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Silenzio inadempimento su istanza art. 42-bis TUE - Cons. Stato, sez. IV, sent. 4000 del 26.08.2015

Pubblico
Mercoledì, 28 Ottobre, 2015 - 01:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 4000 del 26 agosto 2015, sul silenzio inadempimento su istanza art.42-bis TUE 
 
N. 04000/2015REG.PROV.COLL.
N. 05751/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5751 del 2014, proposto da: 
Comune di Spoleto, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Bartolini, con domicilio eletto presso Aristide Police in Roma, Via di Villa Sacchetti 11;
contro
Findem Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Rocco Baldassini, con domicilio eletto presso Maria Cuozzo in Roma, viale Mazzini, 123; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I, n. 00238/2014, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione su istanza di acquisizione aree occupate per pubblica utilità.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Findem Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Antonio Bartolini e Rocco Baldassini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO e DIRITTO
Con ricorso al TAR dell’Umbria, la società Findem agiva nei confronti del Comune di Spoleto ai sensi dell’art. 117 del codice del processo amministrativo, contro il silenzio formatosi sulla propria istanza (del 27.8.2013) volta a che detto Comune procedesse all’acquisizione coattiva (ex art. 42-bis dpr n. 327/2001) di un’area di proprietà della istante (sita in località Posterna e distinta a catasto al fg.n.164, p.lle 240 e 1069) ed occupata per la realizzazione di un progetto di pubblica utilità. La ricorrente esponeva in particolare quanto segue.
1.- Nel 1999 il Comune adottava ed approvava un piano particolareggiato recante la previsione di un intervento (parcheggio pubblico) denominato “Progetto di Mobilìtà alternativa per Spoleto città aperta all’uomo ovvero Spoleto città senza auto”, per la cui realizzazione inseriva inizialmente nel procedimento di pianificazione, le osservazioni accolte provenienti dalla proprietà delle aree espropriande, con la quale sottoscriveva poi (il 23.11.2000) una scrittura privata prevedente la cessione gratuita delle stesse in cambio della realizzazione di 15.000 mc. di edilizia residenziale (peraltro in dubbio rispetto ad un vincolo idrogeologico). L’accordo non veniva formalizzato e sopravveniva altresì la scadenza dei termini della dichiarazione di pubblica utilità (di cui al piano particolareggiato); cionondimeno, i lavori avevano inizio e conclusione, sulla base del permesso di costruzione rilasciato dal Comune.
2.- Quest’ultimo, solo con nota n. 3185 del 2009 chiamava la società a formalizzare l’accordo di cessione ma questa rispondeva negativamente, adducendo la sopravvenienza di fatti sopravvenuti (inchiesta penale sull’entità delle edificazioni residenziali assentite), proponendo altresì un’azione civile di reintegra nel possesso delle aree, che veniva tuttavia rigettata.
3.- Il Comune chiamava nuovamente al contratto la società, che rispondeva invitando il Comune a procedere all’acquisizione sanante dell’occupazione senza titolo, in quanto non seguita da decreto di esproprio nei termini della dichiarazione di p.u.. Seguiva un'ulteriore diffida comunale a presentarsi alla stipula dell’accordo, alla quale la società Findem rispondeva con un’altra istanza di acquisizione sanante, sino a che contro il silenzio formatosi adiva il TAR Umbria, domandando:
a) in via principale:
- l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di pronunziarsi sulla domanda del 27.8.2013 di procedere all’acquisizione sanante delle aree occupate con correlata corresponsione degli indennizzi di legge per il pregiudizio (patrimoniale e non ) arrecato e del risarcimento del danno da occupazione senza titolo;
- la condanna del suddetto Comune a pronunciarsi entro un termine breve prefissato sull’istanza medesima;
b) in via subordinata:
- la condanna dell’Amministrazione alla cessazione immediata dell’occupazione sine titulo dei terreni di proprietà della ricorrente;
- la condanna dell’Amministrazione a valutare e decidere se procedere o meno ad acquisire ex art. 42-bis del D.p.r. n. 327 del 2001 non retroattivamente al patrimonio indisponibile i terreni occupati sine titulo; in tale ipotesi, per la condanna dell’Amministrazione o a concludere un accordo bonario ovvero ad emettere il decreto sanante ex art. 42-bis del D.p.r. n. 327 del 2001 ed in entrambi i casi, al pagamento delle somme indennitarie e risarcitorie ivi previste.
3.1.- Resisteva al giudizio il Comune di Spoleto, che proponeva inoltre, nella forma di ricorso incidentale, una domanda riconvenzionale tesa ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto di proprietà sulle aree in questione, ovvero, in via subordinata, ad ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di cessione da parte della ricorrente principale ai sensi dell’art. 2932 c.c., nel presupposto logico giuridico della idoneità dell’accordo “inter partes” del 23 novembre 2000 a produrre l’effetto traslativo al patrimonio comunale delle aree in argomento.
3.2.- Con la sentenza epigrafata il TAR (dopo aver disposto ex art. 32 c.p.a. la trattazione del ricorso con rito ordinario in ragione della pregiudizialità dell’azione di accertamento) rigettava le eccezioni ed il ricorso incidentale del Comune ed accoglieva il ricorso principale della Findem, ordinando per l’effetto al Comune di Spoleto di provvedere, nel termine di novanta giorni decorrenti dalla comunicazione o notifica della sentenza, all’adozione delle proprie determinazioni finali in ordine all’istanza presentata dalla ricorrente in data 27 agosto 2013, consistenti:
- nell'acquisizione dell'immobile ai sensi dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, con determinazione dell'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 dell’art. 42-bis senza effettuare alcuna detrazione, dal valore venale attuale del bene, del valore della asserita maggior volumetria concessa dal piano particolareggiato;
