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Danno da occupazione illegittima ed onere della prova: TAR Puglia, sez. I, sent. n. 1 del 04.01.2016

Pubblico
Martedì, 5 Gennaio, 2016 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, (Sezione Prima), sentenza n.1 del 4 gennaio 2016, su occupazioni illegittime e sulla prova del danno 
 
N. 00001/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01916/2009 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1916 del 2009, proposto da: 
…….. e difesi dagli avv.ti Alessandro Di Cagno e Augusto Di Cagno, con domicilio eletto in Bari, Via Putignani, 47; 
contro
U.T.G. - Prefettura di Bari, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97; 
nei confronti di
………, rappresentata e difesa dagli avv. Nicolò De Marco e Domenico Annoscia, con domicilio eletto in Bari, Via Abate Gimma, 189; 
per l’accertamento e declaratoria
- del diritto dei ricorrenti a riottenere il possesso di fatto e di diritto dell'immobile sito in Monopoli in catasto alla partita 22355, fg. 5, ptc 3 e 4, nonché alla partita 1, fg. 5, ptc. 2, in quanto occupato senza titolo da parte del Signor …. e della …, in forza della sentenza del T.A.R. n. 846 del 1995;
nonché per l’accertamento e liquidazione di tutti i danni diretti ed indiretti, compresi quelli morali, materiali e biologici e per danno emergente e per lucro cessante derivati e derivandi ai defunti ………, ed ai loro eredi ed aventi causa, oggi parti nel processo, per l'illegittima occupazione del bene de quo (dalla data del decreto di espropriazione del 2.7.1979 fino al momento della restituzione ai sigg.ri ….); con condanna in solido del sig. ….. e …., ed occorrendo anche e solidalmente il Ministero dell'Interno ed il Prefetto di Bari, al pagamento di tutti i detti danni come sopra a risultare dovuti, con interessi compensativi e svalutazione monetaria (almeno nei limiti ISTAT) su capitale ed interessi legali dal giorno dell'occupazione al soddisfo; nonché di una ulteriore somma pari al vantaggio indebito da esso ….. e …… percepito a mezzo della abusiva occupazione dell'altrui proprietà e di tutti i vantaggi derivati alla …. ……, con rivalutazione monetaria (almeno nei limiti ISTAT) ed interessi ut supra e fino al soddisfo anche a titolo di indebito ed illegittimo arricchimento, oltre che per la lite temeraria;
in subordine e salvo gravame, per l'impugnata ipotesi di ritenuto acquisto della proprietà dell'immobile da parte della ……,
- per l’accertamento e liquidazione di tutti i danni diretti ed indiretti, compresi quelli morali e materiali, per danno emergente e per lucro cessante derivati e derivandi ai defunti ……, ed ai loro eredi ed aventi causa, oggi parti nel processo, per la perdita del bene e per l'illegittima occupazione ed usurpazione del bene de quo (dalla data del decreto di espropriazione del 2.7.1979 e fino al momento del ritenuto acquisto della proprietà in favore della Plastic Puglia) e con condanna in solido essi ….. e …. ed occorrendo anche e solidalmente il Ministero dell'Interno ed il Prefetto di Bari al pagamento di tutti i detti danni come sopra a risultare dovuti, con interessi compensativi e svalutazione monetaria (almeno nei limiti ISTAT) su capitale ed interessi legali dal giorno dell'occupazione al soddisfo; nonché per la condanna, inoltre, del …… e della …… al pagamento di una ulteriore somma pari al vantaggio indebito percepito a mezzo della abusiva occupazione dell'altrui proprietà e di tutti i vantaggi derivati alla …… e al ……., con rivalutazione monetaria (almeno nei limiti ISTAT) ed interessi ut supra e fino al soddisfo anche a titolo di indebito ed illegittimo arricchimento oltre che per la lite temeraria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Bari e della ……;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio;
Udito nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 per le parti i difensori avv.ti Alessandro Di Cagno e Nicolò de Marco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
1. Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 27 novembre 2009, i ricorrenti in epigrafe hanno riassunto ai sensi dell’art. 59 L. n. 69/2009, il giudizio promosso nei loro confronti innanzi al Tribunale civile di Bari (R.G. 1467/2002) dalla P…. Puglia che, nella precisata sede, aveva chiesto accertarsi e dichiararsi il suo diritto di proprietà sull'immobile sito in Monopoli in catasto alla partita 22355, fg. 5, ptc 3 e 4, nonché alla partita 1, fg. 5, ptc, 2, oggetto di una lunga e controversa vicenda espropriativa.
