreversibile trasformazione del fondo, nonché della scadenza del termine di occupazione legittima senza adozione di un decreto di esproprio, ovvero in caso di annullamento giurisdizionale della procedura espropriativa, ipotizza un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all'Amministrazione occupante, legittimando il privato proprietario ad agire esclusivamente per il risarcimento del danno - in ragione dell'evidente contrasto con l'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU ("Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale."), al cui rispetto il legislatore è vincolato in forza dell'art. 117, primo comma, Cost.;

B) caduto il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l'acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene altrui su cui sia stata realizzata un'opera di pubblica utilità o di pubblico interesse in assenza di previa dichiarazione di pubblica utilità o in seguito all’inefficacia degli atti ablatori eventualmente emanati, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione, ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno (limitato al valore d'uso del bene), ancorato ai parametri dell'art. 2043 c.c.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa (ex plurimis, Cass. S.U. n. 735 del 19 gennaio 2015);

C) come di recente chiarito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2020, n. 2, per le fattispecie disciplinate dall'art. 42-bis t.u. espropriazioni (d.P.R. n. 327/2001) l'illecito permanente dell'Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l'acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva, e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata, neppure se formulata dal soggetto privato sotto forma di domanda di risarcimento per il danno subito, atteso che una rigorosa applicazione del principio di legalità, affermato in materia dall'art. 42 della Costituzione e rimarcato dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, richiede una base legale certa perché si determini l'acquisto della proprietà in capo all'espropriante, base legale che l'ordinamento individua esclusivamente nel provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ovvero in un contratto traslativo di natura transattiva.

6.4 Dunque, facendo applicazione delle superiori coordinate ermeneutiche al caso in esame, dalla condizione d'illecita detenzione (e trasformazione) del suolo di proprietà della parte ricorrente consegue l'obbligo civilistico del Comune di Somma Vesuviana di procedere al ripristino del diritto di proprietà, mediante restituzione dei suoli occupati, detenuti e trasformati in assenza di titolo legittimante, previa demolizione dei manufatti ivi realizzati; salva la facoltà per l’Ente di continuare a utilizzare i fondi purché li acquisisca legittimamente, mediante lo strumento autoritativo previsto dall'art. 42-bis, d.P.R. n. 327/2001, con le conseguenze patrimoniali indicate, ovvero con gli ordinari strumenti privatistici con il consenso dei privati anche in relazione ai corrispettivi patrimoniali da acquisirsi.

6.5 Inoltre, all’accertamento della illegittimità della procedura espropriativa per mancata conclusione nei termini di validità della dichiarazione di p.u., consegue, oltre all’obbligazione restitutoria, l’obbligo dell’ente di risarcire parte ricorrente per la perdita della disponibilità dei suoli per l’occupazione illegittima, scaduto il periodo di legittima occupazione (dal 21 marzo 1994, data di scadenza del decreto di occupazione d’urgenza n. 34/91).

Ciò posto, il Tribunale, quanto al predetto risarcimento del danno, pronuncia sentenza di condanna ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a., a tale scopo stabilendo i seguenti criteri generali per la liquidazione; in base ad essi l'ente intimato dovrà proporre, in favore della parte ricorrente ed entro il termine di 60 gg. dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza, il pagamento delle somme dovute, quantificate nei termini di seguito esposti, pagamento da effettuare poi nei 60 gg. successivi.

Nella specie:

A) tale danno può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42-bis comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (T.A.R. Toscana, sez. III, 29 novembre 2013, n. 1655; T.A.R. Basilicata, 7 marzo 2014, n. 182);

B) quanto alla determinazione del valore venale del bene, da valutarsi unicamente per definire il parametro per la determinazione del danno patrimoniale da illegittima occupazione (pari al 5% annuo), l'ente intimato dovrà, tenuto conto della destinazione urbanistica dell'area:

I. utilizzare il metodo di stima diretta (o sintetica), che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima (atti di compravendita di terreni finitimi e simili), avuto, altresì, riguardo alle indicazioni dei ricorrenti quanto all'accertamento del valore di mercato del terreno de quo;

II. devalutare e rivalutare annualmente i valori medi a mq. indicati per il terreno interessato (la cui complessiva estensione va calcolata – in assenza di diversa prova contraria - in conformità a quanto indicato nel decreto di occupazione d’urgenza e relativo verbale di immissione in possesso), secondo gli indici dell'andamento dei prezzi del mercato immobiliare pubblicati nei siti internet delle maggiori e più accreditate società di studi e di osservatori del mercato immobiliare, per comprendere il periodo che va dall'inizio dell'illegittima detenzione fino all'attualità;

III. su tali ultimi valori - devalutati al momento dell’illegittimo possesso e aggiornati all’attualità -, andranno, come detto, computati, a titolo di risarcimento del danno dovuto, gli interessi nella misura del 5% per ogni anno di occupazione illegittima (a far data dal 21 marzo 1994 ossia dalla scadenza del decreto di occupazione d’urgenza del 22 marzo 1991), fino alla data dell’udienza fissata per la discussione della causa in oggetto; tale danno, di natura permanente, da corrispondersi, come tale, sino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, può, infatti, essere allo stato liquidato, in osservanza del principio di cui all'art. 112 c.p.c. secondo il quale il giudice non può pronunciarsi oltre i limiti della domanda, solo sino alla data della presente decisione.

6.6 Ciò chiarito, l'ente intimato, onde evitare il maturarsi di un ulteriore danno risarcibile in favore dell'attuale parte proprietaria, dovrà provvedere alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, in via prioritaria, mediante l'immediata restituzione dei beni, previo ripristino dell'originario stato, ovvero attivandosi per il legittimo acquisto della proprietà dell'area.

7. In conclusione, sulla base delle sovraesposte considerazioni, il ricorso va accolto in parte, condannando il Comune di Somma Vesuviana al risarcimento, in favore della parte ricorrente, del danno patrimoniale da occupazione illegittima, calcolato nei termini sopradetti, e detratto quanto eventualmente già corrisposto a vario titolo, oltre alla restituzione dell’immobile, previa riduzione allo stato pristino, con salvezza dell'adozione di provvedimenti volti alla regolarizzazione postuma della fattispecie.

8. Le spese di lite, in favore di parte ricorrente, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, Sez. V, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione resistente alla refusione delle spese di lite che liquida in complessivi €. 1.500,00, oltre accessori come per legge in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Gianluca Di Vita, Consigliere

Maria Grazia D'Alterio, Primo Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Maria Grazia D'Alterio

Maria Abbruzzese

 

 

 

 

 

 

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