- ovvero nel non procedere a tale acquisizione, restando così soggetto agli obblighi restitutori del diritto comune.
4.- Di qui l’appello del Comune teso ad acquisire gratuitamente le aree in forza della ritenuta pattuizione di cessione, e che avversa la decisione di primo grado con una serie di motivi, i quali tuttavia non possono trovare accoglimento per le ragioni che seguono.
4.1.- Il primo aspetto sollevato attiene al rigetto dell’eccezione, formulata dall’appellante con il ricorso incidentale, che negava la formazione del silenzio per la ragione che l’amministrazione si era già pronunziata sulla istanza precedente. Tale eccezione, ad avviso del Collegio, si conferma infondata, poichè il TAR ha ben spiegato la differenza tra l’istanza del 27.8.2013, di attivazione del procedimento di acquisizione sanante sulla quale si è formato il silenzio di cui è causa, e la domanda precedente (6.12.2012), avente un contenuto molto più ampio in quanto proponente una soluzione transattiva in alternativa ad un contratto misto di “permuta-transazione”.
4.2.- Si duole poi il Comune appellante (col secondo mezzo) dell’ erroneo rigetto della tesi, parimenti esposta dal ricorso incidentale, sull’obbligo di eseguire l’accordo di cessione, dovendosi tenere conto dei ripetuti e disattesi inviti ad addivenire al contratto e dell’obbligo di esecuzione in buona fede, ex artt. 1175 e1375 codice civile. Anche questa tesi non è condivisibile. Con amplissima motivazione il primo giudice, dopo aver posto in chiaro quali sono i presupposti perché sussista un accordo di pianificazione, ha illustrato le ragioni per le quali la società appellata non era tenuta alla cessione gratuita; in realtà l’accordo non poteva essere produttivo di effetti giuridici in quanto previsto in una scrittura privata, la quale quindi non avrebbe potuto trovare esecuzione nemmeno attraverso l’azione ex art. 2932 cod.civ., del contratto preliminare, il quale presuppone infatti l’esistenza un obbligo di concludere il contratto assunto nella stessa forma del contratto da concludere. Nel caso in esame manca dunque il sorgere dell’obbligazione di prestare il consenso al trasferire del diritto, in presenza della quale ampia giurisprudenza ammette il ricorso a detta azione (cfr. Cons. di Stato, a.p. n. 28/2012, in g.a. 2012, A, p. 245; Cass. civ., sez. II, n. 5160/2012). Sotto l’ altro versante, resta fermo il dato oggettivo che il Comune, non avendo proceduto nei tempi di legge a definire il procedimento espropriativo, non poteva sottrarsi alla strada indicata dall’art. 42-bis e ciò nonostante tale disposizione preveda una facoltà (e non un obbligo) dell’amministrazione di farvi ricorso. Al riguardo questa Sezione ha già evidenziato che a monte del procedimento “de quo” sussiste pur sempre un obbligo di rimuovere la situazione di illecito civile rappresentato dall’occupazione e trasformazione senza titolo della proprietà (v. sent. n.2126/2015). In questo senso è quindi da condividere l’assunto del TAR (p. 28 della decisione) sulla sussistenza di un “puntuale obbligo a carico dell’amministrazione di far cessare la situazione di illecito” cui corrisponde una pretesa del proprietario all’attivazione del procedimento acquisitivo, chiarendosi peraltro che tale rimozione integra una facoltà di scelta, nel senso che essa si esercita mediante l’acquisizione o, in alternativa, la restituzione ai sensi del codice civile.
Resta anche fermo che la condotta della società da un lato e dall’altro il rilascio del permesso di costruire da parte del Comune (valutati nel quadro di rapporti precontrattuali da eseguire secondo il principio di buona fede, richiamato dall’appellante) potranno assumere rilievo, se del caso, al solo fine della determinazione del pregiudizio medio tempore subito dal proprietario delle aree occupate senza titolo ed oggetto della successiva e sanante acquisizione.
4.3.- Per le medesime ragioni non può accogliersi la tesi dell’appellante per cui la natura dell’accordo sarebbe quella di vera e propria convenzione urbanistica, sicchè esulerebbero dalla controversia i profili espropriativi con conseguente preclusione ad applicare l’art. 42-bis; appare chiaro infatti che anche le convenzioni urbanistiche, per essere operative, necessitano di una forma giuridica contrattuale, che rechi l’inequivoca volontà di trasferire il bene e non possono poggiarsi su un semplice scrittura privata. Né può essere ritenuta esistente e conseguentemente eseguibile l’obbligazione di trasferire considerata assunta in via unilaterale dalla società Fidem ed inserita nello strumento particolareggiato, a ciò ostando la già rilevata scadenza del termine scadenza dei termini della dichiarazione di pubblica utilità di cui al piano predetto.
4.4.- L’insussistenza del diritto al trasferimento ex art. 2932 determina la conseguente infondatezza del motivo (p.38 del ricorso) che contrasta la prescrizione decennale del diritto stesso.
4.5.- La diffusa esposizione da parte della sentenza sulla “portata” dell’accordo preclude poi in radice la fondatezza della censura che argomenta difetto di motivazione della decisione sul punto .
4.6.- Infine la sentenza sarebbe meritevole di riforma per non aver rilevato il difetto di “legittimazione” al ricorso da parte della società Fidem, odierna appellata; ciò a causa della presenza dell’accordo bonario mediante il quale detta società avrebbe rinunziato ad avvalersi delle garanzie previste dal procedimento ex art. 42-bis. Sul punto il Collegio si richiama a quanto già osservato sulla portata dell’accordo e sulla legittimità della pretesa del proprietario a richiedere l’attivazione del cennato procedimento.
5.- Le questioni testè vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
6.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/08/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
 

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