1.1 Detto giudizio civile si è concluso con sentenza del Tribunale civile di Bari n. 2817/2009, di rigetto della su illustrata domanda principale nonché, tra l’altro, di declaratoria del difetto di giurisdizione sulla domanda riconvenzionale con cui gli odierni ricorrenti, asserendo di esserne legittimi proprietari, hanno chiesto condannarsi la P….. Puglia alla restituzione dell’immobile innanzi precisato, in quanto occupato da quest’ultima sine titulo.
2. Hanno premesso in fatto i ricorrenti che con decreto n. 3070/1.7 C del 2 luglio 1979 il Prefetto di Bari, ai sensi della normativa sulla industrializzazione del Mezzogiorno (D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218) aveva espropriato taluni immobili di proprietà dei loro danti causa (Sigg.ri … ed Alb..), situati in agro di Monopoli, per un'estensione di mq 20.538, in favore della ditta P… Puglia di Vi…, per l'esecuzione di lavori di ampliamento dello stabilimento industriale della predetta; che con sentenza n. 846/95 il T.A.R. - PUGLIA, sede di Bari, aveva annullato il citato decreto di espropriazione, sul rilevo dell’incompetenza della Prefettura alla relativa emanazione; che detta sentenza era divenuta definitiva atteso che con sentenza del Consiglio di Stato, n. 395/2001 era stato dichiarato estinto il processo di appello.
3. I sig.ri …., sulla base di tale statuizione di annullamento passata in giudicato, hanno chiesto a questo Tribunale Amministrativo di accertare il loro diritto alla restituzione dell'immobile e/o al risarcimento dei danni come da essi richiesto, secondo le conclusioni rassegnate innanzi al predetto Tribunale Civile, sia nella comparsa di costituzione e risposta che con le ulteriori domande spiegate anche in via riconvenzionale in data 19 luglio 2002 e con verbale di udienza del 30 ottobre 2006, agli atti di causa.
4. Con atto del 25 maggio 2010, si è costituita nell’odierno giudizio per resistere al ricorso la P… Puglia, in persona del suo titolare Vitantonio Colucci, eccependo il difetto di giurisdizione sulla domanda restitutoria e chiedendo disporsi in ogni caso la sospensione del giudizio, in attesa della definizione dell’impugnazione proposta innanzi all’A.G.O. competente avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. 2817/2009.
Nel merito, la controinteressata ha insistito per il rigetto del ricorso, chiedendo disporsi, in via subordinata, l’esclusione della restituzione dei beni ai ricorrenti, ai sensi dell’art. 43, comma III, T.U. espropri, con istanza, per l’ipotesi di eventuale condanna al risarcimento del danno, di esclusione della solidarietà della Pl… Puglia…...
5. Con atto di stile depositato in Segreteria in data 15 marzo 2010 si è costituita l’Avvocatura erariale per l’Amministrazione resistente.
6. Con memoria depositata in data 18 settembre 2015 la Plastic Puglia ha eccepito l’intervenuta usucapione dell’immobile oggetto di contesa.
7. All’udienza del 21 ottobre 2015, a seguito di discussione orale, la causa è stata trattenuta definitivamente in decisione.
DIRITTO
1. Viene in decisione il ricorso promosso dai sig.ri …. con cui si chiede la restituzione dei terreni, su cui attualmente insiste l’ampliamento dello stabilimento industriale della ditta Pl….c Puglia, di cui essi ricorrenti assumono di essere proprietari, e che denunciano essere occupati sine titulo dall’odierna controinteressata. All’uopo rimarcano che il decreto prefettizio di esproprio, disposto in applicazione della normativa sulla industrializzazione del Mezzogiorno (D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218) e sulla base della presupposta dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (cfr. nota del Provveditorato alle OO.PP. di Bari del 3 marzo 1979), è stato annullato con sentenza di questo T.A.R. del 3 ottobre 1995, n. 846, sulla base del sostanziale rilievo di incompetenza dell’autorità emanante, per essere invece competente la Regione in forza della L. R. Puglia del 12 agosto 1978, n. 37.
2. Prima di passare all’esame nel merito dei motivi di ricorso, occorre scrutinare le eccezioni preliminari sollevate dalla controinteressata che in limine ha chiesto eventualmente sollevarsi conflitto di giurisdizione sulla domanda di restituzione spiegata dagli odierni ricorrenti.
3.1 Secondo la Plastic Puglia, in particolare, occorre preliminarmente chiarire la natura dell’occupazione de qua, che solo ove correttamente qualificata come occupazione acquisitiva radicherebbe la giurisdizione di questo T.A.R. sulla precisata domanda. A tale conclusione la Plastic Puglia perviene rimarcando come la dichiarazione di pubblica utilità non sia stata oggetto di annullamento da parte del g.a., né può dirsi automaticamente caducata per effetto dell’annullamento a valle del decreto di esproprio, sicché nella specie non potrebbe parlarsi di occupazione usurpativa, come a suo giudizio solo erroneamente ritenuto dal Tribunale civile di Bari.
Tali considerazioni sono esposte dalla controinteressata anche al fine di paralizzare la pretesa restitutoria dei ricorrenti, atteso che, come auspicato dalla predetta ditta, ove la vicenda occupativa venisse più correttamente riqualificata da questo giudice come acquisitiva, dovrebbe farsi applicazione dell’art. 55, comma 1, T.U. Espropri, in forza del quale: “ Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene”.
Secondo Pl.. Puglia, infatti, in conseguenza dell’applicazione della richiamata norma, oramai riferita, nella formulazione successiva alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, esclusivamente alle fattispecie di occupazione acquisitiva, ai ricorrenti potrebbe accordarsi solo una tutela risarcitoria per equivalente e non anche restitutoria.
Tuttavia, come oramai è pacificamente riconosciuto, la sopravvivenza nel nostro ordinamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva è esclusa in ogni caso di occupazione illecita in ragione dell’evidente contrasto della stessa con l’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU (“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.”), al cui rispetto il legislatore è vincolato in forza dell’art. 117, primo comma, Cost..
Come anche ribadito dalla recente pronuncia della Cass. SS. UU. n.735 del 19 gennaio 2015, «La giurisprudenza della Corte EDU fa (…)cadere il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato. Caduto tale presupposto, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l’acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell’ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell’immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione ecc), oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell’art. 2043 c.c.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa (e plurimis Cass. s.u. 19 maggio 1982; Cass. s.u. 4 marzo 1997, n. 1907; Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710; Cass. 3 maggio 2005, n. 9173; Cass. 15 settembre 2005, n. 18239; Cass. s.u. 25 giugno 2009, n. 14886; Cass. 25 gennaio 2012, n. 1080)».
Le premesse qui delineate non possono non comportare riflessi anche sull’interpretazione ed applicazione dell’invocato art. 55 T.U. Espropri. Infatti, la norma in discorso, in passato vista come copertura normativa del più volte citato istituto di creazione pretoria, «non può non essere letta come sganciata dall’occupazione acquisitiva e perciò come se in essa fosse presente l’inciso ‘ove non abbia luogo la restituzione’ e non più, secondo la lettura data in precedenza, come se in essa fosse presente l’inciso ‘non essendo possibile la restituzione’» (cfr. Cass. SS. UU. N. 735/2015 cit.).
Una diversa interpretazione della richiamata disposizione contrasterebbe con la disciplina sovranazionale contenuta nella C.E.D.U., avente valore di “norma costituzionale interposta”, mentre solo l’interpretazione innanzi prospettata ne consentirebbe la conformità al complessivo sistema ordinamentale; ciò anche in conformità ai chiari criteri d’indirizzo della giurisprudenza costituzionale, che ha in più occasioni ribadito che i giudici nazionali, non potendo procedere alla disapplicazione delle norme interne primarie contrarie agli obblighi convenzionali predetti, sono tenuti ad appurare se sussiste un’interpretazione con essi conforme, dovendo rimettere, in caso di insanabile contrasto, la questione alla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. nn. 348 e 349 del 2007 e 338 del 2011).
Dunque, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, in tutti casi in cui il procedimento di esproprio abbia avuto un esito patologico, l’occupazione e la trasformazione del bene immobile che ne sia conseguita ad opera del soggetto espropriante e/o beneficiario dell’espropriazione non possono comportare l’acquisto della proprietà a favore di questi ultimi, non avendo rilievo alcuno la mera detenzione di fatto e la trasformazione del bene in assenza di un formale atto espropriativo. La fattispecie deve dunque essere correttamente qualificata come illecito di diritto comune, dal quale non possono non conseguire obblighi di restituzione e riduzione in pristino, oltre che il risarcimento per i danni che siano derivati ai proprietari in conseguenza della mancata disponibilità del suolo, in applicazione delle regole in tema di responsabilità ex art. 2043 e ss. c.c.. Del resto già con l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2/2005, si è chiarito che la restituzione dell’area, previa riduzione in pristino, si ricollega già all’effetto ripristinatorio della sentenza del giudice amministrativo di annullamento degli atti della procedura espropriativa e al conseguente obbligo per l’amministrazione di adeguare lo stato di fatto allo stato di diritto come accertato nel giudicato, in conseguenza del venir meno del titolo legale dell’apprensione del bene. Ne consegue che l’accoglimento della domanda non può nemmeno essere precluso da considerazioni fondate sull’eccessiva onerosità (art. 2058 cod.civ.) o sul pregiudizio derivante all’economia nazionale dalla distruzione della cosa (art. 2933 cod.civ.); né l’avvenuta realizzazione dell’opera pubblica può costituire causa di impossibilità oggettiva in quanto mero fatto, occorrendo all’uopo un (legittimo) provvedimento formale di acquisizione dell’area.
Inoltre in tal senso depone la costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (v. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 6 marzo 2007, caso Scordino n. 3 c. Italia: “… In tutti i casi in cui un terreno è già stato oggetto d’occupazione senza titolo ed è stato trasformato pur in mancanza di un decreto d’espropriazione, la Corte ritiene che lo Stato convenuto dovrebbe eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono sistematicamente e per principio la restituzione del terreno. …”).
3.2 Va anche evidenziato che la distinzione tra occupazione acquisitiva e usurpativa nemmeno rileva ai fini della giurisdizione sulla domanda di restituzione nei sensi ulteriormente prospettati dalla Pla…c Puglia.
Infatti, nella materia dei procedimenti di esproprio sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva ai sensi dell’art.133, comma 1, lett. g (ma già prima ai sensi dell’art. 34 D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e dell’art. 53 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) le controversie nelle quali si faccia questione - naturalmente anche ai fini complementari della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, anche se poi la stessa abbia perso efficacia ovvero comunque il procedimento espropriativo sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi, con esclusione delle sole occupazioni riconducibili a “mere vie di fatto” (cfr. Corte di Cassazione, Sez. unite civili – ordinanza 27 maggio 2015 n. 10879, 16 dicembre 2013, n. 27994, 19 aprile 2007, n. 9324; Consiglio di Stato sez. IV., 12 marzo 2015, n. 1318; sez. V., 2 novembre 2011, n. 5844).
Alla luce di tali precisazioni il Collegio non nutre dubbi sulla giurisdizione di questo giudice amministrativo in relazione alla spiegata domanda di restituzione dei beni appresi dalla Pl.. Puglia, beneficiaria dell’espropriazione disposta ex D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, in forza di un formale provvedimento di esproprio successivamente annullato in sede giurisdizionale. La domanda restitutoria, a ben vedere, rappresenta null’altro che lo svolgimento ulteriore della vicenda di annullamento in sede giurisdizionale del decreto di esproprio, cui è conseguita la necessità, rappresentata dai legittimi proprietari del bene appreso, di adeguare lo stato di fatto allo stato di diritto come accertato nel giudicato amministrativo. Si tratta della naturale conseguenza del venir meno del titolo legale dell’apprensione del bene da parte del privato beneficiario dell’attività espropriativa, che, nella specie, figura come longa manus dell’amministrazione in quanto previamente individuato dall’atto d’imperio come soggetto idoneo a realizzare gli scopi di pubblico interesse, eletti a causa giustificatrice del sacrificio imposto alla proprietà privata dal paradigma normativo di riferimento, ovvero dal D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, sulla industrializzazione del Mezzogiorno.
4. Fatte tali premesse, occorre procedere allo scrutinio dell’eccezione di usucapione pure sollevata dalla controinteressata, al fine di paralizzare ogni pretesa di parte ricorrente, senza tuttavia chiedere alcun accertamento pieno dell’acquisto a titolo originario dell’area ai sensi dell’art. 1158 cod. civ., così come ulteriormente precisato in udienza dal suo difensore.
Va precisato che su tale ulteriore eccezione a carattere riconvenzionale questo giudice amministrativo ha il potere di pronunciarsi “incidenter tantum”, ai circoscritti fini della soluzione della controversia oggetto di esame in via principale, trattandosi di questione pregiudiziale, ancorché veicolata in via di eccezione, attinente a diritti a norma dell’art. 8 c.p.a. senza richiesta di ampliamento del thema decidendum.
La palese infondatezza dell’eccezione induce il Collegio a tralasciare i rilievi di inammissibilità pure sollevati dalla difesa ricorrente.
Infatti, in disparte la discutibile usucapibilità di beni illecitamente occupati dall’Amministrazione, la Pl… Puglia non ha provato in qual modo possa configurarsi la fattispecie del “pacifico ed incontestato possesso” alla luce delle plurime azioni giudiziarie intentate da parte del proprietario.
Sul punto giova richiamare condivisi principi giurisprudenziali, in forza dei quali il proprietario di un’area illegittimamente occupata il quale agisce in giudizio (propone domanda stragiudiziale nei confronti dell’Ente occupante) vanta un’unica pretesa (quella, fondata sullo ius omnes alios excludendi insito nel diritto di proprietà ex art. 832 cc), articolabile nel petitum reipersecutorio e/o risarcitorio, che in ogni caso interrompe il termine di maturazione dell’usucapione (Consiglio Di Stato, Sez. IV , 26 agosto 2015, n. 3988; 3 luglio 2014, n. 3346), escludendo il presupposto applicativo dell’istituto della usucapione ventennale ex art. 1158 cc.. Inoltre sin da tempo risalente, la Cassazione Civile ha chiarito che “per l'acquisto della proprietà per usucapione, che trova il suo fondamento in una situazione di fatto caratterizzata, da un lato, dal mancato esercizio delle potestà dominicali da parte del proprietario e, dall'altro, dalla prolungata signoria di fatto sullo stesso bene da parte di altri che si sostituisca al proprietario nell'utilizzazione del bene medesimo, l'inerzia del proprietario si manifesta nel mancato esercizio di dette potestà e nella mancata sua reazione contro il potere di fatto esercitato sull'immobile dal possessore, laddove l'esercizio dei poteri dominicali vale a rendere di per sé equivoco e non pacifico il possesso altrui ed impedisce che questo aderisca al contenuto del diritto di proprietà e la conseguente usucapibilità di tale diritto” (Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 3464 del 18-05-1988). Nella specie non è affatto possibile ravvisare la sussistenza del presupposto della “assenza di reazione del privato proprietario” a fronte delle plurime iniziative intraprese da questi.
5. Nel merito la domanda di restituzione dei fondi, in quanto illegittimamente appresi, è fondata e va accolta.
A seguito dell’annullamento del decreto prefettizio di esproprio, disposto con efficacia ex tunc con sentenza di questo TAR n. 846/1995, infatti, non risultano intervenuti ulteriori atti da parte dell’autorità individuata come competente dalla prefata sentenza, idonei a legittimare la procedura de qua, né tantomeno risultano assunti provvedimenti ex artt. 43 e 42 bis T.U.espropri. Inoltre, in forza delle superiori argomentazioni, è escluso che la trasformazione del fondo (anche con opere irreversibili), in assenza di un formale atto espropriativo, possa determinare la perdita di proprietà in capo al privato e l’acquisto in favore della mano pubblica, né tantomeno del soggetto beneficiario dell’esproprio per la realizzazione di un’opera privata di interesse pubblico.
Dunque, risultando priva di idoneo titolo legittimante, l’occupazione dei terreni di proprietà degli odierni ricorrenti va considerata sine titulo, sicché va accolta la relativa domanda di restituzione, con condanna della ditta Pl… Puglia di …. ….. alla restituzione degli immobili tutti, liberi e sgomberi da persone e cose e con riduzione in pristino delle opere sullo stesso realizzate in seguito alla loro illegittima apprensione, entro il termine di sei mesi dalla comunicazione o notifica della presente sentenza.
6. Deve essere invece respinta la domanda risarcitoria, essendo mancata la prova del danno conseguente alla mancata disponibilità del bene.
6.1 Va in limine precisato che l’accoglimento della suddetta domanda restitutoria, implica che non debba comunque procedersi all’esame della richiesta di risarcimento del danno da perdita della proprietà formulata in via subordinata nell’atto introduttivo del giudizio (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 3 maggio 2013, n. 684; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 24 febbraio 2015, n. 350).
Unicamente nel caso in cui l’Amministrazione adotti il provvedimento di esproprio in sanatoria di cui all’art. 42 bis, comma 5 (provvedimento che comporta per sua stessa natura la definitiva perdita della proprietà), occorrerà procedersi alla liquidazione del danno da perdita della proprietà nella misura determinata dalla richiamata disposizione per il caso di beni destinati ad essere attribuiti per finalità di interesse pubblico a soggetti privati.
6.2 In merito alla ulteriore domanda di risarcimento del danno patrimoniale conseguente al mancato godimento del fondo nel periodo in cui è stato occupato illegittimamente ed al danno non patrimoniale, va osservato quanto segue.
In linea con l’orientamento di questo Tribunale (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 24 febbraio 2015, n. 350; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 9 aprile 2015, n. 563) e del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 9 gennaio 2013, n. 76; Cons. Stato, Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6164) si deve ritenere che non sussista alcun automatismo tra il criterio di liquidazione dell’“indennizzo” di cui all’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 (che dovrà utilizzare l’Amministrazione laddove decida di adottare il provvedimento di esproprio in sanatoria/acquisizione sanante) ed il risarcimento del danno invocato in questa sede dai ricorrenti, a atteso che, come evidenziato da T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 24 febbraio 2015, n. 350 e da T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 9 aprile 2015, n. 563, l’impossibilità dell’“automatismo risarcitorio” deriva dalla peculiarità dell’istituto di cui all’art. 42 bis avente chiara natura eccezionale e, quindi, non suscettibile di estensione analogica, nemmeno nella parte in cui stabilisce in via forfettaria la liquidazione (quantum), cioè la misura dell’indennizzo, ma non l’esistenza del danno da fatto illecito.
In caso di illegittima occupazione di immobile il danneggiato non può ottenerne il risarcimento per il sol fatto che vi sia stata l'occupazione abusiva altrui, occorrendo fornire la prova di una effettiva lesione del suo patrimonio, quantomeno allegando le situazioni fattuali dimostrative dell'esistenza del danno conseguenza. Osserva al riguardo Cass. Civ., III sez. con sentenza n. 378 dell’11 gennaio 2005, "il danno da occupazione abusiva di immobile (nella specie, terreno privato ) non può ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l'evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un'effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l'occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti".
Come precisato inoltre da sez. III della Corte di Cassazione con sentenza 29 marzo 2012 n. 5058 (cfr. anche Cass. Civ., sez. III, 8 maggio 2013, n. 15111), il richiamato principio non contrasta con la giurisprudenza successiva (cfr. ex multis Cass. nn. 3251 del 2008 e 3223 del 2011) che afferma che il danno da occupazione abusiva rappresenta un danno cd. figurativo. Infatti anche tali ultimi orientamenti, apparentemente divergenti, non sembrano prescindere dagli oneri di allegazione e prova, pur consentendo un ampio ricorso a presunzioni, adombrando la necessità dell'individuazione dei danni conseguenza attraverso il richiamo a criteri di normalità dell'uso di cui il titolare del diritto è stato privato.
Si è dunque precisato che mentre il danno evento risulta chiaramente rappresentato dall'instaurarsi sul bene di una situazione di godimento diretto dell'occupante, che ne preclude il godimento del titolare, sia in via diretta che indiretta (ad esempio attraverso il conferimento della detenzione ad altri); il danno conseguenza è, sotto il profilo del danno emergente e lucro cessante, dipendente dall'atteggiarsi del godimento al momento dell'occupazione altrui, nonché dalla perdita di successive occasioni di adibire il bene ad un diverso utilizzo, da cui il titolare avrebbe potuto trarre una diversa utilità (ad es. concedendolo in locazione a terzi, ovvero costituendo su di esso diritto di superficie a favore di terzi per il tempo dell’occupazione, ecc.). Spetta pertanto al titolare del diritto quantomeno allegare, a seconda dei casi, l'esistenza di un danno conseguenza, sotto il duplice profilo evidenziato.
Come puntualizza la richiamata pronuncia della Cassazione Civile n. 5058/2012 (cfr. anche Cass. Civ. 15757 del 27 luglio 2015), “ E' infatti chiaro che in mancanza di godimento diretto o indiretto, fonte di utilità, come nel caso in cui venga occupato un terreno che il titolare del diritto su di esso si limitava a godere a distanza senza svolgervi alcuna attività e lasciandolo inutilizzato (ad esempio incolto), allora non si configurerà danno conseguenza per effetto della privazione. La situazione del godimento del titolare resta, infatti, immutata ed egli non riceve danno conseguenza per effetto della privazione del godimento com'era.
Semmai, non diversamente da come potrebbe riceverlo anche il titolare che goda direttamente del bene, in questo caso, si potrà verificare un danno derivante dalla impossibilità di realizzare una modalità di godimento diretto che era stata programmata prima del'occupazione (come se si era divisato di realizzare una certa attività sul bene) o una modalità di godimento indiretto che si presenti (come nel caso in cui un terzo presenti un'offerta locativa, che non possa essere soddisfatta per l'occupazione del bene): in tali casi si tratterà di danno da lucro cessante e parimenti la situazione determinativa del danno andrà allegata e dimostrata.”.
Va anche rammentato che in base al principio di disponibilità della prova sancito dall’art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della sentenza le prove fornite dalle parti, e che, in base ai principi sull’onere della prova di cui all’articolo 2697 cod. civ., la consulenza tecnica d'ufficio, poiché non è destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti (alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere relativo posti dall'art. 2697 c.c.), non potrà disporsi ove, a fronte di non equivoche risultanze documentali, non siano offerti da chi ne invoca l'ammissione concreti elementi di prova a sostegno delle proprie deduzioni (Consiglio di Stato 2006, sez. IV, 11/10/2006, n. 6064).
La consulenza tecnica non è infatti destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere relativo posti dall'art. 2697 Cod. civ.. (cfr. Consiglio di Stato, Sez.VI n. 1261 del 2004).
Nella fattispecie per cui è causa non è possibile quindi riconoscere il danno da mancato godimento ed il danno non patrimoniale invocato in modo automatico da parte ricorrente. Questa infatti non ha allegato, né dato prova, neppure in via presuntiva, del danno patito in conseguenza dell’illegittima privazione della disponibilità dei beni, non allegando né quale fosse l’utilizzo di fatto del bene al momento dell’apprensione, né quali fossero i progetti di utilizzo, né tantomeno l’appetibilità dello stesso ai fini dell’utilizzo ad altri fini, sicché non potrà procedersi nella specie ad alcuna liquidazione, nemmeno in via forfettaria.
Né, per quanto esposto, può ritenersi sufficiente l’istanza, pure formulata in ricorso, di procedere all’accertamento dei danni a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio, atteso che, in mancanza di assolvimento del predetto minimo onere di allegazione incombente su parte ricorrente, la consulenza tecnica ha valore meramente esplorativo, e, pertanto, risulta inammissibile.
6.3 E’ infine inammissibile la domanda volta a conseguire la condanna della controinteressata a titolo di ingiustificato arricchimento sensi dell'art. 2041 c.c., difettando il necessario requisito della sussidiarietà, di cui all’art. 2042 c.c., che è escluso quando esista, come nella specie, altra azione esperibile contro l'arricchito.
7. Le spese di lite sono poste solidalmente a carico della P… Puglia e della Prefettura di Bari e sono liquidate come da dispositivo.
8. Si dispone, infine, la trasmissione della presente sentenza alla Regione Puglia affinché valuti la possibilità di provvedere ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto condanna la ditta Pl..Puglia ed il sig. .. alla restituzione degli immobili tutti, liberi e sgomberi da persone e cose e con riduzione in pristino delle opere sullo stesso realizzate, entro il termine di sei mesi dalla comunicazione o notifica della presente sentenza.
Rigetta la domanda risarcitoria.
Condanna la ditta Pl.. Puglia e la Prefettura di Bari in solido al pagamento delle spese di lite in favore dei ricorrenti, liquidate in €. 3.000,00, oltre I.V.A. e C.A.P. ed oltre rimborso del contributo unificato.
Dispone la trasmissione della presente sentenza alla Regione Puglia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Cocomile, Presidente FF
Maria Grazia D'Alterio, Referendario, Estensore
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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